Il razzismo è una malattia del pensiero moderno
Che cos’è il razzismo? Basta una superficiale lettura di un vocabolario per rendersi conto che l’idea della superiorità di una razza sulle altre è un’idea che nasce con la modernità, quando si spezza la convinzione penetrata nella cultura europea con il cristianesimo che ogni uomo è stato creato a immagine e somiglianza di Dio e quindi porta in sé diritti originari, che devono solo essergli riconosciuti e tutelati.
Il razzismo divenne una componente fondamentale del nazionalsocialismo, ma smise di avere una importanza sociale importante dopo la sconfitta del regime di Hitler. Oggi non esiste un pericolo razzista in Italia e in generale in Europa. Esistono degli “scappati di casa” che si richiamano al nazismo e in qualche modo possono essere definiti razzisti, ma li si possono trovare soltanto negli stadi pronti a fischiare i giocatori di colore e in pochi altri luoghi significativi.
Attenzione però perché il fenomeno potrebbe complicarsi. Il tentativo di una sinistra disperata e senza ormai legami con la popolazione è quello di identificare per razzisti tutti coloro che difendono una identità che hanno ricevuto dalla storia e dalla cultura, oggettivamente minacciata da una ideologia relativista che vuole cancellare ogni differenza. Le identità dei diversi popoli sono una eredità preziosa, che va coltivata e salvaguardata perché ciascun popolo porta nel mondo una peculiarità preziosa e insostituibile. Come le persone anche i popoli sono diversi e irripetibili, cosa che il pensiero moderno non accetta come dimostrano la mentalità abortista e il disprezzo per le singole patrie. I Pontefici, in particolare san Giovanni Paolo II e Papa Francesco, hanno spesso valorizzato le specificità custodite e trasmesse dai diversi popoli come un tesoro prezioso da custodire e soprattutto da trasmettere alle future generazioni.
Un tentativo analogo venne effettuato negli Anni Settanta con il fascismo. Fascisti venivano giudicati tutti coloro che si opponevano nelle scuole, università e in genere nella società alla violenza dei movimenti extraparlamentari, tollerata dalle istituzioni per paura e per sudditanza ideologica. Ma la “maggioranza silenziosa” non era assolutamente fascista, anche se alcuni “scappati di casa” la frequentavano sebbene venissero tenuti a debita distanza.
Oggi il tentativo si ripete. Servendosi di giornalisti e intellettuali, e purtroppo anche di “religiosi” animati da velleità ideologiche, le varie sinistre cercano di creare un clima di odio fondato sul pericolo razzista, del quale la gente normale neppure si avvede. Si tratta allora di creare un unico fronte, nel quale inserire chi apprezza e vuole coltivare e difendere le identità popolari, servirsi poi di alcuni episodi di intolleranza verso i “diversi”, che se non ci sono vanno inventati, e quindi scatenare qualcosa che assomigli alla vecchia lotta di classe.
In questo clima bisogna essere molto attenti e prudenti. Molti giovani divennero fascisti solo per reazione, senza nulla capire del fascismo, che era un fenomeno rivoluzionario e di sinistra, come insegnò Renzo De Felice, che studiò veramente il fenomeno e per questo venne “massacrato” dagli intellettuali e giornalisti di cui sopra. Il razzismo è qualcosa forse di ancora più odioso e bisogna saperlo individuare se cercasse di annidarsi nelle file di chi ama la propria identità e non vuole rinunciarvi.
In fondo si tratta di amare, se questa parola venisse intesa nel significato originario e autentico di volere il bene del prossimo e insieme di se stessi. Volersi bene non vuol dire disprezzare gli altri, ma volere il bene di tutti, estendendo questo amore, coinvolgendo e integrando, insomma il contrario del razzismo. Ma ogni amore autentico è ordinato, prevede delle regole e consiste nei fatti più che nelle parole.
Questo significa essere cristiani, seguire la Chiesa che questo insegna.
Marco Invernizzi
fonte
https://alleanzacattolica.org/il-razzismo-e-una-malattia-del-pensiero-moderno/