Il Regno delle due Sicilie era uno stato canaglia? “La negazione di Dio eretta a sistema di governo”. (Parte 5)
L’opera di corruzione descritta, però, difficilmente avrebbe potuto, da sola, far crollare il Regno delle Due Sicilie. Quando la corruzione raggiunge anche la guardia scelta del sovrano, non c’era più scampo per la monarchia governante.
Alessandro Nunziante suggerirà al sovrano Francesco II il congedo dei soldati svizzeri. Questa decisione lascerà Napoli sguarnita all’arrivo del nemico. Ovviamente, ritroveremo Nunziante tra i piemontesi. Cruciale fu anche il tentativo di assassinare Salvatore Maniscalco, il capo della polizia borbonica a Palermo, accoltellato sugli scalini della cattedrale. Siniscalco era l’uomo giusto al posto giusto: aveva informatori in tutta la città, sempre al corrente di ogni crimine commesso in città, avrebbe facilmente scoperto in anticipo i tentativi di corruzione nell’esercito. Le ferite lo costrinsero a dodici mesi di convalescenza.
Ma non fu solo quello di Maniscalco l’unico tentativo di omicidio, quello più eclatante era stato compiuto tre anni prima ai danni di Ferdinando II, durante una parata militare a Capodichino nei pressi dell’attuale Aeroporto, una volta chiamato Campo di Marte. Contro di lui si scagliò Agesilao Milano, un soldato regio, che si defilò dalla marcia e scagliandosi contro Ferdinando II lo colpì con la baionetta. Ferdinando II avrebbe perdonato Milano, tanto che, durante la medicazione della ferita, avrebbe criticato il medico che aveva definito “infame” l’attentatore: «non si deve dir male del prossimo; io ti ho chiamato per osservare la ferita e non per giudicare il misfatto; Iddio lo ha giudicato, io l’ho perdonato. E basta così». Se Ferdinando aveva perdonato Milano, perché farlo giustiziare con tanta fretta? Il Milano avrebbe confessato per evitare la pena capitale ed era pronto a fare i nomi. Meglio quindi giustiziarlo subito. Le accuse ricadranno su Cavour, che negherà di essere il mandante del tentato regicidio, ma guarda caso, istituirà un fondo per la famiglia, che sarà confermato dal dittatore Garibaldi a Napoli. Casi come quelli di Agesilao Milano e Salvatore Maniscalco non accaddero solo nelle Due Sicilie. Le rapine di Garibaldi ai danni del Regio Banco di Sicilia, sono analoghe a quelle di Curletti a Firenze, Parma, Modena e in altre città. I furti di Garibaldi provocarono non pochi danni al Banco delle Due Sicilie, che si ritrovò quasi privo di riserve auree o argentee.
La situazione si aggravata con le decisioni del neonato governo unitario. Un esempio di capitalismo camuffato da rapina, che rispondeva ad un piano di spoliazione e spartizione progettato nei minimi dettagli. “I napolitani non dovranno essere mai più in grado di intraprendere”, scrisse Bombrini che nel frattempo fu nominato Governatore della neonata Banca Nazionale del Regno d’Italia. Con dei contratti agevolati proprio dal Bombrini, attraverso una cordata di banche riuscirà ad ottenere almeno tredici concessioni ferroviarie. Un’operazione questa per il suo amico Cavour azionista della Società Anonima Molini Anglo-Americani, che favoriva l’esportazione del grano tramite via ferrata. Un conflitto d’interessi notevole, che si aggiunge al suo comportamento durante la crisi granaria del 1853. Mentre l’autarchia borbonica impediva l’esportazione di grano per assicurare il cibo a tutti i cittadini, il Piemonte liberista la favoriva apertamente, mettendo il profitto del primo ministro davanti al sostentamento del popolo. “Ai napoletani non rimarranno nemmeno gli occhi per piangere”, furono le ultime parole di Francesco II. Profetiche o forse consapevoli di quanto sarebbe accaduto al suo regno.
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Il Regno delle due Sicilie era uno stato canaglia? (lidentitario.com)