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Il neoclassicismo: l’Arte Napoletana

Posted by on Dic 21, 2017

Il neoclassicismo: l’Arte Napoletana

Parlare della Napoli città culla dell’arte riporta alla mente la Napoli greca, la Napoli che sorse intorno alla tomba della semi dea Parthenope, quella antica, classica, eppure vi è un’altra Napoli storica, protagonista ancora dell’andamento artistico e culturale del mondo, una Napoli che non rinuncia  alla sua veste classica, ma si propone con un “classicismo moderno” che intrapresero istantaneamente gli artisti di tutta Europa sulla spinta Napoletana della ricerca della cultura e dei tesori della storia, che negli anni di fine XVIII secolo divenne noto come “neoclassicismo”.  

Il neoclassicismo fu un movimento culturale, in tutte le sue forme, che abbraccia un periodo che va dal 1750 al 1830 le linee guida artistiche e filosofiche presero esempio dai ritrovamenti Greci e Romani, soprattutto dagli scavi di Pompei ed Ercolano, faraonica impresa  voluta da  Carlo di Borbone Re di Napoli. Per un breve periodo le esplorazioni furono interrotte a causa degli scarsi ritrovamenti e ripresero nel 1754; nel 1763, grazie al ritrovamento di un’epigrafe, che parlava chiaramente della Res Publica Pompeianorum, si intuì che si trattava della antica città di Pompei. Con Maria Carolina, moglie di Ferdinando IV e l’ingegnere Francesco La Vega, parte della città, come la zona dei teatri, il tempio di Iside, il Foro Triangolare, diverse case e necropoli vennero riportate completamente alla luce e non più seppellite; fondamentale fu anche  il contributo dell’archeologo, storico dell’arte Johann Joachim Winckelmann, presente agli scavi e che diede enorme risonanza alla scoperta. Vennero aperti i primi scavi a Ercolano e a Pompei, e importanti siti archeologici del continente greco e delle isole vennero fatti oggetto di rilievi e pubblicazioni, ed anche questo accadde per la prima volta e ne fu Napoli protagonista. Questa esplosione di conoscenze relative all’arte e alla società classica andava di pari passo con autorevoli scritti teorici e storici e contribuì a un mutamento del gusto con la medesima forza degli stessi manufatti antichi.

In quegli anni  imperversava lo stile Rococò ,di imposizione stilistica  francese, contro il quale la generazione neoclassica reagì energicamente, respingendo la corrente  come frivola.

 Case, chiese, musei, banche e negozi vennero progettate per la gran parte in questo nuovo stile. E furono le forme di questo stile che Napoli esportò per applicarlo alle architetture e alle decorazioni di tutto il mondo. Teiere, fibbie e lampioni stradali furono i segni quotidiani della vasta influenza, sul gusto contemporaneo, del passato classico della Grecia e di Roma.  Il Neoclassicismo tenne il campo per circa ottanta anni, mentre le deboli alternative di stili medievaleggianti ed esotici facevano una timida comparsa o venivano assorbite nell’idioma classico. Il Neoclassicismo fu uno stile molto pervasivo, si diffuse in tutte le direzioni, da San Pietroburgo a Edimburgo, da Filadelfia a Sydney, penetrando a tutti i livelli della società , per i suoi tesori antichi e in quanto testimonianza di un mito. Il mito di della Grecia e di Roma  risorge con forza e attira a se il mondo intellettuale: ogni artista o persona colta doveva per forza farvi visita. Questo fenomeno è ampiamente documentato da racconti, diari di viaggio, disegni, stampe, ecc. Si cerca di accumulare più conoscenze possibili sull’antichità e tutto ciò che è antico diventa bello e importante.

Vista questa dimensione “di massa”, il rapporto con l’antico si apre su molti versanti, non solo artistici e culturali ma anche commerciali, : è il momento in cui diventa florido il commercio di “pezzi antichi” da parte di antiquari, ebanisti, intarsiatori, fonderie, ceramisti, architetti, un fermento stilistico e culturale che Napoli ancora una volta regala al mondo.

A questo si aggiunge la grande diffusione di immagini tramite stampe, specialmente incisioni su rame, che erano riproduzioni di disegni, abbozzi, appunti fatti dai viaggiatori o eseguiti a memoria durante il viaggio di ritorno. Queste stampe rappresentano le fonti principali da cui gli artisti traggono ispirazione per le opere, insomma TUTTI AL LAVORO !

Da queste immagini, in cui le opere viste o ricordate vengono interpretate e trasformate derivano i principali elementi dello stile neoclassico:

 

– contorni netti ed essenziali

– linea continua e chiusa

– astrazione

– purezza di forme e semplicità

– funzionalità e chiarezza espressiva

– netta distinzione figura/sfondo

– pochi colori

– isolamento degli elementi

– composizioni semplici, geometriche, simmetriche

                                     

REALE FABBRICA FERDINANDEA

Con la maggiore età di Ferdinando IV  il giovane re potè iniziare a prendere delle iniziative autonome sottraendosi al pesante controllo che il padre esercitava dalla Spagna attraverso il suo fidatissimo ministro Bernardo Tanucci che quotidianamente lo informava epistolarmente dei più minuti avvenimenti napoletani. Tra le prime decisioni autonome di Ferdinando vi fu però l’apertura di una nuova fabbrica di porcellana, i cui esperimenti iniziali vennero addirittura condotti in un ufficio in gran segreto all’insaputa del ministro Tanucci proprio per evitare che dalla Spagna giungesse un veto prima che si fossero ottenuti dei risultati. Soltanto nel 1773 quando si erano già risolti sia i problemi tecnici che quelli diplomatici con Carlo, la nuova fabbrica venne spostata a Napoli e iniziò la sua effettiva produzione.


I soggetti delle plastiche, quasi tutti eseguiti secondo la moda del tempo nate per comporre i dessert da centro-tavola, venivano eseguiti dallo scultore Filippo Tagliolini e da quello scelto gruppo di artisti che si erano formati alle dipendenze di Celebrano nello stesso stile dei servizi di piatti ai quali dovevano accompagnarsi. Abbiamo così tutto l’ampio campionario costituito dai reperti di Pompei e della raccolta Farnese utilizzato per figure in biscuit da abbinarsi ai servizi ispirati all’antico, e una colorita e vivace rappresentanza di contadini e di uomini e donne del napoletano destinati ai servizi con le Vestiture dei Regno e a quelli con vedute. Una particolare menzione merita il “dessert del Real Passeggi che Filippo Tagliolini eseguì tra il 1795 e il 1800 per completare il “Servizio delle vedute Napoletane” – più noto come servizio dell’Oca quindi destinato alla tavola dello stesso Ferdinando IV Il successo incontrato dal repertorio figurativo individuato da Venuti fu enorme anche perchè rappresentava il perfetto “souvenir” che il turista colto del “Grand Tour” amava portare con sè rientrando in patria.

Sulla spinta sorsero decine di fabbriche di porcellana e maioliche (Mollica, Mosca, Cacciapuoti, quella dei fratelli Giustiniani che produssero meravigliosi rivestimenti  che vestivano letteralmente con pavimenti e rivestimenti le meravigliose ville  vesuviane del tempo che venivano costruite o restaurate in stile neoclassico) ,così come anche le fonderie, un intero indotto commerciale in fermento, dall’edilizia all’artigianato, alla ricerca del bello e della pulizia delle forme, concetto che si estese ovviamente anche alla letteratura.

Al centro di Largo di Palazzo (Piazza del Plebiscito), simmetricamente disposte, vi sono le statue equestri di Carlo di Borbone e Ferdinando IV di Borbone, anche se l’assenza di scritte e lapidi sembra volerle lasciare nell’anonimato. La statua di Ferdinando è opera del Canova ed il bellissimo cavallo ha tutte le caratteristiche della razza Persano, oggi praticamente scomparsa. La scultura raffigurante Carlo è del Calì ed il cavallo del Canova. Le due statue si salvarono dalle devastazioni garibaldine del settembre 1860 solo perché al cappellano dei garibaldini, padre Gavazzi, venne l’idea di mettervi su Vittorio Emanuele e il dittatore Garibaldi! Fortunatamente, i due personaggi risorgimentali optarono poi per statue più vistose, che furono sistemate rispettivamente a Piazza Municipio e a Piazza Garibaldi. Sicché i monumenti equestri di Carlo e Ferdinando rimasero al loro posto ed ancora oggi le possiamo ammirare nella loro purezza neoclassica.

 

Giovanni Precenzano

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