Alta Terra di Lavoro

già Terra Laboris,già Liburia, già Leboria olim Campania Felix

In ricordo di Michele Topa di Erminio De Biase

Posted by on Ago 31, 2019

In ricordo di Michele Topa di Erminio De Biase

Appresi la notizia della sua morte, quel 1°settembre 1999, mentre ero in auto, insieme con Silvio Vitale – altro pilastro del revisionismo storico delle Due Sicilie – e Gennaro De Crescenzo, immarcescibile presidente del Movimento Neoborbonico. Ci accompagnava anche il battagliero Gabriele Marzocco, compianto amico di tutti noi. Eravamo diretti a Sala Consilina, in provincia di Salerno, invitati dall’allora dirigente della locale Pro Loco che, attraverso di noi, voleva far sapere ai suoi concittadini quanto poco ci fosse, in realtà, da festeggiare nelle loro tradizionali “giornate garibaldine”. Eravamo in pochi, ma eravamo una falange molto determinata.

La notizia della sua scomparsa mi sembrò un segnale del destino, un ideale passaggio di testimone. Era quella, infatti, una delle primissime volte in cui parlavo in pubblico e le cose che sapevo e che avrei dovuto trasmettere agli altri erano quelle apprese nei suoi scritti, attraverso i quali mi si erano aperti gli occhi sulla vera Storia del Meridione e in quelle che mi disse a voce quando ero voluto andare ad incontrarlo, pochi anni prima, in quel sorridente angolo di Baviera, dove viveva e dove adesso riposa.

Se in questi vent’anni sono sempre più numerosi quelli che hanno riscoperto in se stessi l’orgoglio di appartenere ad un Paese che è stato grande, lo dobbiamo anche e, forse, soprattutto ai suoi scritti che hanno riacceso in ognuno di noi un orgoglio meridionale che, forse, non sapevamo di avere ma che, nonostante tutto, non s’era mai sopito. Per tale motivo, sentii il bisogno di salutarlo in questo modo:

Addio Michè

Ô munno ‘a verità Te ne si’ ghiuto,

ma ll’ata verità ca tu screviste:

‘e nu Paese ch’era bello e gruosso,

‘a Terra d’’e Burbune e d’’e Brigante

e che, pe ‘nfamità, fuje scamazzato,

chella no, chella, pe Ddio, cà resta!

Comm’ a ‘na bannera ‘nfaccia ô viento,

sporca e stracciata, ma c’ ‘o core a ‘into;

‘o stessu core ‘e nu napulitano,

ca ogge, salutanneTe ‘a luntano,

vo’ chiagnere e cantà ‘nzieme a ‘sti vierze.

Erminio de Biase

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