Immacolata Concezione, il dogma partì da Napoli: così i Borbone convinsero il Papa
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Pio IX vide la devozione popolare nella chiesa del Gesù Vecchio, tornato a Roma proclamò la verità di fede l’8 dicembre del 1854
È con la solennità della Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria che iniziamo ad avvicinarci al Natale. Questa celebrazione, che è una delle più sentite e partecipate tra le feste della chiesa cattolica, onora l’istituzione del dogma della Immaculata Conceptio. Essa rinnova, nel solco della antica devozione mariana, la verità di fede proclamata da Papa Pio IX proprio l’8 dicembre del 1854. Tale dogma fidei stabilisce e dichiara che la Beata Vergine Maria è immune dal peccato originale sin dalla sua generazione naturale nel grembo di Sant’Anna. Questa definizione è stata preceduta e sostenuta da un secolare culto mariano popolare, diffusosi in particolar modo nei Paesi del mediterraneo e fortemente nel Regno delle Due Sicilie e nella sua capitale. Una secolare disputa circa il concepimento senza peccato di Maria sin dal suo primo istante di vita nel grembo della nonna di Gesù animava la chiesa cattolica. La fervente fede nella Virgo Immaculata professata dai Borbone che la proclamarono, durante il pontificato di Benedetto XIV, come prima e primaria patrona del Regno e dal popolo napoletano infervorato dalla veemente predicazione di Sant’Alfonso Maria de’ Liguori, ha concorso molto nella decisione di promulgare la bolla papale Ineffabilis Deus . Con questa Pio IX, dichiara senza alcun dubbio che Maria è stata preservata dal peccato originale. Il luogo napoletano per eccellenza dove si venera la Vergine Immacolata è senza ombra di dubbio la Basilica Santuario del Gesù Vecchio. Da tutti conosciuta come la chiesa dell’Immacolata di don Placido.
Se ci si porta in questo magnifico edificio sacro, nel vicoletto Giovanni Paladino, nel cuore del centro storico, proprio sotto alla bellissima statua della Madonna col bambino, è posta in bella evidenza una lapide che testimonia: «Venne a pregare nel 1849 il Sommo Pontefice Pio IX e ne trasse celeste impulso a definire il domma dell’Immacolata». Infatti, tale verità di fede venne si promulgata ex cathedra in San Pietro e specificamente nella affascinante Cappella Sistina, ma essa era stata dal 255° successore di Pietro, meditata profondamente nel mentre era in esilio a Gaeta. In questa città, Pio IX nel 1848 era ospite di Ferdinando II di Borbone per le note vicende legate all’istituzione della Repubblica Romana ad opera di Giuseppe Mazzini. Qui era solito pregare la mamma di Gesù nella Cappella d’oro, dedicata proprio all’Immacolata e ubicata all’interno del complesso dell’Annunziata nel centro della cittadina laziale. L’anno seguente, il re Borbone invitò il papa a trasferirsi per un po’ di tempo a Napoli. Durante questo soggiorno lo accompagnò, il 9 settembre 1849, nella chiesa del Gesù Vecchio per pregare al cospetto della prodigiosa immagine che era ritenuta, come lo è tuttora, miracolosa e per conoscere don Placido Baccher. Sacerdote famoso, non solo in città, per essere un prete santo e definito da tutti l’apostolo dell’Immacolata. Dopo pochi giorni, il 27 settembre, il clero napoletano consegnò nelle mani del pontefice una sorta di petizione con la quale si chiedeva una accelerazione della proclamazione del concepimento immacolato della mamma del Salvatore. In realtà Giovanni Maria Mastai Ferretti,
allorché venne eletto al soglio pontificio nel 1846, aveva già in cuore la volontà di porre fine alla secolare disputa che attraversava la Chiesa circa l’esenzione dal peccato originale di Maria sin dalla sua concezione. Durante il suo esilio fece voto che una volta rientrato in Roma, avrebbe promulgato il dogma. Giunto a Napoli, nel constatare di persona la fervente fede nella Vergine Immacolata di popolo, aristocrazia e regnanti, non ebbe più esitazioni. Avvertì in cuor suo la determinazione ad andare avanti nel suo intendimento.
Quella lapide testimonia di come nel pregare davanti alla Madonna fatta costruire da don Placido riproducendo l’immagine così come l’aveva avuta in visione, il Papa abbia avuto quella spinta definitiva a superare ogni ritrosia nel suo intendimento. Rientrato a Roma, colui che è stato anche l’ultimo sovrano dello Stato pontificio, consultò con una lettera dal titolo Ubi Primus Nullus , tutti i vescovi del mondo e poi l’8 dicembre del 1854 emise il famoso documento pontificio. Tre anni dopo fu proprio il cattolicissimo re Ferdinando II a finanziare la famosa guglia in piazza di Spagna a Roma. Un vero e proprio monumento celebrativo del dogma dell’Immacolata Concezione. Questa iniziativa ricalcava quella incentivata nel secolo precedente da Re Carlo e dalla moglie Maria Carolina nella capitale del regno.
Nell’attuale piazza del Gesù Nuovo, allora piazza Trinità Maggiore, sostennero infatti l’erezione di un monumento dedicato alla Vergine che in qualche modo imitasse una macchina da festa. Fu il gesuita Francesco Pepe a curare una sottoscrizione pubblica di raccolta fondi per realizzare quest’opera monumentale d’arte religiosa. Viene tramandato che la nobile coppia abbia voluto questo obelisco sul quale troneggia la Madonna affinché potesse essere venerata anche all’aperto e non solo nella vicina e imponente chiesa gesuita, sul cui altare maggiore troneggiava una statua dell’Immacolata in argento. Nell’800 venne rubata e sostituita poi da quella attuale in marmo. Una devozione open air diremmo oggi. Una testimonianza tangibile di quella che è stata la devozione mariana di Re Carlo è anche l’antica Deputazione della Salute realizzata nel 1747, con funzioni di governo del porto. Sopra di essa vi venne apposta una statua non molto grande di Maria Vergine. Da subito per tutti fu semplicemente l’Immacolatella al molo. Questa venerazione alla madre di Cristo si è, dunque, tramandata con vigore nella dinastia borbonica. Ferdinando II fortemente cattolico, spinse Pio IX verso la promulgazione dogmatica.
La notizia che questo suo desiderio si era concretizzato gli venne annunciata con telegramma nel mentre del rito annuale della parata militare in Campo di Marte: l’attuale Capodichino. Il re ordinò subito un Te Deum . Il suo sogno si era avverato. La prima e primaria protettrice del Regno delle Due Sicilie da quel momento sarebbe stata venerata nel mondo intero come la Immaculata Beatae Mariae Virginis . In quello stesso luogo e in quello stesso giorno dell’anno dopo, durante lo svolgersi della stessa manifestazione il “re bomba” si salvò da un attentato ad opera di un suo soldato passato nelle file mazziniane. Subito diede ordine di costruire una chiesa dedicata alla Immacolata che oggi è parrocchia e porta il nome di Immacolata di Capodichino. L’8 dicembre è sempre stata una data importante per i Borbone sin da quello del 1816 quando i Regni di Napoli e di Sicilia si unirono sotto la protezione di Maria nel Regno delle Due Sicilie. Pio IX quando venne a Napoli sapeva di avere in Ferdinando II un credente devoto e praticante ma fu scosso profondamente quando vide l’amore del popolo. Quello semplice, umile, che si abbeverava alla fonte della predicazione di don Placido attraverso la pia pratica dei dodici sabati, della novena per giungere poi al grande sabato privilegiato. Fu impressionato dal popolo che alla Vergine, definita Tutta Bella si affidava totalmente. Constatò personalmente che don Placido Baccher ispirava una moltitudine di persone a camminare nei vicoli della città per raggiungere a frotte la sua chiesa e pregare l’unica donna al mondo
concepita senza peccato. Capì così che non poteva più attendere. Il tempo era maturo.
Cinque anni dopo la sua venuta a Napoli e tre dopo la morte del sacerdote decretò: «La beatissima Vergine Maria nel primo istante della sua concezione, per singolare grazia e privilegio di Dio Onnipotente e in vista dei meriti di Gesù Cristo Salvatore del genere umano, fu preservata immune da ogni macchia del peccato originale»
segnalato da Erminio De Biase