Il Cane Corso o Cane ‘e presa, il cane dei Briganti
Il cane corso è una razza molto diffusa nel meridione della penisola.
E’ un cane molto bello all’aspetto, possente e agile ma al tempo stesso dalla scattante muscolatura, ha il pelo solitamente di colore nero ma non sono rare anche le varianti grigio piombo o grigio chiaro e fulvo. Il pelo è corto ma non raso ed è ispido ed è detto anche pelo di vacca. Il peso del Cane Corso varia dai 40 ai 60 kg mentre l’altezza può variare dai 60 ai 70 cm al garrese ma, non è da escludere, che ci fossero anticamente esemplari che superavano questa stazza.
Il cane corso o can ‘e presa, è un cane di origini antichissime. Si è evoluto assieme all’uomo cacciatore e pastore svolgendo diverse funzioni ma, dimostrandosi insostituibile nella caccia. In Europa, la carne di cinghiale prima e di maiale poi, quando l’uomo imparò ad allevarlo, fu di grandissima importanza per la sopravvivenza. Il corso era l’unico cane in grado di tener testa ad un cinghiale e l’unico in grado di bloccare la fuga ad un maiale, quando questo era allevato col sistema brado. Nelle nostre terre, pare che fino a 30 o 40 anni fa, vi fosse un figura particolare, il porcaro, che con l’aiuto di una sola coppia di cani era in grado di controllare gli allevamenti di suini di un intero paese.
Le origini del
corso, come dicevamo, sono antichissime. Durante l’impero romano, era
addestrato al combattimento per il quale aveva una grande predisposizione, o
utilizzato in battaglia contro i nemici. Tuttavia, essendo
spiccatamente territoriale era perfetto per la difesa della proprietà.
Il nome Corso non deriva, come molti pensano, da Corsica. Il termine Corso
deriva da: chors, ovvero cane che fa da guardia al cortile o guardia del corpo.
Molte sono le testimonianze scritte che citano questo maestoso animale
Niccolò Machiavelli in un poemetto intitolato L’Asino, scrive: “Vidi una volpe maligna e importuna che non truova ancor reste che la pigli; e un can còrso abbaiar alla luna”.
Nel poemetto Leporea (1628), scritto in onore del cardinale Scipione Borghese, leggiamo:
Qui li ciechi lepier e corsi
Can, di ferocità rabiosa armati,
affrontar lupi, apsi, leoni et orsi
co’ i cacciatori suoi vedrete entrati.
Giovanni Verga, nei Malavoglia (1881) scrive “Morde peggio di un cane corso”
Giovan Battista Marino (1569 – 1625) racconta il mito di Atteone, formidabile cacciatore, mutato per vendetta da Artemide in cervo e quindi rincorso e sbranato dai suoi stessi cani e scrive:
I veltri liberi e franchi
sono i primi alla pesta.
Più lontani e più lenti
vengon gli alani e i corsi.
Seguono i medi e i persi
temerari e ardenti…
Il corso sempre viene elogiato per qualità come la velocità e la forza, l’agilità e la resistenza ed il corpo possente e massiccio. E’ molto legato al suo padrone e si adegua a ciò che questi gli richiede. Nelle mani sbagliate, proprio per la sua possenza, può divenire estremamente pericoloso.
A partire degli anni 1960, con il progressivo abbandono delle campagne, l’allevamento di questi cani subì un declino significativo che, però, fortunatamente non durò a lungo. Già negli anni ’70 cominciò un’opera di recupero di questo cane che ben presto suscitò l’interesse di parecchi cinofili, attratti dal fascino della razza nel suo aspetto fisico e nella sua indole. Se cresciuto come cane da compagnia, il corso resta legato alla famiglia, se allevato come cacciatore diviene un cane ardimentoso e feroce.
Si racconta che il re di Napoli Ferdinando II d’Aragona (Napoli, 26 agosto 1469 – Somma Vesuviana, 7 settembre 1496) volle che venisse selezionata la variante “corso” a pelo raso e richiese che venissero incrociati i nostri molossi rustici col cane da presa di Maiorca per ottenere un animale a pelo raso diverso dal cane che veniva utilizzato nelle campagne e che avesse caratteristiche nobiliari. Lo scopo era quello di usarlo come cane da combattimento.
Molto interessante è il rapporto del cane corso con i Briganti. E’ possibile trovarne riscontro nell’appassionante ‘I cani in guerra. Da Tutankhamon a Bin Laden’, di Giovanni Todaro. I briganti preunitari, comuni malviventi, spesso si avvalevano di cani corsi, che servivano per fare la guardia nei rifugi e percepire, a distanza, l’avvicinarsi del nemico. Secondo le cronache dell’epoca, ma questo è tutto da verificare, alcuni briganti avevano cani corsi innaturalmente feroci, abituati addirittura a cibarsi di carne umana. L’utilizzo dei cani corsi da parte dei briganti postunitari, i nostri resistenti all’invasione piemontese, continuò anche contro l’esercito sabaudo prima e italiano poi durante il periodo 1860-70 circa. Per questo motivo le autorità militari del Regno d’Italia con ordinanza del 25 ottobre 1862 emanarono il seguente ordine: “Dalle ore 24 italiane tutti i cani, tanto dentro l’abitato che in campagna, dovranno essere rinchiusi. Quelli che si troveranno fuori saranno immediatamente uccisi”.
fonte http://briganti.info/il-cane-corso-o-cane-e-presa-il-cane-dei-briganti/