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Il falso mito della mitezza dei Giacobini napoletani di Giuseppe Gangemi

Posted by on Feb 10, 2025

Il falso mito della mitezza dei Giacobini napoletani di Giuseppe Gangemi

Eugenio Scalfari, il 9 dicembre 1998, scrive che i Giacobini napoletani non avevano niente di quel periodo del Terrore francese e “dettero vita ad una repubblica mite che non infierì su alcun esponente del passato regime”. In soldoni, Scalfari definisce miti i Giacobini i quali, a mio modesto parere, sono potuti apparire tali solo quando il lavoro sporco lo hanno affidato ai Francesi: “Quando a Ortona, nel 1799, scoppiarono tumulti popolari contro i ricchi, i notabili [giacobini] preferirono richiamare le truppe francesi” (Storia d’Italia dell’Einaudi, vol. 3, p. 186). I notabili, cioè i Giacobini di Ortona (in Abruzzo, già territorio borbonico) sapevano benissimo cosa sarebbe successo ai rivoltosi perché i Francesi, appena entrati in Italia, hanno violentato, saccheggiato e ucciso alla minima resistenza incontrata.

In Piemonte, in Val Péllice, 94 fucilati; a Chiari e Biella, 80; Strevi incendiata; Acqui saccheggiata per 4 ore; a Mondovì viene esplicitamente ordinato di “massacrare, saccheggiare, bruciare, stuprare”, come deterrente per il futuro e per i paesi vicini (le vittime sono almeno un migliaio). In Lombardia, Binasco saccheggiata per tre giorni e 100 sono i morti; in altre città, la resistenza dei cittadini viene domata a cannonate. In Veneto, le Pasque Veronesi sono solo il caso più noto. In Toscana, la Garfagnana, provincia di Lucca, resiste a lungo, al punto da guadagnarsi il titolo di Vandea Estense; viene saccheggiata e le municipalità tassate fino all’inverosimile. In Romagna, Lugo di Ravenna e Sant’Arcangelo saccheggiate; a Morciano, il generale Sahuguet descrive in una lettera quanto successo: i combattenti si ritirano nel paese che viene bruciato e “gli assassini vengono ridotti in cenere”; muoiono vecchi, donne e bambini. Nel Lazio, ci sono vari eccidi nelle Abbazie di Viterbo. Sono solo alcune delle notizie desunte dal volume collettaneo (21 Autori Vari) Le insorgenze antifrancesi in Italia nel triennio giacobino. 1796-1799, pubblicato nel 1992.

I Giacobini napoletani non potevano non sapere quanto sarebbe successo a Napoli, anche perché tutto e di più era già successo nell’avanzata di Championnet nel Napoletano. Anche i Lazzari lo sanno e sanno pure che ci sono persone che aspettano i Francesi per unirsi a loro, come è successo altrove. Per scoprire i collaborazionisti fermano i corrieri che portano la posta. Giorno 17 ne intercettano uno che porta una lettera di Giuseppe Zurlo al generale Mack. Nella lettera, il nome di Championnet. La casa di Zurlo viene saccheggiata e Zurlo condannato a morte da una folla vociante. Lo salva l’intervento del Duca Valentino che li convince a portarlo in prigione. Il giorno dopo i Lazzari si procurano le armi dal Palazzo di Città e dai Castelli. Comincia “l’anarchia perfetta”. Giorno 19, la contromossa dei Giacobini: fingendosi spaventati e chiedendo protezione, un manipolo di Giacobini entra in Castel Sant’Elmo e ne prende il controllo. Per farsi capire dalla popolazione, alle ore 17.00 sparano delle cannonate. Un vero terrore si diffonde tra la popolazione. Qualche ora dopo, un parrucchiere legge da dietro le spalle del Duca Della Torre una lettera in cui si suggerisce al Duca di accogliere bene Championnet. Il parrucchiere e il Duca si mettono a questionare, il primo paventando l’arrivo dei Francesi, il secondo dichiarando l’entrata dei Francesi “essere cosa buona, acciò si castigasse il popolo divenuto insolente” (Memoria del cittadino Gaetano Lotti, in Mario Battaglini, La Repubblica napoletana. Diari, memorie, racconti, vol. 1, p. 191). Il parrucchiere esce e avvisa un gruppo di Lazzari che assalta la casa, cattura il Duca e il fratello, Clemente Filomarino. Trascina entrambi per mostrarli alla città, li uccide e ne brucia i corpi con la pece.

I “miti” Giacobini usano i cannoni di Sant’Elmo contro chi combatte i Francesi per difendere Napoli. Di questo, se ne fa un vanto, nel Monitore Napoletano, al numero 1, Eleonora Fonseca Pimentel: “Lunedì 21 [dicembre], un’ora avanti mezzodì comparvero le prime colonne Francesi dalle due bande di Foria, e di Poggioreale attaccando immediatamente la plebe … [che] ha osato per due giorni e mezzo opporsi, e resistere all’Armata Francese  … Dalle ore 21, in poi incominciaron i Francesi a retrocedere lentamente così proseguendo quasi per un’ora e mezza … ed osservato il loro movimento retrogrado, furono in loro protezione [da Sant’Eramo] sparati de’ colpi a palla e sopra coloro, che resistevano a Poggioreale, e sopra coloro che resistevano a Foria, e che di fatti dall’alto del castello si videro subito aprirsi, e sparpargliarsi. … Quelli tra i Patrioti, che rimasti in Napoli poterono nascondersi alla plebe ed armarsi, unitisi in varj siti coadjuvarono da diverse parti l’entrata dell’armata Francese, sparando sull’ammutinata plebe”.

Nelle sue Mémoires, il genérale Bon Thiebault parla delle acclamazioni ricevute dai Francesi appena conquistata la città: “erano rivolte a noi che, non più di nove o dieci ore prima, avanzavamo affondando i piedi nel sangue di almeno ventimila loro concittadini, uccisi a forza di cannonate e baionettate” (L’invasione francese del Regno di Napoli, pp. 143-4). A quel massacro, i “miti” Giacobini hanno rivendicato di aver partecipato in modo determinante.

Francesco Mario Agnoli, bolognese, magistrato, già componente del CSM e con il pallino della storia, nel volume 1799. La grande insorgenza, racconta che la Repubblica napoletana “riuscì a condannare 1.563 controrivoluzionari, morti per così dire ‘legali’” (p. 225). Questa cifra è troppo alta per essere il risultato dell’attività dei tribunali ordinari, troppo garantisti per produrre tante sentenze in soli cinque mesi. Essa può, però, essere il risultato dell’azione dell’Alta Commissione Militare (istituita con legge del 19 febbraio 1799). “Inappellabile, la [Commissione] deve conoscere e giudicare tutt’i delitti, che riguardano l’insurrezione e lesa sovranità del popolo”. È un tribunale speciale che si istituisce quando si vogliono giudizi rapidi e sentenze di condanna sicure (i tribunali ordinari, con giudici nominati dal passato regime, sono lenti e timidi nelle sentenze). L’Alta Commissione Militare, inappellabile, è la prova principale del fatto che i Giacobini non sono stati affatto miti. Se avessero voluto esserlo, avrebbero affidato i loro sospettati ai tribunali ordinari. Non è mite chi istituisce tribunali speciali. E nemmeno democratico.

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