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Il generale José Borjes, storia del martirio del brigante cristiano

Posted by on Gen 15, 2017

Il generale José Borjes, storia del martirio del brigante cristiano

Le controrivoluzioni napoletane del 1799 e del 1849 videro protagonisti diversi esponenti realisti del ceto popolar-borghese delle province meridionali, mentre quella post-unitaria del 1861 fu coordinata e generata da una varietà maggiore di combattenti di differente estrazione sociale (contadini, preti, ex soldati, galeotti, medici, avvocati etc), nonché di diversi regni e nazioni. Difatti, tra i tanti capi dell’insorgenza risorgimentale anti-sabauda si annovera lo spagnolo Josè Borjes. Nato nel 1813 in un piccolo paese della Catalogna, Fernet, Josè fu cresciuto da un genitore militare legittimista al rispetto dei secolari simboli della tradizione: il trono e l’altare.

In gioventù fu avvicinato alle idee antinapoleoniche, contrarie all’ideologia giacobina, tanto da arruolarsi tra le milizie carliste, sostenitrici dell’ascesa al trono spagnolo di don Carlos e contrarie alle forze liberali schierate nella successione reale con donna Isabella, figlia minore del defunto re. A causa della sconfitta dei carlisti nella guerra civile spagnola, Borjes trovò esilio in Francia, da cui partì nel 1860 per Roma al fine di offrire il suo servizio all’esercito pontificio. In seguito, taluni agenti borbonici lo avvicinarono in Francia per reclutarlo tra le fila dei sostenitori e combattenti della causa duosiciliana, la cui corte si era trasferita nella città papalina. Lo spagnolo accettò con entusiasmo l’incarico affidatogli dal generale Clary, le cui istruzioni, come da documentazione riportata da Marco Monnier nella sua opera del 1862 “Notizie storiche documentate sul Brigantaggio nelle Provincie Napoletane”, facevano riferimento ai seguenti obiettivi: 1. recarsi “nelle Calabrie per proclamarvi l’autorità del legittimo re Francesco II” 2. occupare “qualsiasi luogo e dopo aver preso le precauzioni militari più adatte, vi stabilirà il potere militare di Francesco II..nominerà il sindaco, gli aggiunti…sceglierà sempre uomini di una completa devozione al Re e alla Religione” 3. formare dei battaglioni (Cacciatori, Linea etc) tra i militari sbandati e volontari, dando il “comando de’ diversi corpi agli officiali stranieri” 4. attivare le operazioni militari liberando la Calabria, al “generale Clary tutti i suoi movimenti” dovevano essere riportati 5. nominare governatori delle Province, ristabilire i tribunali ordinari, utilizzare tutte le somme di denaro requisite per tali operazioni belliche 6. diffondere il proclama del generale Clary in cui si prometteva l’amnistia generale per tutti i delitti politici. Secondo D.Mack Smith (“Storia d’Italia 1861-1958”, Vol.I,Lat.1965) il generale spagnolo era autorizzato a servirsi di tutte le somme necessarie di “denaro pubblico in qualsiasi città del regno meridionale” pur di garantire il successo dell’impresa. Borjes radunò un gruppetto di 18 spagnoli e 2 napoletani a Marsiglia e si imbarcò nel luglio del 1861 per dirigersi a Malta, ove – come lo stesso testimoniò nel suo “Giornale” – però si imbattè nei primi problemi organizzativi, quali il trasporto delle poche armi e munizioni reperite. La scelta della località calabrese, ove far approdo, doveva essere suggerita dal principe di Scilla. Nella notte tra il 13-14 settembre il gruppetto di legittimisti sbarcò sulla spiaggia di Brancaleone per dirigersi poi nel paese di Precacore, ove furono accolti dalla poche persone al grido di “Viva Francesco II”. Furono arruolati circa una ventina di contadini per raggiungere la cittadina di Caraffa, ove il gruppo subì il primo scontro armato con la guardia nazionale. Borjes raggiunse, poi, una prima banda di briganti (circa 120 uomini) comandati dal Mittica presso la località Scardarilla, onde formare una prima unità ben armata di rivoltosi. L’affiancamento militare al Mittica durò, però, pochi giorni (fino al 21 settembre), nonostante le difficili battaglie (Plati, Cimina) affrontate insieme contro i piemontesi. Nei diversi spostamenti da una località ad un’altra della Calabria (montagna di Serrastretta, Nilo, Garropoli, Espinarvo, Pellatrea, Ponte della Valle etc.) per fuggire alle truppe sarde, Borjes ebbe modo di appuntare sul suo “Giornale” che “le classi agiate, come le classi istruite, sono dunque liberali e italiane nelle provincie.I miserabili e gli ignoranti parteggiano per Francesco II”. Pertanto, i soli contadini incontrati lungo il tragitto si arruolarono con il gruppetto del generale spagnolo o li aiutarono in qualche modo, così come gli agenti del principe di Bisignano furono sempre disponibili a qualsiasi supporto all’impresa insorgente. Tali cavalieri realisti, rimasti soli e delusi per le tante illusorie voci sulla presenza di un’armata borbonica in loco nonché braccati dai piemontesi, si trovarono al completo sbando, come testimoniò lo stesso Borjes che così scrisse: “non ho mai sofferto tanto fisicamente e moralmente.Fisicamente, per la fatica e le piaghe de’piedi; moralmente, per le disgrazie che ci colpiscono tutti, a causa delle circostanze”. Il gruppo, comunque, risalì la Calabria per passare in Basilicata (11 ottobre), ove Borjes continuò ad annotare la sua principale preoccupazione che “questo scritto pervenga a S.M., affinché Ella sappia che io muoio senza rimpianger la vita che potrei aver l’onore di perdere servendo la causa della legittimità”. Superarono altri paesi e località (montagna Silfera, Sant’Angelo, Albano, Ferravate, Piano della Corte) fin quando giunsero a prendere contatti (19 ottobre) con la banda di “briganti” più nota della zona calabro-lucana, capeggiata dal contadino Carmine Donatello, detto Crocco. L’incontro con tale capo banda avvenne successivamente (22 ottobre) nel bosco di Lagopesole. Lo spagnolo riuscì a farsi riconoscere mandatario di S.M. il re Francesco II e a convincere lo stesso De Langlais, agente legittimista francese collaboratore di Crocco, ad impiegare il migliaio di uomini della banda per la legittima causa borbonica contro l’occupante piemontese. Il “generale” Crocco, come era solito farsi chiamare dalla gente locale, rimase lo stesso dubbioso per tale partecipazione ai moti controrivoluzionari tanto da confidare al De Langlois le sue perplessità circa le azioni “aperte” militari proposte dal Borjes, alle quali preferiva la guerriglia “mordi e fuggi” nei boschi. Il “brigante” accettò di seguire, suo malgrado, le indicazioni del generale spagnolo, cui promise il comando di circa 500 uomini. Ai primi di novembre attaccarono varie cittadelle (Trevigno, Castelmezzano, Caliciana, Garaussa, Calandra, Alliano etc) seppur con metodi e forme spesso violente e sanguinarie, disapprovate dalle stesso Borjes. Del resto, come ha evidenziato lo studioso Valentino Romano (“Diario di Guerra”, 2003) vi fu grande divergenza di vedute politico-militari tra l’eroe carlista e l’ex pastore-brigante, il primo fu un romantico combattente cristiano mosso da ideali di giustizia politica l’altro un crudele partigiano assetato da atavico bisogno di giustizia sociale. Le azioni di guerriglia sconvolsero le suddette province, tanto da allarmare gli amministratori filo-sabaudi che temettero un’insurrezione popolare dalle dimensioni pari a quelle dell’impresa del cardinale Ruffo. Con la fallita azione militare su Potenza, il suddetto gruppo di “briganti” si trovò contro tutta la guardia nazionale locale oltre ad un ingente battaglione di soldati piemontesi. L’avvicinarsi dell’angusta stagione invernale convinse, infine, Crocco a congedare molti suoi uomini nei boschi di Monticchio, separandosi anche dal generale Borjes, che cercò di far rientro in Roma con i suoi fedelissimi. A poche miglia dal confine pontificio, il comandante spagnolo ordinò una sosta (notte tra il 7 ed 8 dicembre) presso la cascina Mastroddi in località La Lupa. Fu questa una decisione fatale per la sorte dello spagnolo e suoi compagni, che furono circondati dai bersaglieri comandati dal maggiore Enrico Franchini, al quale si arrese consegnandogli la spada. Trasportati i prigionieri realisti a Tagliacozzo, con la speranza di ottenere delle importanti rivelazioni sull’impresa, che però non emersero per il fedele mutismo degli stessi arrestati, costoro chiesero di confessarsi in una cappella. Gli ultimi drammatici momenti di vita del generale spagnolo prima della fucilazione sommaria rimasero scolpiti nelle pagine di cronaca dei giornali e libri dell’epoca. Il Monnier nel citato libro descrisse accuratamente l’istante dell’esecuzione, riferendo che Borjes esclamò “l’ultima nostra ora è giunta, muoriamo da eroi. Abbracciò i suoi compatrioti, pregò i bersaglieri a mirar dritto, poi si mise in ginocchio con i suoi compagni e intuonò una litania in spagnolo.Gli altri in coro gli rispondevano.Il cantico fu rotto dalle palle”. Victor Hugo, grande sostenitore della causa unitaria italiana, censurò la spietata condanna di Borjes, affermando che “il governo italiano fucila i realisti”. I cadaveri degli 11 spagnoli e dei napoletani furono bruciati dai bersaglieri tranne il corpo del generale Borjes che per intercessione del principe di Scilla e del parigino visconte di San Priest fu esumato e portato a Roma per ricevere solenni funerali nella chiesa del Gesù.  

di Ettore d’Alessandro di Pescolanciano

fonte

adsic.it

 

elenco dei soldati spagnoli uccisi vigliaccamente dalla canaglia savoiarda perché combatterono per  la causa Napoletana

 

• Joseph Borgès, catalano, tenente generale, di 48 anni;

• Cayetano Cambré (o Cambra o Lacambra), di Valencia, capitano, di 46 anni;

• Joseph Desurienter, di Bilbao, ufficiale;

• Francisco Forns (o Forne), catalano, ufficiale: • Francisco Dosy, di Valenza, ufficiale;

• Laureano Carenas y Tenorio, castigliano, tenente;

• Pedro Martinez, aragonese, capitano;

• Miguel Chieraldi, di Valenza, sergente;

• Pascual Marginet y Barges, catalano, maggiore;

• Nicolao Moschy, catalano, ufficiale;

• Francesco Pacaso di Avegliano, sergente;

• Leonardo Diego, di Corleto, ufficiale;

• Mario Gallecchia, di Corleto, ufficiale;

• Luigi Molino Bono, di Trivigno, ufficiale;

• Michele Janni, molisano, ufficiale;

• Michele Piretti (o Peretta), di Barile, ufficiale;

• Pasquale Sallines (o Solinas), di Mediana, ufficiale;

• Michele Capoano (o Capuano), di Cosenza, ufficiale.

 

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