Il Brigante Papone

Domenico Colessa, ovvero il brigante Papone, nacque il 29 Settembre 1607 a Caprile di Roccasecca. In quegli anni, Caprile e Roccasecca appartenevano al duca di Sora Giacomo Boncompagni, figlio legittimo del pontefice Gregorio XIII. Colessa veniva chiamato, dai suoi compagni, con il curioso nomignolo di “ Papone” di cui non si conosce l’esatto significato.
Fu un povero guardiano di capre, privo di istruzione. In quel tempo, a Caprile(Caprile in latino significa “stalla di capre”), l’allevamento di capre era, infatti, assai diffuso. Ben presto Papone abbandonò il suo infimo mestiere e divenne gendarme. Sposò Margherita Mancino di Roccasecca da cui ebbe tre figli:Brigida, Lucia e Francesco.
Nel 1646 fu arrestato e rinchiuso nelle carceri napoletane perché colpevole delle razzie compiute nelle campagne del Lazio meridionale. Fuggì di prigione il 7 Luglio 1647, approfittando della sommossa di Masaniello a Napoli, e si diede alla macchia. Ebbe inizio da questo preciso istante la “carriera” brigantesca del nostro personaggio. Papone tornò nel basso Lazio e si unì a Giuseppe Arezzo di Itri, che aveva alle sue dipendenze 400 briganti, rendendosi protagonista di ripetute scorrerie fra il Golfo di Gaeta e gli Abruzzi. Riuscì persino ad impossessarsi di città quali Itri, Fondi, Sperlonga, Sora e S.Germano(Cassino), occupando praticamente l’intero territorio. Papone, che si faceva chiamare “Generale della Serenissima Repubblica Napoletana”, tentò anche di penetrare nel monastero di Montecassino dove la strenua difesa dei monaci benedettini e l’attenta vigilanza del padre abate Desiderio delle Fratte riuscì a sventare il delittuoso proposito.
Papone continuò la sua marcia verso sud, occupando altri paesi. A Teano, però, i teanesi opposero una fiera resistenza al tentativo da parte dei briganti di espugnare la città costringendoli a ritirarsi. Alla sconfitta di Teano fecero seguito altre rivolte nelle città sottomesse da Papone che riuscirono, alla fine, a liberarsi dall’assedio. Prostrato dagli insuccessi, Papone, decise di rifugiarsi nel ducato Romano. Qui entrò in contatto con Francois Du Val, ambasciatore francese a Roma, che gli prospettò la possibilità di appoggiare l’invasione del napoletano e per questo fu nominato “Colonnello Comandante del rivoluzionario
popolo napoletano”. Il brigante si impegnò a reclutare uomini per la causa antispagnola.Le sue mosse, però, non sfuggirono alle forze regie comandate dal conte Ercole Visconti che, a San Giovanni Incarico, sbaragliò definitivamente i briganti. Papone riuscì a fuggire ma fu arrestato poco tempo dopo a Rieti. Nelle carceri napoletane, sottoposto a tortura, ammise di aver tramato contro la monarchia spagnola in combutta con i Francesi. Accusato di lesa maestà fu condannato a morte. La sentenza fu eseguita il 26 Agosto 1648, sulla piazza del Mercato, mediante “arrotamento e squartamento”. Il capo fu condotto a Sora mentre le restanti membra furono appese alle porte di Caprile e dei paesi vicini dove restarono per parecchio tempo a testimoniare quale fosse la fine riservata a coloro che si arrogano il diritto di comandare popoli e sottomettere terre,sostituendosi alla legittima autorità. Il ricordo di Papone è sempre vivo a Caprile, suo paese natale, che lo considera un eroe o quanto meno il più illustre dei suoi figli.
Articolo tratto dal libro “Il Brigante Papone”
di Fernando Riccardi

