I templari, Régine Pernoud
Il più accreditato storico attuale dell’ordine dei templari, Alain Demurger, nella bibliografia del suo volume di sintesi Vita e morte dell’Ordine dei Templari, alla voce L’ordine del Tempio: problemi generali, così esordisce: “Quantunque breve, lo studio più raccomandabile è R. Pernoud, Les Templiers, Paris 1974″ (trad. it., Garzanti, Milano 1992, p. 331).
Eppure, questo solido, lucido e brillante profilo della storia dell’Ordine non era ancora stato tradotto in italiano: ora finalmente, a quasi vent’anni dalla prima edizione francese – ma sulla base della quinta edizione corretta, del 1992- il volumetto I templari vede la luce in edizione italiana, più nitido e meglio presentato di quella francese, la cui veste è quella, “gloriosa” e classica, della collana Que sais-je?
Régine Pernoud è studiosa nota in Italia per i molti suoi libri tradotti, sia pure soltanto negli ultimi anni, e per le sue numerose conferenze e interviste (cfr. Il Medioevo: l’unica epoca di sottosviluppo che ci abbia lasciato delle cattedrali, a cura di Massimo Introvigne, in Cristianità, anno XIII, numero 117, gennaio 1985, con una nota bio-bibliografica; e Santità, famiglia e società nel Medioevo, a cura di Marco Respinti, ibid., anno XXII, numero 227-228, con aggiornamenti bibliografici).
Mi limiterò a ricordare come caratteristiche delle sue opere la solidità dei fondamenti documentari e archivistici e, insieme, la scorrevolezza dello stile, il tutto nel quadro di una tendenza tematica alla rivalutazione positiva del cosiddetto Medioevo.
Si tratta di caratteristiche che si ritrovano pienamente anche ne I templari, uno studio contenuto nelle pagine per la necessità di rispettare i limiti di spazio della collana cui era destinato, ma comunque ricco di dati e di notizie e più che sufficiente per una prima informazione sull’argomento, mentre suggerisce sviluppi e orienta una Bibliografia sommaria (pp. 133-135).
L’argomento, purtroppo, ha dato spazio, almeno dal Settecento in poi, a fantasie e a elucubrazioni, spesso tutt’altro che innocue, ancora circolanti in vari ambienti culturali. Lo nota, quasi in apertura, anche l’autrice: “Per lo storico lo scarto fra le fantasie a cui si sono abbandonati senza alcun ritegno gli scrittori di storia di tutte le opinioni e, d’altra parte, i documenti autentici, i materiali sicuri che gli archivi e le biblioteche custodiscono in abbondanza, è tale che non vi si crederebbe, se questo contrasto non si manifestasse nel modo più visibile e più evidente. Succede per i templari quanto è accaduto, per esempio, per Giovanna d’Arco, a proposito della quale, accanto a un’abbondante letteratura agiografica e a ipotesi numerose, totalmente gratuite e uniformemente sciocche […] i documenti, da parte loro, s’impongono con il rigore più totale. Anche per i templari si fa fatica a credere al confronto in tesi fra la letteratura che hanno suscitato – non più agiografica, ma, in qualche caso, completamente demenziale – e, d’altra parte, i documenti così semplici, così probanti, così tranquillamente irrefutabili, che costituiscono la loro storia vera” (p. 11).
Dunque, Régine Pernoud mira a questa “storia vera”: così nel capitolo I, Le origini del Tempio (pp. 5-11), connette correttamente tali origini alle esigenze d’assistenza armata ai pellegrini in Terrasanta, nella confusa e incerta situazione creatasi dopo il miracoloso successo, nel 1099, della prima crociata; esigenze che gli stessi cavalieri fondatori compresero a pieno soltanto negli anni e grazie al formidabile inquadramento culturale e dottrinale che fornì loro san Bernardo con il De laude novae militiae.
Il capitolo II è dedicato a Strutture e vita quotidiana (pp. 13-36) ed è basato, essenzialmente, sulla Regola e sulle consuetudini, i cosiddetti Retraits,che furono messe per iscritto solo circa mezzo secolo dopo. Come indica il titolo del capitolo, in esso vengono ricostruite le strutture istituzionali, dai compiti del Maestro del Tempio – e non Gran Maestro, come si continua a ripetere – all’articolazione per province, nonché gli aspetti principali della vita quotidiana dei monaci-cavalieri e dei sergenti, dall’alimentazione all’abito e al mantello, dall’investitura ai momenti principali della vita più propriamente religiosa. Il capitolo III è poi dedicato a trattare con ampiezza de L’architettura dei templari (pp. 37-48).
Nel capitolo IV, L’epopea del Tempio (pp. 49-76), vengono ricostruiti i principali fatti d’arme in cui, nella loro storia secolare, si distinsero, in Terrasanta, i templari: il bilancio complessivo della presenza militare del loro ruolo, nonostante certi contrasti che lo opposero agli altri ordini monastico-militari o alle entità politiche cristiane, deve essere considerato altamente positivo per la difesa delle posizioni cristiane e, spesso, impreziosito da gesta autenticamente eroiche. Inoltre, bisogna ricordare che “voler evocare l’attività militare dei templari significa rassegnarsi in partenza a essere incompleti. Infatti questa attività ci sfugge in quanto ha di più quotidiano e di più efficace: la difesa e la protezione dei pellegrini per cui l’Ordine fu fondato” (p. 49).
Nel capitolo V, Amministratori e banchieri (pp. 77-96), viene descritta l’attività economica dell’ordine, specialmente nelle varie province occidentali, necessaria al sostegno logistico e finanziario dell’attività militare in Oriente. Attraverso molti esempi concreti, un po’ per accumulazione, Régine Pernoud dà un’idea dell’origine, attraverso donazioni, della ricchezza dei templari e, poi, delle loro attività finanziarie, in particolare come amministratori anche del tesoro reale francese.
Il capitolo VI, Arresto e processo dei templari (pp. 97-117), si concentra sulla tragica soppressione dell’ordine, voluta dal re di Francia Filippo il Bello. Gli avvenimenti sono ricostruiti con precisione, sulla base di una documentazione edita e sostanzialmente completa, che non può lasciare spazio a illazioni e ad aggiunte assolutamente arbitrarie. Si tratta di un processo che, nel capitolo VII, I templari di fronte ai posteri (pp. 119-132), viene giudicato come frutto non solo dell’avidità del re e della contingente debolezza del papato, ma anche della tendenza all’assolutismo, antecedente della politica gallicana di Francesco I o di Luigi XIV; in questo senso può dirsi che “[…] la soppressione dell’ordine del Tempio annuncia quella dei gesuiti alla fine del secolo XVIII” (p. 132).
Donde la lezione finale che, non illegittimamente, l’autrice trae dalla sua fatica: “Appare oggi evidente che nessun assolutismo e nessun potere totalitario potranno convivere con un potere spirituale, grazie al quale gli resiste una parte dell’uomo, e l’importanza di questo fatto non sfugge alla nostra epoca, che ha inventato, per rispondervi, gli internamenti senza fine e i lavaggi del cervello” (ibidem).
Effedieffe, Milano 1993, pp. 144, L. 16.000
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