Il tartufo nero di Bagnoli Irpino
In questo caso i Borbone avevano capito tutto. Sulle loro mense arrivavano tartufi da tutto l’Appennino, ma i cuochi di corte avevano l’ordine tassativo di utilizzare solo quello di Bagnoli Irpino, portato a Napoli da un ristretto gruppo di raccoglitori di fiducia del re. Un dettaglio che basterebbe a fare giustizia di tanti luoghi comuni, più vicini alle mode che alla gastronomia.
Non a caso, fino a poco tempo fa, l’unico tartufo primaverile della Campania era considerato il fratello povero di una categoria con esemplari ben più blasonati e conosciuti. Insomma, quasi un surrogato. Poi, da qualche anno, è arrivato il momento della scoperta, anzi della riscoperta. Sì perché il tartufo nero di Bagnoli Irpino è noto ed apprezzato fin dall’antichità. Da Apicio a Giovenale, dal Della Porta al Cavalcanti, la storia della gastronomia è ricca di citazioni e ricette a base del prezioso fungo.
Nei magnifici boschi di faggio in simbiosi con querce, betulle e noccioli, ha trovato un perfetto habitat, con il vantaggio di essere reperibile nel periodo primaverile, quando è praticamente impossibile trovare gli altri tartufi. Tra marzo ed aprile, infatti, nei boschi che circondano il bacino del Lago Laceno i raccoglitori esperti seguiti da cani dal fiuto infallibile sono un complemento abituale del paesaggio dell’Alta Irpinia. Tuttavia, anche se a Bagnoli c’è il suo habitat naturale, è possibile trovarlo anche sui massicci del Terminio e del Cervialto e lungo tutta la fascia dorsale dei Monti Picentini, al confine tra le province di Avellino e Salerno.
Per acquisti sicuri è necessario dotarsi di pazienza e disponibilità di tempo. A Bagnoli c’è la bottega di prodotti tipici di Patrone (strada provinciale per Bagnoli Irpino – tel. 0827/61024) e il negozio Lenzi, sempre a Bagnoli. I latticini al tartufo, invece, è possibile acquistarli al Caseificio Moscariello di Montella (tel. 0827/61415).
Tuttavia, soprattutto nella zona del Laceno, funziona il passaparola ed i consigli di quanti vivono e lavorano lassù. Capita allora di trovare straordinari tartufi, appena raccolti, nel mini-market, nel bar o nell’albergo. È la testimonianza che da queste parti l’attività di cercatore si affianca a quelle del settore turistico o a quella agricola tradizionale. Insomma, siamo ben lontani dall’economia della «trifola» che ha fatto la fortuna di tanti piccoli centri, dal Piemonte all’Umbria, passando per l’Emilia e la Toscana
Il «mesenterico» si presenta con corteccia sempre ruvida, polpa nera o violacea con sottili venature chiare ramificate. Oltre a raggiungere dimensioni di tutto rispetto (sono stati trovati esemplari grandi quanto un pompelmo) è considerato una efficace sentinella dell’ambiente, visto che non cresce nei terreni inquinati. È una specie molto simile al cosiddetto «scorzone estivo» ma si differenzia da esso per l’odore forte e pungente. Proprio questa caratteristica fa del tartufo di Bagnoli il vero tartufo da tavola, che riesce a connotare le pietanze alle quali viene abbinato. Ecco spiegato il successo, al momento circoscritto ai ristoranti della Regione, ma che sarà sicuramente rilanciato dal riconoscimento dell’Indicazione Geografica Tipica, la cui procedura è stata già avviata.
Intanto questo prodotto nel giro di pochi anni sta caratterizzando fortemente la gastronomia dell’Alta Irpinia. Ai classici crostini o alle penne al tartufo e pancetta, si sono aggiunti piatti di recente concezione, frutto del contributo di chef emergenti. È il caso di Antonio Pisaniello che dalla sua nuova Locanda di Bu a Nusco (Vicolo dello Spagnuolo, 1 – tel. 0827/64619), riesce a proporre con maestria la straordinaria crema di ceci con animelle, completata da una ricca spolverata di lamelle di tartufo. Da questa «bottega del gusto», a breve uscirà il primo pane al tartufo della Campania. All’insegna della tradizione più antica, invece, le preparazioni della trattoria Lo Spiedo a Bagnoli Irpino, sulle sponde del Lago Laceno (via Serrocelli tel. 0827/68073): crostini e uovo al tegamino insaporiti dalle profumato tubero. Prima di essere adoperati in cucina, i tartufi freschi di qualsiasi specie devono essere privati della terra che li ricopre. Per questo basta utilizzare acqua salata appena tiepida ed uno spazzolino. Considerato che il processo di maturazione dei tartufi è inarrestabile, è opportuno consumarli a breve dalla raccolta quando la loro fragranza è ancora intatta. Il metodo che risulta il migliore per conservare i tartufi neri (non più di quindici giorni), è il seguente: avvolgerli, uno per uno, con della carta assorbente e deporli in un recipiente chiuso ermeticamente, in frigorifero. La carta che si impregna di umidità, andrà cambiata spesso. Tale metodo impedirà anche agli altri alimenti presenti nel frigorifero di assorbire il profumo del tartufo.
Il Mattino, marzo 2004
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