i venditori che rappresentano i mesi dell’anno (gennaio, febbraio e marzo)
Per il nostro calendario dell’avvento da oggi e fino al 21 dicembre vi racconteremo dei venditori nel presepe napoletano. In tutto sono dodici figure, ve ne racconteremo tre al giorno: ciascuna rappresenta un mese dell’anno e un vero e serio presepe napoletano dovrebbe averli tutti. Le ragioni le spiegano magnificamente Giuseppe Serroni e Giuseppe Piccinno nel libro “A cchiù lucente jett’a chiammà li Magge all’Uriente – Il cammino del Sole nei mestieri del Presepio napoletano”: per i due autori, infatti, i venditori “non sono semplici “comparse” al servizio della scena centrale della Natività; sono metafore o simboli del tempo, stati d’animo relativi al “momento” e che nel loro complesso delineano un tracciato circolare che si snoda attraverso i mesi dell’Anno insieme al monito sulla caducità della vita terrena e sull’incombenza della morte che, se non “nobilitata” da un’esistenza percorsa sulla via della Pietà e dell’Amore, condanna chi nega o sfida la Verità ad una perenne schiavitù tra le fiamme dell’Inferno. Sono i personaggi di “passaggio” che danno corpo a questo concetto. C’è il farinaro che evidenzia il rapporto Vita-Morte, là dove schiaccia i semi di grano dai quali nascerà poi la farina come elemento di vita; c’è la fi latrice o l’arrotino che con la ruota dei loro attrezzi rinviano al lento scorrere del tempo e dimostrano che dall’usura tutto può rinvenire a nuova vita. Nelle Civiltà Tradizionali, esiste una correlazione strettissima tra ciclo astronomico ed il lavoro agrario; attività umana cioè predominante prima dell’era industriale. Nel Presepio napoletano sono i mestieri legati ai lavori nei campi o di mare, insieme ai venditori dei prodotti naturali oppure artigianali che comunque derivano dai quattro elementi naturali terra, aria, acqua e fuoco, a condensare ed a costituire il ponte tra il Cosmo (l’Universo) ed i Microcosmo (l’Umanità). Ad ogni costellazione che si ferma nella volta celeste in un particolare mese dell’Anno, fa riferimento un mestiere o un’attività lavorativa sola e quella sola. Ogni mese ha un suo nome ed anche, pertanto, la sua rappresentazione “lavorativa”. Il tempo ciclico si muove dunque in modo indifferenziato e continuo che è proprio delle sfere celesti e, negli antichi calendari, sono proprio le costellazioni a sovrintendere alle attività umane in rapporto con la Natura. Il principio per cui esiste una cosa per ogni tempo ed un tempo per ogni cosa, viene espressa negli antichi calendari, coniugando proprio le costellazioni ai mestieri. Nel Medio Evo, ma anche nell’Età Moderna, venivano spesso raffi gurati negli affreschi o negli arazzi dei palazzi nobiliari, scene di vita campestre o di corte, dove ogni mese, rappresentato attraverso i mestieri contadini o anche metafore che prendono a prestito momenti della vita quotidiana, è sovrastato dalla costellazione presente nel cielo in quel particolare periodo ricorrente dell’Anno. Anche molti antichi codici miniati, impreziositi da splendide miniature che rappresentano i Mestieri e i lavori dei campi nei minimi particolari e realizzate da grandi artisti, seguono questo schema e, come già detto, nel Presepio Napoletano, questo “calendario” si manifesta con la realizzazione di pastori raffi guranti i mestieri che caratterizzavano il Regno di Napoli e il suo territorio. Ciò si rende comprensibile dai personaggi che, nella loro manifesta attività lavorativa, legata alle stagioni, ai mesi o più semplicemente all’azione lavorativa, devono essere posizionati nella scenografi a presepiale (lo “scoglio”) in un punto coerente con il resto della rappresentazione e, addirittura, seguendo i dettami della tradizione, vanno collocati mese dopo mese durante tutto l’anno solare, nel rispetto dello specifi co signifi cato che essi stessi detengono”.
Gennaio è il macellaio o il salumiere (nella foto in alto, di Francesco Paolo Busco, eccolo interpretato dai Fratelli Capuano, via San Gregorio Armeno 28, Napoli).
E’ a gennaio che, infatti, veniva macellato il maiale che nell’ottocento era la carne più diffusa a Napoli. Dal punto di vista simbolico il macellaio ricorda anche la crocefissione di Cristo, con l’uccisione della carne e lo smembramento della carne. Per questa ragione il macellaio, come vi abbiamo ricordato in altra parte di questo calendario quando abbiamo parlato delle figure demoniache del presepe napoletano, Roberto De Simone – ma anche Serroni nel suo saggio, lo assimilano al demonio. De Simone inoltre riferisce dell’associazione tra le figure dei venditori e le quadriglie carnevalesche di arti e mestieri.
Febbraio è il venditore di ricotta e formaggio (nella foto di Francesco Paolo Busco è una venditrice di formaggi, di Genny Di Virgilio, Via S. Gregorio Armeno, 18, Napoli).
Secondo De Simone il “ricottaro” dovrebbe essere rappresentato nel momento del caglio del latte, attinente al tempo di inizio e di fine del nuovo anno che, come avviene nel processo di ca, ha bisogno di fermentare, di crescere, di aumentare progressivamente di volume. Ragione per cui queesta figura veniva rappresentata in xilografia sugli antichi lunari, nei calendari di Barbanera destinati alle fiere natalizie.
Un’interpretazione condivisa da Serroni e Piccinno secondo i quali non solo in questo mese incominciavano ad essere venduti i prodotti caseari stagionati durante l’inverno, ma anche appunto perché il casaro, raffigurato nell’atto di produrre la ricotta, rappresenta il tempo che passa e che ritorna, nel cesto della cagliatura.
Marzo è il pollivendolo (nella foto di Francesco Paolo Busco, anche qui i nostri artigiani lo fanno donna: In questo caso gli artigiani sono Giuseppe e Marco Ferrigno, via San Gregorio Armeno 8, Napoli).
Marzo era il mese in cui le famiglie napoletane, come raccontano Serroni e Piccinno, acquistavano i pulcini che mettevano all’ingrasso in attesa che arrivasse Pasqua, quando ormai polletti, venivano macellati.
Lucilla Parlato