Il terzo biografo di Pietro Rombulo un insospettabile orafo fiorentino

La filologia sulla vita e le avventure di Pietro Rombulo riconosceva due biografi ufficiali: il domenicano Pietro Ranzano, palermitano di nascita e segretario di papa Nicolò V, nonché, lo scudiero del duca di Borgogna, Bertrandon La Broquiere, che l’ebbe incontrato nel 1432 in Romania in segreto. Nella ricerca spasmodica di notizie sul conto dell’esploratore messinese, salterà fuori questo personaggio illustre della città di Firenze del Quattrocento.
Questo esponente di spicco della burocrazia fiorentina fu Marco di Bartolomeo Rustici che nel 1440 si incamminò per il Medio Oriente, diretto in Terra Santa per fare il pellegrinaggio nei santuari cristiani. Non starò qui a raccontare i preamboli del viaggio che ogni cristiano avrebbe dovuto effettuare almeno una volta nella vita. Il Rustici giunse in Terra Santa nell’estate del 1440, e in settembre si sposterà nella penisola del Sinai per raggiungere il monastero di Santa Caterina. In quelle giornate l’orafo fiorentino annotava nel suo famoso diario che presso quel monastero ebbe a incontrare l’ambasciatore del Prete Gianni, che incontrerà circa undici mesi dopo presso il concilio di Firenze una seconda volta. Ma in questo caso, questo prezioso testimone annotando di trovarsi a contatto con uno strano ambasciatore di pelle bianca, parlare un corretto italiano, annotava i contenuti del dialogo intercorso fra Pietro Rombulo e papa Eugenio IV. La singolare scoperta nei fondi vaticani ci permetteva di raggiungere il contenuto della lettera che l’ambasciatore etiope aveva girato da parte del suo signore, l’imperatore Zara Yaqob, che il papa sottoscriveva sancendo una alleanza, politica, religiosa, militare e commerciale. Ebbene, questa lettera è praticamente sconosciuta alla storia, meno la lettera che il papa Eugenio IV preparerà per porgerla al suo signore africano, e la copia identica che il papa consegnava a due emissari pontifici diretti presso la reggia dell’imperatore cinese, il cattolicissimo Xengtomng (questo il nome presente nella lettera vaticana). Di questa lettera poche persone ne erano a conoscenza. La storiografia la recupererà duecento anni dopo e la renderà pubblica. Noi abbiamo trovato due altre lettere: una che Rombulo concederà allo stesso imperatore cinese nel suo viaggio a Pechino nel 1444, e la risposta dell’imperatore cinese da girare all’imperatore Zara Yaqob. Nella lettera scritta dal sovrano Ming si segnalavano gli estremi della lettera papalina che tale sovrano affermava avesse ricevuto dalle mani di Rombulo, il quale aveva avvertito il sovrano di Pechino che i due ambasciatori inviati da papa Eugenio IV nei primi di ottobre 1441, erano morti durante il viaggio di andata dall’Italia all’Estremo Oriente; il primo di essi fu seppellito nell’alta valle del fiume Indo, il secondo nella regione montuosa del Bengala. – COME POTEVA PIETRO ROMBULO CONOSCERE QUELLE LETTERE SE NON PER ESPERIENZA DIRETTA? MA SOPRATTUTTO, EGLI CONOSCEVA LA FINE TOCCATA AI DUE AMBASCIATORI PAPALINI IN QUANTO, LA LORO MORTE ERA AVVENUTA NEI TERRITORI DEI SOVRANI MUSULMANI, CHE AVEVANO SOTTOSCRITTO CON ROMBULO UNA ALLEANZA MILITARE CON GLI IMPERATORI ETIOPI NEL VIAGGIO AVVENUTO NEL 1435.
Alessandro Fumia