Alta Terra di Lavoro

già Terra Laboris,già Liburia, già Leboria olim Campania Felix

Il “Diavoletto Indipendente” (XXXI)

Posted by on Mar 14, 2025

Il “Diavoletto Indipendente” (XXXI)

Il Diavoletto, Anno XIII, N. 207, 5 settembre 1860

O impotenza o connivenza?

Vedendo l’Europa monarchica assistere fredda ed impassibile allo sfacelo delle case dei principi regnanti d’Italia, vedendola consacrare colla sua inesplicabile inazione i fatti che si compiono l’uno dietro l’altro come per naturale conseguenza del corso di una legge riconosciuta dal diritto pubblico; vedendo che essa si lascia trascinare a rimorchio dalla rivoluzione; sentendo il lungo cicaleccio col quale, piuttosto che colla forte opera compatta delle armi della giustizia, si vuol fermare l’irrompente fiumana che invade i campi del diritto; osservando la strana ammissione di teorie pericolose non solo, ma ledenti nelle basi il principio monarchico; tenendo dietro allo spergiurare che in Italia s’è fatto massima di patriottismo, e al cinismo col quale si mente ad ogni patto per quanto sacro esso possa sembrare; noi siamo costretti a domandare a noi stessi: dove saremo condotti.

Se tutto è lecito e permesso, se la rivoluzione legatasi al Piemonte, armata con Garibaldi, legalizzata da Vittorio Emanuele, usufruita dal re che si chiama il galantuomo; se la rivoluzione osa tutto e tutto le riesce, poichè l’Europa silente lascia che la medesima operi colla mano in campo e sulle menti dei cittadini, cogli scritti e coi comitati, e colle società segrete, e cogli appelli, e colle collette, e cogli indirizzi; se a tutto ciò si applaude da alcuni Governi e da altri si ammette come legale e come frutto delle odierne libertà del secolo; ci ripetiamo sfiduciati: dove saremo condotti.

La è questa impotenza, o piuttosto rovinosa connivenza? Se esaminiamo i fatti, che da oltre un anno si vanno compiendo sotto i nostri occhi, dobbiamo credere alla esistenza sì dell’una che dell’altra cosa; ed impotenza e connivenza ci condussero a questi estremi. Sì l’una, che l’altra furono i tristi frutti dell’albero della discordia fattosi gigante nell’Europa sotto la mano del potente cultore di questa amarissima pianta. Impotenza, non di forze intendiamo, ma di volontà e d’unione, impotenza a strapparsi da quel magico cerchio che fu tracciato da Napoleone e dentro al quale ci si dibatte quasi avvinti dalle spire d’un serpente; connivenza, che tale deve dirsi la presente inazione, delle Potenze conservatrici d’Europa, e che tale la chiamerà la storia; che se voi avete alla mano macchine e acqua per ispegnere l’incendio e di queste non vi servite o per ire antiche, o per timori nuovi, o per una miserabile invidia, voi vi rendete complici di quelle fiamme, assumete, per così dire, la tremenda responsabilità di quell’azione divoratrice.

Che fecero fino ad oggi le grandi Potenze del Nord per fermare il carro devastatore della rivoluzione e la rapace mano degli invasori, e la prepotente libidine di potere ch’alza la sua fronte a Torino? Diciamolo francamente – nulla – sì, nulla – poiché le vane proteste, i consigli, e anche le minaccie non valgono, né sconcertano per niente gli arditi figli della rivoluzione; e laddove solo coi fatti si può ottenere l’intento, abbisognano appunto fatti e non inutili ed inascoltate parole.

Al Piemonte è lecita ogni cosa, ad esso muover guerra, chiamare stranieri, rinfocolare rivoluzioni, invadere territorii; ad esso, colla protezione della Francia, di cui è l’avamposto, è permesso detronizzare principi e re, invadere i beni della Chiesa, attaccare il Papa, spogliare degli aviti retaggi i principi, costringendoli a vivere del pane dell’esilio. Ad esso, che sotto Sebastopoli e alla Cernaia percosse in volto la potentissima Russia, questa abbandona ora Francesco di Napoli, il figlio di quel Ferdinando che osò, solo in Europa, alzarsi contro la coalizione bandita a danno dello Czar, rifiutando le sue armi e le sue navi a quella Francia e a quella Inghilterra, che ora gli fanno pagar caro l’indipendente suo procedere, e la serbata fede all’alleato; e malgrado le solenni promesse dello stesso gabinetto di Pietroburgo di difendere il re di Napoli, ora quello assiste impassibile come una statua di bronzo alla caduta della dinastia Borbonica. Al Piemonte si lascia libero il campo ad una spedizione armata a Napoli, insulto che si vuole venga rispettato dall’Austria, –

E palese, confessata, trionfalmente proclamata la connivenza nell’azione fra il Piemonte, e la rivoluzione e l’insurrezione rappresentata da Garibaldi; questo avrebbe dovuto essere l’ ultimo confine imposto al silenzio, all’inazione delle Potenze d’Europa: eppure esse tirano innanzi nel loro apata silenzio, i fatti compiuti non la scuotono, inerte s’accascia anzi sotto di essi, e curva le spalle onde innalzare sopra di esse quell’idolo che odia, ma che pure non vuol combattere.

Attendiamo, ci si dice – domani, dopo, più tardi sarà fatta giustizia, non è ancora venuta l’ora, non è colma la tazza, bisogna aspettare. E sia, purchè mal non s’abbiano a pentire coloro che il Signore ha preposti ai popoli quai moderatori. Sono voci vaghe che corrono fino ad oggi e nulla più; voci che dicono essere imminente l’unione dei Governi monarchici conservatori in un’azione riparatrice in Italia: ma le son voci, mentre nel campo contrario l’azione prosegue tenace la sua via, ed i fatti si compiono rapidamente; quel veleno che si sparse nelle vene dell’esercito napoletano, che ne intorbidì il sangue, ne interdisse il movimento, quel veleno serpe ed invade, e guai s’esso rompesse in Europa, i vincoli della santità del giuramento.

Attendete! … attendete!… ecco la parola che ci si risponde ad ogni ora – pazienza, e verrà il giorno della riscossa… ecco la sentenza con la quale si vogliono acquietare le nostre apprensioni; ma noi ripeteremo che verrà ben anco quello del giudizio finale, ove saranno chiamati a rendere ragioni delle loro opere e i popoli e i re … .

L’inerzia in questo supremo momento, è connivenza: guai se venisse giudicata poi impotenza. – Napoleone III a forza di dirsi potente lo fu, lo è ancora, e tutti lo credono tale. Sorgano anche gli altri, si levino d’addosso quella pece della disunione da cui furono coperti ed operino unanimi, e vedranno ch’essi pure sono potenti.

Alla lettera del conte di Siracusa tiene dietro un appello del Nunziante ai soldati

napoletani, col quale questo nuovo traditore del re, dopo non averlo saputo difendere, parla alle truppe napoletane la parola dello spergiuro. Esso le eccita ad abbandonare Francesco II, e a darsi, senza sbandare le loro forze, a Vittorio Emanuele; cui egli Nunziante, un Nunziante!! che tutto ebbe dai Borboni, e che fu fatto grande e potente da essi, chiama glorioso il re d’Italia; dando a Garibaldi, cui non seppe vincere, e che trionfò anche per la viltà dei generali napoletani, il nome d’eroe.

Contro questi elementi, di cui si componevano le file dei consiglieri dell’infelice Francesco di Napoli, è facile la vittoria, facilissimo il trionfo della rivoluzione.

Notizie politiche

ITALIA. Torino 2 settembre. Garibaldi vien lodato dal giornale Des Débats, perchè comunque si voglia giudicare la spedizione contro la Sicilia e ‘l regno di Napoli, egli non istrinse mai la mano di Sovrani dei quali preparava in segreto la rovina. Il foglio parigino parla in questo modo, perchè contro a quello che disse fino a oggi riconosce adesso che i ministri del re di Napoli sono d’accordo coi rivoluzionari contro il proprio sovrano, come fu detto molto tempo prima, ed al presente vien confermato col fatto. La Gazette de France parlando dello stato d’assedio proclamato a Napoli a cagione dell’invasione dei garibaldiani, nota la libertà strana dei fogli napolitani che appunto sotto lo stato d’assedio tutti i giorni proponevano impunemente la decadenza della dinastia, la distruzione del Governo e del regno! Un solo grido è riputato sedizioso dai ministeriali napolitani, ed è quello di: Viva il re! L’Union biasima con forti parole il consiglio che i generali napolitani ed altri avrebbero dato al re di imitare la duchessa di Parma, cioè di fuggire, dopo la nomina di una reggenza: se il solo generale Bosco si oppose a tale consiglio, il re seguirà il parere del solo generale, che non sia un vile! Nemmeno la duchessa di Parma sarebbe fuggita dinanzi ai soli garibaldiani, conchiude l’Union. (Armonia)

  • Un foglio amico del gabinetto di Torino pretende che Farini sia partito in fretta da Ciamberi, appena uscito dall’udienza dell’Imperatore, perchè il terreno della Savoia bruciava i piedi all’inviato del Governo sardo, che cesse quell’antica provincia alla Francia: il generale Cialdini, che fu ricevuto come inviato della Corte di Torino, sarebbe stato accolto con maggiore simpatia del signor Farini inviato del Governo.
  • E voce accreditata che il conte di Siracusa sia stato mosso a scrivere la sua celebre lettera al re Francesco II, dalla speranza di avere la carica di vice-re di Napoli. (Arm.)
  • Si scrive da Torino sotto la data del 2 settembre alla Perseveranza: Questa mattina verso mezzodì è giunto in Torino S. A. R. il conte Leopoldo di Siracusa. Informato dell’arrivo dell’ A. S. il nostro re ha ordinato che le carrozze di Corte andassero alla stazione prendere il principe napoletano, ed ha incaricato il suo aiutante di campo, generale Solaroli, di riceverlo.

Il conte di Siracusa è accompagnato dal suo segretario, signor Fiorelli, uno de più distinti e rinomati filologi napoletani.

Seguitano le solite voci d’imbarco e di partenza di truppe: ma io seguiterò pure ad accennarvele senza più, poichè non è soverchio il ripetere ciò che vi scrivevo ieri, dei movimenti delle truppe val meglio tacere. La stampa liberale non deve fornire indizi ai nemici.

Quest’oggi tutti i ministri e parecchi senatori e deputati sono andati a Saluggia ad assistere alla celebrazione delle nozze della figlia del ministro Farini col cavaliere Riccardi, segretario di gabinetto nel dicastero dell’interno. Al suo ritorno da Saluggia, il cavaliere Farini partirà domani per Bologna e per Firenze.

Si annunziano parecchi cangiamenti nell’ordine amministrativo.

Domani si apre la sessione del Consiglio provinciale di Torino. Il governatore Carlo d’Adda è appositamente venuto qui ad inaugurarla.

Il Diavoletto, Anno XIII, N. 206 (?), 6 settembre 1860

Rivista dei giornali

[…] – Leggiamo nell’Osservatore Triestino:

Ier l’altro dicemmo, che il Piemonte piglia nelle sue mani le redini della rivoluzione

finora guidata da Garibaldi. Che sia già seguito, o no, uno sbarco di truppe piemontesi sul territorio napoletano, poco conta; è comprovato che battaglioni di bersaglieri s’imbarcarono a Genova dirigendosi verso il sud; se non sono ancora sbarcati a Napoli, ciò non vuol dire che non siano destinati a sbarcarvi, ed operarvi l’intervento. Dicemmo pure che la Francia non può essere estranea alla novissima politica del conte di Cavour. Ora sembra accertato, che Napoleone approvi l’intervenzione del Piemonte nelle cose di Napoli.

E probabile che il conte di Cavour, mandando il ministro Farini a Ciamberì ad ossequiare l’Imperatore dei Francesi, gli facesse destramente comprendere, esser meglio che il Piemonte monarchico assuma la direzione del movimento unitario italiano, anzichè abbandonarlo interamente a Garibaldi col pericolo pressantissimo che cada nelle mani del repubblicano Mazzini. Napoleone sembra essere entrato nelle viste di Cavour. Ne fanno fede le parole che un corrispondente parigino della Köln Zeitung garantisce essere state proferite da Napoleone in risposta a Farini: “Amo meglio – avrebbe detto l’Imperatore – che la rivoluzione sia guidata da voi che da Garibaldi. Desidero che possiate riuscire; non ho che una cosa sola a raccomandarvi, cioè di non toccar Roma; il resto non mi cale”.

Un’altra prova della connivenza francese nelle mire rivoluzionarie del Piemonte la troviamo nel telegramma giunto iersera alla nostra Borsa. Il generale Denoue, comandante le truppe francesi a Roma, avrebbe dichiarato ai suoi ufficiali essere ordine dell’Imperatore di difendere la città di Roma e Comarca e le delegazioni di Civitavecchia e Viterbo, vale a dire una parte minima degli Stati pontificii. Le Marche e l’Umbria resterebbero adunque aperte all’invasione di Garibaldi e del Piemonte, e difese soltanto da Lamoricière, essendo vietato dalla teoria del non-intervento alle altre Potenze cattoliche di prestare soccorsi al Capo della Chiesa contro chi lo vuole spogliare dei suoi dominii.

La difesa francese assicurata per tal modo ad una porzione dello Stato della Chiesa, verrà naturalmente spiegata siccome un benefizio che Napoleone presta al Santo Padre, siccome una prova del suo affetto figliale e della sua devozione alla Chiesa romana. Noi che siamo troppo avvezzi a vedere come nella politica il sentimentalismo non sia altro che ipocrisia, diremo francamente che nella difesa delle mentovate provincie per parte della Francia non riscontriamo se non un freddo calcolo di politica combinata colla strategia militare. La Francia vuole l’Italia nella sua indipendenza; diretta e indiretta, palese o mascherata, poco le importa. Essa ha quindi un vivo interesse di tener costantemente un piede sopra terra italiana. Roma col porto di Civitavecchia, è il punto meglio conveniente per chi possiede Tolone, la Corsica e Nizza.

Dunque il triangolo strategico ha per vertice Civitavecchia e per base la linea Roma-Viterbo; nel cuore d’Italia, dev’essere difeso contro la conquista della rivoluzione, ma non già pel Papa, bensì per la Francia! Ecco la spiegazione del telegramma di ier sera; ecco la prova dell’amore che il figlio primogenito della Chiesa nutre per la madre sua!

Concludiamo col ripetere quanto asserimmo già tante volte: cioè che Garibaldi, Piemonte e Francia sono sinonimi di rivoluzione, e che lavorano d’accordo benchè in apparenza, divisi; e facciamo voto perchè alla lega di tante e si formidabili forze rivoluzionarie, altra se ne opponga compatta e potente dell’Europa conservativa, e si chiuda alla perfezione l’iliade dei dolori ond’è preda la più bella parte del mondo!

Notizie politiche

[…]

Scrivono da Porto-ferraio (Toscana), 28 agosto, all’Opinione: –

“La notte del 23 corr. approdava nell’isola di Montecristo un vapore con bandiera inglese comandato da un capitano per nome Settembrini con equipaggio di 20 marinai, 180 volontarii di diverse nazionalità, ma vestiti alla garibaldiana. La mattina del 24 scendevano a terra il comandante, un ufficiale ed un’ordinanza: chiesero alla guardia acqua e legna e se ne ritornarono a bordo, lasciando a terra l’ordinanza. Verso le ore 4 pomer. dello stesso giorno scendevano, di nuovo a terra, domandavano al caporale capoposto del distaccamento dell’uva ed altro, che quel caporale non era certo in grado di somministrare. Che fecero eglino? Entrarono nella proprietà dell’inglese signor Giorce Waston Taylor, strapparono dai rami le frutta, presero i polli, i piccioni, e quant’altro c’era e se ne ritornarono a bordo, dicendo che alla domani avrebbero fatto il resto, come realmente avvenne, poiché verso la mezzanotte si diressero verso il palazzo ch’era già chiuso.

“Il capoposto credé bene di spedire a qualche distanza due dei suoi cannonieri per osservare; ma gli altri, spianate loro contro le pistole, li fecero ritirare nel quartiere, quindi spezzata la porta del palazzo, portarono via ciò che loro abbisognava. Direttisi poscia al corpo di guardia un ufficiale, un aiutante e varii altri, domandarono colle pistole alla mano i fucili e le munizioni e le buffetterie dicendo che volevano andar da Garibaldi a combatte re per la causa italiana”. —

  • Scrivesi da Napoli, 29 agosto, alla Nazione:

Il re ed i principi di casa reale si porranno a capo dell’esercito, il quale verrà diviso in tre corpi. Il primo verrà collocato ad Eboli, ed avrà per capo il generale Bosco; il secondo a Capua, il terzo a S. Germano.

In caso di rovescio, l’esercito napoletano, con il re a capo riparerà nell’Umbria e si unirà a quello di Lamoricière. La città di Napoli, per convegno fatto con gli ambasciatori esteri, sarà dichiarata neutrale da guerra ed affidata alla guardia nazionale.

Questa è l’ultima deliberazione, ma io son certo che verrà modificata, tanta è la maravigliosa trasmutabilità di chi siede al Governo.

  • Troviamo nell’Italia, giornale di Sicilia:

Continuano avvenimenti che ci rattristano. Nella trascorsa settimana la maggioranza dei contadini e volgo di Montemaggiore insorse contro il ceto civile e contro il clero; chi prevenne il colpo fuggì, ma l’arciprete ed altri 12 gentiluomini furono trucidati. Un certo sac. Maggio si difese gagliardamente ed uccise parecchi aggressori, ma sopraffatto dal numero fu trucidato colla madre e due sorelle. La guardia nazionale del comune di Cerda comandata dal sig. Tripi fu la prima a correre sul luogo, e mentre sedava la sommossa sopravvenivano le milizie dei contigui comuni, e l’indomani sopraggiungeva la guardia comunale di Termini colle autorità spedite dal governatore per castigare i colpevoli. Si fece il disarmo, circa due mila uomini in massa fuggirono e trovansi circondati; il consiglio di guerra subitaneo, eretto sul luogo, in tre sedute ha condannato 20 individui alla fucilazione, e parecchi altri al terzo e quarto grado di ferri. Continuano gli arresti ed i lavori del consiglio di guerra subitaneo per dare esempi severi di queste atroci reazioni, provocate per mene borboniche. Noi deploriamo gli avvenimenti di tal natura, ma altra via non evvi per reprimere le reazioni che la severità e la prontezza della pena.

  • I legni napoletani non possono più passare dal Faro; per portarsi in Napoli dovranno volgere per la costa del mezzogiorno.

Il passaggio del Faro è custodito da 227 bocche di cannoni da destra e sinistra, oltre 18 mortai. Ieri mi son portato personalmente al Faro. Bisogna vedere per poter credere come sia ben fortificato.

Tutti i cannoni guadagnati in Reggio, e che fornivano quelle fortezze, sono stati trasportati a Torre Cavallo ed a Punta di Pezzo.

(Giornale di Catania)

  • Togliamo da un carteggio della Perseveranza in data di Napoli 31 agosto.

Vi scrivevo che tutta la Calabria può considerarsi come libera dalle truppe regie; diffatti anche a Cosenza è stato istituito un governo provvisorio composto dei principali e più autorevoli personaggi del paese. Il progetto del campo militare a Salerno per precludere la via di Garibaldi e tentare colà un fatto decisivo, fu abbandonato.

Il general Bosco che lo doveva comandare, è ritornato a Napoli, dichiarando che ogni operazione gli era resa impossibile dall’attitudine delle truppe che si andavano sfasciando e dileguando. Pare che le truppe debbano prendere rifugio sul Volturno appoggiate su Gaeta.

I ragguagli che manda il signor Depretis dalla Sicilia son pochi e poco consolanti anche pei ministeriali. Prima di tutto, Garibaldi non ha nessuna confidenza nei signori Cavour e Farini, che accusa di aver venduto Nizza, sua patria; minor confidenza ha nel ministro Fanti, dal quale fu soppiantato l’anno scorso, se ve ne ricordate, nel comando della divisione in Romagna: il signor Depretis, che non è poi tanto sfegatato Cavouriano, tuttavia non poté guadagnarsi la confidenza di Garibaldi per questo solo motivo, che partendo da Torino ricevette l’imbeccato dal nobile conte: perciò Garibaldi nominando il signor Depretis pro-dittatore, ritenne in sua mano molte parti dell’autorità pubblica: il signor Crispi ministro universale, onnipotente in Sicilia vien accusato di mazzinianismo; gli amici del signor La Farina appena son noti, vengono espulsi inesorabilmente da tutta l’isola; finalmente riguardo alla tranquillità pubblica l’ultima relazione del signor Depretis giunta a Torino finisce così: Tutto va bene: Oggi un solo omicidio a Palermo!

Ultime notizie

  • Le sedute del Consiglio dell’Impero in Vienna, ricomincieranno al 10 settembre.
  • All’Opinione del 3 settembre si comunica dalla Toscana che il paese è tutto sottominato dal partito demagogico, reso più audace dalla debolezza di Ricasoli. La stampa si dichiara sola quale un organo di Mazzini ed essa trova fautori in alti circoli.
  • Nella provincia della Basilicata stanno 45.000 insorgenti armati.
  • L’inviato svizzero a Torino fece dei reclami a motivo dei maltrattamenti fatti ad alcuni svizzeri. Il conte Cavour rispose, essere già incamminata l’inquisizione e che si debba attenderne il risultato prima di prendere in considerazione le domande di soddisfazione.
  • Per ora saranno mobilizzati solo 8 battaglioni della guardia nazionale piemontese.
  • Il Consiglio dei ministri in Napoli chiede la dimissione del comandante di piazza Cutrofiano.
  • Assicurasi che Garibaldi si è imbarcato al 1. corr. nel porto di S. Eufemia con un grande numero di truppe per muovere sopra Salerno.
  • Leggiamo nella Patrie del 2 corr.:

“E decisamente a Gaeta che il re di Napoli pensa di ritirarsi. Però, se dobbiamo credere alle corrispondenze del 28, egli sarebbe determinato a tentar prima la sorte delle armi. Certo, nessuno può biasimarlo di questa risoluzione, tanto più in quanto ha promesso di evitare un bombardamento della Capitale. Suo zio il conte di Trapani, si è associato ai suoi progetti di resistenza; egli vuol seguire, sino agli estremi, la sorte della Sua Casa, un sentimento egualmente onorevole che la pubblica coscienza saprà apprezzare, ne siam certi”.

“Il comando superiore di Napoli venne affidato al generale Cutrofiano, la cui fermezza e devozione alla dinastia sono ben conosciute. Ci vien dato del resto per cosa certa, che, ad eccezione del generale Nunziante, nessun generale ha defezionato. Non sappiamo qual sia il numero delle truppe concentrate a Napoli; ma gli ultimi dispacci annunziano che si ha riunito 20.000 a Salerno”.

  • Leggiamo nel Nord:

“Lo Czas non è altrimenti un giornale di Varsavia, bensì di Cracovia. Non è dunque il Governo russo, come asserisce l’Opinion nationale che gli ha inflitto l’ammonizione, che servì di base ai ragionamenti del giornale francese”.

Submit a Comment

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.