I Trastamara ed il Compromesso di Caspe
Il compromesso di Caspe fu il procedimento giuridico che portò la corona d’Aragona ai Trastamara di Ferdinando e di suo figlio Alfonso il Magnanimo.
Il 31 maggio del 1410 si ritrovarono senza re tutti gli stati della Corona d’Aragona: l’Aragona, la Catalogna, Valencia, Maiorca, la Corsica e la Sicilia. Erano morti i nipoti Pedro e Martin, era morto suo figlio Martin il Giovane e, dieci mesi dopo, morì anche lui: re Martino il Vecchio.
Nessun figlio era nato dalla seconda moglie, Margherita di Prades, e sul letto di morte, davanti ad un notaio, quando gli fu chiesto se autorizzasse la ricerca di un successore perché non era chiaro chi avesse diritto alla corona, Martino rispose “sì”.
Prese così il via un lento processo, complesso ed imprevedibile perchè non poteva poggiare su alcuna regola scritta. Che tutto fosse tremendamente intricato e difficile era già chiaro al sovrano ora morto, il quale, non a caso, aveva organizzato una commissione di dieci dottori per consigliarlo su quale strada intraprendere. Quelli che oggi chiameremo “tecnici” convennero però solo su un concetto: le donne non potevano regnare. Martino I si spense senza che alcun passo avanti nell’individuazione di un successore fosse stato fatto.
Seguirono due anni di inevitabile disordine politico. Crimini, sedizioni, violenze e pure una guerra civile, poi, faticosamente, fu raggiunto un compromesso, a Caspe, il 24 giugno del 1412.
I pretendenti al trono erano Federico, conte di Luna, figlio illegittimo di Martino il Giovane; Giacomo II, conte di Urgell, bisnipote, per linea maschile, di Alfonso IV il Benigno; Alfonso d’Aragona, duca di Gandia, nipote, per linea maschile, di Giacomo II il Giusto, morto nel marzo 1412 e sostituito dal figlio, Alfonso II di Gandia; Luigi III d’Angiò, duca di Calabria, nipote, attraverso sua madre Iolanda di Aragona, di Giovanni I di Aragona; Ferdinando di Trastamara, infante di Castiglia, nipote di Martino il Vecchio attraverso sua madre, Eleonora d’Aragona, figlia di Pietro IV di Aragona e sorella di Martino.
Giacomo d’Aragona, conte di Urgel e cognato di Martino I, avrebbe potuto avere ragione delle controversie, ma giocò male le sue carte. Nominato luogotenente del re in Aragona, fece di Saragozza una città conquistata. I suoi modi, l’uso di intrighi e violenza, gli costarono caro: le autorità locali rifiutarono il suo stile autoritario, l’arcivescovo non gli permise di giurare in Cattedrale ed i magistrati aragonesi si rifiutarono di prestargli giuramento. Anche in Catalogna le cose non andarono bene: il governatore Cervelló e l’arcivescovo Sagarriga l’ostacolarono. Giacomo reagì male ed il 1 luglio del 1411, un suo seguace, Anton de Luna, facoltoso esponente della nobiltà aragonese, uccise in una imboscata l’arcivescovo di Saragozza, Fernández de Heredia.
Fernando aveva tolto Antequera all’Islam. Reggente di Castiglia, in nome di suo nipote, il re bambino Juan II, poteva aver diritto alla corona come figlio di Leonor de Aragón, nipote di Pedro IV e nipote di Martino I.
Da Maiorca, regno vassallo e senza cortes, un ambasciatore invocò l’unione e la fratellanza, mentre Valencia fu divisa senza rimedio tra Giacomo e Fernando finendo in una sanguinosa battaglia a Sagunto, il 27 febbraio del 1412, in cui Giacomo risultà sconfitto.
Rimanevano, quindi, tre parlamenti per tre Stati costituiti in luoghi vicini. Tortosa in Catalogna, Traiguera a Valencia e Alcaniz in Aragona.
Il papa aragonese Pedro Martinez de Luna, Benedetto XIII, in pieno scisma, ma ancora obbedito in Castiglia, Aragona, Francia e Scozia, intervenne dietro le quinte.
In Aragona e Catalogna si agì senza attendere i valenciani. Saltò fuori l’idea di eleggere un tribunale eccezionale, ridotto, indipendente e inappellabile, di nove membri, abili in morale, giustizia e leggi, di buona reputazione. Il tribunale avrebbe agito per due mesi, con riserva di segretezza, in coscienza e sotto giuramento, dopo aver ascoltato tutti i candidati. Sarebbe stato posto al sicuro dalle pressioni in un sito tranquillo e protetto con truppe speciali e soggette alla loro giurisdizione: la città di Caspe ed il suo castello.
L’elenco dei nove, preparato dal governatore Ruiz de Lihori e dal giudice Jiménez Cerdán il 14 marzo, fu proposto dagli aragonesi ai catalani, e i valenciani lo accettarono in seguito, trascurando però di invitare le autorità di Maiorca, Sicilia e Sardegna. I rappresentanti eletti furono: Domingo Ram, vescovo di Huesca, Francisco de Aranda, vecchio consigliere reale e inviato dell’antipapa Benedetto XIII, Berenguer de Bardají, giurista delle cortes di Aragona, Pedro de Sagarriga, arcivescovo di Tarragona, Bernardo de Gualbes, consigliere di Barcellona, Guillem de Vallseca, giurista delle cortes di Catalogna, Bonifacio Ferrer, priore della certosa valenciana di Portaceli, San Vincenzo Ferrer, domenicano valenciano, fratello di Bonifacio, e Pedro Beltrán esperto di diritto valenciano.
Escluse le donne, oltre a Giacomo e Fernando, tra gli eredi rimanevano Federico, figlio illegittimo di Martin il Giovane e della sua amante siciliana Tarsia Rizzari, Luigi d’Angiò, figlio del Re di Napoli e di Iolanda d’Aragona, nipote di Giovanni I, ed in ultimo Alfonso d’Aragona, nipote di Giacomo II. Furono ascoltati tutti ed alla fine l’accordo fu reso pubblico.
Il 24 giugno si procedette alla votazione. Mentre in un primo momento i rappresentanti dei catalani furono indecisi, quelli aragonesi e valenzani, più legati al commercio della lana e altri interessi economici con la Castiglia, optarono per Ferdinando di Trastamara (anche per le sue doti personali che aveva avuto modo di dimostrare durante la reggenza del Regno di Castiglia dal 1406 e la condotta della guerra contro il Regno di Granada). A questo proposito fu determinante l’opinione di San Vincenzo Ferrer che subito sostenne la candidatura del Trastamara. I singoli voti furono così espressi: Domingo Ram, Francisco de Aranda, Berenguer de Bardají, Bernardo de Gualbes, Bonifacio Ferrer e San Vicente Ferrer votarono per Ferdinando di Trastamara, invece Pedro de Sagarriga votò sia Giacomo III di Urgell che Alfonso II di Gandia; Guillem de Vallseca votò Giacomo II di Urgell e Pedro Beltrán si astenne.
Il 28 giugno 1412 fu proclamato Re della corona d’Aragona, ed insieme re di Sicilia, l’infante castigliano Ferdinando de Antequera, membro della dinastia dei Trastamara, con il nome di Ferdinando I di Aragona, marito di Eleonora d’Alburquerque, figlia dell’infante Sancho Alfonso di Castiglia, Conte di Alburquerque e di Beatrice del Portogallo. Quel giorno fu celebrato con feste, campane e Te Deum. Per Fernando, fin dall’inizio, furono fondamentali il suo potere militare, l’appoggio dei mercanti, il sostegno papale e quello del valenciano San Vincenzo Ferrer. Il forte desiderio di pace e l’ambizione di un potere mercantile che univa la forza di Barcellona e Valencia a quella di Medina del Campo, la città natale del nuovo re e del futuro ritiro di sua moglie Eleonora, furono molto pesanti nella decisione.
Da quel momento in poi, la stessa dinastia, quella del Trastámara, avrebbe regnato nelle due principali corone cristiane della penisola, la Castiglia (dal 1369) e l’Aragona (dal 1412), a Valencia e nei regni insulari del Mediterraneo e, presto, per matrimonio, anche in Navarra (1425). Dal matrimonio tra Ferdinando ed Eleonora nacque Alfonso il Magnanimo. Nel 1469, due dei suoi membri si sposarono come cugini: la storia li chiama Reyes Católicos, i Re Cattolici, Ferdinando ed Isabella.
Autore articolo: Angelo D’Ambra
di seguito “Compromiso por Caspe” di Salvador Viniegra, Círculo de Bellas Artes de Madrid. Fonte foto: dalla rete