Il “Diavoletto Indipendente” (X)

Il Diavoletto, Anno XIII, N. 161, 12 luglio 1860 Le aspirazioni degli Unionisti.
Non c’è caso, gli unionisti italiani non sono contenti fino a tanto che non abbiano esteso il loro dominio ai confini che erano stati segnati all’Italia dai Romani ai tempi d’Augusto. Ma se i francesi hanno il proverbio: L’appetito viene mangiando, gl’Italiani ne hanno un’altro che dice di non fare il conto senza l’oste, e queste sono due sentenze popolari molto bene applicabili alle attuali aspirazioni degl’italianissimi. Immaginatevi, lettori miei, che un giovanotto, il quale si dice triestino, sta scrivendo ora articoloni in un giornale delle nuove provincie annesse. E non ha guari spifferò fuori una leggenda di quattro lunghe colonne, in cui vuol provare come due e due fanno quattro, che l’Italia deve estendersi fino alla grotta di Adelsberg.
L’articolo porta per titolo “Trieste”, ed è di Trieste ch’egli (il triestino) ne dice delle grosse, ma tanto grosse che meriterebbe la pena il riportare tutta quella tiritera, se non temessimo di annoiare i nostri lettori, e se lo spazio non lo dovessimo riserbare a qualche argomento più interessante. Pure alcuni passi li vogliamo citare: “Trieste è la più grande città dell’Istria. Non sappiamo invero da quando Trieste sia stata posta nella penisola istriana.
“Trieste fu aggregata nel 1848 alla Confederazione Germanica. Ogni ragazzo che abbia studiato la geografia politica, sa che la Confederazione germanica si è costituita nel 1815, che Trieste vi fu compresa fino d’allora, che l’Istria ex-veneta, Monfalcone ecc. ne rimasero escluse.
Nel 1848, quando l’autore dell’articolo in questione era ancora un ragazzino, fu bensì inalberata un giorno a Trieste la bandiera germanica, solo per fare dimostrazione che Trieste appartiene alla Confederazione germanica; e l’autore si ricorderà probabilmente di quella solennità, mentre il babbo lo conduceva per mano lungo il corso di Trieste.
“Il consiglio comunale è composto di stranieri, dichiarati cittadini dal solo governo”. Qui è inutile il fare osservazioni, ché tutti rilevano da sè l’assurdità di questi detti. E non ce ne facciamo meraviglia, giacché non ha guari abbiamo letto in un giornale Piemontese, che il consigliere dell’Impero barone de Reyer, non è triestino, mentre tutti sanno che nacque a Trieste, dove la sua famiglia è stabilita da 70 anni.
Di 54 consiglieri, tutti cittadini triestini, in virtù dello Statuto, 2 soli sono di origine lombarda, 2 d’origine piemontese, uno greca, e 4 tedesca, tutti gli altri sono nati a Trieste e nella provincia.
“La lingua del popolo triestino è il pretto e puro dialetto veneziano”. Chi sente parlare questo pretto e puro dialetto dalle nostre breschisse e mandriere, si persuaderà subito della verità di quanto scrisse il nostro triestino emigrato.
“I genitori lasciano deserto il liceo (?) di Trieste, perché vi si studia il tedesco e mandano i loro figli in quello di Capodistria, che è italiano”. Sappia ora l’autore, che il ginnasio (non liceo) di Trieste conta 251 scolari, dei quali a quiete del nostro giovinotto 17 istriani, mentre il ginnasio di Capodistria non ne conta che soli 160 fra cui solo 10 triestini, cioè 8 che frequentano il ginnasio e 2 che studiano privatamente.
“Trieste ha sempre guarnigioni forti”.
Ora tutti sanno che per mancanza di militari le pattuglie notturne vengono fatte la maggior parte dell’ anno dai nostri bravi cacciatori territoriali, che sono una guardia civica fedele al nostro Sovrano e che non teme le gradassate e le minaccie fatte dall’ autore triestino in una città straniera. “Innumerevole è il numero, (sono precise parole del nostro emigrato), delle guardie travestite di polizia”. Anche questa fa da ridere, quando si pensi che fino dagli anni
scorsi abbiamo fatto più volte conoscere la necessità di aumentare il numero di queste guardie per la sicurezza del paese. Questo fu sempre un desiderio dei buoni triestini, non già del nostro emigrato che avrebbe voluto veder sparire tutte le guardie per farne entrare delle altre senza molti incomodi. “Il governo vieta ai cittadini di viaggiare in Italia”. E sì che l’autore di queste fanfaluche se l’è svignata con passaporto austriaco. E tutti i giorni vediamo partire triestini per proprii affari, senza verun inceppamento, per Milano, Torino ecc. ecc.
L’autore finalmente vorrebbe che Trieste con Adelsberg appartenesse all’Italia, sapete
perchè? “Perchè Trieste influì nel 1848 e 49 sull’esito della guerra italiana; perchè fece accelerare la caduta di Milano, la sommissione delle Romagne, la resa di Venezia; perchè Trieste approvvigionava l’esercito austriaco di Lombardia; perchè tutte le munizioni furono tratte da Trieste, e perchè anche in quest’ultima guerra, senza Trieste, l’Austria non sarebbe stata in grado che dopo molti mesi di opporre resistenza di uomini e di cannoni alle armi degli alleati”.
Capite lettori! per tutti questi motivi, l’Austria dovrebbe ritirarsi al di là di Adelsberg e far divenire la nostra città un villaggio come Servola. Le sono veramente idee grandiose del nostro giovanotto, al quale l’appetito viene mangiando, ed il quale fa intanto i suoi conti senza l’oste. E poi nel suo articolo si lagna che la nostra polizia lo considerava un rivoluzionario. Quest’è il più bell’elogio ch’egli poteva fare a quest’autorità; giacchè dal suo stesso articolo è reso evidente che la nostra polizia lo aveva bene conosciuto e che gli avrà dato probabilmente molto volontieri il passaporto per tenersi lontana una simile testa che vive di illusioni e che medita il male per la propria sua patria.
È inutile caro giovanotto che sprechiate inchiostro per simili articoli. Sappiate che Trieste va superba del titolo di Fedelissima, e che le vostre aspirazioni non trovano eco negli abitanti di questa città, né in quelli di Adelsberg, che sono slavi, pure fedeli all’augusta Casa degli Absburgo.
Il Diavoletto, Anno XIII, N. 162, 13 luglio 1860.
Il 12 Luglio.
Oggi si compie un anno dacchè furono segnati i preliminari di Villafranca, di quella pace ch’ebbe poscia la sua conferma a Zurigo
Oggi è un anno che Francesco Giuseppe e Napoleone III, fecero tacere il cannone e quietare le stragi, ponendo le basi ad una pace che da dodici mesi tiene l’Italia e l’Europa agitata di continuo ed a peggiori condizioni di quando durava la guerra.
Egli è un anno dacchè si promise la ristaurazione dei principi Italiani e del potere temporale del Papa nelle Romagne e si progettò una confederazione italiana che doveva unire in un sol vincolo i differenti Stati della penisola.
Quali di queste promesse mantenne Napoleone III? Non una. La Lombardia fu ceduta, ma il prezzo di tale sagrifizio non fu pagato: Leopoldo di Toscana, Roberto di Parma, Francesco di Modena sono esuli, Pio IX ha perduta la sua Bologna.
Il non intervento si volle scrupolosamente osservato; ma solo a beneficio della rivoluzione, ed a incremento in Italia della preponderanza francese.
Quanto cammino non fece essa la rivoluzione, all’ombra appunto del non intervento dal 12 di luglio del 1859 ad oggi! Tanto che presto raggiungerà la sua meta per assidersi padrona della penisola.
L’annessione dell’Italia centrale, la cessione di Nizza e Savoia, Garibaldi in Sicilia, Francesco II di Napoli al punto di perdere la sua corona, ecco i frutti della pace di Villafranca auspice il non intervento.
Il ricordo dell’infelice campagna del 1859 è doppiamente amaro quest’oggi, quando si pensi ai sostenuti sagrifici, ed alle conseguenze di una pace segnata nella fede che tali sagrificii appunto dovessero apportare i loro frutti.
Ma a che dovremo amareggiare l’animo col ricordo di un passato irreparabile? L’aspra e durissima prova sostenuta dall’Austria nello scorso anno non può né deve essere ritentata per ora, ben lo sappiamo; l’Austria è stretta dalla ineluttabile forza delle circostanze a tenersi lontana da nuove lotte per quanto possano o siano reclamate dalla giustizia di una causa legittima, eppure disconosciuta ed abbandonata da quegli stessi che dovrebbero essere oramai convinti in tale causa trattarsi pure della loro esistenza.
La rivoluzione non transige – oggi è a Palermo come a Torino, domani vorrà entrare a Varsavia per la stessa ragione che le furono aperte le porte a Napoli.
Ci pensino coloro ai quali Iddio ha dati popoli a governare, ci pensino i campioni del diritto e della giustizia – il tempo di porre un’argine all’irrompere della piena rivoluzionaria è più che venuto, attendere ancora sarebbe un volere che il torrente trascini a rovina la società.
Notizie politiche
ITALIA. Si scrive da Torino in data 10 luglio alla Perseveranza: Il governo napoletano non ha finora annunziato ufficialmente presso al governo sardo i suoi progetti di alleanza. Il sig. Canofari si è mantenuto in un assoluta riserva, il che lascia credere essere assai probabile l’invio da Napoli di una straordinaria missione diplomatica per fare le comunicazioni ufficiali che stanno tanto a cuore a quel ministero.
Qui si è deciso di respingere qualunque proposta, finchè le Camere napoletane siano radunate e manifestino il loro veto sulla condotta passata del governo e sull’oppurtunità della divisata alleanza. Roma 5 luglio. Si attende il duca di Gramont con istruzioni serie, per comunicarle a S. Santità, ed egli verrà con personaggi amministrativi, capaci di guidare e stabilire le cose dello Stato. Si scrive da Roma in data 5 luglio alla Gazzetta uff. di Venezia:
La matassa va avviluppandosi ogni di più. Torino ha imbrogliato Napoli, facendogli la guerra; Napoli ha imbrogliato Torino facendogli la pace. Magnifico e non più visto spettacolo! Mentre uno Stato manda una spedizione a conquistare una gran Provincia di un altro, e gliela toglie, questi, non solo lascia il suo ministro nella capitale del primo, ma gli dice: sì, io t’amo. Questa è carità veramente stupenda, e il precetto d’amare i suoi nemici non ebbe mai più generoso adempimento. Intanto, si pretende che dietro la scena vi sia un direttore del dramma, non visto, ma visibile; si pretende sapere che i giorni del povero re meridionale siano numerati; ma non vi sarà annessione al Piemonte né di qua, nè di là del Faro; si pretende che il più bello del paesi del mondo sarà diviso tra due litiganti, nessuno de’ quali italiano; si pretende che in compenso si darà al Piemonte qualche nuova annessione, p. es. il resto del nostro Stato, meno Roma, e che questo compenso, sarà pagato a Francia coll’isola di Sardegna, che già non è Italia, essendo isola, e colla città e riviera di Genova, prolungamento naturale dei versanti dell’Alpi, le quali si scopersero formare un solo sistema cogli Appennini, anzi questi non essere che uno sviluppo più meridionale di quelle. Si arriva persino ad assicurare essere già stipulato un accordo in piena regola, e che un ministro d’una grande Potenza riuscì ad avere copia del curioso documento, che forma un’altra bellissima pagina del novello diritto europeo.
Palermo 5 luglio. Scrivono alla Lombardia: Sono informato in questo momento dell’arrivo della spedizione guidata dal colonnello Cosenz. Sono meglio di 3.000 uomini organizzati nella maniera più perfetta che si potesse.
FRANCIA. Parigi 4 luglio. Il barone Brenier, ambasciatore a Napoli, è aspettato qui fra pochi giorni, avendo ottenuto un mese di vacanza. L’11 del corrente mese sarà aperto il servizio postale regolare tra Suez e Sciangai. Il primo convoglio porterà 500 soldati francesi, spediti in rinforzo al generale Montauban. Dicesi che il governo chiederà al Corpo legislativo un credito di 500.000 franchi per sopperire alle esequie del principe Gerolamo.
Prima del 14 luglio, avverrà un convegno a Wildbad, che probabilmente darà luogo a qualche altro congresso, a mo’ di quello di Stoccarda. L’Imperatrice madre di Russia vi attende l’Imperatore Molte sono le argomentazioni che si traggono da cotesta novella.
Corsica. – La casa della famiglia Buonaparte ad Ajaccio fu addobbata di nero, appena giuntavi la notizia della morte del principe Gerolamo.
INGHILTERRA. Londra 9 luglio. L’Uffizio telegrafico Reuter reca il seguente dispaccio da Parigi: Il signor Thouvenel, ministro degli affari esteri, fece pervenire nuove istruzioni al signor Lavalette, inviato francese a Costantinopoli, in cui esso viene incaricato di recare a cognizione della Porta che la Francia, per motivi d’umanità e in forza di antiche capitolazioni, si porrà d’accordo colle grandi Potenze europee per ovviare al rinnovamento di scene sanguinose come quelle avvenute nella Siria.