Il Prete Gianni signore d’Etiopia di Alessandro Fumia
Il Prete Gianni signore d’Etiopia voleva assetare l’Egitto (1435 – 1438) deviando il Nilo verso il Mar Rosso
Dalle cronache storiche che hanno riguardato Pietro Rombulo ritornano tanti episodi. Al tempo in cui i sovrani etiopi cercavano di tutelare i luoghi di culto cristiani, in Etiopia e in Egitto, si ricordano altrettanti aneddoti, come per esempio la salvaguardia delle popolazioni dei cristiani di cintura presenti in Palestina, dipendere dalla chiesa madre di Santa Maria la Latina con sede a Messina, e i cristiani copti in massima parte dimoranti nelle vicinanze di Alessandria d’Egitto, dove risiedeva il relativo patriarca. Un episodio in modo particolare aveva destato l’interesse dei cronisti del Cinquecento. Al tempo dell’imperatore etiope Zara Yacob, servito da Pietro Rombulo in particolari missioni in giro per il mondo, scoppierà una querela con l’emiro mamelucco, che non rispettava le comunità cristiane presenti nel suo territorio, e molestava tutte quelle altre comunità di confessione cattolica presenti anche in Palestina e a Gerusalemme. Queste frizioni con il passare degli anni si moltiplicarono. Alle continue ingerenze dei sovrani etiopi contro la politica sociale dei mamelucchi per questioni religiose, fra il 1435 e il 1438 scoppia una controversia che ha rischiato di degenerare con conseguenze disastrose per l’Egitto. Zara Yacob convintosi che fosse il suo dovere intervenire contro l’usbergo islamico delle popolazioni delle valli del Nilo, sviluppa il progetto di deviare dal suo letto il grande fiume africano. A tale scopo in una regione sul confine fras il suo regno e il Sudan incomincia a scavare un canale artificiale (opera ritrovata in una campagna di scavo lo scorso secolo, che mostra quell’impianto); una missione archeologica che dimostra l’intenzione di riversare quelle acque nel Mar Rosso. A speculazione di quel progetto un ingegnere reale sperimenta un principio rivoluzionario per i tempi, e punta a costruire delle parapie mobili (sullo stesso motivo del MOSE di Venezia), fornendo di catene e travature di legno, proprio per creare uno sbarramento artificiale, necessario a deviare il Nilo, presso il tragitto che dai grandi laghi degli altipiani, il fiume costituisce il bacino del Nilo Azzurro. Questo episodio ritrovato nelle cronache che raccontano le imprese del navigatore messinese, è posto a corredo delle notizie che riguardano le esperienze del più grande esploratore italiano di tutti i tempi; servendoci anche dei disegni che mostrano quella ingegnosa opera, riperscandoli da un manoscritto cinquecentesco rilanciandoli, insieme ad altre trecento tavole a colori inserite nell’opera. Le avventure di questo scapestrato personaggio di Messina del XV secolo rappresentano una delle migliori novità editoriali, in grado di raccontare il continente africano come mai in passato è stato fatto.