“IL LAGO DEI SOGNI” di Antonio Di Rienzo con prefazione di Lucio Castrese Schiano
Nell’intento di stemperare la tensione prodotta nell’animo dei lettori dalla quotidiana pubblicazione di articoli relativi alle nefandezze compiute per unificare politicamente l’Italia, proponiamo la testimonianza di nostri simpatizzanti e soci, che – comunque figli della nazione napolitana e identitari convinti – hanno tutto il diritto di vedere ospitate, sulle pagine del nostro blog, la loro voce e la loro visione del mondo, pure se da un punto di osservazione meno compassato e serioso di quello proprio della storia.
Apriamo le porte, dunque,anche a Calliope ed Erato. Clio sicuramente non se ne avrà a male.
La serie si è aperta con il saggio sulla poesia del socio Castrese Lucio Schiano. Ora – precedute da una prefazione dello stesso socio C. L. Schiano, ospitiamo alcune liriche di un nostro simpatizzante tratte dal volume IL LAGO DEI SOGNI (autore Antonio Di Rienzo, tipografia Depigraf – Caserta, Edizioni Saletta dell’Uva)
PREFAZIONE – di Castrese Lucio Schiano
La frequenza quasi quotidiana con cui è stato registrato il fluire del tempo, che ha avuto come conseguenza la produzione di un nutrito numero di liriche, ci consente di affermare che ci troviamo al cospetto di uno spirito continuamente proteso a cogliere tutti i mutamenti della vita. E come nella vita a momenti di euforia si alternano momenti di sconforto, i versi, che – come detto – sono attenti rilevatori del fluire del tempo ,ne registrano fedelmente i cambiamenti . Per questo motivo l’acuita attenzione del poeta, pronta a cogliere ogni minima variazione, non ha preferenze per alcun tema specifico, ma è sollecita ad esaltare o a condannare – a seconda dei casi – situazioni o comportamenti, facendo così assomigliare il suo animo al corso di un fiume che non ha ancora trovato un alveo in cui incanalare le proprie acque per consentir loro di scorrere finalmente con più calma e maggiore regolarità.
L’apparente eclettismo, quindi, non va inteso come un coacervo di sensazioni e stati d’animo che non sono riusciti a trovare una sistemazione più organica, ma piuttosto come genuine registrazioni del “normale” scorrere della vita con i suoi alti e bassi. Anzi, la costante attenzione a non farsi sfuggire neppure il più piccolo atomo di infinità fa assomigliare il poeta ad un’arpa eolia, nata proprio per raccogliere il più piccolo alito di vento e far vibrare con esso le proprie corde per stemperare la tristezza e rendere, con le sue delicate armonie, meno pesante e più accettabile il grigiore del mondo. E come il vento, provenendo da direzioni e con caratteristiche e velocità diverse, fa vibrare l’arpa di suoni diversi per intensità e durata, così l’animo del poeta.
Si diceva della sua costante attenzione alle mutevolezze della vita che lo porta ad emozionarsi, a commuoversi o ad adirarsi e a non escludere nessun regno della natura e nessuno degli organi di senso di cui siamo dotati nei quadretti che con grande partecipazione sentimentale ”disegna” con i propri versi. E questa è un’altra caratteristica della sua “vis”, perché, scorrendo le liriche, si ha l’ impressione che egli al posto della penna usi il pennello e al posto delle parole i colori. I paesaggi , diurni o notturni, invernali o primaverili, marini o campestri, così come i vari regni della natura, pur ripresentando temi simili, sono tali da offrire aspetti e suggestioni che si rinnovano di volta in volta, come di volta in volta mutano i motivi ispiratori e i sentimenti. Nella creazione di tali paesaggi un ruolo importante è occupato dall’ evocazione della memoria che costantemente, per tentare di esorcizzare la disillusione di cui la vita e la natura gratificano a piene mani l’uomo, non trova altro rimedio che quello di una continua “fuga” nel passato, felice luogo della memoria in grado, con la sola evocazione, di lenire affanni e delusioni. Questo costante anelito di rifugiarsi nell’atmosfera dorata di un’epoca che ormai vive solo nel ricordo avvolge le liriche di una delicata atmosfera di nostalgia. Ed è proprio attraverso il filtro di una tale atmosfera, immobile ed incantata, che le varie sensazioni si arricchiscono di quella malinconia e di quel “pathos” che nobilitano un insieme di parole, facendole assurgere al rango di “versi”, e i versi stessi a quello di “lirica”.
Come diversi sono le situazioni e gli aspetti della vita, così gli interessi del nostro. E non poteva essere diversamente dal momento che abbiamo rimarcato la sua costante attenzione a cogliere gli aspetti della vita in tutte le sue sfumature. Se fra le varie tematiche si vuole a tutti i costi individuare, con intento quasi da analisi statistica, che, però, nella sfera della poesia non ha diritto di cittadinanza, quali sono i temi che compaiono con maggiore frequenza, ebbene, come in ogni poesia che si rispetti, non potranno mancare – novelle muse ispiratrici – figure muliebri e gli amori ad esse legati,amori che, inseparabili compagni della giovinezza, quando non sono drammatici, non solo servono ad allietare la vita, ma in animi più sensibili trasmutano quasi la vile materia, mutandone la natura;il ricordo o il rimpianto per la giovinezza che non si è saputa apprezzare a suo tempo e che ora si rimpiange inutilmente e la constatazione dell’inesorabile e veloce trascorrere del tempo. Una nota discordante con quanto appena detto è rappresentata dalla poesia “Ora non puoi” dove il passato, che in altri momenti ha ispirato versi di grande lirismo, viene definito “infelice e menzognero”. Trattasi, però, di un caso isolato riferito ad un determinato amore, uno dei tanti che hanno riempito la vita del poeta. Per cui, la definizione, più che al passato è da intendersi riferita al soggetto di quell’amore.
Per quanto riguarda il modo di porsi rispetto alla dimensione “passato” , si potrebbe dire che uno dei “Pensieri” del Leopardi – nel caso specifico, quello che recita: “ Gli anni della fanciullezza sono, nella memoria di ciascheduno, quasi i tempi favolosi della propria vita” sia stato scritto apposta per i versi in esame, dove la memoria ricorre costantemente all’ evocazione proprio degli anni della giovinezza infondendo ai versi un’incantata atmosfera di favola.
Il lago dei sogni
Nel lago dei miei sogni,
una notte di mezza estate
gettai la mia rete d’illusioni.
Trassi dall’oscuro abisso
tante promesse strane.
Solo una, nella notte fonda,
rischiarò la riva …
Non era che l’ennesima illusione!
Non riconosco
Non riconosco tra gli alberi
più il salice e l’abete,
non conosco più i silenzi
che un tempo furono
a me amici.
Non canto più le dolci
melodie tra il viale
dei giardini ombrosi.
Il cielo terso
dà agli occhi
una lacrima di gioia
e, nel crepuscolo dimenticato
dall’uomo, strappo
qualche sorriso
alla mia giovinezza amara.
Esser vecchio
Sosterò tra i giardini ombrosi,
respirerò l’aria sempre più malsana,
guarderò l’angusta ombra che
mi seguirà ovunque
e, tra la menzogna e il pianto, scoprirò che la paura
è figlia del suo rimorso
e più dal sogno non sarà ucciso il tempo,
se il tempo non rincorrerà le immagini
del mio tormento. Solo!
Tra anime inorriditevarcherò la soglia dell’angoscia.
Resteranno di me tristezza e solitudine,
non porterò più pace alla mia mente, solo sogni tristi e un po’ confusi.
Foglie morte
Cadono solitarie
sul selciato del viale ombroso,
sdegnose creature, dal volto
serio, segnate dal tempo. Fruscìo silvano
portato lontano dal vento:
come pensieri vi librate nell’aria,
ascoltate silenziose i sospiri
di due amanti,
giocate coi bimbi alla rincorsa
rumorosa dei suoni,
rifate il letto a chi,
dopo il sospirar del vespro,
si copre con un manto di stelle.
Cadono lente, come
il tempo scorre veloce
ad imbiancare i crespi capelli,
i pensieri sospesi nel vuoto;
solitarie, ai piedi degli alberi
brulli, restate nel lungo cammino
del viale deserto.
Mutar delle cose nel tempo
Muta al mutar delle cose
e solinga sfiorisce nel tempo;
riaccende la luce il bagliore
d’una calda serata lunare.
Specchio dell’Io,che percorri
con fruscii la nuda schiena,
non rispetti più di tanto la morte.
Eppure rifletti storie mutate
dal passar veloce del tempo;
rincorri evanescenti fantasmi
nel cuore della notte;
ti fermi soltanto ad origliare
la nenia delle madri dolenti.
La pioggia non bagna la terra,
la linfa vitale non nutre la pianta
ed essa, spoglia, sfiorisce
col mutar delle cose nel tempo.
Profumo di selva
Dopo la pioggia,
nel tepore d’un tardo
meriggio estivo,
ascolto le ultime
gocce cadere
da piccoli rigagnoli
formatisi sulle foglie
dell’ombrosa selva.
Un profumo di terra bagnata
si leva tutt’attorno,
mentre più intenso
l’acre odor di ginepro
si spande nell’aria.
Dal verde castagneto
si leva un volo d’uccelli migratori:
come pensieri sciolti al vento,
battendo le ali, annunciano
la fine dell’estate.
Ultimi fiori campestri
vestiti di variopinti colori,
con petali ricurvi
da grosse gocce d’acqua,
spuntati là per caso
sul verde di quel bosco,
ascoltano in silenzio
il battito del mio cuore
ed io trattengo il fiato
per non portar scompiglio
nel magico momento
di quel coro melodioso;
aspiro malizioso
un profumo di freschezza
che la dolce selva ombrosa
mi regala all’imbrunire.
Meretrici
Oscene creature di facile sesso
vendono sogni proibiti
con le pudende violate
dal seme dell’oltraggio
sotto i fiochi lampioni dubbiosi,
che non si spengono mai
ad un corpo già tanto provato.
La pallida luna, ruffiana,
indifferente ed anch’essa meretrice,
nasconde i peccati di
quell’attimo fuggente
di una giovane pelle sudata,
sodomizzata … scuoiata,
messa a bruciare nel nero fumo
di un copertone avvampato.
Mercimonio di anime perdute,
iene fameliche pronte a dilaniare
le giovani vite inerti
vendute al mercato del sesso. Orizzonti lontani, offuscati
da facili guadagni e mille menzogne;
libertà punita … repressa
per un’incerta colpa mai commessa.
Meretrici di luoghi sperduti,
che, stanche, al mattino
ritornano a casa, quando il sole
all’alba rischiara la terra …
Solo la luna,
cambiando il suo mutevole volto, si nasconde aspettando la sera.
Avevo vent’anni, e m’e’ rimasta dentro fino ad oggi che passo gli ottanta!…caterina
Le pesanti pietre
ho posto
sull’argilla…
per costruire
il tempio
della vita mia…
s’e’ scatenata la bufera
e il turbinio del vento
tutto ha portato via…
Anima mia,
desolata e nuda,
siedi sul sasso atterrato…
attendi che si palchi il vento…
Anima mia!….
ritornerà la pace
sull’opera che giace.
caterina ossi