IL SOLDATO ITALIANO—GIORNALE MILITARE Pag. 188
NOSTRE CORRISPONDENZE…Cerato (Terra di Bari) 10 dicembre.
Anno 1° – 17 Dicembre 1863. – N. 12
Crocco, Ninco-Nanco e Ciuceiariello sono oggi le maggiori celebrità, le più illustri notabilità brigantesche della nostra provincia. Costoro, a guisa di meteore, guizzano per ogni senso, si mostrano sulle Murgie, poi scompaiono ad un tratto, ed il giorno appresso ricompariscono o al Garagnone o all’Ofanto. E la truppa che incessantemente s’affatica dietro ad essi, si riduce a correr dietro alla fata Morgana, rimane disorientata da tanta rapidità di mosse; si prostra di lassezza, ed il maggior bene che n’abbia gli è quello di poterli vedere da lontano, scambiar talvolta qualche fucilata, raramente combatterli. E Crocco, il più astuto ed il più scaltro brigante della sua razza, — creatura di Ciccillo, del papa e del demonio — s’affianca di questa triade, ride dei nostri sforzi e dice di noi: quei f… di Piemontesi. Ultimamente egli passava la giornata in una masseria distante un par di miglia da Minervino. Saputosi ciò dal signor maggiore della 9° fan I. (4° batt.) egli diede tosto ordine che una compagnia muovesse a quella volta. Ma siccome il generale Crocco è un’autorità costituita agli occhi di molti, egli non tardava ad esserne tosto avvisato dalla sua polizia, la quale ha propaggine dappertutto, assai meglio di ciò che non abbia quella del governo. E voltosi al padrone della masseria, che gli stava a lato, l’interrogò qual truppa stesse a Minervino. — Fanteria, costui rispose; al che Crocco, volgendosi a’ suoi e facendo quel noto gesto napoletano, (che consiste nello sfiorare la parte inferiore del mento colle punte delle dita, il dorso della mano in fuori). Non ve ne incaricate, disse. E non si mosse; e allora solo che seppe la truppa ornai vicina, diè l’ordine di salire in sella. Poi con tutta pacatezza incominciò a ritirarsi, mentre questa era giù in vista e distante appena poco più d’un trarre di palla. I briganti allora incominciarono tosto il fuoco, a cui da taluno dei nostri appena si rispose, perciocché, come dissi, non si fosse ancora a tiro. Ed i briganti marciando sempre in ritirata, a misura che acquistavano maggior distanza dalla truppa, quasi per schernirla, si fermavano, faceano fronte, ed in tale attitudine aspettavano che dessa si fosse di nuovo avvicinata; quindi al piccolo trotto retrocedevano di nuovo; ei è evidente che con questa manovra continuata, che è quella che usano quasi sempre i briganti, la truppa, dopo averli inseguiti peraltro cinque miglia, vinta dalla fatica e dalla lunga corsa, dovette necessariamente sostare. E ciò è naturale; imperocché la guerra che noi facciamo ai briganti non è ad eguali condizioni. Infatti che mai può fare la fanteria contro bande a cavallo? L’esperienza Io ha sufficientemente dimostrato. Poniamo, prima di tutto, che la tattica invariabile dei briganti è quella di non mai attaccare la truppa se non quando essi si trovano in circostanze cosi evidentemente vantaggiose, da poter essere certi della vittoria e di più, sicuri di non correre pericolo di sorta. In tutti gli altri casi, essi rifiutano sempre il combattimento, ed appena veduta la truppa si danno alla fuga. Ciò vi diranno le cronache giornaliere, ciò vedrete ripetuto su tutti i giornali. Prendete un foglio in mano e leggetevi i fatti di brigantaggio: voi osserverete, nella generalità dei casi, che le lunghe perlustrazioni, le fatiche durate, le notti passate agli agguati, le marce disastrose, i disagi d’ogni genere, hanno quasi sempre per risultato di avere posto in fuga i briganti. Ma i fatti d’armi? Ritenete per positivo che ogniqualvolta succede un fatto d’importanza, ciò deve quasi sempre attribuirsi al caso, più che a qualsiasi operazione strategica; ma che la truppa si affanni, s’affatichi, si rovini, abbandonata ai propri mezzi, essa riuscirà sempre a sterilì risultati. Questa è la storia di tre anni. La cavalleria, egli è certo, ha il vantaggio sopra di noi di combattere i briganti sotto migliori condizioni. Ma oltreché essa è scarsa assai, i cavalli ond’essa è fornita, a detta anche di persone competenti in materia, non si prestano molto per questi terreni sassosi, e soffrono molto per le condizioni del clima e della diversità di nutrimento. Oltre di ciò va pur messa in bilancio la ragione economica, la quale impedisce che si facciano tappe troppo lunghe e per strade tanto disastrose, che d’un subito rovinano il cavallo; e che si rinunzi a quelle cure e a quei trattamenti ai quali i nostri cavalli sono abituati. I briganti per lo contrario, montati sopra cavalli indigeni, e col sistema comodo e poco dispendioso che hanno, di rubare cavalli a ogni masseria, ogniqualvolta essi ne abbiano di guasti, corrono sovra le Murgie, come nel piano, fanno cinquanta miglia in un giorno, attraversano una provincia, non fermandosi mai né giorno né notte, ed operano quindi quei miracoli di essere oggi in Terra di Bari, e domani sera all’estremità della Capitanata. Un’altra volta vi terrò parola delle peculiari condizioni di questa provincia in fatto di brigantaggio e dai mezzi che, a mio giudizio, potrebbero vantaggiosamente venir impiegati contro di esso. Intanto chiudo questa mia con annunciarvi che la 14° compagnia del 50° fanteria uscita in perlustrazione, incontrò il giorno 4 corrente la banda di Crocco, forte di 100 e più briganti, a sei miglia da Corate, e la battè con successo uccidendo 4 briganti e una donna e ferendone 7. I. D. R.