Il regno di Francesco I Borbone, tra sviluppo e ingiurie settarie
Lo storico Pietro C.Ulloa (1802-1878), Presidente dell’ultimo Consiglio dei ministri nel regno delle Due Sicilie e studioso degli avvenimenti di detta sua patria, compose un saggio sulla regnanza di Francesco I Borbone (1777-1830) nell’opera intitolata “Delle Rivoluzioni del Regno di Napoli” (vol.II,Napoli 1872).
Lo studio esaminò in modo obiettivo gli aspetti di sviluppo e di crescita apportati al paese da tale sovrano, nonché le criticità evidenziate dalle fronde settarie liberiste, postume all’epoca giacobino-napoleonica. Il principe Francesco, formatosi nelle “lettere latine dall’Ignarra, scienze dal Poli”, mostrò interesse verso lo studio dei classici e della botanica, allorquando la cultura salottiera preferiva i trattati filosofici e scientifici degli intellettuali “illuminati”.Sposatosi prima con l’arciduchessa d’Austria, Maria Clementina (morta nel 1801), poi con la cugina Maria Isabella Borbone Spagna, salì al trono all’età di 48 anni a seguito della scomparsa del padre, re Ferdinando I (1825), superati i turbolenti eventi rivoluzionari e l’occupazione francese. Apertosi ai “costituzionalisti” negli anni della reggenza siciliana (1812), il principe Francesco condivise le peculiarità dei dettami della restaurazione del congresso di Vienna, per i quali “risorgea l’amor di patria e si credea alla gloria,al dovere del sacrificio”. Francesco di Borbone, tra l’altro, per la sua “fervente religiosità,carità e bontà dell’animo” era conosciuto come “Principe Pio” e mantenne un comportamento non severo tra i suoi soldati del reggimento Re, quando vi fu colonnello. Per questa sua bontà d’animo, la Carboneria, che aveva ripreso ad attentare alla corona con i moti del 1820, cercò un suo coinvolgimento per ricavarne sostegno. Pertanto,l’ascesa al trono di re Francesco I fu accolta con entusiasmo dai sudditi, che auspicarono l’inizio di un “governo pacifico e paterno”, tale da essere ben voluto anche da Papa Leone XII.Il regno si aprì, da subito, a riforme e iniziative di sviluppo.Nei primi Consigli dei ministri (con Luigi de Medici,Donato Tommasi,Nicola Intonti) furono deliberate, con avallo del sovrano, la riorganizzazione del Real Esercito (nuovo ordinamento dei corpi della Guardia, del reggimento Svizzeri, dei due reggimenti volontari Siciliani,della guardia urbana,del battaglione dei cacciatori in aggiunta ai reggimenti di ordinanza), con a capo, prima, il fratello Leopoldo principe di Salerno, poi suo figlio, Ferdinando, duca di Calabria (1827). Fu riformata l’amministrazione della giustizia con un risparmio di costi gestionali(1825:chiusura delle corti criminali di Trani,Aquila,Catanzaro) e di detenzione(amnistia ai disertori, traditori e ai condannati a pene lievi), nonché rinnovata la categoria dei giudici(con intensa formazione e due anni di praticantato nei collegi giudiziari).Altre delibere riguardarono il rinnovo della “Cassa di ammortizzamento”, il demanio pubblico (legge forestale sulla regolamentazione del taglio dei boschi, legge sull’utilizzo ed economia delle acque,tra cui il progetto di prosciugamento del lago Fucino), il miglioramento della “Direzione dei Ponti e Strade”(legge di progettazione e miglioria della viabilità), l’istituzione dei Majoraschi nell’ambito del diritto feudale, l’amministrazione regolamentata dei “Monti frumentari”, l’amministrazione dei dazi ed il sistema fiscale interno (dazi gravarono sul commercio di beni importati ,tra cui i libri stranieri,dazi sul consumo e sul macinato). Quest’ultima amministrazione fiscale, che non fu inasprita ma cercò nuove fonti di raccolta (la ritenuta sugli stipendi di ogni lavorante, l’avvio del gioco del Lotto), fu strutturata per garantire un equilibrato gettito, necessario alle casse del regno e suo indebitamento.La politica autarchica dei dazi, inoltre, servì ad incentivare le attività imprenditoriali locali, verso le quali il governo borbonico fu costante sostenitore con leggi “a pro delle Industrie”(cartiere, manifatture,opifici etc). Altrettanta attenzione fu riposta nell’agricoltura e sue attività collaterali, che il re volle aiutare, come nel caso delle “buone norme alla pastorizia in Puglia”.Lo sviluppo dell’attività economica privata fu, quindi, una priorità di questa monarchia, tant’è che re Francesco fece istituire un altro ordine cavalleresco, detto di “Francesco I”, per premiare quei sudditi della società civile, operosi e “dediti a mercature e industrie”. Sempre secondo la testimonianza raccolta dall’Ulloa nel suo scritto, il suddetto sovrano si interessò del recupero e conservazione del patrimonio archeologico del regno, per cui vi fu la salvaguardia dei templi di Pesto, l’ampliamento degli scavi di Ercolano e le riparazioni dell’anfiteatro campano.Lo stesso fece istituire, poi, cattedre in Messina ed a Napoli, “sotto la direzione de’Gesuiti”, sullo studio dei papiri ercolanensi.Re Francesco fu, comunque, solerte sostenitore di tutto il settore culturale, per il quale varie furono le leggi di sostegno (nuovi statuti per l’Accademia Pontaniana che incorporò quella di Sebezia, la scuola pubblica per le arti meccaniche, premi ad artisti e letterati, la riorganizzazione dell’Archivio Generale del regno, riunito nel 1826 a quello di Napoli). Tale interesse fu condiviso dalla consorte regina Isabella, che volle occuparsi del “patrimonio e la vigilanza” di due educandati in Napoli per fanciulle nobili e civili, a cui fu dato il suo stesso nome.Sul fronte politico,invece, il regno di Francesco, già conoscitore delle idee rivoluzionarie, non intese abbassare la guardia e vigilò con autorità verso ogni presunto focolaio di ribellione, nonché seguì attentamente gli eventi tumultuosi negli altri paesi (Grecia, Francia). Fu,pertanto, rafforzato il sistema di vigilanza poliziesco, sotto il comando del temuto ministro Intonti (con il Peccheneda Direttore di Polizia),che consentì l’arresto di vari sospetti,poi liberati.Non fu mai concessa amnistia per reati politici e si inasprirono le condanne per la detenzione illecita delle armi e per “le ingiurie e violenze a’militari in sentinella”. Ciò nonostante, scoppiò un tumulto nel Cilento, capeggiato dal canonico De Luca (1828).Gli arresti dei promotori e sostenitori si conclusero anche con sentenze capitolari, provocando reazione di sdegno da parte dei liberali, pronti a diffamare le insegne sovrane della propria nazione.Analoga propaganda anti-governativa, per la quale “dicean artefice di crudeltà in casa, di vergogne al di fuori”,seguì alla spedizione militare di Tripoli per il non rispetto del trattato di sorveglianza sulle “incursioni barbaresche” verso i traffici commerciali nel Mediterraneo da parte del sultano Bey. Si accusò la squadra navale napoletana di inutile carneficina, quando non vi fu alcuna strage, e di offesa all’onore nazionale per l’immediato rientro nel regno.Nei salotti filo-liberali e nelle corti estere si diffuse, così, un’opinione denigratoria, fatta di “occulte ingiurie”, verso il governo borbonico,che cercò sempre il silenzio anche quando la coppia dei reali fu protagonista di un pericoloso incidente ( nel 1828 caddero nelle acque dei bagni dell’Arsenale della Reggia).
Re Francesco,seppur colpito da detta cattiva fama settaria, riuscì a concludere strategici matrimoni della propria figliolanza con vari sovrani d’Europa (Maria Cristina con re Ferdinando VII di Spagna, Carolina Ferdinanda con Carlo duca di Berry,Maria Antonietta con Leopoldo II granduca di Toscana) e rientrato da un lungo viaggio nelle varie corti (Roma,Toscana,Francia,Spagna) si spense a 53 anni (1830), dopo solo sei anni di regno.Sul letto di morte pronunciò ai figli queste parole che “imparassero come si muore da cristiano” e sospirò esclamando il suo ultimo pensiero sentimentale: “Oh Napoli”.
Ettore d’Alessandro di Pescolanciano