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I RIVOLUZIONARI CILENTANI DEL ’48 VERI EROI O……..(IV)

Posted by on Lug 8, 2020

I RIVOLUZIONARI CILENTANI DEL ’48 VERI EROI O……..(IV)

Cari amici di Alta Terra di Lavoro, ogni cosa nella vita se viene affrontata con impegno passione e serieta’ rischia di diventare un servizio  utile alla societa’, cosa che e’ successa al Blog dell’Ass.Id. Alta Terra di Lavoro.

Grazie alla mia curiosita’ di guardare i fatti storici da ambedue i lati mi sono incuriosito su alcuni personaggi facendo l’ elenco corposi dei liberal giacobini del Vallo di Diano In Cilento considerati padri della patria. Leggendo le loro biografie mi sono accorto che si faceva una certa propaganda forzata pur di cercare di enfatizzarli come personaggi che si sono prestati alla causa dell’ abbattimento della casata borbonica affinche’ ci fosse un taglio netto con il vecchio regime e trionfassero i principi di liberta’ che essi volevano portare in zona appoggiando  qualsiasi personaggio che fosse disposto a organizzare il colpo di stato contro i Borbone. Ma esaminiamo attentamente questi personaggi giu elencati perche’ lo facevano, quali erano i veri interessi e chi avevano dietro.

Tutti proprietari terrieri o appartenenti a famglie benestanti che come e’ risaputo venivano tassati dai Borbone a favore dei contadini e frenati nelle loro ambizioni contro l’ arricchimento e prepotenze nei confronti dei meno abbienti che venivano protetti da quel re che si basava su principi cristiani dove il vangelo era al primo posto e il profitto al servizio del essere umano ( prerogativa degli ancien regime ) e non viceversa, cosa che avverra’ con le ideologie liberali.

I valori delle monarchie in nome di Dio sono praticamente stati distorti e ridicolizzati dalle propagande giacobine che predicavano le LIBERTE’ alla francese e gli stessi preti appartenenti a quelle ideologie piantavano gli alberi della liberta’ che rappresentavano l’ opposto del crocifisso ovvero l’anticristo tanto e’ vero che e’ risaputo che le ideologie mutuate dalla Rivoluzione Francese avevano distrutto chiese e ucciso sacerdoti che si rifacevano alla tradizione, in pratica si voleva creare un mondo che, con la scusa di creare democrazie, costituzioni e parlamenti in nome del popolo ma gestite dai ricchi che  non vedevano l’ora di togliersi di torno quel Re garante del popolo e creare un mondo di ipocrisia, di poveri, di guerre, di appiattimento culturale, di manipolazione mentale, di degrado culturale che tendesse ad una societa’ che era nata solida piena di valori e tradizioni ma doveva diventare liquida corrotta tendente al nichilismo piu’ assoluto  dove i pricipi demoniaco satanisti la facessero da padrone e tutti questi personaggi sotto elencati hanno contribuito a questo sfacelo intellettuale che e’ quello oggi gestisce le nostre menti.

Che e’ quello gestisce le menti delle masse inconsapevoli che si lasciano trarre in inganno dal vitello d’ oro di biblica memoria che non e’ altro che la materializzazione del demonio che nel momento in cui si toglie la sua maschera dorata nei esce il mostro che fagocita l’ uomo in un sol boccone distruggendolo e bloccandone la sua anima nella tensione e nel viaggio verso l’ infinito o Dio.

Ennio Apuzzo

oggi parliamo di…

Nicola PANDOLFO (Sant’Arsenio, 1824 – 1851). Sacerdote, Scrittore, cospiratore e patriota.  Compì gli studi seminariali a Salerno e a Nocera, dove venne ordinato sacerdote. Rientrato in paese, non perse mai l’abitudine dello studio dei classici e della filosofia, a cui abbinò l’interesse per i problemi sociali dei compaesani.

Nutrì una passione particolare per gli scritti di Pietro Giannone, Gaetano Filangieri, Antonio Genovese, Vincenzo Cuoco e Mario Pagano, ispiratori delle idee di libertà e civiltà. Unitamente ad altri uomini del suo calibro cospirò contro ogni forma di sfrontata arroganza dei borghesi locali, che neppure si accorgevano delle continue e reiterate ingiustizie che praticavano a danno del bene comune. L’emancipazione desiderata dal Pandolfo lo portò ad istituire una scuola popolare per analfabeti.  Manteneva frequenti rapporti epistolari con il movimento della Giovine Italia di G. Mazzini, con sede in Salerno, con il quale concertava il programma d’azione il cui motto era “Dio-Patria-Libertà”.

Dal malessere generale presero spunto alcuni suoi componimenti musicali dialettali tra cui il primo fu “Le campe”, un testo satirico, le cui mosse prendono il via dall’invasione dei bruchi, abituali abitanti dei cavoli di cui sono ghiotti. Chiaro è il riferimento al ligio e sottomesso atteggiamento comunale nei confronti del regime borbonico. Seguì il titolo “Ser Birba”, personaggio allegorico, che non lesina di compiere ogni tipo di empietà. La  situazione politica e amministrativa comunale fu l’aspro terreno di lotta su cui si combatté la battaglia sociale. Già verso la fine del 1847 la situazione comunale si presentava come agitata e instabile, per via dell’annosa corsa perpetrata dai soliti due o tre partiti, che si contendevano la carica di Sindaco, dei due Eletti e dei Decurioni, cariche che davano la possibilità di allargare i già cospicui possedimenti, implementando le consistenti ricchezze a tutto danno dei villici. Queste vibranti e forti satire venivano copiate su fogli e fatte circolare nell’intero Distretto.

Nel 1849, la sua attività di compositore lo portò a scrivere “Il panegirico dell’asino”. I componimenti musicali, oltre a valergli il livore e l’astio di alcuni, che lo accusarono di essere nemico del re e indegno sacerdote, gli valsero anche le attenzioni della Polizia, che cercò invano di arrestarlo. Infatti, grazie all’aiuto di un amico, il Pandolfo nel 1851 scampò all’arresto, dandosi alla fuga. A causa della rigidità dell’umida notte santarsenese, egli venne colpito da polmonite, che gli valse la dichiarazione di attendibile, vale a dire agli arresti domiciliari. A 27 anni, stroncato dalla polmonite, morì lo strenuo difensore della libertà.

Al pari del giovane sacerdote locale, anche altri concittadini cospirarono contro i Borbone, subendo il carcere;  fra essi Don Nicola Pessolano fu Arsenio, Arsenio D’Amato fu Raimondo, Arsenio Mangieri fu Giuseppe e Don Domenico Mele fu Francesco. A don Nicola sono da attribuirsi anche i poemetti religiosi Poema su S. Arsenio; Serto di fiori poetici per S. Arsenio Magno Abbate e La Vita di S. Arsenio in sonetti. Grazie a un fortuito rinvenimento, uno di questi tre poemi, di cui s’ignora il titolo perché mutilo in larga parte del testo e della copertina,  è oggi nell’archivio parrocchiale.

L’insurrezione lucana è una serie di episodi del Risorgimento avvenuti in Basilicata nel mese di agosto dell’anno 1860. In questo periodo la provincia fu la prima, della parte continentale del Regno delle Due Sicilie, a dichiarare decaduto il re Francesco II di Borbone e a proclamare la sua annessione al Regno d’Italia.

Albini e Mignogna prodittatori

Data l’idea di dittatura instaurata da Garibaldi in Sicilia, la stessa forma di governo fu adottata in Basilicata. L’editto di formazione del governo prodittatoriale fu il seguente:

«VITTORIO EMANUELE, Re d’Italia

IL GENERALE GARIBALDI, dittatore delle Due Sicilie

1°. Un governo Pro-Dittatoriale è stabilito per dirigere la grande insurrezione Lucana.

2°. I suoi componenti sono i cittadini Nicola Mignogna e Giacinto Albini. Segretari: Gaetano Cascini, Rocco Brienza, Giambattista Matera, Nicola Maria Magaldi, Pietro Lacava.

3°. I suddetti componenti sono in seduta permanente nell’antica sala dell’Intendenza.

Potenza, il dì 19 agosto 1860

19 agosto si costituiva a Potenza il Governo Prodittatoriale, composto da Nicola Mignogna e da Giacinto Albini che, in qualità prodittatori del generale Garibaldi, prendevano “possesso” della provincia nel nome di Vittorio Emanuele II, installandosi nel palazzo Ciccotti. A comporre quel Governo vennero chiamati, come segretari, Gaetano Cascini, Rocco Brienza, Giambattista Matera, Nicola Maria Magaldi e Pietro Lacava, uomo di fiducia, quest’ultimo, di Giacinto Albini ed esponente del Comitato dell’Ordine. Venne confermato Camillo Boldoni al comando delle forze insurrezionali e mantenuti nei loro posti i funzionari borbonici che avessero aderito al governo prodittatoriale e, nel contempo, furono costituiti vari Comitati e Commissioni cui erano chiamati a far parte, prevalentemente, esponenti della corrente moderata affiancati da uomini che, fedeli al Borbone, avevano soltanto all’ultimo momento aderito al movimento insurrezionale

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