II periodo ducale di Napoli
Premessa alla storia dei Re di Napoli
Sulla facciata del palazzo reale di Napoli che guarda verso l’attuale piazza Plebiscito, (già Foro Ferdinandeo), fanno a tutt’oggi spicco, collocate in preesistenti nicchie, le statue dei capostipiti di ben otto dinastie, che ebbero la ventura di poter annoverare Napoli stessa fra i loro domini, o come sede residenziale del proprio trono o come gemma , sia pure preziosissima, della loro corona.
È noto, infatti che solo con tre di questi otto sovrani la città assurse a capitale di uno Stato autonomo ed indipendente, cioè con Carlo d’Angiò, Carlo di Borbone e Gioacchino Murat, ma per i Normanni e gli Svevi la capitale del Regno meridionale era stata Palermo, già resa opulentissima dagli Arabi; poi con gli Aragonesi e gli Absburgo, la corte risiedette addirittura in terra di Spagna, per un brevissimo periodo, a Vienna; è superfluo infine, accennare al periodo Sabaudo. Comunque, essendo indiscutibile merito dei Normanni, già padroni della Sicilia, la riunificazione dell’Italia meridionale in un unico Stato, è comune accezione l’attribuire al Re Ruggero II di Sicilia, che portò a conclusione l’impresa, la corona di primo Re di quel regno che si disse poi di Napoli, perché già da allora questa città aveva iniziato a primeggiare su altri centri, magari anche essi importanti e ricchi di tradizione, della Campania e delle altre regioni meridionali. Epperò, trattandosi appunto di città già importantissima all’atto della conquista normanna, non possiamo più fare a meno di soffermarci a considerare, seppure in modo piuttosto sintetico, il notevolissimo periodo storico della Napoli bizantina e ducale, durato circa sei secoli, che portò la città greco-romana ad essere un faro di civiltà, cultura e tradizioni classiche, oltrecché di relativa prosperità, rispetto alla restante Italia percossa dalle invasione barbariche.
Già essa pietosamente accoglie, nel suo Castro Lucullano, il giovinetto Romolo Augustolo che, ultimo erede dei Cesari e deposto dal barbaro Odoacre nel fatale anno 476 d. C., trovò nella piccola Megaride quella quiete e quella sicurezza di vita che la grande Roma ormai non offriva più ad alcuno. Abbattuto a sua volta Odoacre dal grande Teodorico, anche Napoli entra far parte dei domini gotici, ma ciò non dura a lungo. Dalla lontana Bisanzio Giustiniano decide di riunificare l’Impero ed ecco che Belisario sbarca in Italia, dando inizio a quella rovinosa Guerra Gotica che devastò per lunghi anni l’intera penisola. Napoli occupata da Belisario nel 536 e sottoposta ad orrende stragi e saccheggi, viene ripresa nel 542 dai goti di Totila, dimostratisi molto più umani dei greci, ma Narsete la riporta definitivamente fra i domini bizantini nel 553 quando, nella battaglia del Vesuvio o dei monti Lattari, riesce ad infliggere una completa disfatta all’esercito dell’ultimo Re dei goti Teja. Dopo questo fatto d’armi, apparentemente modesto ma importante per le conseguenze, poiché segna la fine totale del dominio gotico in Italia, Napoli viene governata da funzionari bizantini; più precisamente da un Maestro dei militi per le esigenze militari, e da un Giudice, dipendente dal Prefetto d’Italia, per le questioni civili. In seguito però la funzione di Giudice fu assunta dal Vescovo, che nel frattempo aveva visto aumentare notevolmente la propria autorità ed influenza. In quell’epoca la città contava circa 20.000 abitanti, ripartiti socialmente in collegi di arti e mestieri; due classi preponderavano politicamente sulle altre: quella dell’Ordine, formata dai nobili o priori o seniori e quella della Curia, formata dai curiali e dai proprietarii. Dopo l’invasione dei Longobardi, che fondano il potente ducato di Benevento, la città deve lottare duramente per difendere le proprie istituzioni dalle cupidige dei nuovi vicini; aumenta così negli abitanti lo spirito bellicoso e si sviluppano nuove attività ed industrie.
La popolazione aumenta fino a 40.000 abitanti e riesce a superare vittoriosamente ben tre duri assedi longobardi, negli anni 581, 592 e 599. In conseguenza di tali avvenimenti i legami con Bisanzio erano andati progressivamente allentandosi, finché nel 616 un certo Giovanni Consino, profittando di una ribellione anti-bizantina scoppiata a Ravenna, per primo proclamava Napoli città autonoma ed indipendente. Ma evidentemente i tempi non erano del tutto maturi, giacché l’esarca Eleuterio, ristabilendo l’ordine nei domini d’Italia, qualche anno dopo rovesciava il Consino, riportando Napoli sotto il dominio di Costantinopoli ed anzi rendendone più saldi i vincoli con l’escludere i Vescovi (divenuti fortissimi grazie all’aumentare della venerazione per S. Gennaro) da ogni ingerenza nel potere civile. Anzi, con 1’evolversi della situazione, nel 638 la somma dei poteri civile e militare è accentrata nella persona di un Duca, probabilmente ancora inviato (o nominato) da Ravenna, tuttavia sottoposto al patrizio o «stratego» di Sicilia. Ma finalmente, nel 661, la storia di Napoli bizantina giunge ad una svolta decisiva: l’Imperatore d’Oriente Costante II dispone che i duchi di Napoli debbano rispondere del loro operato direttamente alla sua persona (ed a quella dei suoi successori) e conferisce loro pieni poteri sulla Campania. Ciò era evidentemente dovuto alla sempre maggiore importanza assunta da Napoli negli ultimi tempi, ma intanto dava modo alla città di avviarsi alla sua piena autonomia. Ci volle tuttavia ancora un secolo, durante il quale i legami con Bisanzio si fecero via via più labili, anche perché ormai il duca veniva sempre scelto fra gli ottimati della città invece che inviato da Costantinopoli, prima che un duca di Napoli riuscisse, giocando abilmente fra il potere dell’ Imperatore d’ Oriente e quello del Papa, a condurre la città alla totale indipendenza.
Questo duca fu Stefano I (755-800), che nel 763 riconobbe 1’autorità (puramente nominale) del Papa, svincolandosi così dalla politica bizantina; questa sua scelta, in quel momento molto opportuna, gli valse fra l’altro 1’elezione a Vescovo.
Certo, l’esistenza del giovane Stato non era delle più facili; circondato com’era da cupidi vicini ed insidiato anche da potenti più lontani, dovette spesso prendere le armi per difendersi sui campi di battaglia o per sostenere durissimi assedi dagli spalti delle poderose mura cittadine. Ma in tali occasioni il Vescovo Stefano I dimostrò un valore per lo meno pari alla già evidente abilità politica. Soprattutto gli riuscì di debellare in guerra il più potente dei suoi avversari: il Duca Arechi II di Benevento, che accarezzava 1’ambizioso progetto di riunire in un unico Stato Longobardo tutta l’Italia meridionale. La morte di quest’ultimo, avvenuta nel 788, mandò a monte definitivamente tale possibilità perché il grande ducato di Benevento si suddivise nei tre più piccoli ducati di Benevento, Capua e Salerno, spesso in discordia fra loro; è ovvio che da questo nuovo stato di cose fu proprio il ducato di Napoli a trarre i maggiori vantaggi, poiché non ebbe più a preoccuparsi dello straripare d’un vicino troppo potente. Al principio del IX secolo il giovane Stato comprendeva, oltre Napoli, anche Cuma, Pozzuoli e Sorrento (poi staccatasi), oltre il territorio compreso fra Nola, Cancello, il lago di Patria e gli attuali Regi Lagni, territorio allora detto Liburia. Dovette spesso sostenere aspre lotte, militari e diplomatiche, contro longobardi e saraceni, Pontefici romani e Imperatori bizantini, Re franchi, Imperatori tedeschi e venturieri normanni, riuscendo sempre a spuntarla grazie alle capacità dei suoi Duchi ed alle virtù del suo popolo.
Dei Duchi di Napoli, Fausto Nicolini ci dà, in una sua dotta monografia, questo interessante ritratto : « Sovrani assoluti quasi nel significato moderno della parola; circondati da funzionari e magistrati scelti da loro stessi nella nobiltà e da una milizia che, in caso di guerra, era accresciuta da leve volontarie; assecondati da una borghesia di curiali (uniti in corporazione), di piccoli proprietari e d’industri mercanti; dediti, al traffico di preziose stoffe orientali, nonché di schiavi longobardi e mussulmani; ora osteggiati ora coadiuvati da un clero ricco e talvolta relativamente colto (ricordare i due dotti Vescovi Attanasio e Stefano; l’arciprete Leone, recatosi a Costantinopoli a copiare manoscritti greci e latini; il prete Ausilio, partecipe, col grammatico Vulgario, alle dispute per l’elezione di Papa Formoso; il diacono Giovanni, autore della ” Cronaca dei vescovi napoletani”, ecc.), non avversati dalla plebe composta di artigiani, di coloni del suburbio, di defisi, ossia di povera gente che si poneva sotto la protezione di qualche potente o istituzione ecclesiastica, di veri e propri servi; i Duchi di Napoli furono primamente elettivi, finché con Sergio, già conte di Cuma, il ducato divenne ereditario ».
Quale nota caratteristica del periodo dei duchi elettivi, vale la pena di considerare 1’atteggiamento politico che verso gli Arabi di Palermo e di Tunisi era assunto da Napoli. Essa fu sempre improntato alla massima spregiudicatezza; talché quelli furono, di volta in volta, o invocati come provvidi alleati o combattuti come acerrimi nemici, a seconda che le mutevolissime circostanze li facessero apparire meno o più pericolosi degli altri vicini; comunque, nei loro confronti, quasi mai si usarono aprioristiche discriminazioni a ragione delle differenze di razza, religione e cultura. Non sappiamo se già il duca Stefano I, nella guerra contro Arechi II di Benevento, avesse assoldato qualche banda saracena; certo è che dopo di allora la loro partecipazione, ora ostile ora amichevole, a fatti inerenti il ducato di Napoli, diviene sempre più frequente. Nell’812 per la prima volta una flotta corsara saracena penetra nel golfo di Napoli, devastando quindi le isole di Ischia e Ponza; ma da Napoli non si reagisce, perché in quel periodo le maggiori minacce alla città venivano ancora portate dai Longobardi, tanto che qualche anno dopo, nell’816, si giunge ad una grande battaglia fra napoletani e beneventani, rimasta d’ esito incerto, nella quale è scontato che mercenari saraceni tenessero il campo a fianco dei primi. Napoli deve quindi subire una lunga serie di assedi longobardi, tutti valorosamente superati, precisamente negli anni 822, 831-32, 835-36, ma nel secondo dei quali riuscì ai beneventani di portare come trofeo, nella loro città, nientemeno che il corpo di S. Gennaro, mentre nell’ultimo i napoletani, grazie all’aiuto di una potente flotta saracena, riescono a battere completamente quegli ostinati nemici e ad imporre loro una pace che ci è anche parzialmente nota in alcune sue clausole. Tuttavia questa specie di tutela araba, unita ad un sempre maggiore estendersi di presidii saraceni sulle coste del medio Tirreno, cominciò a rappresentare un peso eccessivo non solo per Napoli ma anche per altre città costiere della Campania. È da segnalare però, in queste circostanze, un importante avvenimento che contribuì non poco a facilitare lo svolgersi della successiva politica antisaracena di Napoli, senza che quest’ ultima dovesse poi temere pericolosi contraccolpi da parte longobarda: l’intervento Franco nelle questioni dell’ Italia meridionale. Nell’ anno 840 moriva ad Ingelheim l’Imperatore carolingio Ludovico il Pio e, nella conseguente spartizione dell’ Impero, l’Italia toccava al nipote Ludovico II. Questi discese per la prima volta nel suo dominio, seguito da numeroso esercito, nell’844, sostando a Roma per consolidare l’autorità imperiale e farsi incoronare Re. Probabilmente in seguito a sue segnalazioni, nell’846 l’Imperatore Lotario, suo padre, convocava in Francia un’assemblea, onde vagliare le opportune misure da attuarsi per la difesa (ed eventuale riscatto) dell’ Italia meridionale dai Saraceni. Fra 1’altro fu stabilito, («Capitulare de expeditione contra Saracenos facienda») che nella primavera dell’ anno successivo Lodovico II dovesse iniziare, con milizie tratte da ogni parte dell’ Impero, la lotta contro i Mussulmani d’Italia; inoltre doveva cercare di comporre le rivalità dinastiche che avevano lacerato il ducato di Benevento, affinché venisse a cessare un’altra causa di debolezza verso i Saraceni.
Ma mentre si svolgevano questi eventi, il duca di Napoli Sergio, venutone forse indirettamente a conoscenza, provvedeva di sua iniziativa a creare un organismo politico-militare che permettesse alle città rivierasche, in esso collegate, di potere vittoriosamente rintuzzare l’invadenza araba. Sorse così la «Lega Campana», comprendente Napoli, Sorrento, Amalfi e Gaeta, che, radunata una flotta di parecchie galee e postala sotto il comando del figlio cadetto di Sergio, Cesario console, iniziò, soprattutto sul mare ed in concomitanza con 1’azione terrestre di Ludovico II, una lotta accanita contro i corsari saraceni, snidandoli dai loro luoghi di ricovero come Ponza e la punta Licosa e distruggendone le flotte. Particolarmente nell’846 e nell’849, nelle battaglie navali di Gaeta e di Ostia, veniva felicemente completata sul mare 1’opera del giovane Re franco; questi, di ritorno dalla vittoriosa spedizione, sostava a Roma e quivi era incoronato anche Imperatore ed associato al padre nella dignità imperiale. Dal canto suo, il duca Sergio, aumentato grandemente il proprio prestigio e quello della sua famiglia grazie alla sagace politica svolta ed alle fortunate imprese militari, confortato altresì dall’ amicizia del nuovo Imperatore, non ebbe difficoltà a designare a proprio successore, nel ducato di Napoli, il figlio Gregorio, rendendo così ereditaria la suprema magistratura del piccolo Stato.
ANDREA ARPAJA
fonte
non ricordo dove l’ho preso
Caro Claudio, ecco da dove proviene lo scritto di Andrea Arpaia di cui non ricordi la fonte.
In occasione della Sua morte, la Rete Tradizionalista delle Due Sicilie, per dare un saggio della Sua cultura, del Suo stile e della Sua chiarezza di idee, ne ripropose un articolo, apparso nel secondo fascicolo de L’Alfiere (il n. 1, uscito nel gennaio 1961).
Cordiali saluti
Edoardo Vitale