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Il “Diavoletto Indipendente” (XX)

Posted by on Dic 28, 2024

Il “Diavoletto Indipendente” (XX)

Il Diavoletto, Anno XIII, N. 183, 7 agosto 1860

Rivista Politica.

La lettera di Napoleone III al conte di Persigny è il tema precipuo del giornalismo in Inghilterra ed in Francia, e della stampa in generale. I più ci vedono un abile manovra dell’Imperatore, onde sventare una coalizione che potrebbe essergli fatale.

Le concessioni ch’egli mostra voler fare all’Inghilterra dànno a divedere ch’ei vuole ad ogni costo stare in buoni rapporti colla sua vicina, onde non faccia causa comune colle altre Potenze interessate a frenare la di lui ambizione. I giornali inglesi, mentre mostransi soddisfatti delle dichiarazioni di Napoleone, non fosse altro perchè solleticano l’amor proprio dell’Inghilterra, inculcano unanimemente la necessità di non rallentare gli armamenti e le fortificazioni. (V. disp.)

Il Times, dopo aver in un suo primo articolo fatte delle recriminazioni sulla politica estera della Francia, e giustificati i timori ed i sospetti dell’Europa, in un altro articolo dichiara che l’Imperatore ha preso la miglior via per giungere a farsi comprendere dalla nazione inglese, la quale accetterà la lettera di Napoleone collo stesso spirito con cui fu scritta, e crederà che l’Imperatore è un buon vicino ed un buon amico. Circa le fortificazioni, insiste che si proseguano, perchè la prima condizione dell’amicizia tra l’Inghilterra e la Francia è l’eguaglianza di forze.

Abbiamo i giornali di Napoli che vanno fino al 31 luglio. La lettura di essi dà una idea precisa di quel paese. La stampa vi ha sciolto ogni freno, e dove era preclusa la porta all’innocente Diavoletto, siccome giornale sovversivo, si stampano e si vendono per le vie scritti i più rivoluzionarii che si abbia mai letto. Le notizie della Sicilia, le vittorie di Garibaldi, le sconfitte dei regii, vi son portate in trionfo. Ritratti di Garibaldi e proclami incendiari, sono l’oggetto di speculazione. I ministri lavorano dì e notte, emanano decreti, circolari di ogni fatta, e tutti in nome dell’infelice re, che firma la propria condanna.

Frattanto continuano le domande di dimissione fra i capi dell’esercito; il generale Pianelli raccomanda alla truppa di fraternizzare colla guardia nazionale, il forte S. Elmo è occupato da truppe napoletane, le estere vengono licenziate.

Nelle provincie, inquietudini, rivolte, aspirazioni garibaldiane. Da Reggio di Calabria partiva il 29 una deputazione per la Sicilia, e invitando il dittatore ad affrettare lo sbarco, che sarebbe agevolato dalla popolazione. (V. disp.)

I giornali francesi parlano di una lettera che il principe di Carignano avrebbe scritta al conte di Siracusa, suo cognato, zio di Francesco II, onde torgli ogni speranza in un’alleanza, e mostrargli la probabilità della caduta della sua dinastia. Lo invita in essa a traslocarsi in Piemonte, dove gli promette un appanaggio degno del suo rango, ed una carica eminente nell’armata italiana. Così tutto purtroppo in Napoli fa presagire una prossima catastrofe.

A questo proposito leggiamo nella Patrie:

“Ci scrivono da Napoli in data 29 che la città continua a godere della tranquillità materiale, una che la situazione generale del paese diventava ogni dì più grave.

Si vende in tutte le vie il ritratto e la biografia di Garibaldi. Un comitato garibaldiano è istituito e siede in permanenza; esso è in rapporto col Governo siciliano, e si occupa di stabilire delle ramificazioni colle provincie.

Prepara le elezioni e spera colle sue numerose filiali di poter dirigerle interamente, di far nominare una Camera garibaldiana, che chiamerà il dittatore, e dichiarerà esser egli l’unico uomo capace di salvare dal pericolo la patria.

Questo piano è noto, e si effettua in pien meriggio e senza verun ostacolo. Gli zii del re fanno ogni sforzo per arrestare i flutti che imperversano sempre più. Essi vogliono sinceramente e lealmente la costituzione, ma il partito liberale dichiara che questa costituzione è insufficiente per la felicità

del popolo”. (!)

Leggiamo nell’Omnibus di Napoli: L’altra sera, 24 p. p., il 6. reggimento di linea, di notte salì sul forte S. Elmo, ma non essendo state schiuse le porte, dormirono la notte nella strada, e la mattina vi entrarono.

Questo forte, testè guardato da gran copia di truppa straniera, questa evacuata per ordine del ministero, è tutto guardato oggi da truppa napoletana.

  • I famosi lazzaroni di Napoli, si posson dividere in due partiti, retrogradi e liberali. I retrogradi di basso Porto, S. Lucia e Chiaja, i liberali degli altri quartieri: cioè S. Ferdinando, Montecalvario, Avvocata ece. Questi ultimi han fatta una petizione, cioè di non voler esser chiamati lazzaroni ma popolani.
  • Il vapore napoletano, Ettore Fieramosca, che il giorno 20 trovavasi sotto Messina, di sera con soccorsi di armi, polvere e vettovaglie, fu preso dalla cittadella per legno nemico e di là bombardato e distrutto.
  • Il Governo ha offerto il concorso della truppa nei posti e servigi della guardia nazionale. La guardia nazionale ha accettato con gioia e riconoscenza.
  • Vuolsi che il generale Ulloa sia stato ricevuto da S. M. il re.

Fra i militari tornati da Milazzo il 26, sbarcati a Castellamare, vuolsi sia il colonnello Bosco ferito, che si dice sarà sottoposto ad un Consiglio di guerra per aver presa l’offensiva, invece della difensiva. L’ascita fu con gli onori militari. Se è vero, Garibaldi si mostrò ultra generoso. (?!) Castellamare. – Il 25 tutta la città fu spaventata da 200 della ciurma della fregata Borbone, gridando abbasso il comandante, non volendo partire per la Sicilia. Tutte le uscite del paese furono impedite, e i soldati circondarono colle barche il vapore. La ciurma arrestata. Il comandante salvato. Intanto questo vapore ed altra fregata non partirono.

Notizie dalla Sicilia.

Milazzo 25 luglio. I regi hanno incominciato ieri mattina a imbarcarsi. Primo fu il colonnello Bosco. Indi s’imbarcarono i feriti meno aggravati dal male.

Palermo 26 luglio. Si attendono in Catania 500 greci organizzati e vestiti militarmente, ed armati di una carabina, una sciabola e due pistole.

Scrivono da Messina, 30 luglio, al Corr. Mercantile di Genova: Dopochè Garibaldi era entrato in Milazzo vittoriosamente, e presa dalle truppe italiane posizione in tutti i quartieri della città, Bosco, comandante le truppe borboniche ritirate nella fortezza, aveva manifestato sin dalla mattina del 21 luglio voler trattare con Garibaldi una capitolazione, ma questi non voleva trattare con un militare, di cui nota indole era la millanteria. Il 22 verso la sera giungeva a Milazzo un colonnello napolitano, inviato straordinariamente per trattare con Garibaldi la resa del forte. Si convenne infatti quanto segue:

  1. Le reali truppe sarebbero uscite dalla fortezza cogli onori militari, eccettuato Bosco, il quale doveva uscire a piedi e senza spada; però Garibaldi volle essere generoso con lui accordandogli la sola spada.
  2. La fortezza sarebbe rimasta con tutta l’artiglieria e munizione da guerra in potere di Garibaldi.
  3. I cavalli tutti e metà del numero delle mule, che rimanevano ai napolitani, da consegnarsi a Garibaldi. Tutto fu eseguito in un paio di giorni.

I regi furono imbarcati sui bastimenti a vapore, a trasporti, mandati espressamente dal Governo di Napoli.

Bosco ha voluto uscire dal forte di sera per evitare l’attenzione della popolazione di Milazzo, che si era preparata a salutarlo con fischi; però le sue precauzioni non gli giovarono a nulla, stato scoperto e riconosciuto, mentre traversava la città fra uffiziali italiani, ebbe un accompagnamento di fischi ed urli fino al molo di dove s’imbarcò.

Intanto il marchese Clary, che non aveva approvato la spedizione di Bosco, impostagli da ordini segreti della Corte onde questi era munito, continuava le sue pratiche dopo la capitolazione di Milazzo da lui condotta, seguendo gli ordini del ministero, ch’erano di evitare per l’avvenire qualsiasi scontro in Sicilia.

Da parte di Garibaldi si accolsero quelle aperture di una convenzione qual corollario della capitolazione di Milazzo, e delegavasi il generale Medici a trattare e stipulare. Il primo colloquio ebbe luogo agli avamposti di Gesso, conchiudevasi e firmavasi qui in Messina la convenzione seguente:

“L’anno 1860 il giorno 28 luglio in Messina Tommaso de Clary maresciallo di campo comandante superiore le truppe riunite in Messina, ed il cav. maggior generale Giacomo Medici, animati da sensi di umanità, e nello intendimento di evitare lo spargimento di sangue che avrebbe causato l’occupazione di Messina da una parte, la difesa della città e forti dall’altra, in virtù dei poteri loro conferiti dai rispettivi comandanti sono addivenuti alla seguente Convenzione:

  1. Le reali truppe abbandoneranno la città di Messina, senza essere molestate, e la città sarà occupata dalle truppe siciliane, senza pure venir queste molestate dalle prime.
  2. Le truppe regie evacueranno, i forti Gonzaga e Castellaccio nello spazio di due giorni a partire dalla data della soscrizione della presente convenzione. Ognuna delle due parti contraenti destinerà due ufficiali ed un commissario per inventariare le diverse bocche a fuoco, i materiali tutti da guerra, e gli approvvigionamenti dei viveri e di quant’altro esisterà nei forti suindicati. Resta poi a cura del Governo Siciliano lo incominciare il trasporto di tutti gli oggetti inventariati, appena verrà effettuato lo sgombro dei soldati; di compierlo nel minor tempo possibile, e consegnare i materiali trasportati nella zona neutrale di cui si tratterà appresso.
  3. Lo imbarco delle reali truppe verrà eseguito senza che venga molestato per parte dei Siciliani.
  4. Le truppe regie riterranno la cittadella co’ suoi forti Don Blasco, Lanterna e S. Salvatore, con la condizione però di non dovere in qualsiasi avvenimento futuro recar danno alla città: salvo il caso che tali fortificazioni venissero aggredite, e che i lavori d’attacco si costruissero nella città medesima.

Stabilite e mantenute coteste condizioni, la inoffensività della cittadella verso la città durerà sino al termine delle ostilità.

  • Vi sarà una fascia di terreno neutrale paralella e contigua alla zona militare, la quale si intende debba allargarsi per venti metri oltre i limiti della attuale zona che va inerente alla cittadella.
  • Il commercio marittimo rimane completamente libero d’ambe le parti. Saranno quindi rispettate le bandiere reciproche. In ultimo resta alla autorità dei comandanti rispettivi che stipulano la presente Convenzione la libertà di intendersi per quei bisogni inerenti al vivere civile che per parte delle regie truppe debbono venire soddisfatti e provveduti nella città di Messina.

Fatta, letta e chiusa il giorno, mese ed anno, come sopra, nella casa del sig. Fiorentino Francesco, banchiere alle Quattro Fontane.

Firmati: Tommaso de Clary, maresciallo di campo – Cav. Giacomo Medici, maggiore generale. Per copia conforme

Il capitano dello stato maggiore.

G. Guastalla.

Notizie politiche. […]

ITALIA. Torino 2 agosto. La Gazz. di Torino dice che Garibaldi sta per fare acquisto in Inghilterra di un grosso legno di guerra e di sei cannoniere.

  • Un corrispondente torinese del Pungolo scrive che “l’Austria avrebbe protestato a Parigi ed a Londra in caso di nuovi progressi della insurrezione italiana ed avrebbe prese le sue determinazioni: ché Prussia e Russia sono d’accordo coll’Austria.

Lo stesso corrispondente parla di un progetto di una spedizione armata nelle Romagne tuttora sog gette al Papa.

  • È giunto a Torino il capitano Giulio Litta Modigini reduce dalla Sicilia, recante la risposta di Garibaldi alla lettera di Vittorio Emanuele. Da quanto si sa risulta che Garibaldi mandò una risposta quale la si attendeva, egli cioè, non intende di fermarsi, e dall’isola di Sicilia vuol passare a Napoli e dopo.     (Vedi dispacci)
  • Leggesi nell’Opinione: Le truppe napoletane sgombrano la Sicilia – non conservando che il forte di Messina con 2.000 uomini; tale occupazione durerà fino che non avrà avuto termine l’imbarco delle altre truppe.

Milano 4 agosto. Sulle condizioni della Lombardia troviamo un importante documento nella Gazz. del Popolo che si stampa a Milano; è una lettera diretta dalla provincià a quel periodico: eccone alcuni brani:

“Nella economia sociale sono i pregiudizii che devonsi adoperare qual chiave per la intelligenza dei fatti, o non piuttosto dovrebbero i fatti servir di base a giudiziose, a rette illazioni?

Sa ella che in Lombardia soltanto sono 25.000 pellagrosi, e che il loro numero cresce più della proporzione della popolazione?

Sa ella che la pellagra è l’effetto di insufficienza di alimentazione.

Sa ella che la cifra di 25.000 rappresenta il quarto e più della cifra di individui che patiscono la fame, ma che per altre circostanze non manifestano i sintomi della pellagra?

Ha letto il bel libro del signor Jacini sulle miserrime condizioni delle popolazioni agricole di Lombardia, del così detto giardino d’Italia?

Sa ella che il voto di 4.000 medici domandò un ordinamento sanitario comunale che rispondesse ai bisogni, alle esigenze della umanità e della civiltà, che migliorasse le sorti delle classi agrarie ed operaie, le classi più importanti nell’organismo sociale? che a tale domanda si crollarono sempre le spalle e si rispose anzi con un articolo della legge comunale che abolisce anche in Lombardia il

secolare ordinamento sanitario comunale per parificare i comuni lombardi alla gretta condizione dei comuni delle antiche provincie? e che dagli uomini del Parlamento si rise e si berteggiò sui dottori senza dottrina?

Sa ella che noi abbiamo eccellenti disposizioni sanitarie in vantaggio delle così dette inferiori classi sociali, ma mai tradotte in pratica per interesse, per inerzia e per non curanza?”

Genova 1. agosto. Avant’ieri partiva da Genova per restituirsi alla sua sede l’eminentissimo cardinale Corsi, arcivescovo di Pisa. (Gazz. di Genova)

Genova 3 agosto. Giunse in questo porto col postale francese proveniente da Napoli il principe Petrulla, diretto per Vienna.

Altra del 4. Ieri sera dovevano partire per la Sicilia l’avvocato Brusco Enrico, e il deputato Asproni. Fu sequestrata a Genova l’Unità Italiana, giornale.

Messina 30 luglio. Fabrizi, Medici e Garibaldi sono entrati in Messina. Garibaldi fu accolto con frenetico entusiasmo. Lo sbarco nelle Calabrie credesi imminente. Garibaldi è al Faro, ove comanda Plotino.

Reggio di Calabria 30 luglio. Le truppe regie, reduci dalla Sicilia e sparse per le provincie, sono valutate a 12.000 uomini. I birri venuti da Messina, uniti ai gendarmi, tentarono il sacco. La guardia nazionale e le truppe, dopo uno scontro di lieve momento, arrestarono birri e gendarmi.

Napoli 28 luglio. Si annunzia per domani (29) una rivista generale della guardia nazionale di Napoli.

  • Si dice che la guardia nazionale monterà di guardia ai posti unitamente ai carabinieri, dai quali riceverà la debita istruzione militare. (Paese)

Palermo. – Da una corrispondenza di Palermo alla Nazione di Firenze, togliamo i seguenti ragguagli intorno alle forze delle truppe di Garibaldi:

La brigata, linea regolare, 4 battaglioni; comandante G. Nino Bixio;

2.a brigata, id. id.; comandante G. Medici;

3.a brigata, id. id ; comandante G. Cosenz;

1.º, 2.º, 3.° e 4.º battaglioni dei cacciatori dell’Etna, tutti siciliani volontari col servizio forzato durante la guerra;

Una compagnia di cacciatori genovesi; 1a e 2a batteria d’artiglieria;

1. battaglione del genio;

Uno squadrone di guide;

Due battaglioni di cacciatori della Alpi scelti;

1. battaglione de’ figli della libertà, forte di circa 900 uomini, comandati e formati dall’inglese colonnello Dunne, e dove vi ha molti esteri.

Di questa truppa le tre brigate, una sezione d’artiglieria, due compagnie del genio, i 4 battaglioni di cacciatori dell’Etna stanno verso Siracusa, Milazzo, ecc. Oltre questa truppa altra se ne sta completando.

FRANCIA. Parigi 30 luglio. La grave questione che si dibatte da cinque giorni fra i rappresentanti delle grandi Potenze, riguardo all’intervento francese in Siria, distoglie l’attenzione dalla questione siciliana. Qui si fece correr voce che il signor di Brenier abbia abbandonato Napoli, ma questa voce fu smentita.

Manchiamo oggi di notizie dirette da Roma, ma rilevasi da fonte sicura che la rivoluzione s’agita negli Stati pontificii con grande audacia, ma che essa è tenuta repressa dall’attitudine energica delle truppe del generale Lamoricière. Degli affissi annunziano ai Romani una prossima sollevazione, ed il Sovrano Pontefice, per togliere qualunque pretesto agli agitatori, ha dichiarato ai cardinali ch’ egli non abbandonerà più Roma, ed ha quindi rinunziato al progettato viaggio di Castel Gandolfo.

Il signor conte di Chambord e la di lui augusta sorella, la duchessa Reggente di Parma, abbandonarono ieri Lucerna. Il conte di Chambord, è ritornato a Ebenzweyer presso l’Arciduca Massimiliano d’Este ove trovasi la contessa di Chambord, mentre la duchessa Reggente di Parma è rientrata nella sua residenza attuale presso il lago di Costanza.

Il generale Beaufort si è recato a Tolone, dove furono spedite grandi quantità di oggetti da campo. Mercoledì scorso è comparso un opuscolo intitolato: L’Europa cristiana in Oriente,del signor Alessandro de Saint-Albin. In esso si fa invito ad un immediato intervento, ad |un’energica repressione e soppressione dell’islamismo, le cui dottrine prescrivono le attrocità contro i Cristiani. […]

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