Il “Diavoletto Indipendente” (XV)
Il Diavoletto, Anno XIII, N. 170, 22 luglio 1860
Rivista Politica.
Trieste 21 luglio.
L’Unità Italiana di Genova pubblica una sua corrispondenza da Torino nella quale è fatto cenno di una convenzione che sarebbe stata conchiusa tra Cavour e Napoleone intorno ai destini futuri d’Italia; dopo aver detto che a Cavour la Francia permetterebbe di far la guerra a chi meglio le piace, e di assorbire le Due Sicilie, imponendole però di rispettare il potere temporale del Papa, (s’intende quello concessogli dal libello famoso il Papa e il Congresso del Laguerroniere), così vengono indicati i compensi da darsi alla Francia stessa:
“Il Piemonte da canto proprio si obbliga di rispettare questo stesso dominio (papale) e a cedere alla Francia: 1. l’isola di Sardegna; 2. quella di Capraia; 3. tutta la Liguria, da Nizza fino alla Spezia, compreso, ben inteso, il golfo. Quanto al trapasso del Genovesato nel dominio di Francia avverrebbe per semplice trattato senza votazione, mentre la Capraia e la Sardegna dovrebbero dare il loro plebiscito, come Savoia e Nizza”.
Sulla missione di Depretis per la Sicilia ecco quanto leggiamo nell’Unione di Torino: “Depretis, come è noto, è partito per Palermo, dopo essere stato ricevuto in udienza dai ministri Farini e Cavour, e dal re stesso, il quale, a quanto si dice, lo incaricò di presentare al dittatore una sua lettera autografa. Non si sa quali istruzioni Cavour abbia voluto dare a Depretis, ma si dà per certo che l’ex-governatore di Brescia rispondesse francamente al presidente del consiglio:
- Rammentatevi ch’io parto chiamato da Garibaldi, e non mandato da voi. – Infatti, vuolsi che Depretis sia stato invitato dallo stesso Garibaldi a recarsi a Palermo. Depretis ebbe pure una conferenza con Farini”.
Intanto le corrispondenze che i giornali di Parigi e del Belgio ricevono da Torino e da Palermo recano i particolari sulla situazione della Sicilia poscia che il dittatore vi sfrattò il commesso viaggiatore del Conte di Cavour, il signor La Farina; il quale avrebbe fatto un quadro ben doloroso del paese che egli fu costretto ad abbandonare; un tale quadro fece grave senso sul ministro del re Vittorio Emanuele; al dire del signor La Farina la Sicilia sarebbe perduta per il Piemonte, dacchè Garibaldi, sollecitato dai suoi amici e dai suoi aiutanti, si è avvicinato a Mazzini. La certezza entrata in Garibaldi che possa nascere una alleanza fra Napoli e Torino, lo ha gettato nella massima delle irritazioni, ed avrebbe scritto una lettera al re di Piemonte, colla quale accuserebbe direttamente il Conte di Cavour d’essersi venduto alla Francia. Garibaldi avrebbe detto senza ambagi, che giacchè
i ministri di Vittorio Emanuele non volevano fare l’Italia, se la farebbe lui coi suoi amici; il che vuol dire abbastanza chiaro che il dittatore s’è avvicinato ai mazziniani de’ quali una gran folla trovasi ora a Palermo. Quattro dei ministri della Sicilia, come sappiamo, diedero già la loro dimissione dopo il fatto dell’espulsione dall’isola del La Farina; dei nuovi ministri possiamo qui aggiungere alcuni particolari. Michele Amari, lo storico dei Vespri Siciliani, è uno dei nuovi membri del Gabinetto palermitano; Interdonato, altro dei ministri, era a Torino collaboratore di Bianchi Giovini, repubblicano e mazziniano per la vita; Ervante il terzo è persona che lasciò a Torino ben poco buon nome di sè.
Egli è quindi evidente che Garibaldi con tali compagni non può se non che separarsi interamente dalla politica cavouriana, della quale in La Farina ha colpito il messaggero. Gli stessi moti al di qua del faro non sono forse essi medesimi il segnale della politica rivoluzionaria del Garibaldi? – esso non fa mistero dei suoi progetti; se il Piemonte dovrà staccarsi da lui, esso lavorerà per conto proprio, e avremo così la più terribile delle guerre intestine ch’abbiano funestata l’Italia!
Notizie politiche.
[…] ITALIA. Perugia 14 luglio. L’altro ieri giunsero qui 4 pezzi di artiglieria d’assedio: sarà forse per l’armamento del forte. Non v’ha dubbio che Lamoriciére concentra su questa linea da Spoleto a Perugia piuttosto più che meno di 10 mila uomini.
- Scrivono da Palermo al Diritto, il 13 luglio, ore 10 di notte:
“I vaporini catturati sono di proprietà privata, il governo di Napoli li aveva solo noleggiati: Garibaldi non decise ancora se li renderà; a bordo d’uno dei suddetti stavano un commissario di polizia di Messina e un Gesuita in abito borghese, che venne tosto riconosciuto dal signor Crispi: entrambi si conservano prigioni in Palermo.
Ieri, mentre il dittatore faceva colazione, gli furono presentati i quattro uffiziali dell’equipaggio dei vaporini; richiesti se volevano ritornare a Napoli, risposero che il loro dovere ed il giuramento colà li richiama. Furono quindi portati a bordo del vapore mercantile genovese, il Veloce, della ditta Zuccoli e comp., il quale li recherà a Napoli assieme agli individui che erano bordo del vapore da guerra napolitano il Veloce, quello che si arrese spontaneamentei giorni scorsi ai Siciliani”.
INDIE. Si ha da Bombay, 21 giugno: Dietro il rifiuto delle chieste concessioni, una fregata francese ha bombardato Zanzibar, ed ha sbarcato i marinai nell’Isola. In seguito di che l’Imano ha fatto atto di sottomissione.
Ultime notizie
- La Patrie ha nelle sue ultime notizie i seguenti importanti dettagli sui recenti fatti di Napoli. Abbiamo, per via telegrafica, dispacci da Napoli che giungono sino al 17 luglio.
Ecco i fatti autentici che si recano a nostra cognizione.
“Nella giornata del 15, un certo numero di soldati della guardia reale percorsero armati la città, gridando “Viva il re! abbasso la costituzione!”. Essi causarono, dove passavano, un gran fermento ed entrarono in lotta, su diversi punti, colla popolazione.
In presenza di questo fatto sì deplorabile, i ministri si recarono al palazzo del re e gli dichiararono che non potevano continuare a rimanere alla direzione degli affari, qualora gli autori di quei disordini non fossero puniti secondo la legge militare.
Il re dichiarò ai suoi ministri che approvava le loro osservazioni, che i soldati colpevoli sarebbero arrestati e puniti. Egli diede in questo senso degli ordini che furono eseguiti immediatamente.
Poscia per dare una prova ancor più efficace delle sue vere intenzioni, il re salì a cavallo, accompagnato dal ministro della guerra e dagli ufficiali del suo stato maggiore; si recò in tutte le caserme ed in tutti i quartieri, e fece prestare agli ufficiali ed ai soldati il giuramento richiesto dalla costituzione.
Alla caserma del Granil, dove trovavansi i reggimenti considerati come più opposti alle idee liberali, il re dichiarò in una allocuzione breve, ma energica, che il miglior mezzo pei soldati di provargli l’affetto che gli portano, era quello di rispettare la costituzione e di mostrarsi devoti alle idee liberali che quindinanzi dovevano formare la base del diritto pubblico del regno. Dopo questa allocuzione, le truppe hanno prestato giuramento gridando: Viva il re! Viva la costituzione!
I ministri hanno ringraziato il re di questo passo, e rimasero tutti al potere. All’indomani, i membri del corpo diplomatico si sono recati dal re e gliene hanno fatte le loro congratulazioni”.
- Leggesi nell’Opinion Nationale: Un dispaccio telegrafico del nostro servizio privato ci reca gravi notizie da Messina in data del 15. Garibaldi ha raggiunto, il 14, Medici con 3.000 uomini.
All’indomani 15, il generale Bosco è uscito da Messina con 4.000 uomini e 3 cannoni, ed è marciato nella direzione di Barcellona. Uno scontro e l’attacco di Messina sembrano dunque imminenti.
Il consolato di Francia a Messina è zeppo di gente che chiede di rifuggiarsi a bordo della fregata a vapore, Descartes. Il console francese, di cui si conosce l’energia, ha protestato preventivamente contro il bombardamento della città, prima che si dia un termine agli esteri per evacuarla.
- L’ Indépendance ha una corrispondenza da Berlino nella quale si afferma, che fervono vive negoziazioni fra le grandi potenze per concludere un collettivo intervento, il quale però rispetterebbe l’integrità dell’Impero ottomano. (V. disp. del G. di Verona).
- Secondo la Perseveranza si ritiene certo il richiamo di Goyon da Roma. Questo richiamo sarebbe stato provocato dal duca di Gramont. Dopo che per la prossima partenza di parecchi corpi di truppe francesi, la guarnigione di Roma verrà ridotta ad una brigata, è facile che il comando venga affidato al comandante di piazza francese.
- Tutti i giornali francesi, di qualsiasi colore, cantano la stessa solfa sulla questione della Siria, e vogliono dimostrare la necessità che la Francia v’intervenga. L’opinione generale a Parigi è che il gabinetto francese spedirà in Siria truppe di sbarco. (V. disp. telegrafici). L’ Inghilterra sembra renitente e gelosa di veder sostituita l’azione di estere forze all’azione repressiva del legittimo governo di quei paesi; è sempre la stessa gelosia che su qualunque punto dell’Europa ed in qualunque questione sorge fra la Francia e l’Inghilterra; anche qui dove si tratta nientemeno che di salvare dal massacro i cristiani, anche qui questa gelosia inceppa l’opera comandata dall’umanità.
Il Diavoletto, Anno XIII, N. 171, 24 luglio 1860.
Rivista dei giornali.
Trieste 23 luglio.
L’Ost-Deutsche Post ha oggi una corrispondenza da Parigi, contenente interessanti date intorno a quanto si sta apparecchiando riguardo alla questione orientale. “Il re di Napoli ed il re di Sardegna, Garibaldi ed il conte Cavour – dice il corrispondente – assunsero in questo momento una parte secondaria nelle trattative diplomatiche. La questione che pareva destinata a produrre una rottura fra Inghilterra e Francia, ha preso frattanto una piega, che consolida in certo modo l’entente fra quei due governi. L’affare della Siria interessa ora più che mai la diplomazia. Dodici giorni fa, il conte di Persigny consegnò una nota al gabinetto inglese, nella quale il signor di Thouvenel fa le seguenti due proposte: 1) Convocazione d’una conferenza europea, affine di prendere una comune decisione per assicurare in avvenire la sorte delle popolazioni cristiane in Siria;
2) intervento in comune per l’immediata protezione dei minacciati. E qui il gabinetto francese fa conoscere la sua intenzione di voler in ogni caso agire per parte sua. Una nota consimile, benchè modificata nelle singole parti, fu spedita a tutte le grandi potenze, nonchè al gabinetto spagnuolo”. […] – Una corrispondenza da Napoli dell’Indépend. Belge, dipinge la situazione di quel regno sotto i colori più tetri.
Dice l’armata divisa in due partiti, uno dei quali vorrebbe il ritorno dell’assolutismo, l’altro, ch’è in maggioranza, è invaso d’idee annessioniste. Si leggono pubblicamente a Napoli i proclami di Garibaldi, ed alla classe illetterata vengono da uno letti ad alta voce e gli altri applaudono. Quanto più concede il re, tanto più si appetisce; la legge sulla stampa non soddisfa, si deplora che fra i membri del consiglio di Stato, rinvengansi antichi pubblici funzionari, malevisi al liberalismo. La guardia nazionale occupa i posti di piazza già affidati alla guardia reale, ma si vede di mal occhio che questa sia consegnata nei forti.
Insomma di concessione in concessione, al re non rimane più che cosa concedere.
I giornali di Napoli giunti oggi sono pieni zeppi di una farraggine di leggi e decreti, risguardanti il novello ordine di cose.
Intanto Garibaldi non transige e fa i suoi preparativi d’attacco in barba a tutte le costituzioni. Ei non fa misteri a nessuno del suofermo volere di portar la guerra a Napoli, chiamatovi da quella rivoluzione ch’ei non cessa di provocare, nel che è ben servito dai numerosi agenti che per lui lavorano nell’infelice regno.
Nulla ancora si può conoscere intorno al progetto di alleanza tra Napoli e Piemonte, però si attende a Torino l’esito della missione dell’ambasciatore La Greca a Parigi ed a Londra. Egli propone a questi due gabinetti la soluzione della questione Siciliana nel senso di una costituzione separata, non già di un distacco; nel che difficilmente potrà riuscire almeno a Londra.
Notizie politiche.
[…] ITALIA. Torino 20 luglio. L’Opinione, che per essere inspirata dal conte di Cavour merita molta fede, scrive intorno alla missione dei signori Manna e Winspeare alcune osservazioni delle quali citeremo le conclusioni :
“Il ministero sardo deve certamente aver veduto con soddisfazione il governo di Napoli entrare nella via della politica liberale ed italiana, ma non può preconizzare quali ne saranno le conseguenze e quale l’ordine delle cose che emergerà dalla mischia confusa e disordinata dei partiti e degli interessi.
Non crediamo che siano state finora aperte le trattative ; ma se verranno aperte, è facile il presagire quale ne sarà il risultato. Non può succedere che ciò che abbiamo preveduto, cioè che non si conchiuderà l’alleanza.
Ecco cosa avrà ottenuto Francesco II di Napoli; accordar tempo alla rivoluzione, perdere i suoi fedeli, mettersi alla mercede de’ suoi nemici e per sopramercato avere uno schiaffo dal Piemonte”.
- Leggesi nella Nazione di Firenze. Il generale Girolamo Ulloa, ha domandato al console napoletano residente in Livorno un passaporto per ritornare in patria. Il console glielo ha ricusato, dicendo avere istruzioni precise di non darglielo, e di non vidimare qualunque passaporto che il generale gli presentasse.
Ravenna 19 luglio. L’Adriatico scrive nelle sue ultime notizie:
“Pare che le pratiche del gabinetto di Vienna per istabilire un accordo con la Prussia sieno andate interamente fallite. L’Austria ha subito questo nuovo fiasco diplomatico”.
Venti linee dopo stampa il dispaccio che noi pure conosciamo del convegno del Reggente col nostro Imperatore a Töplitz.
Preghiamo l’Adriatico a non commettere in avvenire di tali morronate.
- All’Unità Italiana di Genova così si scrive intorno alla pubblica sicurezza nelle Romagne annesse: “Se tu passeggi le Romagne, novantanove per cento, hai perduta la borsa. Nella Bologna dei malandrini entrano nelle case e le spogliano, il cittadino è derubato per le vie; prosegui verso Imola. Faenza ecc. ecc. uomini armati si presentano in pieno giorno sulle pubbliche vie e spogliano il viandante.
Quando sotto la tirannide clericale accadevano queste enormità, le masse gridavano furibonde che gli averi, le persone non erano sicure e maledicevano quindi ai governanti, e molto bene: oggi quasi nessuno parla e tollera con calma pensosa d’essere spogliato, e se un grido di sdegno sorge da qualche pura coscienza, esso è solo, ed è soffocato dal silenzio universale. Ma la polizia? Sarebbe ella inetta, o piuttosto corrotta come quella del Papa-re? Noi noteremo con rammarico, anzi con dolore, che la situazione in riguardo alla pubblica sicurezza non migliorò di un momento, anzi peggiorò d’assai; è doloroso il dirlo, è vergognoso: ma la prepotente logica dei fatti ci conduce a questo risultato”.
Napoli 11 luglio. Leggiamo nell’Omnibus. Nelle prime ore del mattino di lunedì 9, un tentativo fu fatto per liberare dal carcere il famigerato Manetta, cui la voce pubblica accusa come autore dell’attentato su Brenier. Andato a vuoto il tentativo per effetto dell’energia mostrata dall’autorità, gli autori, mutato avviso, cercarono aggredire il banco di S. Giacomo. L’ordinanza del Prefetto, che stampiamo appresso, usciva verso le 11 a rassicurar la popolazione contro le tristi mene della reazione, accertando il Governo esser più che mai inteso a reprimerla con tutti i mezzi delle leggi in vigore.
Altra provvida disposizione del Prefetto è quella con cui sono chiusi ed aboliti per sempre i così detti criminali di ogni natura, in tutte le carceri della capitale.
Ecco i decreti:
“In considerazione che i buoni cittadini manifestano preoccupazioni e timori per possibili mene contro il Regime costituzionale, affrettasi a riassicurarli dichiarando che l’autorità preposta a tutelarlo, veglia con diligente operosità e saprà con fermezza colpire quei faziosi ed incorreggibili perturbatori, che credono ancora, provocando all’anarchia ed eccitando le passioni colpevoli, poter ritornare all’antico stato di cose. Che costoro ricredansi una volta per sempre, e rientrino pacificamente nell’ ordine che ora governa: altrimenti saranno contro di essi adoperati tutti i mezzi di repressione che le leggi autorizzano per far sì che la pace e tranquillità pubblica non soffrano veruna alterazione”.
9 luglio 1860.
“Sulla considerazione che i luoghi di custodia pei detenuti e per gl’imputati debbono servire all’unico scopo di assicurarsi delle persone dei colpevoli per garanzia della giustizia, e non mai quello di soggettarli a privazioni e sofferenze, incompatibili con i principii di umanità e di ragione, su cui deve poggiare il sistema di prevenzione e di espiazione delle pene in ogni ben regolato e civile governo; Il Prefetto provvede:
1. Che vengano chiusi ed aboliti perpetuamente i così detti criminali o segrete, di qualunque natura, in tutte le carceri e luoghi di detenzione della Capitale.
Che una Deputazione nominata dal Segretario generale della Prefettura proceda immantinente alla esecuzione di tale opera zione”.
Napoli 9 luglio 1860. Il Prefetto di Polizia Liborio Romano.
Napoli 14 luglio. Il Nomade porge le seguenti notizie intorno allo stato normale di questo regno: “Avvenne un altro disordine che poteva benissimo evitarsi. Prestavano giuramento i Magistrati della Gran Corte civile di restar fedeli al regime costituzionale.
Al levarsi della maggior parte di loro, il pubblico fischiò orrendamente: Viva la libertà! – Viva le Costituzioni! – Viva i paesi liberi!”.
- Corre voce che si darà al teatro S.
Carlo una serata a beneficio di tutti gli emigrati napoletani residenti all’estero, cui mancano i mezzi di ritornare in patria. La compagnia dei Fiorentini vi prenderebbe parte, rappresentando la Figlia di Domenico. Vuolsi che l’iniziativa di opera sì generosa sia venuta dall’egregio prefetto di Polizia signor Liborio Romano, il quale, pel suo procedere fermo e leale, raccoglie meritamente i suffragi della pubblica opinione.
- Si dice che la guardia nazionale debba essere accresciuta di 300 uomini per ogni quartiere.
- Giovedì mattina un antico ispettore di polizia, riconosciuto in quello che passava per le regie Finanze, fu aggredito e pugnalato.
L’ordine pubblico non fu turbato; il ferito venne posto in carrozza e portato ai Pellegrini.
- Il noto commissario di polizia, cav. Giuseppe Campagna, è partito alla volta di Malta.
- Nel fatto di domenica. la soldatesca ha percosso l’ammiraglio francese Barbier de Tinan, il ministro di Prussia, il console svizzero e varii marinai inglesi. Nella caserma del Carmine i soldati hanno gridato: Viva Maria Teresa! Nell’ammutinamento, che dicesi incoraggiato dal conte di Trani, i sotl’ufficiali e gli ufficiali non presero parte, anzi molti hanno tentato impedirlo a mano armata. Il ministro dell’interno è andato a ricevere ufficialmente allo sbarco, con moltissima gente esultante, 44 emigrati giunti il giorno 16. Tacca, capitano di fregata, e Perugii, capitano di vascello, giurando la costituzione, hanno fatto aggiungere di non battersi mai contro Italiani. Clary ha chiesto per telegrafo da Messina pronti soccorsi. Pare che Messina, bloccata dalle truppe di Garibaldi, non terrà lungamente.
Molti ufficiali e piloti della real marina, ed altri ufficiali di diverse armi, segnatamente dell’artiglieria e del genio, dànno la loro dimissione.
- Il generale Bosco è partito l’11 coi battaglioni 1., 8. e 9., con una batteria da campo di 8 pezzi, con cacciatori a cavallo, ambulanza, viveri e foraggi per 5 giorni. Il generale Medici n’è stato subito avvertito.
Dicesi che Bosco siasi congiunto coi regi a Milazzo, e Medici retroceda su Patte. I soldati ripongono molta fiducia in Bosco; ma s’egli fosse disfatto, gli ufficiali in Messina dicono che il resto delle truppe non si batterebbe più.
I vapori napoletani esitano ad uscire dal porto; i viveri vengono da Napoli sopra legni esteri.
Bosco chiese 2.000 uomini di rinforzo per l’avvicinarsi di Cosenz, e perchè un battaglione della sua colonna si mostrò insubordinato. I regi saccheggiano i villaggi per cui passano. In Messina le botteghe sono chiuse.
Tutti si preparano a fuggire, temendo il saccheggio in caso di sconfitta.
Palermo 17 luglio. Vi fu un movimento nel campo borbonico a Messina. Cinquemila regi si avanzano. Il generale Medici è fortemente concentrato a S. Lucia. […]
Il Diavoletto, Anno XIII, N. 172, 25 luglio 1860.
Il Commercio austriaco.
(Cont. V. i N.ri 164 e 168)
(e) Ora vedremo di quanta importanza sia per l’incremento della marina mercantile, lo sviluppo e l’aumento della marina di guerra.
L’istoria ci fa conoscere come in tutti i tempi la marina militare abbia preceduto la marina mercantile e contribuito alla sua prosperità. Questa fu in effetto che scoperse i paesi e le vie transatlantiche, esplorò e protesse le coste, e successivamente sviluppò il genio mercantile e favorì le grandi intraprese, assicurando ai capitalisti ed agenti del commercio la più importante di tutte le garanzie: la sicurezza!
Se alcuni Stati hanno rannodate delle relazioni commerciali senza il soccorso di questo elemento, si fu, perchè in certe epoche godevano la protezione navale indiretta (in seguito di alleanze con potenze marittime), ovvero perchè i loro rapporti furono fondati in tempi, in cui la rivalità non era così forte come all’epoca presente.
A questa categoria appartengono le città libere tedesche, che hanno delle relazioni, la cui origine rimonta al XIII secolo; ma la loro risorsa deriva in parte dalla potenza militare della lega anseatica, e dall’altra dal potente aiuto che godevano dalla marina inglese.
Si conosce benissimo i grandi sforzi, quasi sempre coronati da successi, dell’Inghilterra e degli Stati Uniti. La Francia, che sovente fu accusata di aver meno iniziativa commerciale degli altri, e di occuparsi troppo esclusivamente degli affari europei, ha aperto al suo commercio i vasti mercati d’Africa, con la conquista dell’Algeria. Essa prese piede fermo nella Cocincina occupando Tourane, non soltanto per far trionfare la causa della giustizia e della civilizzazione, ma ben anco per estendere le sue relazioni commerciali nelle vaste, popolate e ricche contrade dell’oriente.
La Spagna non meno suscettibile ad estendere le sue relazioni commerciali, si è associata in Cocincina agli sforzi della Francia: i suoi marinai ed i suoi soldati hanno combattuto recentemente gli Annamiti accanto alle truppe imperiali.
L’Olanda è già così largamente provveduta di sfoghi per il suo commercio, che non si sforza per cercare nuove relazioni. In effetto gli ultimi rapporti fanno sapere, che i suoi bastimenti cominciarono a mostrarsi persino in Australia, e specialmente a Sidney.
Se citiamo questi fatti lo facciamo semplicemente, per dare un’idea del movimento commerciale che si opera in altri Stati europei, e per dimostrare quanto sieno false e meschine le idee di alcuni che dicono: l’Austria non ha bisogno di iniziativa marittima, che fabbrichi e produca, a buon mercato, allora si verrà a cercare i suoi articoli senza che essa faccia degli sforzi per venderli.
All’appoggio di questa detestabile dottrina commerciale, si cita perpetuamente il medesimo esempio, la Svizzera; ma se questo Stato non ha una marina, è per la sola ragione che non può averla, e se ciò non pertanto la sua industria prospera, si è per il motivo che la Svizzera ha dei prodotti particolari che fabbrica essa sola e che non può temere la concorrenza, ed oltreciò perché dei negozianti svizzeri sono stabiliti su tutti i punti del globo, facendo così conoscere e procurando lo smercio del loro paese.
Tostochè fu conosciuto in Germania che gli Americani avevano ottenuto l’entrata nell’Impero del Giappone, e che l’Inghilterra, l’Olanda e la Russia avevano successivamente e rapidamente conchiuso dei trattati con questo misterioso Impero, il Governo prussiano, riconosciuta l’importanza che l’apertura d’una parte di questo vasto Stato recherebbe agl’industriali dell’Unione Germanica, ha creduto indispensabile di disporre che una spedizione di bastimenti da guerra vada a far conoscere la bandiera prussiana nelle acque della China. Questa spedizione di già in viaggio, il di cui capo è un diplomatico, il conte d’Eulenburg, avrà il triplice carattere di spedizione commerciale, scientifica e politica. Il conte di Eulenburg è munito di pieni poteri e di istruzioni per negoziare e concludere dei trattati di commercio e di amicizia con la China, il Giappone ed il Regno di Siam. Altro scopo della spedizione è pur quello di ottenere in quei mari qualche Isola o gruppo d’isole, sia in forza di trattati, sia per acquisto, nella quale potervi stabilire una colonia tedesca, sotto la protezione della bandiera prussiana.
Un dato numero di negozianti ed industriali sono ammessi a prender parte a questa spedizione, allo scopo di far conoscere e procurare quindi lo sfogo dei loro prodotti, e così pure per esaminare la natura, il valore e la quantità dei prodotti che quei paesi possono offrire in iscambio.
Noi abbiamo creduto necessario di intrattenerci alquanto sulla spedizione prussiana, per dimostrare, come quella nazione ancora così poco marittima, pure confida, né si scoragisce davanti alle difficoltà, ma seriamente si occupa della necessità di stabilire delle nuove relazioni commerciali coi paesi transatlantici.
La Danimarca ha risoluto pure di fare una spedizione nella China e nel Giappone, e lo stesso intendono fare il Piemonte, Napoli e la Turchia (le attuali politiche circostanze soltanto l’impedirono), e non è un contrasto singolare questo, che noi come grande nazione e industriale, abbiamo da essere da meno di altre potenze la di cui industria relativamente è più limitata?
Notizie politiche.
AUSTRIA. Trieste 24 luglio. Il regio console generale di Napoli ricevette quest’oggi dal suo Governo l’ ordine telegrafico, colla data del 23, di sospendere l’invio di reclute estere pel servizio del Regno, essendo cessato l’arruolamento. (0. T)
[…] ITALIA. Torino 21 luglio. Leggesi nell’Opinione: Le ultime notizie telegrafiche di Napoli del 19 recano aver il Governo promesso che licenzierebbe le truppe straniere.
Frattanto i forti napoletani verrebbero sgombrati da quelle truppe ed occupati da soldati indigeni.
La tranquillità non è più stata turbata; ma i partiti si agitano, specialmente i due che sono i più attivi, cioè il municipale e l’unitario. L’esercito è molto incerto. Parecchi ufficiali hanno dichiarato che non si batteranno contro la Sicilia.
Altra del 22. L’Opinione ha per dispaccio da Napoli 21:
Il giorno di venerdì, 20, sono successi nuovi e gravi disordini a Napoli. Un distaccamento della guardia reale ha invaso un corpo di guardia della milizia cittadina, cui voleva costringere a gridare: Viva il re! Abbasso la costituzione”.
La guardia nazionale ha opposta energica resistenza; essa ha incrociate le armi e ricusato fermamente di aderire alle intimazioni della guardia reale.
Fu spedito uno squadrone di cavalleria, che ha disperso la guardia reale.
Il Governo ha promesso che prenderebbe senza indugio le disposizioni necessarie perchè la guardia reale sia sciolta.
Milano 22 luglio. Leggesi nella Gazzetta del Popolo: Al momento di mettere in torchio, apprendiamo che, fino a questo, punto, sono stati prodotti in Napoli 4.200 reclami per esclusione dal servizio di guardia nazionale. (A proposito di libertà!!)
– Il nostro ministero aveva inoltrato, per mezzo dell’ambasciatore di Prussia a Torino, una nota al Governo austriaco, nella quale reclamava contro il fatto annunziato dai giornali, che cioè i legni sardi provenienti dalle Romagne fossero stati costretti a Pola ed a Fiume ad innalzare bandiera pontificia.
L’inchiesta fatta dall’autorità austriaca ha provato, che né a Pola né a Fiume i legni sardi sono stati obbligati a mutar bandiera; bensì quelle autorità han fatto osservare ai capitani che, appartenendo quei legni a sudditi della Sardegna non ancora riconosciuti, essi non potevano alzare la bandiera sarda durante il loro soggiorno nel porto. (Gaz. del Pop.)
- Genova 21 luglio. Garibaldi è partito il 18 per mare con cinquemila soldati per ignota destinazione. La corte di Napoli perciò prende sgomento. Dicesi che per evitare un’ulteriore effusione di sangue, il re abbia ordinato lo sgombro completo dell’isola. (V. Disp.)
Presso Milazzo hanno avuto luogo due scontri tra i soldati di Medici e Bosco, senza risultato. Corre voce che Garibaldi sia sbarcato sulla costa napoletana. Questa notizia si dà con riserva.
Ravenna 21 luglio. L’Adriatico reca colle seguenti parole l’assassinio d’altro degli ufficiali di polizia in Napoli: Come s’accordano le dimostrazioni in favore del re con le uccisioni dei birri, con quella di Cimmiano, ispettore dell’antica polizia, e dell’altro ispettore Gioberti che fu legato con le braccia in croce sul petto, crivellato di stilettate, quindi trascinato dal volgo lungo le vie? […]
Ultime notizie.
Le cose del reame di Napoli piegano all’ultima loro rovina, e la guerra fratricida ha già cominciato; a che illudersi? – quel re non è più che l’ombra di un potere che dalle sue mani è passato in quelle della rivoluzione. La Sicilia è perduta; Francesco II è alla mercede di Vittorio Emanuele e di Garibaldi – è una preda disputata e nulla più.
L’ultima scena di questa commedia ora si va recitando a Torino; il re di Piemonte scriverà a Garibaldi interessandolo ad usare riguardi verso il re di Napoli, e lo consiglierà a non invadere la terra ferma: questa lettera che il telegrafo ci dice partirà da Torino, non sappiamo ove possa trovare il suo destinatario, poichè come si sa, Garibaldi si è già imbarcato, né alcuno conosce per dove; ed ora è evidente che a Messina non saranno state volte le prore delle sue navi – a Messina come a Milazzo e a Siracusa tutto è finito. Lo ripetiamo fin che è ancora tempo, omai non è più questione di parole ma di fatti; non è più l’opera della diplomazia che possa fermare la corrente, ma bensì le forze combinate, coalizzate, potenti dei governi che credono di volere esistere ancora.
L’esempio di un re, quale è quello del figlio di Ferdinando l’indipendente, che domanda la grazia di esistere alla porta del suo nemico, e manda i suoi ambasciatori a sollecitarne la carità… egli è un esempio doloroso in uno, ed umiliante per tutti i regnanti stessi. Francesco di Francia scriveva a sua madre: tutto è perduto fuor che l’onore; Francesco di Napoli l’infelice, non potrà dire altrettanto. […]