Alta Terra di Lavoro

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Il “Diavoletto Indipendente” (XXII)

Posted by on Gen 7, 2025

Il “Diavoletto Indipendente” (XXII)

Il Diavoletto, Anno XIII, N. 187, 11 agosto 1860 I combattimenti in Sicilia

(Cont. V. i due N.ri precedenti)

Noi continuammo quindi la nostra marcia per Corleone e trovammo bene occupate le alture che circondano quel luogo; però avanti gridavasi da noi, ed il nemico fuggiva per le più alte montagne. E nel salire i monti aveano quei giovanotti una tale abilità da inspirarci stupore e da farci stancare; però ad ogni costo conveniva inseguirli. Durante quest’operazione, noi prendemmo al nemico molte armi e due cannoni, ed a Corleone trovammo grandi depositi di pane, munizioni e zigari.

Corleone era la piazza d’armi del nemico. Il giorno dopo (28), dopo aver mangiato per otto giorni solo lardo e biscotto ricevemmo nuovamente carne fresca, benefizio che può apprezzare solo il soldato in campo. Nel giorno stesso ci ponemmo in marcia e piantammo le nostre tende a Figuzza. Intanto s’era sparsa la voce che Garibaldi era già entrato in Palermo, per cui, dopo alcune ore di riposo, si proseguì la marcia per Marineo (dove udivasi bene il bombardamento di Palermo) verso Misilmere, che noi supponevamo occupata dai garibaldiani; il che non si confermò. Alle 10 ore di sera del 29 ci fermammo a Valle Abate, dopo aver fatto 43 miglia in 24 ore di marcia. Purtroppo non avevamo viveri in abbondanza, giacchè non potevamo distribuire che un po’ di prosciutto ed un bicchiere di vino a testa.

Qui fu annunziato al colonnello che una forte colonna, venuta da Napoli su sette vapori, s’era sbarcata in Solonzo presso il Capo Safrano al nostro fianco destro. Il colonnello volle porsi in comunicazione con questa colonna, onde combinare con lei per l’indomani l’attacco di Palermo; furono quindi spedite delle pattuglie di cavalleria verso Solonzo, e d’altra parte si tentò di stabilire la congiunzione con Lanza.

A Marineo si tentò invano di persuadere qualche contadino ch’assumesse l’incarico di portare una lettera a Palermo verso una ricompensa di 50 piastre. Non fu possibile trovarne uno. Finalmente un sergente del secondo battaglione, un palermitano, si è offerto a fare da messaggiero. Egli si è travestito da civile, e partì; ma la lettera non giunse al suo destino, né il messaggiere è mai ritornato. È forse passato dalla parte degl’insorgenti? Venne fatto prigioniero? Il Cielo lo sa!

La nostra intenzione era di marciare la mattina alle 2 dopo mezzanotte verso Palermo, ma attendevamo sempre notizie dalla forte colonna guinta a Solonzo; invano. Il colonnello, stanco d’attendere, pensò di agire di propria testa, ed alle quattro ore partimmo.

La via ci conduceva fra muri in mezzo ai più ubertosi giardini. Essendo difficile l’avere una protezione ai fianchi, le nostre mosse andavano lente e con cautela.

Strada facendo, ci raggiunsero finalmente le pattuglie a cavallo che erano state da noi spedite a Solonzo. Questi ci raccontarono che lo sbarco della forte colonna in Solonzo altro non era che una mera invenzione.

Noi eravamo dunque soli affatto; pure non ci perdemmo d’animo; ed anzi ci trovammo abbastanza forti per riprendere Palermo, malgrado Garibaldi ed i suoi piemontesi.

Verso le 8 ore arrivammo presso il ponte della Testa. Quel ponte, che formava l’ingresso nel sobborgo Termini, era difeso; ivi trovansi due ponti, l’uno vecchio ad arco con gradini pei pedoni, il quale attraversa un piccolo torrente; l’altro moderno che attraversa il fiume Oreto, il quale forma sino al mare una linea naturale di difesa. Questi ponti furono presi da noi. Allora s’udì il suonare a stormo di tutte le campane di Palermo, e tutte le case del sobborgo furono occupate, dalle quali si manteneva un forte fuoco di fucili contro di noi, ed a cui non venne risposto dai nostri. Il colonnello spedì quivi il nono battaglione e due obizzi da montagna verso la marina per avanzarsi da colà e per mantenere la nostra comunicazione colla flotta. A me venne dato l’incarico di conquistare le barricate e di attaccare Palermo nel centro con quattro compagnie dei nostri e quattro compagnie del secondo battaglione di cacciatori; di riserva rimasero quattro compagnie dei nostri, quattro di cacciatori ed un battaglione del nono reggimento di linea.

La prima barricata era costruita molto alta, però solo con utensili di casa, botti, carri ecc. Si tirarono contro di esse alcune granate e quindi feci avanzare due compagnie, l’una a destra, l’altra a sinistra attraverso i quartieri, sempre sparando contro gl’insorgenti che dalle case tiravano colpi di fucile contro di noi. Io m’avanzai con due compagnie in colonna sulle larghe vie contro la barricata. Non avevamo che 400 passi ancora e le palle fischiavano contro di noi; ma fortunatamente troppo alte, talchè giunsi alla barricata colla perdita d’un solo uomo. In mezzo alle grida d’urrah le fu dato l’assalto, la conquistammo, ma 50 passi più innanzi vi era una seconda barricata. Avanti! ed anche questa fu presa in pochi istanti. (Continua)

Il Diavoletto, Anno XIII, N. 188, 12 agosto 1860.

Piemonte.

Intorno all’ attuale situazione del Piemonte, ed alla politica che viene imposta al re ed al Governo dalla stessa natura della sua posizione, troviamo quanto segue, nell’Universel di Brusselles del 7 corr.:

“Si assicura che il comitato rivoluzionario di Napoli aveva inviato una commissione al dittatore onde sollecitarlo ad entrare nel reame; ed è forse per ciò che si disse imminente lo sbarco del Garibaldi stesso a Napoli.

Il movimento unitario non lavora però solamente su questo punto; se per un istante sembrò sostare al Nord, ora sembra riceva un nuovo impulso.

Il signor Cavour congedò gli ambasciatori napoletani, e l’alleanza andò in fumo, non si fece perchè non si poteva fare, benché il re forse la volesse sinceramente.

Ma oramai né Vittorio Emanuele, né il conte Cavour non sono più i padroni della situazione; i giornali ministeriali di Torino non hanno altra voce se non per gridare, che il Governo è omai impotente né può opporsi al movimento unitario. Il nostro corrispondente di Torino, dice ancora l’Universel ci assicura che da Genova “i giornali unitari si appoggiano sul Governo piemontese, e gli organi di questo si ripromettono l’appoggio della Francia”. Non pensiamo che questa sia per accordare intera la sua protezione ai progetti del Piemonte; ad ogni caso se l’Austria dovesse

intervenire in Lombardia o difendersi nella Venezia, non sarebbe più isolata come lo fu nell’ultima guerra; il convegno di Teplitz, che agli italianissimi, non senza ragione, mette la febbre addosso, e valse all’Austria la certezza, che se o l’una o l’altra di queste eventualità si realizzasse, la Prussia e la Germania difenderanno le provincie germaniche dell’Impero, intanto che questa potrà disporre in Italia delle forze di suo contingente federale; e così la Prussia si è assicurata del concorso dell’Austria nel caso d’ una guerra contro la Francia sul Reno”.

Ultime notizie.

[…] L’intervento nella Siria – dice l’Ost Deutsche Post – è il principio d’una lunga serie di avvenimenti che si svilupperanno contemporaneamente con quelli della penisola italiana. Napoleone trovasi ora in grande imbarazzo riguardo all’Italia; non essendo sicuro in qual modo abbia da comportarsi verso Roma e verso Napoli, e se abbia da preparare ivi un trono per la Sardegna, per Murat o pel principe Napoleone. Un presidio nella Siria tiene intanto sempre aperta la piaga della questione orientale, ed è tale questione che Napoleone terrà pronta per poter dividere le forze europee per una possibile coalizione. Napoleone considera la Turchia come la sua cassa di risparmio, la quale sarà aperta in momento opportuno per indennizzare e per corrompere o questo o quello.

  • Dai giornali napoletani scorgiamo come la reazione si faccia ivi sempre più ardimentosa e come continui i suoi tentativi in quasi tutte le provincie del reame. Ecco alcuni fatti che togliamo in proposito dalla Gazzetta di Torino: In Terra di Bari ebbero luogo gravi disordini. A Bari vi fu una dimostrazione in favore della Compagnia di Gesù. A Molfetta vi fu pure un tentativo reazionario.
  • Togliamo dalla Nuova Italia di Napoli:

Ciheti [sic!] 30 luglio.

leri vi fu un grave fatto di reazione in Tocco.

La vecchia guardia urbana ha disarmato il corpo di guardia nazionale, tolta la bandiera tricolore, uccisi due individui, e feritone, altri. È corsa subito la gendarmeria da qui, e si attendono i risultati di questo grave fatto.

  • Leggesi nell’Opinione Nazionale di Napoli:

Circa 15 mila uomini sono stati concentrati in Calabria. Si formano in tre campi: Reggio, Montaleone e Paola.

Il così detto innominato (Casanovas) è partito per Marsiglia. Si pretende che la sua partenza, quasi misteriosa, sia il risultato piuttosto di un intrigo che in breve sarà chiarito.

  • Sotto la rubrica: Spedizione di Garibaldi, il Nord ha i particolari seguenti:

“Un viaggiatore, giunto a Napoli stamane, e ha contato, passando dinanzi al Faro di Messina, 168 battelli da sbarco riuniti in una sola linea da Garibaldi, pronti ad esser spinti in mare, ognuno dei quali può contenere 25 uomini senza calcolare i remiganti; quattro pezzi di cannone erano sulla riva, sia per esser trasportati nelle Calabrie, sia per formare una batteria sulla punta del Faro.

Un tale offriva a Garibaldi un dono di due pezzi di cannoni rigati, comperati nel Belgio.

“Vi ringrazio, rispose Garibaldi, da quando fu inventata la baionetta, il cannone è divenuto un’arma inutile”.

  • La Gazzetta Militare di Torino assicura che ben presto avrà luogo la formazione di grandi campi di esercizio. Sembra che i corpi che sono destinati a quei campi, saranno armati dei nuovi fucili rigati (modello 1860).

I primi a far uso di tali fucili saranno i corpi comandati dai generali Lamarmora e Cialdini, al quale scopo furono già date opportune disposizioni.

  • Una prima spedizione di 60 lastre d’acciaio, destinate a difendere dai colpi di cannoni le fortificazioni di Bologna e di Piacenza, deve arrivare in questi giorni, secondo lo stesso giornale. Per le medesime fortezze furono ordinati 100 affusti da cannone alla casa Grondona di Milano. Le batterie di Bologna saranno armate di 160 cannoni.
  • Continuano a giungere a Genova delle navi cariche di materiali da guerra acquistati in Francia dal Governo sardo.

Genova 7 agosto. Ieri nelle ore pomeridiane, le truppe di presidio furono passate a rassegna sulla spianata del Bisagno dal tenente-generale Bayl di Putifigari.

Le truppe erano queste: I reggimenti 3. e 4. di fanteria (brigata Piemonte), due battaglioni di bersaglieri. I depositi che esistono in Genova aveano fornito inoltre sei battaglioni. In tutto erano 7.600 uomini sotto il comando del maggiore generale Della Chiesa, comandante della brigata Piemonte.

(Corr. Merc.)

Il Diavoletto, Anno XIII, N. 189, 14 agosto 1860.

Il Germanismo

Sotto questo titolo il Giornale di Verona scrive il seguente articolo:

(P.) “Nel solenne momento della ricostituzione dell’Austria, crederemmo opera indegna d’un buon cittadino, piaggiare il passato sistema in quanto riesciva fatale al progresso dei popoli; né possiamo esimerci dall’alzare noi pure una libera voce, additando quale dovrebbe essere la condotta delle autorità, in tutto ciò che appartiene agli interessi provinciali nostri ed ai diritti di nazione. L’Austria, vasta Monarchia, composta di un aggregato di popoli, non potrà mai aspirare alla unità assoluta, di cui porge esempio unico la Francia in Europa. La unità per noi non esiste che dal lato politico, e l’ Imperatore è colui che la costituisce, estendendo il suo potere sovrano nelle diverse provincie.

Così intesero l’Austria i più illustri statisti che la corroborarono con potente ingegno, da Metternich a Ficquelmont; ambedue convinti degli splendidi destini riservati al nuovo Impero, ma gelosi sovratutto di conservare la uguaglianza perfetta delle razze, onde le esagerate aspirazioni di nazionalità non venissero a nuocere sul regolare andamento delle pubbliche faccende. L’Austria, aggregata di popoli Tedeschi, Slavi, Ungheresi, Italiani e Rumeni, costituiva nel centro d’Europa un nucleo di federazione di Stati, che posando sulla giustizia, fondamento dei regni, come soleva dire Francesco I, presentava il gran problema di una fusione dei diversi popoli, adoperando, per facilmente discioglierlo, l’equità delle leggi, la fermezza del potere, il progressivo ed illuminato operare di un Governo saggio, previdente e morale. Fino ai tempi di Maria Teresa e Giuseppe II, quando il gran Federico, protetto dalla fortuna, correva sulle ali della vittoria, molta parte delle provincie tedesche, minacciando l’ultimo eccidio del vecchio sacro romano impero, a Vienna nasceva in molti eletti il pensiero di uno Stato novello, costituito coi paesi ereditarii austriaci; e per riuscire nel vasto concetto si esperimentarono nuove leggi in Lombardia, con raro successo, come ne può dar testimonianza la tradizione non ancora morta fra noi. L’idea di uno Stato austriaco, nata con Giuseppe II, doveva più tardi riprodursi all’epoca delle vittorie di Bonaparte, e la vedemmo infatti uscire alla luce dopo la fatale battaglia di Austerlitz. Francesco II dichiarossi solennemente Francesco I d’Austria, e non vi fu mai esempio di uno Stato che più rapidamente sorgesse a potenza alta di vita; il che prova come i popoli sentissero il presentimento del loro avvenire, e capissero aver il mandato di preparare con la unione loro, quella non lontana di tutte le varie nazionalità cui avevano appartenuto. Sotto la scorza convenzionale e fredda di un cangiamento di titolo sovrano, il pensatore scorgeva una trasformazione di idee e di principii, inerente ai tempi cangiati ed alle migliorate condizioni degli intelletti. Il sacro romano impero, uscito dal ferreo medio evo, appoggiato alla cieca inesorabilità della forza e della superstizione, poneva nella spada ogni prestigio di comando, e pretendeva alla materiale supremazia dei popoli, arrogandosi il monarcato universale. Lo sviluppo di varie nazionalità, e la potenza di alcune case regnanti, tolsero al romano impero gran parte dell’antico prestigio, e colle nuove tendenze sociali egli doveva ben rassegnarsi a cessare, per cedere il luogo ad un principio giovane e coerente coi tempi, al principio appunto della unione dei popoli europei, che l’Austria rappresenta ancora in embrione fino ad oggi, per gli abusi non tolti; ma che ben presto, introducendo saggie e luminose riforme, potrà rappresentare in tutta la interezza del vasto concetto. (Continua)

I combattimenti in Sicilia.

(Fine. V. i tre N.ri precedenti)

Prese le due prime barricate, feci avanzare le due compagnie di riserva per far loro occupare le case, mentre colle altre due compagnie io procedeva avanti animoso; sui cacciatori del secondo battaglione non poteva fare più calcolo, giacchè s’erano sparsi per le case e non fu più possibile di farli per le case e non fu più possibile di farli uscire dai loro nascondigli. Fino allo stradone di S. Antonio, che incrociava dal mare la nostra linea, avevamo preso quattro barricate; nell’ultima, che era stata costrutta con molta arte mediante sacchi di sabbia, i Piemontesi parevano risoluti di mantenervisi saldi; però il tenente Suter (di Zofingen) con alcuni bravi, si gettò loro alla vita, e tutti fuggirono e si nascosero. Quivi giunto al punto della porta Termini feci avanzare l’artiglieria, comandata dal valoroso tenente d’Agostino, il quale dirigeva e scaricava in persona i suoi cannoni in mezzo alla più fitta pioggia di palle, avendo perduto già quattro cannonieri feriti.

L’artiglieria doveva far fuoco sopra un convento e quindi dargli l’assalto. Questo convento era situato all’estremità della via S. Antonio ed aveva un forte presidio che minacciava il nostro fianco sinistro. Frattanto le compagnie avanzatesi marciarono direttamente verso la Fiera vecchia, s’impossessarono delle ultime quattro barricate, e conquistarono quell’importante piazza. Era un’ora e tutto procedeva per eccellenza; la colonna d’assalto presso il convento era pronta. Conquistato che fosse stato il convento, tutta la strada Macueda sarebbe stata nostra e con essa mezza Palermo.

Ma in questo momento decisivo venne da noi un capitano dello stato maggiore con un ufficiale piemontese, il quale ultimo portava una bandiera bianca assieme all’ordine del generale Lanza di sospendere il fuoco, essendo stato stipulato un armistizio, aggiungendo, che i Piemontesi s’imbarcheranno.

Questa notizia fu da noi accolta senza alcun sospetto, giacchè credemmo che i nostri sforzi fossero stati coronati d’un buon successo. Mantenemmo occupate le nostre posizioni prese, ed ora appena, dopo che il pericolo era passato, si mostrarono sulle vie gli eroi delle barricate, fra cui alcuni impiegati del console Hirzel, dietro la cui casa si tiravano fucilate contro di noi sotto la protezione della bandiera della Confederazione svizzera. Tutti sventolavano bianchi fazzoletti, ché ognuno ne teneva uno in saccoccia pronto per ogni buon caso. Allora i Piemontesi credevano che per essi tutto fosse perduto, e si lamentavano amaramente dicendo, che Garibaldi li avea condotti alla propria rovina. Queste espressioni le ho udite colle mie proprie orecchie, credevano non restare ad essi altro scampo che quello d’imbarcarsi. Ma ben presto divennero più audaci, si ritirarono ad una distanza fuori di tiro e quivi, protetti da donne e da fanciulli, incominciarono a costruire barricate, cosicchè non potemmo vedere i loro lavori.

Più tardi vennero alcuni ufficiali inglesi di marina, e col pretesto di passeggiare volevano passare i nostri avamposti; respinti da noi, ritornarono sino ai posti dei Piemontesi, e di là ci minacciavano coi pugni chiusi.

Nella più terribile incertezza sulla nostra sorte avvenire, restammo inerti col fucile a terra, mentre gl’insorgenti si trinceravano nelle loro posizioni. A noi, naturalmente, non venne nemmeno l’idea di costruire barricate, a noi che eravamo destinati a distruggerle e non a difenderle. Spossati dalla fame, giacemmo sino a notte sulla strada, sempre in attesa di ordini. A tarda notte fui cambiato dalla riserva e mi recai al bivacco, presso il ponte Della Testa.

L’attacco ci costò 3 ufficiali feriti, 3 morti e 15 soldati e sott’ufficiali feriti. I napoletani avevano un ufficiale e 6 soldati feriti. Questa perdita è insignificante in confronto al risultato, il che deve ascriversi al nostro rapido avanzarsi. Gl’insorgenti devono aver fatto perdite proporzionatamente maggiori, giacchè i nostri bersaglieri hanno ucciso più d’uno dietro le finestre e sui tetti.

D’altronde erano più numerosi di noi; giacché l’asserzione che la Porta Termini non fosse stata difesa e che noi penetrammo per sorpresa, è una sciocca menzogna. Il giorno dopo, a mezzogiorno, si credeva dover ricominciare l’ attacco, ed allora giunse la notizia essere stato prolungato l’armistizio per altri tre giorni. Ora appena approfittarono i garibaldiani del tempo loro concesso, e costruirono barricate altissime in tutte le direzioni, e noi eravamo costretti a guardare tutto ciò tranquillamente. Dopo tre giorni l’armistizio fu ancora prolungato, e così siamo rimasti per sette giorni in un’inerzia tormentosa. Noi ci, nutrimmo di patate trovate nelle campagne, e spesso abbiamo dovuto proteggere colle armi le nostre vettovaglie contro i contadini che procuravano di difendere le loro proprietà. Sulla nostra fronte, cioè verso Palermo era armistizio, ed a tergo era guerra coi contadini.

I generosi eroi della libertà tentavano ora tutti i modi per sedurre i nostri soldati; su tutti gli avamposti si sparsero proclami con grandi promesse di danaro a quelli che disertassero; purtroppo alcuni si lasciarono prendere in trappola, ed in 7 giorni perdemmo 11 disertori, tutti svizzeri, ma i peggiori soggetti del battaglione.

Un giorno dovetti fare col colonnello una forte galoppata verso Bagaria, ed essendoci avanzati a due miglia oltre ai nostri avamposti, fummo sorpresi da una banda di piccioti, e la nostra salvezza la dobbiamo soltanto alla rapidità dei nostri cavalli.

La nostra dimora a Porta Termini aveva molto del comico, e in mezzo alla nostra miseria s’ebbero dei momenti d’allegria. Dalla flotta ricevemmo lardo e biscotto. Per giacere ci fornivano le vicine case materassi ed altri mobili. Si vedeva più d’un soldato sdraiarsi con gravità su qualche seggiola a bracciuoli coperta di velluto. Gatti e cani erano cibi squisiti, ed un vecchio caprone fu divorato con gusto da noi ufficiali. Di vino non ebbimo mai mancanza.

Approfittammo delle ore d’ozio per seppellire i morti che avevamo trovati nell’entrare pel ponte. Erano cadaveri di soldati napoletani che furono mutilati nel più barbaro modo.

Essi avevano le bocche legate con cordoncini per impedire che gridassero, il loro aspetto era del resto orribile. Pare che siano stati feriti nell’attacco del 27. Qui potemmo vedere ciò che ci attendeva nel caso d’una cattiva riuscita. Di tutte queste cose tacciono i fogli inglesi, ed il console Hirzel non ne fa cenno alcuno. Eppure erano soldati che fecero il loro dovere. (Fin qui il testimonio oculare.

Ulteriori rapporti sugli avvenimenti di Palermo furono promessi alla Gazzetta universale militare svizzera)

Corrispondenza del Diavoletto

Venezia 13 agosto.

Con questi chiari di luna, Venezia è tutt’altro che palpitante di novità; ma sibbene palpita di curiosità politica e, conservandosi sempre nel suo sepolcrale sistema, la si mantiene inoperosa e commercialmente indolente, causa forse l’essere paralizzata dalla calda politica atmosfera.

Tranne alcuni fatterelli corsi a questi giorni, ad esempio: una provocazione seguita ad un caffè fra persone civili per disparità d’opinioni in argomenti politici, da cui scaturirono busse e beffe; tranne un individuo impazzitosi causa fissazioni liberali, che per lui sarà aula di diplomatiche discussioni, il manicomio; e tranne discorsi sovversivi per eccitare disordini, null’altro havvi di nuovo in Venezia.

La fede in Garibaldi viene sempre conservata accesa da mestieranti che tentano rovinare viemaggiormente il nostro misero paese, compromettendo anche all’uopo il nostro misero paese, compromettendo anche all’uopo il suo buon popolo.

In quanto all’ apertura di questi teatri Apollo e San Benedetto nella ventura invernale stagione, di alcuni eccellenti ed economici progetti che il Municipio aveva in sul tavolo, ha pensato bene di dare la preferenza a quello dei fratelli Gallo, non al certo il migliore; accordando loro la piccola miseria di ottantaquattro mila lire austriache di dotazione.

In seguito torneremo su questo vitale argomento, per ora essendo il sacco delle novità vuotato.

Notizie politiche.

AUSTIA. Vienna 11 agosto. A motivo delle festività di Salisburgo e di Monaco, a cui saranno presenti la maggior parte dei signori ministri e del consiglieri dell’Impero, le ulteriori sedute del comitato venturo furono prorogate fino a giovedì prossimo.

Altra del 12. S. M. l’Imperatore, che, come dicemmo partì per Salisburgo oggi alle 2 antim, fu accompagnato a Monaco da S. A. I. R. il signor Arciduca Ranieri, dall’aiutante generale conte Crenneville, dal presidente dei ministri conte di Rechberg e dal ministro dell’interno conte Goluchowski.

ITALIA. Torino 10 agosto. Il Diritto nelle sue ultime notizie pubblica una tiratina contro gli emigrati napoletani che dal Piemonte ri[m]patriarono, i quali, lungi dall’essere riconoscenti al paese ospitale, lo pagano d’ingratitudine! Pensate che quegli sconoscenti invece di tradire il loro paese e darlo al Piemonte, vogliono conservare l’autonomia del reame di Napoli! Oh che citrulli sono mai i Piemontesi, i quali credono che tutti gli Italiani non aspirino ad altro che a farsi sudditi del Piemonte! Leggete queste righe del Diritto e contenete le risa se potete.

“La notizia che si è costituito in Napoli un comitato elettorale, composto d’uomini distinti della parte liberale più moderata, alcuni dei quali pochi giorni sono erano ancora nello Stato nostro, fece una penosa sensazione nella nostra città.

Nessuno vuol credere che gli onorevoli membri del comitato napolitano abbiano inteso con quest’atto di fare atto d’accettazione dello Statuto borbonico, e per conseguenza di separazione dallo Stato nostro, ma non deve nascondersi che questo atto può ricevere, da chi vi ha il suo interesse, una tale interpretazione, e che può essere una premessa a più gravi errori.

Sappiamo che il fatto in discorso fece pure sensazione al Governo del re; in questo caso egli deve riconoscere che fu ben malamente servito da suoi più diletti amici”. (Armonia)

Se siamo bene informati, fra due giorni la Gazzetta ufficiale del regno pubblicherà una Nota del ministro dell’interno riguardante le spedizioni per la Sicilia. Così la Gazz. di Torino.

  • Si dice che i volontari di Garibaldi hanno investito il forte di Scilla, situato circa cinque chilometri dalla punta del Faro sullo stretto di Messina e sulla costa di Calabria.

Milano 10 agosto. A proposito della fratellanza che regna in Lombardia fra abitanti dei paesi vicini, la Gazz. del Popolo riporta la seguente Nota, che il delegato di Desio spediva il 3 corrente al sindaco di Seregno.

Regia Delegazione Mandamentale di Desio. N. 638. P. G. Desio 3 agosto 1860.

Venne lo scrivente a cognizione che domenica 5 corrente codesta banda musicale di Seregno deve transitare per questo Borgo onde recarsi a Nova. Per evitare ogni sinistro inconveniente che possa nascere stante l’inveterato rancore che sussiste tra questi abitanti e quelli di Seregno, s’interessa la compiacenza del signor sindaco perchè proibisca assolutamente di suonare quando transiteranno pel paese, tanto nell’andata che al ritorno come pure di fermarsi in questo comune, avvertendo che l’arma dei carabinieri reali ricevette ordini rigorosi in argomento.

Il regio delegato sott.: Dott. Fumagalli. Al signor sindaco del comune di Seregno.

Genova 9 agosto. Sentiamo che fu sequestrata oggi l’Unità Italiana, non sappiamo se per la quarta o quinta volta in sette giorni.

I giornali napoletani del 2 agosto non fanno menzione veruna dello sbarco della colonna Stocco in Calabria; sbarco annunziato con dispacci straordinarii dal Movimento.

Facciamo notare che è pure il Movimento colui che, un mese prima che accadesse, avea annunziato con dispacci straordinarii da lui fabbricati la presa di Palermo!

Ha molta fretta il nostro confratello! (Catt.)

Genova, 10 agosto. Il Cattolico scrive:

Ieri, alle ore 12 e mezzo, il fisco ci onorò di una nuova sua visita, e sequestrò la nostra edizione della mattina.

Non ci si volle dire qual fosse il motivo del sequestro, e neppur ci si volle indicare l’articolo incriminato; ma ci fu intimato di scomporre tutto il giornale, e furono lasciate due guardie di pubblica sicurezza a sorvegliarne l’esecuzione. Questo lusso di rigore fiscale non ci ricorda che sia mai stato usato in tutta l’immensa serie di sequestri che ebbe in vita sua da sopportare il Cattolico; ma per qualche cosa esiste bene il progresso.

Questo procedere fiscale ci rese impossibile di pubblicare ieri il giornale; e per compensare alla mancanza profittiamo dell’indulto pontificio che aboliva la festa di San Lorenzo ed usciamo quest’oggi.

  • Scrivono da Napoli 3 agosto:

“La notizia della convenzione tra Clary e Garibaldi ha gettata la costernazione nel partito della Corte. Sono sfuggite parole di tradimento e la cosa è giudicata disperata.

Il re ha domandato consiglio a parecchi generali. Questi hanno risposto: Sire, Vostra Maestà non può contare che sui soccorsi delle Potenze estere. Vostra Maestà spera molto dall’amicizia della Russia e della Prussia, e anche noi.

L’armata è senza forza e completamente demoralizzata. I nostri soldati si sono battuti in Sicilia perchè non avevano ancora subito una serie di sconfitte e perchè avevano il mare alle spalle. Oggi, Sire, Garibaldi sbarcando solo a Reggio, non troverà quattro uomini ed un caporale, per arrestarlo. Le nostre truppe si sbandano ed i soldati tornano alle loro case; i più valorosi passeranno forse dal lato di Garibaldi. (G. del Popolo)

  • Il Corriere Mercantile pubblica un dispaccio, spedito da Reggio (in Calabria) dal generale Salazar al ministro di marina in Napoli, col quale domanda rinforzi per impedire uno sbarco; dice essere in vista 150 barche cannoniere.
  • Castel Sant’Elmo aumenta le sue fortificazioni, e credo potervi assicurare di essersi avvertiti i comandanti de varii navigli da guerra stranieri, che trovansi in rada, di tenersi meno vicini alla terra in caso di conflitti interni. (Cart. della Persev.)
  • Al 2 sono giunti alcuni uffiziali piemontesi a Napoli, latori di dispacci, per quel Governo. Scrivono da Bari 24 luglio, all’Italia, di Napoli: “Alla calma ed al dignitoso silenzio dei primi giorni, nei quali fu promulgato l’Atto sovrano, è succeduto un sordo mormorio, un cieco agitarsi di gente ignorante ed inetta da mettere in prevenzione i buoni e veri amatori di libertà, e far temer qualche brutto colpo di mano”.
  • Il celebre romanziere Dumas si è deliberato stampare in Palermo un giornale mostro, che deve uscire diariamente, con un abbonamento di ducati 6 annui, purchè abbia 6.000 associati. Mentre le Autorità si affaticano per ottenere le sottoscrizioni, il signor Dumas è partito per Parigi, onde stabilire in Palermo una nuova tipografia con torchi da muoversi colla forza del vapore.

Milazzo 21 luglio. ll giornale che il mio amico Dumas vuole fondare a Palermo, avrà il titolo d’Indipendente, e tanto più ne sarà meritevole, in quantochè vorrà cominciare dal non risparmiarmi, se mai mi allontanassi dai miei doveri di figlio del popolo, e dai miei doveri umanitarii. G. Garibaldi.

  • Il Depretis avrebbe scritto a parecchi suoi amici a Brescia ed a Piacenza di recarsi senza dilazione in Sicilia per aiutarlo nell’opera del riordinamento della civile amministrazione.

FRANCIA. Il Débats annunzia che si abbiano spedito importanti dispacci al princi per essere comunicati all’Imperatore.

  • Il marchese Pepoli fece colazione oggi coll’Imperatore nel campo di Châlons.

lNGHILTERRA. Il Liverpool Daily Times annunzia la partenza del Queen of England da Liverpool alla volta della Sicilia, e dà i particolari dell’armamento che questo vapore portava a bordo destinato per Garibaldi:

  • “Il Queen of England, egli dice, che è partito giovedì scorso (2 agosto) fu venduto dai sigg. Leeh, Harrison e Comp. Questo vapore è della capacità di 1.530 tonnellate ed è comandato dal capitano Corbett. Esso ha a bordo un armamento formidale. Vi sono cannoni rigati d’invenzione del capitano Blakeley, del diametro di 6 a sette pollici e che, nella variazione di 8 a 10 gradi, gettano bombe a tre miglia di distanza. Il materiale acquistato presso i signori Fawcett, Preston e Comp. ammonta a

1.200 lire. Vi sono altri dodici cannoni di grosso calibro. La società delle signore di Londra ha inviato con questo vapore quattro grandi casse ripiene di medicinali e suppellettili da ospedale. Vi sono state poi imbarcate 1.125 casse di carabine di Colt, venute d’America, e acquistate al prezzo di 39.600 lire sterline.

Il rimanente del carico consiste, come segue: 2500 tende; 80 carabine in 4 casse; mire per cannoni, una cassa; revolvers, 10 casse; pezzi di armi, 12 casse; 800 coltellacci in 16 casse; 1.150 carabine di Enfield in 63 casse; altre 40 pistole in una cassa; altri 2 cannoni rigati coi loro affusti; 14 cannoni da 12; bombe vuote 43 casse; 389 bombe diverse. Totale delle carabine 30.000 e totale del valore di queste armi 50.000 l. ster. I 4 cannoni rigati di Whitworth, che la città di Manchester manda in dono a Garibaldi, non giunsero in tempo per essere imbarcati”.

Ultime notizie.

  • Gli ultimi rapporti dalle rive del Mar Rosso c’informano che regnava sempre un gran fermento in Arabia. Si assicura che dietro domanda dei residenti europei, il Commodoro Pullan erasi recato dinanzi a Djeddah colla fregata Chesapeak e coll’avviso a vapore Roebuck, della marina reale britannica.

La corvetta a vapore Saida della marina egiziana, era stata spedita su questo punto.

  • Si assicura che il signor Chanzy, tenente colonnello della infanteria di linea, è stato nominato comandante del quartier generale del corpo di spedizione in Siria.

Napoli 7 agosto. Si compiaccia annunziare che l’Omnibus per ordine del ministero comunicato dalla Prefettura di Polizia, è stato sospeso. (L’Omnibus alla Redazione del Diavoletto)

Dispacci telegrafici.

[…] Altro dell’11 agosto. Da Napoli 7 s’annunzia che Garibaldi era (?) in quella capitale per concertarsi con parecchi notabili. Egli attenderà la convocazione del Parlamento napoletano. Le elezioni avranno luogo al 19. I principali candidati apparterrebbero al partito annessionista.

Genova 10 agosto.

Una corrispondenza del Movimento, da Napoli 7, reca: I reazionari militari e civili, venuti dalle provincie o fuggiti dalla Sicilia, convengono a Napoli armati, divisi in compagnie con preti e legittimisti alla testa, pronti ad ogni evento. Continuano gli arrivi di truppe estere che presto ascenderanno a 10.000.

L’esercito napoletano è diviso in tre parti: 25.000 uomini sono scaglionati nelle Calabrie, 30.000 uomini a Napoli e nei dintorni, e 10.000 tra Capua e Gaeta.

Il barone Stocco è sbarcato in Calabria, ma con pochi uomini. Altri ne sono sbarcati in varie riprese, non molto molestati dai regi. Essi organizzano la rivoluzione sulle montagne. Gli ambasciatori fanno trasportare le loro famiglie sui legni da guerra; molte famiglie napoletane fuggono dalla città, perché la lotta è creduta da tutti imminentissima.

  • Napoli 11 agosto. I Garibaldiani tentarono giovedì (9) uno sbarco a Candritello presso Reggio, ma furono respinti. Ne sbarcarono soltanto duecento, e vengono inseguiti nell’interno del paese. La popolazione di tutto il regno è decisamente tranquilla. (O. T.)
  •  

Dispaccio particolare del Diavoletto.

Parigi 13 agosto. Una corrispondenza di Torino della Patrie assicura che, per impedire le complicazioni che potrebbero nascere dall’occupazione di Napoli per parte di Garibaldi, furono aperte delle trattative onde mandare, col consenso del re di Napoli, un corpo di Piemontesi in questa capitale.

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