Il Palazzo di Federico II ricostruito dall’intelligenza artificiale
Gli algoritmi non possono ricostruire il passato ormai perduto, però possono essere un eccellente strumento per ravvivarne la memoria.
L’intelligenza artificiale può diventare un’opportunità di comprensione della storia, capace di riportare alla luce frammenti perduti e regalarci almeno un’idea di ciò che non possiamo più vedere.
È però necessaria una puntualizzazione: non restituisce copie fedeli. Il risultato è sempre una ricostruzione verosimile, un’ipotesi di come poteva essere un palazzo demolito, una statua scomparsa o un affresco scolorito. Ma è proprio in questo spazio immaginativo che l’IA diventa affascinante: non sostituisce la ricerca storica, ma la accompagna, offrendo nuove possibilità di conoscenza e stimolando la curiosità.
L’iniziativa che da oggi proponiamo ad amici e lettori di Lettere Meridiane è del tutto sperimentale. Utilizzeremo l’intelligenza artificiale (in particolare Nano Banana, lo strumento grafico di generazione creativa di Gemini) per cercare di ricostruire alcune importanti tracce del passato e della storia di Foggia e della Capitanata.
L’iniziativa non ha alcuna pretesa scientifica. I fine è dichiaratamente e semplicemente divulgativo: ricercare e ritrovare la bellezza perduta di una città e di un territorio che, nel corso dei secoli, hanno conosciuto guerre, terremoti e saccheggi, che hanno quasi del tutto cancellato le impronte della loro storia.
E se parliamo di bellezza perduta, a Foggia il pensiero corre subito al Palazzo Imperiale di Federico II: una reggia grandiosa, voluta dall’imperatore e affidata allo scultore Bartolomeo da Foggia. Di quella meraviglia restano oggi soltanto l’epigrafe e il portale d’ingresso, sparuti ricordi di quello che dovette essere un vero e proprio sogno di pietra. Con gli strumenti dell’intelligenza artificiale, ma anche con tanto lavoro manuale, abbiamo provato a immaginarla di nuovo, partendo dalla più antica immagine a nostra disposizione: la celebre mappa dell’Angelica.
Il documento è prezioso, non solo perché ci mostra com’era il palatium tra il 1583 e il 1584, ma anche perché lo colloca nel contesto urbano. Non possiamo affermare con certezza che quanto raffigurato dall’anonimo autore della mappa coincidesse perfettamente con il progetto originale di Bartolomeo da Foggia. È possibile che vi fossero già stati rimaneggiamenti o crolli nei secoli intercorsi dalla sua realizzazione al disegno della mappa.
La costruzione risale al periodo compreso tra il 1223 e il 1240, dunque tre secoli e mezzo prima della mappa dell’Angelica. Però sappiamo anche che, dopo la morte di Federico II, il palatium continuò a svolgere funzioni militari e di rappresentanza significative, sia con gli Svevi che con gli Angioini.
Possiamo quindi ritenere che l’immagine dell’Angelica sia attendibile, se non altro per svelarci com’era la Reggia, o quanto ne rimaneva, prima che il terremoto del 1731 la radesse al suolo.


Il disegnatore dell’Angelica mostra la città da Mezzogiorno. «Porta grande» si trova sulla destra, mentre la Reggia sorge a non molta distanza. L’immagine, estratta da Google Earth, mostra l’attuale abitato dallo stesso punto di vista della mappa, con la posizione del palazzo rappresentato dalla sua parte posteriore. Davanti si apriva, secondo la legenda, piazza Pescaria.
Osservando i disegni ottocenteschi, che collocavano l’arco nell’attuale via Pescheria, si ha l’impressione che quella fosse la sua sede originaria. Tuttavia, come mostra la mappa dell’Angelica, l’arco non immetteva direttamente nel palazzo, ma conduceva alla corte.

E veniamo alla rielaborazione dell’immagine attraverso l’intelligenza artificiale. Quella che vedete qui sopra mostra il Palazzo nella prospettiva della mappa, ovvero dalla parte posteriore. La riproduzione, corretta a mano con un programma di grafica, è abbastanza verosimile. Il contesto ricalca invece solo approssimativamente quello della mappa.
Ma com’era il palazzo visto di fronte, con l’arco e l’iscrizione che l’adornavano, e che sono per fortuna giunti fino a noi? Per giungere alla ricostruzione, il processo è stato più laborioso. È stato necessario prima invertire il prospetto, ottenendo l’immagine speculare. Ho quindi sovrapposto l’immagine fotografica dell’arco. Con sorpresa, la curvatura della fotografia risulta perfettamente coerente con il disegno della mappa, segno che il disegnatore ha creato una rappresentazione fedele all’originale.
È stata quindi la volta ‘iscrizione non poteva essere nella posizione attuale, né in quella mostrata dai disegni ottocenteschi (sotto l’arco), perché oggi è murata. All’epoca, invece, assolveva alla funzione di varco d’accesso. Verosimilmente, l’epigrafe venne collocata sul muro esterno del palazzo, al centro o in prossimità dell’arco stesso.

Naturalmente, la ricostruzione della facciata del palazzo «ruotato» è del tutto opinabile, in quanto non viene mostrata nella mappa, e non possiamo sapere se vi fossero porte, finestre, o altri elementi.
Se l’esperimento vi è piaciuto, continuate a seguire Lettere Meridiane. Nei prossimi giorni vi mostrerò altre ricostruzioni, per provare insieme a ridare un volto a una Foggia che non c’è più, ma che vale la pena ricordare.
Geppe Inserra
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