Il meraviglioso ponte sul Garigliano
Con moglie e figlioletto l’Ing. Giuseppe Palumbo lasciava Napoli, dove aveva trascorso una simpatica vacanza, diretto a Milano sua città d’adozione.
Mentre il bel paesaggio campano scorreva lungo l’autostrada la piccola comitiva chiacchierava amabilmente rammentando i luoghi meravigliosi che avevano visitato, i colori, i profumi e soprattutto l’affettuosa accoglienza ricevuta nella città partenopea.
Rossana, sua moglie, rifletteva in particolare sull’ambiente cittadino napoletano riscontrato diverso, e comunque non solo migliore, di come le televisioni ed i giornali usano rappresentarlo, ma addirittura superiore a quello di molte città del nord in termini di qualità di vita.
Erano partiti di buon’ora poiché Giuseppe si era ripromesso di visitare, anche per motivi professionali, il ponte Real Ferdinando sul Garigliano. Giunti all’altezza di Cassino deviarono in direzione Formia/Gaeta, dove la rigogliosa vegetazione collinare era un incanto ed il profumo del mare che si faceva via via sempre più intenso annunciava l’ormai prossima meta.
La curiosità di Giuseppe cresceva di minuto in minuto; d’altro canto era ormai da un anno che cercava documenti su questo ponte senza un concreto successo; solo qualche scarsa noticina recuperata su un sito Internet, niente di più. La cosa era perlomeno strana in quanto, a giudicare dalle poche notizie emerse , questo ponte doveva essere molto importante all’epoca della sua costruzione sia per le tecnologie adottate sia per l’architettura.
Fu necessario un rapido controllo della carta geografica per capire di dover svoltare in direzione di Napoli quando finalmente Giuseppe intravide un minutissimo cartello turistico. Questi era parzialmente coperto da alcune ramaglie e sopra vi era scritto: Ponte Borbonico.
Eccolo finalmente il ponte real Ferdinando! Imponente, slanciato, meraviglioso e soprattutto vero, prova inconfutabile delle capacità tecnologiche ed industriali dei tecnici duosiciliani.
Giusto il tempo di parcheggiare, armarsi di fotocamera e la comitiva era già ai piedi della maestosa opera.
L’animo di Giuseppe si rivestì subito della scorza critica dell’ingegnere.
L’ accesso al ponte, protetto da una cancellata, non impediva di fotografare tutti i particolari strutturali.
Il figlioletto Paolo insisteva per poter vedere da vicino le sfingi che ornavano gli ammarri delle catene ed infine, pur dubbioso e con il solo scopo di convincerlo dell’impossibilità, Giuseppe si avvicinò al portoncino di ingresso visibilmente serrato.
Appoggiò la mano sulla maniglia sicuro di trovarla bloccata ma così non fu, il portoncino si aprì docilmente. Rossana non ne volle sapere di seguirli è così solo lui e Paolo si inoltrarono nello spiazzo antistante l’accesso sud del ponte. Appena furono in prossimità delle sfingi Giuseppe provò l’irrefrenabile desiderio di toccarle e…… quello che accadde dopo si stenta ancora a crederlo.
Un arco luminoso venne a formarsi tra le due colonne poste ai lati d’accesso al ponte mentre una misteriosa forza li spingeva verso l’impalcato.
Alle basi delle colonne si materializzarono, come per incanto, due sorridenti guardie in divisa ottocentesca.
Da dietro la colonna di destra, subito dopo, fece capolino un uomo di circa 35 anni, ben vestito e di bella presenza …
-Buongiorno!- Disse, avvicinandosi e tendendo la mano.
-Buon giorno a lei.- Rispose Giuseppe con la voce una po’ incerta e porgendo la sua.
Paolo rimase ammutolito senza scollare gli occhi di dosso dalle bellissime divise delle guardie.
Prendendo il coraggio a due mani Giuseppe si presentò.
-Mi chiamo Giuseppe e questo è mio figlio Paolo; siamo venuti a visitare il ponte, per capire alcune cose… credo importanti, ma che non sono riuscito a trovare su nessun libro.-
– Io mi chiamo Luigi Giura.- Rispose l’uomo. -E sono il progettista di questo ponte; spero di potervi essere utile, cosa volete sapere?-
-Posso prima sapere dove ti sei laureato?- Chiese con curiosità Giuseppe.
-All’università di Napoli, se no dove ? Precisamente nel 1793.-
L’Ing. Giura rispose quasi con viso offeso e soggiunse:
-E poi chi vi ha permesso di darmi del tu?-
-Mi scusi mi scusi- Rispose in fretta Giuseppe.
-E’ che tra colleghi è di fatto quasi un obbligo darsi del tu e per me è stato naturale-
L’ingegner Giura lo squadrò con fare incuriosito e disse:
-Dunque sei anche tu ingegnere? E dove ti saresti laureato ? A Napoli no di certo perché lì ogni tanto, in via riservata, vado a vedere gli elenchi dei nuovi laureati e il tuo nome non l’ho mai letto!-
Rimase ansioso di risposta guardando Giuseppe dall’alto verso il basso.
-Mi sono laureato al Politecnico di Milano nel 1980 e pensi che fino a qualche tempo fa ero convinto che fosse la scuola di ingegneria più antica d’Italia essendo stata fondata nel 1863….a Milano immigrai da bambino, sono nativo del Sud.- Si affrettò a precisare Giuseppe.
-Sì- Riprese l’ing. Giura.- Infatti la vostra pronuncia è piuttosto forestiera, comunque se le cose stanno così, voglio dire, se siamo colleghi, dobbiamo darci del tu. Ma….. per favore non dirmi più quelle facezie sul Politecnico di Milano; quella scuola, devi sapere, è nata quando la mia era già vecchia di secoli…. ad ogni buon conto parlami di te, se hai potuto varcare l’ingresso temporale del mio ponte vuol dire che sei riuscito a raggiungere la fase K….-
-La fase K!?e cosa sarebbe ?- Chiese meravigliato Giuseppe.
-Per ora non posso spiegarti con completezza ma ti anticipo solo che, in alcune circostanze e solo per alcune persone, si genera un momento spirituale nel quale l’amore per la verità e la sete del sapere a fin di bene…. portano in una certa condizione, detta appunto K, quindi, se le circostanze lo consentono, si apre una porta virtuale nel tempo.-
Giuseppe rimase a bocca aperta per qualche istante ma poi il pensiero di sua moglie che non riusciva più vedere lo fece trasalire e disse:
-Scusami Luigi ma mia moglie, che non vedo più, sarà preoccupata ?-
-Non più di tanto.- rispose l’ing. Giura.
– Tu sei fuori dal tempo e ciò che stai vivendo ora, per quanto lungo ti possa sembrare, è per lei una frazione di secondo o giù di lì…. ma non vorrai che ti spieghi la teoria della relatività… dovresti ben conoscerla.-
Dicendo questo prese sottobraccio Giuseppe e lo portò in vicinanza delle catene del ponte.
Intanto Paolo aveva fatto amicizia con le guardie che gli consentivano di toccare la divisa, la sciabola ed anche il fucile.
Giuseppe lo chiamò a se perché non perdesse la descrizione delle tecniche di costruzione del ponte.
L’ingegner Giura con fare serio e piglio accademico iniziò la descrizione:
-Ho terminato il progetto di questo ponte nel 1826, un’opera ardita per quei tempi ed anche invidiata e criticata. S.A.R. Ferdinando II fu molto orgogliosa quando, all’inaugurazione del 1832 potè divulgare al mondo intero che il mio ponte non aveva niente da invidiare a quello inglese, anzi!-
L’ingegnere Giura guardò soddisfatto Giuseppe che lo interruppe con garbo.
-Scusami Luigi , tu intendi il ponte sul Menay Straits costruito nel 1824?-
Annuì.
-Ma quello ha una luce di 177 metri contro gli 80,4 del tuo!- Gli disse.
Luigi lo fulminò con lo sguardo e proseguì.
-Non confondiamo la luce totale con la luce sospesa, se osserviamo con attenzione il ponte inglese vediamo che la parte sospesa non è molto diversa da quella del mio, che è il primo ponte sospeso d’Italia e probabilmente per l’epoca il più lungo d’Europa per quanto ti ho già detto…. ma, con tutta franchezza, a me queste cose interessano relativamente, piuttosto…. l’aspetto tecnologico è molto più importante.-
Si soffermò pensieroso e poi proseguì.
-Andiamo per gradi, caro collega, andiamo per gradi…osserva la catena e gli elementi che la compongono.
Noterai che essa è costituita da due elementi fondamentali, la maglia ed il perno/bullone; vi sono poi altri due elementi che sono la maglia di appoggio alla colonna e la maglia di inversione vincolata agli ammarri (quelli sotto le sfingi).-
Luigi lo guardò come in attesa di una osservazione tecnica ma proseguì spedito senza dare il tempo di interloquire.
-Vedi caro Giuseppe, con questo artifizio ho potuto minimizzare i costi di produzione delle nostre acciaierie di Mongiana in Calabria e soprattutto quelli legati al trasporto degli elementi fino a qui.-
Giuseppe non resistette dal fermarlo per una precisazione urgentissima.
-Scusa Luigi ma tu in questo modo hai potuto montare la catena elemento per elemento già in opera!-
Luigi si profuse in un largo sorriso.
-Si è vero, con un pugno di operai ho potuto montare l’intera catena, una grande comodità e soprattutto facilità, ma non è questa la sola innovazione… la catena è doppia e continua per garantire maggiore sicurezza, i tiranti caricano alternativamente la parte superiore e quella inferiore al fine di smorzare le vibrazioni e non posso dirti altro, lo devi scoprire da solo.-
Si fermò con aria perplessa e quasi dispiaciuta.
– C’è una cosa che devo ancora chiederti Luigi. – Intervenne Giuseppe- Spiegami del disegno delle colonne e delle sfingi.-
L’ingegner Giura sì voltò e guardando la sua opera proseguì:
-La lunghezza delle catene è di 129, 5 metri, ma ricorda che sono doppie, l’impalcato è lungo 80, 4 m e largo 5, 5……… le colonne sono alte 7 metri e hanno un diametro massimo di 2, 5 mentre il disegno del capitello….. l’ho voluto riprendere dalle colonne del palazzo di Ammon-Rha a Karnak in Egitto, il famoso tempio di Ramsete III, e le sfingi che decorano gli ammarri hanno il viso della dea Mut… ma ti prego Giuseppe non insistere nel chiedermi altro, dovrai scoprirlo da te.
Si fermò pensieroso e poi proseguì:
-Avevo grandi progetti e S.A.R. Ferdinando II mi aveva già incaricato di studiare, a livello di ipotesi, di mero studio è beninteso, il ponte sullo stretto di Messina.
Ho ancora in mente le dimensioni di primo calcolo: altezza colonne 350/370 metri, diametro di 25/30 m……. –
Si fermò pensieroso e Giuseppe ne approfittò per interromperlo.
-Con la tecnica del cemento armato, per quanto riguarda pilastri e travature, credo che il ponte sullo stretto si sarebbe potuto realizzare tra il 1930 ed il 1940, ovviamente sfruttando la tua tecnica “modulare” che, credimi, è assolutamente all’avanguardia anche oggi!-
-Ti ringrazio caro collega.- Rispose Giura e proseguì…
-Ma qualcuno ha voluto distruggere tutta la copiosa ricerca da me condotta, e ciò che è peggio è stato impedito che fosse studiata dalle generazioni future…… un delitto contro l’umanità. –
Giuseppe pose la mano sulla sua spalla e disse:
– Quello che non capisco è perché tutto questo sia stato tenuto nascosto, quale può essere stata la ragione per non portare a conoscenza di intere generazioni di ingegneri questa opera così avanzata tecnologicamente? –
L’ing. Giura con sguardo triste aggiunse:
– Questa mia non è l’unica opera tenuta nascosta, molte altre sono state volutamente dimenticate. Il Regno delle Due Sicilie primeggiava in tanti settori…e ora è ridotto a….no non posso e non voglio dirti altro, le verità rivelate sono spesso non credute, devi scoprirle da te!-
Giuseppe stava per replicare ma fu interrotto bruscamente da Giura.
-Caro Giuseppe, caro Paolo, l’angolo azimutale del sole sta raggiungendo il valore critico, tra pochi secondi la sovrapposizione delle ombre portate delle colonne consentirà l’innesco dell’arco spazio-temporale, preparatevi ad uscire.-
I due ingegneri si abbracciarono fraternamente e Giura bisbigliò nell’orecchio di Giuseppe, come a svelare un segreto:
-Giuseppe, continua a cercare la verità, aiutaci ad uscire dall’oblio, non per noi…… ma per voi.-
-Te lo prometto Luigi, farò del mio meglio.-
Gli rispose Giuseppe, commosso ed a mezza voce.
Anche Paolo aveva salutato con calore le guardie del ponte e dato un bacio all’ingegner Giura.
Da lì a poco, come per incanto, si riformò l’arco luminoso e furono di nuovo nel nostro tempo.
Rossana vedendoli disse:
-Avete già finito di fare le fotografie? siete stati veramente veloci, allora possiamo ripartire.-
Giuseppe e Paolo si guardarono con uno sguardo d’intesa.
-Papà guarda cosa mi ha regalato la guardia !- Disse Paolo aprendo lentamente la mano e mettendo in mostra un luccicante bottone d’argento della divisa dei cacciatori dell’esercito DuoSiciliano, con un bel giglio in rilievo.-
Rossana lo guardò e disse:
-Bello, sembra nuovo, dove l’hai trovato?-
Intervenne Giuseppe facendo l’occhiolino a Paolo.
-Tu non ci crederai, gli è stato donato da una delle guardie del ponte.-
-Quali guardie ? Io non vedo nessuna guardia- Rispose meravigliata Rossana.
-Chissà dove l’avrete trovato, chi volete prendere in giro! Partiamo ora che il viaggio è lungo.-
Saliti in macchina lasciarono il ponte sulla sinistra , Giuseppe e Paolo si voltarono per osservarlo; sembrò loro di vedere ancora le guardie che stavano sull’attenti mentre l’ingegner Giura salutava a grandi gesti cui istintivamente loro risposero.
-Ma cosa fate?- Chiese Rossana.
-Niente, niente….. salutiamo il ponte.- Si affrettò a rispondere Giuseppe:
-Il ponte!?…..Ma siete sicuri di sentirvi bene?- Ribattè Rossana.
Bene, bene…..benone, anzi, benissimo!, le sorrise e immerse il suo sguardo nell’orizzonte con il cuore colmo di gioia.
Per lui, da quel giorno, cominciava una nuova vita.
Domenico Iannantuoni
fonte
È la ferrea legge dell’oblio dei popoli sottomessi. Il dohma è : se un popolo viene sconfitto è perché è più debole del vincitore. Purtroppo la forza della cultura cede il passo allo strapotere del conquistatore e non ha importanza il metodo corruttivo usato per domare una nazione molto più progredita ma non guerrafondaia!
Bello il racconto “Il Ponte sul Garigliano”, che e’ sempre una grande scoperta per chi non l’ha mai visitato, anche perche’ le strade oggi si fanno per alte velocita’ di mezzi e merci… ma io ricordo di aver trovato forse l’ultima copia di un tomo notevole nella libreria storica di Minturno alta, che credo oggi non esista piu’ …e vi lessi anche notizie di altri tentativi che non ebbero buon esito di attraversamento di fiumi in Europa, per cui quello realizzato ad opera dei Borbone Napoli, che contarono sul grande ingegno del Giura, puo’ veramente considerarsi un primato per l’epoca, inaugurato poi in pompa magna dalle carrozze del Re e suo seguito armato di tutto punto per dimostrare la bonta’ della scelta che aveva fatto… Regalai poi il libro a miei amici originari di Pantelleria ma poi dalla Tunisia, dove producevano vini, e rientrati forzisamente, si stabilirono a Latina… Il ponte e’ li a testimonianza di uno dei tanti importantissimi primati napolitani! caterina