Il saccheggio di Piedimonte d’Alife nel 1799 (III)
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Si descrivono questi francesi negli abiti, ne’ modi, nel corpo, e in altro
Ci aveva dato un’idea della truppa francese un novellista cesenate, ma non sempre si poteva credere alla dipintura [al quadro] che ne faceva. Tuttavia quando, con gli occhi propri, vedemmo quel distaccamento di gente che venne qui, la fede [la fiducia accordata allo scrittore di Cesena] diventò evidenza.
In fuor [all’infuori] di qualche nano, il restante dei francesi era tutta gente procera [alta] e robusta, ma smunta, debole per la fame, lacera, perché senza abiti, scalza, perché non aveva scarpe né calze, e pochi avevano l’uniforme; il restante era coperto di cenci, e ne vedi due, con uno straccio di manta [coperta] vecchia di lana indosso, come due mendichi.
Avevano un guardo torvo, ed infedele, perché o bieco, o a terra fitto.
Non saprei dire se la prevenzione per la fama precorsa, o perché tali fossero stati, ispiravano il terrore, che sogliono incutere li ladroni nelle campagne a’ passeggeri.
Facevano la mira ai nostri cappotti, agli oriuoli [orologi], ed alle fibbie di argento.
Con la gente che li [gli] si accostava, [i francesi] volevano a forza che avesse capito il di loro linguaggio, benché [costoro] avessero ben parlato l’italiano, poichè, -per quel che da loro stessi ne appurai in casa [mia]- era gente che stava in Italia da circa tre anni indietro, o erano cisalpini assoldati da’ francesi, poiché questa colonna contava pochi francesi, ma [tra i ranghi] vi erano polacchi, ebrei, cisalpini e regnicoli, che tutti passavano presso noi per francesi perché tutti parlavano il francese.
Quel ch’è da notarsi, è che li soldati minuti subito si associarono colla gente più sospetta, poltrona e scellerata del paese, che presero forse per guida al fine- che si avevano prefisso- di saccheggiare questa città, di sfamarvisi, e di sfogarvisi, come nel paese di Cuccagna.
Conviene però dire il vero, e si è che fra tanta feccia dell’umanità, vi erano degli [individui] buoni ed umani, essendo io testimone degli uni e degli altri di loro andamenti. Immediatamente che giunse nel nostro Mercato [in piazza Mercato], questo distaccamento si sdraiò per terra, e si scorgeva assai bene esser non già della generosa nazione francese, ma ben assortito della feccia del sanculottismo francese, italiano, polacco ed ebreo.
Poiché ne’ modi e nelle maniere imperiose e superbe- colle quali cominciarono a domandar dai mercadanti [mercanti] [panni] per vestirsi, e del vino per ubriacarsi- si scorgeva che [i francesi] il tutto volevano per violenza e non per prezzo, come avevano spacciato, in nulla corrispondendo all’energico proclama preceduto [che li aveva preceduti], con cui si prometteva ai popoli “Libertà, Uguaglianza e Fraternità”, difesa di religione, onore, vita e proprietà.
Essi [i francesi] non portavano [con loro] cassa militare né provvigioni, onde conveniva che ne fossero provveduti da’ popoli presso de’ quali si trattenevano; tanto più che le Armate francesi avevano preso il nome di liberatrici e rigeneratrici dell’umanità, gemente sotto il giogo de’ Re della Terra, [cosa] di che si pregiavano colle parole seducentissime, comeché [sebbene] il fatto dimostrasse che meritavano il nome di desolatrici.
a cura di Armando Pepe
fonte
http://www.storiadellacampania.it/il-saccheggio-di-piedimonte-nel-1799#toc1