Il governo dei Nobili a Napoli: Autonomismo, decentramento, partecipazione governativa dei Seggi cittadini. (decimo quinto)
IL SEGGIO DI PORTANOVA
Molto probabilmente tale seggio era inglobato in quello di Porto, quale seggio minore, per poi staccarsi in epoca remota. Fu chiamato seggio di Porta Nova per la presenza della nuova porta verso il mare, edificata a seguito dell’allargamento della cerchia muraria, accanto alla chiesa di Santa Maria di Portanuova. Nei primi anni del ‘400 fu istituito dal governo angioino l’Ordine o Compagnia della Leonza che raggruppava in maggioranza patrizi del seggio di Portanova.
La sede del seggio fu rifatta in diverse epoche, tra il 1587 ed il 1673, nonché ampliata tra il 1706 ed il 1708. Nel 1723 fu totalmente ricostruita su disegno di Giuseppe Lucchesi con affreschi e decori ad opera di Nicola Malinconico.
Presentava:
1 – Arma del seggio: una porta d’oro in campo azzurro (prima era rosso) con due cani d’oro come sostegni, “per la fedeltà a’ cani la custodia delle porte commettevasi” .
2 – I seggi minori distribuiti nei quartieri o “tocchi”inclusi erano:
Seggio degli Acciapacci, derivante dalla nobile famiglia omonima, già residente dal X secolo a Napoli ed in Sorrento, presso il seggio di Porta. L’arma di questo seggio era simile a quello della suddetta famiglia: un leone rampante in oro, attraversata da una banda di azzurro che è caricata da tre conchiglie d’oro (poi tre asce o accette), il tutto in campo d’argento.
Vi è una bolla del 1117, presso l’archivio della Trinità di Cava, in cui l’arcivescovo di Napoli, Sergio III, citò tale seggio per la concessione fatta all’Abate del monastero della Trinità di Cava circa l’esenzione della sua autorità su alcune chiese di detto monastero.
Seggio dei Costanzi, dalla nobile famiglia Costanzi presente a Napoli dal XII secolo. Collocato presso la chiesa di S. Maria, aveva come arma un leone sopra sei costole, tre per lato. La sede fu abbattuta per ordine di D. Pedro di Toledo, a seguito dell’ampliamento della strada vicereale.
Il Mattei, consultando i Registri Angioini, riferisce che sotto re Carlo II d’Angiò scoppiò una lotta tra famiglie nobili iscritte al seggio di Portanuova, tubando la quiete pubblica. Detto sovrano, allora, “relegò a domicilio coatto” le famiglie dei Caputo in Eboli, i Griffi all’Aquila, i Moccia, i Fellapassi e Serinani ad Isernia, fino a quando non si fossero placati gli animi (Si ricorda, poi, che Andrea Capuano fu nel 1665 l’eletto del seggio di Portanova come G. Battista Capuano, in seguito, nel 1669).
La sede del seggio fu eliminata completamente dalla commissione ottocentesca del Risanamento di Napoli e fu lasciata a ricordo nel 1898 una lapide.
Il Mazzella riporta le seguenti famiglie ascritte nella sua opera (1601): Capasso, Capoano, Anna, Bonifatio, Agnese, di Costanzo, Coppola, Gattola, Gonzaga, Liguoro, Lottiero, Miraballo, Moccia, Mormile, Sannazzaro, Sitica.
Le estinte, invece, erano: Acerra, Adimario, Arbusto, Amala Atellano, Alagona, Annecchina, Arcamone, Basso, Bruno, Bolgarello, Burgarella, Brissio, Caputo, Capella, Casatina, Capisuccio, Cantelana, Cantelmo, Casamatta, Camerina, Cerva, Castellina, Castagnola del Cardinale, Cicaro, Cicala, Collalto, Collemedio, Corrario, de Albertis, de Arco, de Acebaio, de Diano, de Omnibono, de Comitibus, Edina, Farinola, Franco, Fogliano, Frangipane, Ficerio, Flandrino, Gambatella, Gentile, Gorvo, Grissina, Manfrone, Massovia, Mastaro, Marolio di Loreto, Monturco, Monticello, Monforte, Miscini, Nardino, Novelletto, Ollopesce, Ossiero, Oringa, Orlanda, Olzina Secretario, Pulzina di Mirabella, Pictavia di Cotrone, Pico della Mirandola, Pozzella, Ravignano, Ronchella, Sassone, Serignana, Sforza, Scannasorice, Siscale di Aiello, Stagna Sangue, Toso, Turtello, Tora, Vallone, Valignana.
Le famiglie della citata opera del Torelli erano:
Aponte, Capuano, Costanzo, Coppola, Gattola, Liguoro, Miroballo, Moccia, Mormile, Sitica.
Al 1769 il Capecelatro individua il seguente elenco: Agnesi, Aponti, Capuani, Coppola, Costanzi, Gattoli, Gonzaghi, Liccuori, Miraballi, Mocci, Mormili, Sitica.
Le famiglie “spente” erano:
Anna, Arco, Bonifazii, Bulgarelli, Farafalla, Cafatini, Caputi, Castagnola, Cicari, Freapane, Ravignano, Ronchella, Sannazzaro, Scannasorice, Sassone.
Le famiglie rimaste ascritte alla data del 1800 (libro d’Oro) furono: Albani, Albertini, Altemps, Aragona, Capasso delle Pastene, Capuano, Carignani, Cavalcante, Cito, Grimaldi, Liguoro di Polleca – di Presicce, Marulli, Mastrilli, Mormile di Carinari – di Castelpagano, Perlos, Sambiase, Serra di Cassano.
LE FAMIGLIE NOBILI “FUORI SEGGIO” |
|
IL SEGGIO DI POPOLO
Per comprendere la composizione sociale della classe del Popolo, è significativo considerare la definizione del Tutini, in cui precisa la distinzione tra “popolani” e “plebei”. I primi erano prevalentemente formati da mercanti, artigiani e tutti gli addetti alle libere professioni, cioè il “popolo grasso”.
Tale seggio appare per la prima volta nei capitoli di re Roberto d’Angiò come seggio “de populo dicitur grassus”, seppur si ritiene di più antica origine. E’, comunque, appurato che detto sedile fu confermato dalla regina Giovanna II al popolo, quale premio per la fedeltà nella sommossa cittadina contro l’oppressione del marito conte Della Marca.
Fu chiamato anche seggio della “Sellaria”, dall’area occupata, o “Pittato” per i particolari affreschi presenti nell’immobile che lo ospitava.
Sotto re Alfonso I d’Aragona ne fu ordinata la sua demolizione il 10 dicembre 1456, in quanto, secondo talune fonti, necessitava ampliare la via della Sellaria (luogo questo adibito allo svolgimento delle giostre cavalleresche o “barrere”), in base al progetto urbanistico del tempo. Altre fonti, invece, in merito a tale soppressione evidenziano delle ragioni politiche, quali l’esclusione del popolo dall’esercizio del potere politico-amministrativo della città.
A causa dei tumulti, il successivo re Ferrante I riconcesse ai rappresentanti del popolo un locale del monastero di Sant’Agostino (alla Zecca) per poter rendere omaggio a San Gennaro, ordinando per tale occasione religiosa la costruzione di un palco ligneo con drappi (“catafalco del Pendino”). Sotto gli aragonesi, dunque, il popolo poté godere del solo diritto di rappresentanza protocollare (riunioni per cerimonie religiose), senza godere invece dei diritti politici. Difatti, si verificò che in data 23 ottobre 1496 il rappresentante del Popolo, Ludovico Folliero, partecipò con gli altri cinque nobili rappresentanti al ligio omaggio a re Federico d’Aragona nella sala dell’Incoronata. Soltanto due anni dopo, nel 1498, regnando lo stesso Federico, il popolo recuperò pari dignità rispetto ai nobili, in quanto il proprio rappresentante fu chiamato a firmare un Capitolo d’accordo che prevedeva il solenne giuramento di fedeltà al sovrano aragonese e suoi successori.
Carlo VIII, poi, con decreto del 15 maggio 1495 concesse nuovamente al popolo il diritto di radunarsi presso il proprio sedile, la cui sede fu fissata nel chiostro del convento di Sant’Agostino alla Zecca. Il nuovo eletto del Popolo fu Giovanni Carlo Tramontano che mantenne la banca del Popolo con 29 capi popolo, detti consultori. Tale piazza non fu organizzata a quartieri, come per i sedili nobiliari, bensì suddivisa in ventinove “ottine”, luoghi ove si riunivano le famiglie popolari delle ventinove antiche strade di Napoli.
L’ottina, in principio, si compose di solo otto famiglie, poi passò a dieci e faceva riferimento sempre ad una chiesa. Per ogni ottina, poi, si eleggeva un capitano del Popolo o Capo Popolo, scelto tra sei cittadini, che a sua volta venivano nominati con voto segreto (poi sostituito con nomina regia o votazione pilotata dal re) di due “procuratori”. Quando la nomina dell’eletto del Popolo divenne reale in epoca spagnola, costui provvide alla scelta dei sei uomini della piazza.
Il Capecelatro evidenziò quest’aspetto di sudditanza e fedeltà al re in questo processo di nomina, tanto da influire sulle scelte politiche del rappresentante, che aderiva “sempre ai vicerè in guisa tale, ch’eran più tosto mezzo ad effettuare il loro volere, che procuratori dell’utile del popolo a loro commesso”. Questo eletto, comunque, andava a rappresentare la piazza del Popolo presso il Tribunale di S. Lorenzo, come gli fu consentito di esercitare giustizia sommaria (privilegio di re Ferdinando il Cattolico del 28 maggio 1507) sui venditori che esercitavano il commercio in piazza del mercato tra il lunedì ed il venerdì (il condannato aveva diritto di appellarsi al prefetto dell’Annona). Inoltre, l’eletto di Popolo aveva il diritto a nominare i “capitani di guerra” e reclutare una milizia cittadina in caso di guerra. Queste nomine del “maestro di campo” e dei capi della milizia civica, spettanti al sedile di Popolo, venivano presentate al Viceré tra varie candidature del ceto aristocratico. In epoca spagnola, a seguito della rivolta di Masaniello, il seggio rischiò di essere soppresso e solo grazie all’intervento dell’Arcivescovo di Napoli, Filomarino, riuscì a riportare la pace salvandolo (26 agosto 1647).
Inoltre, il seggio di Popolo presentava:
1 – Arma del seggio: era rappresentata da una “P” maiuscola (Popolo) di nero in campo oro e rosso. Tale lettera fu sostituita con una “C” (Civitas) nel tempo che resterà poi come emblema civico dell’amministrazione di Napoli.
2 – Le citate “ottine” comprendenti il seggio fino all’epoca dell’abolizione dei sedili furono: Capuana, Armieri, Case Nuove, Fistola, Donnalbina, Forcella, Bajano, Mercato Grande, Loggia di Genova, Mercato Vecchio, Nido, Porta del Caputo, Rua Catalana, Rua Toscana, Porto, S. Angelo a Segno, Santa Caterina Spina Corona, S. Gennaro all’Olmo, S. Giovanni Maggiore, S. Giovanni a Mare, Santa Maria Maggiore, S. Giuseppe a Carità, Della Scalesia, Sellaria, Vicaria Vecchia, Vergini, Spezieria Antica, S. Spirito di Palazzo.
3 – Il regolamento, “capitoli”, di seggio fu approvato , con i suoi 20 articoli, il 22 ottobre 1522.
SINTESI |
La regina di Napoli Giovanna II di Durazzo nel 1420 abolì i seggi minori e le famiglie ad essi appartenenti furono aggregati ai seggi maggiori e creò il seggio del Popolo. |
EPILOGO |
Questo modello socio-culturale di civiltà, diffuso nell’area sud-mediterranea della nostra penisola, entrò in crisi a fine del secolo XVIII, con l’invasione delle truppe franco-napoleoniche ed il sostegno politico della classe settaria dei liberali. La rivoluzione massonica-garibaldina ed il processo di Unificazione d’Italia cancellò definitivamente tale realtà organizzativa delle classi sociali, lasciando all’aristocrazia solo il ricordo dell’onore goduto in passato. |
fonte
nobili-napoletani.it