Alta Terra di Lavoro

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INQUISIZIONE PROTESTANTE

Posted by on Mar 6, 2018

INQUISIZIONE PROTESTANTE

Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. 

La leggenda nera vuole che l’inquisizione a danno di eretici e streghe, sia stata solo opera della Chiesa cattolica, ma è davvero così?
La vera storia, che sicuramente non è quella che si studia sui banchi di scuola, ma nei veri libri storici, scritti da gente “super partes”, dice che le inquisizioni protestanti furono assai più numerose e più cruente di quelle cattoliche. Perchè i mass media non ne parlano mai?
Perchè i mass media incolpano solo la Chiesa cattolica?

Naturalemente anche la Chiesa cattolica ha le sue colpe, ed ha commesso i suoi errori, deprecabili in ogni caso, ma l’attenziamento fazioso dei mass media e anche dei più diffusi libri scolastici da fastidio a chiunque stia a cuore la verità storica.

C’entra la massoneria che è sempre stata nemica della Chiesa cattolica e della verità? E’ un caso che tutti i grandi massonoi, Garibaldi, Mazzini, Cavour, i Savoia, e tantissimi altri, che hanno alterato le prove storiche d’Italia, a proprio vantaggio, cancellando una buona parte della vera storia, come ad esempio quella riguardante il Regno delle due Sicilie, che fu depredato per ripagare i debiti del Piemonte… e guardacaso con i soldi del Banco di Sicilia e Banco di Napoli (le due maggiori banche europee dell’epoca) furono impiantate le industrie solo al Nord…facendo passare il Sud, come una terra di fannulloni e oziosi. La vera storia dice tutto il contrario, eppure quasi tutti gli studenti italiani sono convinti che il Sud, sia sempre stato più arretrato rispetto al Nord Italia, è vero il contrario, ma quasi nessuno oggi lo sa. Perchè?

Semplicemente perchè i massoni hanno accuratamente cancellato molte prove, molti documenti bruciati, per far credere che il Piemonte dei Savoia, non abbia realmente depredato il Sud, senza nemmeno una dichiarazione di guerra, invandendolo con la complicità di alcuni nobili corrotti.

Ecco qualcosa di simile è successo per la storia dell’inquisizione!

Gli studiosi seri conoscono la vera storia dell’inquisizione, e sanno che i protestanti furono assai più crudeli, e fecero un numero enormemente maggiore di vittiame, rispetto ai cattolici!
 
Gli Stati Protestanti furono i primi ad impiegare la tortura ed il fuoco per l’eliminazione degli stregoni e, stando ai documenti pubblicati sulle città dell’Europa centrale, sembra che, in questa caccia, i Riformatori siano stati assai più crudeli e spietati che non gli aderenti alla fede cattolica: vi si narra, per esempio, che il giudice protestante Carpzovius abbia firmato 20.000 sentenze di morte e che nel 1589 furono messi a morte 133 stregoni nella cittadina di Quedlingburg e nel 1613 e 1614 300 stregoni a Westernstretten, presso Ellwangen. In nessuna parte d’Europa la fobia degli stregoni fu cosi violenta come nella Scozia, calvinista, e lo stesso Giacomo I, il re forse più adulato quale incarnazione di giustizia, umanità e saggezza illuminata che qualunque re mai vissuto prima, fu istigatore e testimone oculare dei tormenti inflitti a molti di quei disgraziati; la cattolica Irlanda, sebbene fosse un paese superstizioso per quanto riguarda spiniti e fate, sembra invece sia stata sempre relativamente immune dalla stregomania.

In Inghilterra d’altronde, i “papisti” (cattolici) venivano arsi ed impiccati in massa: l’ultimo venne bruciato nel 1696 e la discriminazione civile nei loro confronti proseguì fino a quasi tutto il diciannovesimo secolo.

In Germania, i contadini trucidati venivano allineati lungo le strade a monito contro ogni tentativo di emancipazione sociale.
A Munster, gli anabattisti di Giovanni da Leyda arrivarono persino al cannibalismo sotto l’influsso delle “profezie” del loro capo.
In Francia, gli Ugonotti (vittime poi a loro volta della cupidigia di Luigi XIV di compiacere il Papa cattolico romano) si erano resi responsabili di massacri inauditi.

Quanto a Calvino, a Ginevra sotto la sua ispirazione, tra il 17 febbraio e il 15 maggio del 1545, si ebbero 34 esecuzioni, in gran parte di stregoni ed un suo decreto in data 2 aprile 1545 si ordinava che i cittadini proscritti che tornavano dal bando fossero murati vivi e non venissero tratti fuori sin quando non avessero confessato la vera fede, altrimenti avrebbero finito i loro giorni in quel tormento: negli anni successivi Calvino mandò a morte almeno una sessantina di persone per bestemmia, idolatria e adulterio ed inviò squadre di “santi” ad ispezionare le case,fustigare gli oziosi e arrestare i peccatori (i casi più eclatanti furono quelli di un fanciullo di 10 anni, che venne decapitato perché si era ribellato ai genitori, e del medico e letterato Miguel Servet y Reves (Michele Serveto), che venne arso vivo ben due volte.

Quanto piccola fosse l’importanza delle relazioni tra la persecuzione degli stregoni e il Papato e la Chiesa Cattolica, si può giudicare dal fatto che gli Stati Protestanti furono i primi ad impiegare la tortura ed il fuoco per l’eliminazione degli stregoni. È difficile dare un giudizio sul grado relativo di barbarie usata tra i cattolici e i protestanti con tale scarsità di documenti storici, ma, stando a quelli pubblicati sulle città dell’Europa centrale, sembra che, in questa caccia, i Riformatori siano stati assai più crudeli e spietati che non gli aderenti all’antica fede. Non servirebbe a nulla il cercar di redigere un elenco delle atrocità comprovate, quasi ovunque, da testimonianze, o discutere la verità delle denuncie più assurde fatte in entrambi i campi. Si narra che il giudice protestante Carpzovius abbia firmato 20.000 sentenze di morte, ma una tale affermazione non ha, con tutta probabilità, alcun fondamento. E faccio pure le più ampie riserve riguardo alle pretese condanne al rogo, in un solo anno, di 133 stregoni nella cittadina di Quedlingburg (1589) e della monte, nel 1613 e 1614, di 300 stregoni a Westernstretten, presso Ellwangen. È certo tuttavia che in nessuna parte d’Europa la fobia degli stregoni fu cosi violenta come nella Scozia, calvinista, e lo stesso Giacomo I, il re forse più adulato quale incarnazione di giustizia, umanità e saggezza illuminata che qualunque re mai vissuto prima, fu istigatore e testimone oculare dei tormenti inflitti a molti di quei disgraziati.

   Di fronte a questa cecità e brutalità quasi universali, non sarà inopportuno far rilevare le eccezioni. Mentre, a tutta prima, gli Stati protestanti e cattolici sembrano sullo stesso piano, un esame più approfondito rivela invece una sensibile differenza. Presso i riformatori, l’iniziativa della persecuzione contro gli stregoni parte dai capi religiosi. Nel campo cattolico, invece, il movimento ha quasi sempre origine da timori ciechi del popolino ignorante o dalla malizia di uomini completamente indifferenti in materia religiosa, giacché gli eccessi non sono dovuti alla chiesa come chiesa. Non è indubbiamente difficile provane questa tesi mediante testimonianze che si dimostrano perfettamente conclusive, ma è impossibile tentarlo qui negli stretti limiti concessimi. Mi limiterò perciò ad alcune indicazioni.

    Se la molla istigatrice della persecuzione degli stregoni fosse stata costituita dai Papi, dovremmo aspettarci di trovare che a Roma, città nella quale la loro autorità era completamente svincolata da interferenze esteriori, la crociata fosse condotta con la più spietata crudeltà. Ed invece è avvenuto proprio il contrario. Per quanto non si possa affermare con certezza che nessun stregone sia mai stato bruciato vivo, è certo però, ed è generalmente ammesso, che Roma, in fatto di tolleranza verso gli indovini, fu sempre all’avanguardia di tutte le altre città europee.  E che Roma sia spesso chiamata il paese del mondo più dominato dai preti, costituisce un’altra eccezione. Il signor Lecky ha dimostrato la singolare assenza di stregomania in Irlanda, quando afferma che «in un solo anno in Inghilterra e in Scozia sono perite per quel motivo più persone di quanto ne siano cadute in Irlanda in tutto il corso della sua storia».  Preferisco però citare qui le parole di uno scrittore del «Dublin University Magazine», non certo sospetto di simpatia per Roma: «È però curioso come l’Irlanda, sebbene considerata di solito, e ben a ragione, un paese superstizioso per quanto riguarda spiniti e fate, sia stata invece sempre relativamente immune dalla strego mania».

   Quel che si dice per i Paesi si può ripetere per gli individui. Quei figli della Chiesa che si conquistarono la venerazione da parte dei loro compagni per la vera santità della vita, e che furono poi canonizzati santi, come S. Filippo Neri, S. Carlo Borromeo, S. Ignazio di Loyola, S. Vincenzo de Paoli, S. Francesco di Sales, per quanto abbiano avuto sufficiente influenza per riformare intere città e popolazioni, pure non hanno mai usato di quell’influenza per cercar di distruggere l’impero di Satana mediante ecatombi di stregoni. Ben diversamente accadde coi riformatori Calvino e Lutero, Melantone e Giovanni Knox. La prima legge del parlamento scozzese comminante la pena di monte agli stregoni fu approvata nel 1563 su esplicita istigazione di Giovanni Knox, e in quell’anno stesso molte furono le vittime che dovettero soccombere. Giacomo Melvill, devoto ammiratore di Knox, ci narra che la prima esecuzione di cui fu testimone oculare fu quella di una strega di S. Andrews: «contro la quale il signor Knox — quell’eccellente servo di Dio — parlò dal pulpito, in presenza della stessa vittima, legata ad un pilastro di fronte a lui». Venticinque anni dopo gli immediati seguaci di Knox si diedero molto da fare nell’organizzare in tutto il regno la caccia agli Stregoni, sotto la personale direzione di Sua Maestà il Re Giacomo VI.

    Quanto a Calvino, troviamo scrittori protestanti che dichiarano francamente che il codice penale, promulgato a Ginevra sotto la sua ispirazione, fu in realtà scritto col sangue più delle leggi di Dracone. Tra il 17 febbraio e il 15 maggio del 1545, si ebbero a Ginevra 34 esecuzioni, in gran parte di stregoni. I riformatori rimproverano persino al Papato la troppa longanimità dei cattolici nel condurre le persecuzioni. Più curioso di tutti è il fatto della condanna di certi stregoni, da parte di questo padre del Protestantesimo, ad essere «murati». Un decreto del Consiglio in data 2 aprile 1545 così dichiara: «si ordina che essi (cittadini proscritti che tornano dal bando) siano murati, e non siano tratti fuori sin quando non abbiano confessato la vera, altrimenti finiranno i loro giorni in questo tormento».

   Ma, ci si può chiedere, in che cosa differisce la crudeltà di Calvino e di Knox dalla parte avuta in questa persecuzione da Papi come Innocenzo VIII? La grande differenza sta nel fatto che Calvino e Knox furono essi stessi istigatori e testimoni delle torture e dei roghi degli stregoni, mentre Innocenzo VIII non fu che un semplice legislatore per popolazioni assai lontane, viventi in quello che, per lui, era il barbaro nord. Convinto, come gli avevano insegnato le Sacre Scritture, della possibilità della magia, egli non ebbe probabilmente difficoltà a credere che in quei paesi selvaggi la stregoneria fosse una organizzazione attiva e potente, richiedente severe misure di repressione. Ai nostri giorni, più di una persona sensibile che si sbellicherebbe dalle risa per qualsiasi diablerie accaduta in Inghilterra, non la ritiene però affatto incredibile quando essa si riferisce all’India o all’Africa o a San Domingo. Quanto ai barbari mezzi impiegati, essi non furono che quelli comuni a tutti i tribunali civili d’Europa di quell’epoca di quelle immediatamente successive.(cfr,kattoliko.it/leggendanera)

I protestanti inglesi perseguitavano i cattolici, li torturavano e li uccidevano senza pietà!
Come mai di questo i mass media non parlano?

Nel 1673 riprese la persecuzione anticattolica. Il collegio dei gesuiti di Drogheda fu raso al suolo. Plunkett ignorò l’ordine di lasciare il paese e rimase in Irlanda, dove per mesi visse in clandestinità, in montagna e nei boschi. Nel 1678 la persecuzione anticattolica si inasprì dopo la scoperta di un complotto “papista”, inventato in Inghilterra da Titus Oates, secondo il quale i cattolici avrebbero voluto a far giungere in Irlanda 20 000 soldati francesi. Plunkett fu accusato di aver imposto un’autotassazione sul suo clero per appoggiare la ribellione contro gli inglesi.

L’arcivescovo fu arrestato e processato a Dundalk nel 1679, imprigionato a Dublino e poi deportato nella prigione di Newgate a Londra, dove l’anno dopo fu di nuovo processato e, con le testimonianze di due francescani spergiuri, condannato a morte per alto tradimento; l’esecuzione avvenne in modo orribile il 1º luglio 1681 a Tyburn, in Inghilterra. Fu impiccato eviscerato e squartato. Fu l’ultimo dei martiri cattolici uccisi in Inghilterra.

GIOVANNI VALENTINO GENTILE (Inquisito dai Calvinisti)

Giovanni Valentino Gentile era un teologo ed umanista italiano di Calabria che non accettava il dogma della Trinità. Fu uno degli esuli italiani in Svizzera per le persecuzioni della Chiesa ai riformatori.
Nel 1556 dalla Calabria emigrò a Ginevra dove si legò ai riformatori italiani già trasferitisi nella città. Le sue posizioni antitrinitaria gli fecero prendere le difese di Serveto e lo trovarono dalla parte di chi criticava Calvino. Quest’ultimo lo accusò di eresia con tutto il seguito noto. Fu processato, torturato, fatto camminare per Ginevra seminudo e con una candela in mano, fatto ripudiare e bruciare i propri libri e dopo imprigionato. Riuscì ad evadere e dopo un lungo pellegrinaggio per vari Paesi europei tornò a Berna, in Svizzera dove il successore di Calvino, Teodoro di Beza, lo fece arrestare con l’accusa di empietà. Fu di nuovo processato e condannato al rogo. Ebbero poi pietà di lui e tramutarono la condanna nella decapitazione (sic!).

David Lewis sacerdote gesuita venne portato a Londra per essere interrogato dal consiglio privato, che, pur riconoscendolo innocente, lo rinviò nel carcere Usk, dove rimase per oltre tre mesi, con grande profitto dei cattolici del luogo, che avevano il permesso di visitarlo. Prima di essere impiccato il 27 ag. 1679 in Usk, Lewis potè rivolgere un lungo discorso alla folla riunita intorno al patibolo, che ne rimase profondamente impressionata.

Felix Manz, Grebel, Blaurock e altri quindici anabattisti furono ancora arrestati e condannati il 7 marzo 1526 alla prigione a pane e acqua con l’avvertenza che al prossimo arresto sarebbe stata loro irrogata la pena di morte. In aprile Manz, Grebel e Blaurock si stabilirono nei Grigioni. Il 3 dicembre 1526 Manz e Blaurock furono arrestati a Grüningen, mentre battezzavano degli adulti, e trasferiti a Zurigo. Mentre Blaurock, non essendo cittadino di Zurigo, venne bandito dalla città, il 5 gennaio 1527 Manz fu condannato a morte per annegamento dai calvinisti.

Felix Manz fu legato e messo su una barca che lo portò al largo del lago di Zurigo. Prima che il carnefice lo spingesse in acqua, ebbe il tempo di salutare la madre e i fratelli che assistevano all’esecuzione dalla riva, e a intonare l’inno In manus tuas, Domine, commendo spiritum meum. Fu poi sepolto nel cimitero di Sankt Jakob a Zurigo.

IL CASO MICHELE SERVETO FATTO UCCIDERE DA CALVINO
(cfr, WIKIPEDIA)

Il caso Serveto
Michele Serveto

Il medico spagnolo Michele Serveto, fuggito dal carcere di Vienne, in Francia, dove era detenuto a causa delle teorie religiose «eretiche» – negava la Trinità e ogni significato al battesimo dei bambini, elementi che lo ponevano tra le file degli anabattisti – era giunto a Ginevra nel 1553. L’anabattismo costituiva il movimento cristiano più odiato da cattolici e protestanti e ancor di più dai prìncipi perché, fautore del ritorno alla semplicità evangelica, sosteneva l’abolizione della proprietà privata e non riconosceva le tradizionali autorità. Gli anabattisti avevano appoggiato la guerra dei contadini in Germania e avevano creato un’importante comunità comunistica a Münster, distrutta dai prìncipi tedeschi con il massacro di quasi tutti i suoi abitanti.

Serveto fu arrestato il 13 agosto 1553 su denuncia di Calvino. Nella sua Istituzione egli è particolarmente violento nei riguardi di Serveto: «Il termine Trinità è stato ostico a Serveto, anzi detestabile, al punto che definisce senza Dio coloro che chiama trinitari. Tralascio molte delle espressioni villane e delle ingiurie da comiziante con cui farcisce i suoi scritti. Il sunto delle sue fantasticherie consiste in questo: si fabbrica un Dio in tre pezzi affermando che ci sono tre Persone dimoranti in Dio. Questa trinità è frutto di immaginazione in quanto contrasta con l’unità di lui; egli pretende perciò che le Persone siano idee o immagini esteriori, ma non dimoranti nell’essenza di Dio, che in qualche modo ce lo rappresentano […] fantasticheria mostruosa […] empietà […] bestemmia esecrabile […] fango […]».

Il Piccolo Consiglio di Ginevra assunse informazioni su Serveto dalle autorità di Vienne, che richiesero la sua estradizione. Posto all’alternativa di essere rimandato nella città francese o subire un processo a Ginevra, Serveto scelse di rimanere nella città svizzera. Consultati anche i teologi delle chiese di Basilea, Berna, Sciaffusa e Zurigo, il Consiglio, che pure poteva anche limitarsi a bandire Serveto dalla città, emise, il 26 ottobre 1553, la sentenza di morte che fu eseguita, mediante rogo, il giorno seguente.

Simile è il caso successivo di un altro antitrinitario italiano, il calabrese Valentino Gentile, imprigionato a Ginevra nel 1558, interrogato da Calvino in persona e costretto ad abiurare per evitare la condanna a morte – che subì però a Berna, nel 1566, per la stessa accusa.

Calvino, che pure approvò la sentenza di condanna di Serveto – limitandosi a chiedere di commutare ll rogo con la decapitazione – non può tuttavia essere ritenuto responsabile, come si è ritenuto e ancora in parte si ritiene, dell’esecuzione di Serveto, la quale è da addebitarsi interamente ai magistrati di Ginevra, la maggioranza dei quali, tra l’altro, guardava allora con diffidenza alle riforme proposte da Calvino, come dimostra la decisione presa il 7 novembre di quello stesso anno dal Consiglio dei Duecento, di attribuire al Piccolo Consiglio il potere di comminare la scomunica, togliendolo al Concistoro. Tuttavia da quest’episodio è nata la leggenda di un Calvino dittatore di Ginevra, alimentata da autorevoli intellettuali moderni come Aldous Huxley [26] e Stefan Zweig [27] : in realtà Calvino, cui fu conferita la cittadinanza ginevrina soltanto nel 1559, come qualunque altro habitant non aveva il minimo potere di poter influire sull’amministrazione della giustizia. La sua approvazione della condanna a morte di Serveto lo conferma semmai come figlio del suo tempo.

Calvino pubblicò nel 1554 la Defensio orthodoxae fidei, contra prodigiosos errores Michaelis Serveti Hispani sostenendo che la condanna di Serveto fu giusta perché le sue dottrine mettevano in pericolo le anime di coloro che le avessero accettate. Il riformatore Sebastian Castellio rispose con il Contra libellum Calvini, deplorando la condanna di Serveto e sottolineando come «uccidere un uomo non significa difendere una dottrina ma nient’altro che uccidere un uomo. Uccidendo Serveto, i ginevrini non hanno difeso una dottrina, ma hanno ucciso un uomo [ … ] se Serveto avesse cercato di uccidere Calvino, i magistrati avrebbero giustamente difeso Calvino. Ma poiché Serveto combatteva con ragionamenti e scritti, egli sarebbe dovuto essere contestato con ragionamenti e scritti».

Calvino fece denunciare Serveto da un suo amico di Lione, un certo Guillaume Trye, alle autorità cattoliche di Vienne. Arrestato il 4 aprile 1553, riuscì a fuggire dalla prigione tre giorni dopo e l’Inquisizione dovette accontentarsi di bruciarlo, come eretico, in effigie. Per quattro mesi non si hanno più notizie di lui: egli sarebbe stato qualche tempo in Spagna e di qui avrebbe deciso di raggiungere Napoli per via di terra. Dopo aver pernottato in Savoia, arrivò a Ginevra il 13 agosto, prendendo una stanza nell’albergo della Rose d’Or. Sembra che, essendo domenica, abbia giudicato più prudente, per non farsi notare, assistere, come tutti facevano, alle cerimonie religiose, entrando così nella chiesa della Maddalena. Durante il sermone, fu riconosciuto e la sua presenza fu segnalata a Calvino che lo fece denunciare da un suo amico, Nicolas de la Fontaine. Questi, secondo il diritto allora vigente a Ginevra, fu arrestato come Serveto e detenuto affinché non si potesse sottrarre alla pena prevista qualora le sue accuse si fossero dimostrate infondate. Fu tuttavia rilasciato pochi giorni dopo, quando gli indizi di colpevolezza del Serveto, basate sulle proposizioni contenute nella Christianismi Restitutio – certamente quella stessa copia che Serveto aveva mandato a Calvino durante la loro corrispondenza – furono giudicati convincenti.

Serveto scrisse il 22 agosto ai Sindaci e al Piccolo Consiglio di Ginevra, le massime autorità della città, una prima lettera di difesa, con la quale negò che le divergenze in materia di dottrina religiosa potessero costituire materia di giudizio criminale,
  « come dimostrano gli Atti degli Apostoli (capitoli 18 e 19) dove gli accusatori sono rimandati alle chiese, quando non vi sia altro delitto che questioni di natura religiosa. Egualmente al tempo dell’imperatore Costantino il Grande, quando vi erano le grandi eresie degli ariani, l’imperatore, per suo consiglio e per quello di tutte le chiese, stabilì che secondo l’antica dottrina tali accuse non dovessero aver luogo, come sarebbe stato il caso dell’eretico Ario, e che tutte queste questioni sarebbero state decise dalle chiese e il condannato, se non voleva pentirsi, doveva essere esiliato. Questa fu la punizione riservata agli eretici in ogni tempo dall’antica Chiesa, come provano mille vicende e l’autorità dei dottori […] chiedo pertanto di essere escluso dall’accusa criminale. In secondo luogo, Signori, vi supplico di considerare che non ho recato alcuna offesa nei vostri territori, non sono stato sedizioso, né perturbatore. Che le questioni di cui si tratta sono difficili e riservate a sapienti. E in tutto il tempo che fui in Germania, parlai di tali questioni solo con Ecolampadio, Bucero e Capito; in Francia non ne parlai con nessuno. Inoltre, ho sempre riprovato e riprovo gli anabattisti, i sediziosi contro i magistrati […] si conclude dunque che non vi sia alcun motivo di detenzione […] vi supplico umilmente di concedermi un avvocato che parli per me »
  

L’avvocato non gli fu concesso e dovette difendersi da sé. Quello stesso giorno il riformato Consiglio di Ginevra inviava ai cattolici «nobili, saggi, spettabili e magnifici Signori, balivi, giudici e altre persone del Re nella corte di Vienne, nostri buoni vicini e carissimi amici» una lettera molto rispottosa e cordiale nella quale, sapendo della passata carcerazione e fuga di Serveto da Vienne, si chiedevano informazioni sul suo conto. [15]

Il balivo e il procuratore del Re di Vienne risposero il 26 agosto, informando il Consiglio ginevrino che «i delitti per i quali Serveto era stato condannato» erano stati commessi nel territorio di loro giurisdizione ed egli, «evaso di prigione, era da considerarsi tuttora nostro prigioniero» richiedevano «il piacere» che il Serveto fosse loro consegnato per poter eseguire la sentanza «la cui esecuzione renderà superflua la ricerca di ulteriori imputazioni contro di lui». Quanto alla richiesta di Ginevra di ottenere copia degli atti processuali, i magistrati di Vienne si scusavano di non potervi aderire, «visto che sui nostri atti e procedure non possiamo permettere o consentire che se ne faccia un altro giudizio, poiché, se lo consentissimo, saremmo ripresi dal Re al quale, è certo, farebbe molto piacere che il detto Villeneuve fosse estradato, affinché voi sappiate che la sentenza sia stata eseguita». Se ciò fosse avvenuto, non sarebbe mancata l’occasione di ricambiare il favore «con molto buon cuore, così come presentiamo le nostre umili raccomandazioni alle vostre buone grazie e preghiamo il Creatore di tenervi nella sua santa protezione». [16]

Anche il luogotenente del Re nel Delfinato, il signor de Maugiron, il 29 agosto informava il Consiglio di Ginevra di aver sequestrato, a favore del proprio figlio, i beni e il denaro che Serveto custodiva in una banca di Vienne, ammontanti a «tre, quattro o cinquemila scudi», e chiedeva pertanto se si conoscessero altri creditori di Serveto. [17] Il Consiglio rispondeva al Maugiron il 1º settembre che non avrebbe mancato d’interrogare Serveto anche su tali questioni, «pregando il Creatore Iddio di aumentarlo nelle sue grazie». [18]

I magistrati di Ginevra chiesero a Serveto se intendesse essere consegnato a Vienne e naturalmente egli rifiutò. Calvino fu allora incaricato dal Piccolo Consiglio di Ginevra di contestare a Serveto le proposizioni, considerate eretiche, della Christianismi Restitutio. Il 15 settembre Serveto indirizzò una nuova lettera ai magistrati, lamentando la pessime condizioni in cui era tenuto nel carcere – «i pidocchi mi mangiano vivo»:
  « Vi avevo presentato un’altra richiesta, secondo carità, e per contestarla, Calvino vi ha allegato Giustiniano. Certamente è cosa infelice presentare contro di me ciò a cui lui stesso non crede. Lui non crede affatto a quel che Giustiniano ha detto de Sacrosanctis Ecclesiis, et de Episcopis et Clericis, e su altre cose di religione ed egli sa che allora la Chiesa era già corrotta. È una grande vergogna per lui e vergogna ancor più grande è che mi tenga qui, molto malato, da cinque settimane, senza aver portato contro di me una sola testimonianza »
  
Serveto protestava anche per la mancata concessione di un avvocato e per il fatto che il suo accusatore, Nicolas de la Fontaine, fosse stato rilasciato come se le sue accuse fossero già state provate; contro di lui e contro Calvino, che si era assunto l’onere dell’accusa, chiedeva il risarcimento dei danni subiti e l’applicazione della vigente legge del taglione ai danni dei suoi accusatori.

Non ottenne risposta e in risposta alle accuse presentò una nuova lettera il 22 settembre:
  « Sono detenuto per le false accuse di Calvino, che dice che io avrei scritto: 1°, che le anime sono mortali e 2°, che Gesù Cristo non avrebbe preso dalla Vergine Maria che la quarta parte del suo corpo. Sono cose orribili ed esecrabili. Tra tutte le eresie e tutti i delitti, non ce n’è di maggiore che fare l’anima mortale [ … ] chi dice questo non crede né a Dio, né alla giustizia, né alla resurrezione, né a Gesù Cristo, né alla Sacra Scrittura, né a niente, se non che tutto muore e gli uomini sono come le bestie. Se avessi detto o scritto questo pubblicamente, per infettare il mondo, mi condannerei a morte da solo. Perciò, Signori, chiedo che il mio falso accusatore sia punito poena talionis, e che sia detenuto come me, finché la causa non sia definita con la morte mia o sua o con altra pena [ … ] Vi chiedo giustizia, Signori, giustizia, giustizia »
  

Calvino estrasse dalla Christianismi Restitutio 28 proposizioni eretiche, che furono trasmesse a Serveto il quale, pur lamentando che molte di loro fossero estratte fuori contesto, riportò nel foglio stesso di Calvino le proprie controdeduzioni. Rispose ancora in calce a una nuova ettera di Calvino, che era controfirmata da altri tredici pastori, che i suoi accusatori, «per provare che, nella Trinità, Dio Figlio è realmente distinto da Dio Padre» avevano presentato solo «vane parole. Conveniva questo a tanti ministri della Parola divina, che si vantano ovunque e ad alta voce di voler insegnare solo quel che è nella Sacra Scrittura? Essi non possono allegare alcun passo. La mia dottrina è giudicata falsa solo in base a vane chiacchiere e contro di essa non si riesce a fornire nessuna reale autorità e ragione».

I magistrati di Ginevra chiesero ai pastori delle Chiese riformate di Basilea, Berna, Sciaffusa e Zurigo di esprimersi sulla questione, ottenendo un giudizio di condanna delle tesi di Serveto. Il 26 ottobre 1553 fu emessa la sentenza.
La condanna a morte [modifica]

I Sindaci di Ginevra sottoscrissero la seguente sentenza:
  « Contro Michel Servet, di Villeneuve, nel regno d’Aragona, in Spagna.

Il quale, circa 23 o 24 anni fa, fece stampare un libro a Haguenau, in Germania, contro la santa e indivisibile Trinità, contenente molte e grandi bestemmie contro di essa, grandemente scandalose per le chiese tedesche; libro che egli ha spontaneamente confessato di aver fatto stampare, malgrado le rimostranze e le correzioni, fatte alle sue false opinioni, dai sapienti dottori evangelici di Germania.

Item, il quale libro è stato riprovato dai dottori di quelle chiese come pieno di eresie e il Servet si è reso fuggiasco da quelle chiese a causa del detto libro.

ciò nonostante, il detto Servet ha perseverato nelle sue false dottrine, infettanti quante più chiese possibili.

non contento di questo, per meglio divulgare e spandere il suo veleno eretico, poco dopo ha fatto stampare di nascosto un altro libro a Vienne, nel Delfinato, pieno di queste orribili ed esecrabili eresie e bestemmie contro la Santa Trinità, contro il Figlio di Dio, contro il battesimo dei bambini e contro altri fondamenti della religione Cristiana.

ha spontaneamente confessato che in quel libro chiama coloro che credono nella Trinità, Trinitari e Atei.

chiama questa Trinità un diavolo e un mostro a tre teste.

contro il vero fondamento della religione Cristiana e bestemmiando detestabilmente contro il Figlio di Dio, ha detto Gesù Cristo non essere Figlio di Dio dall’eternità, ma solo dopo la sua incarnazione.

contro quel che dice la Scrittura, Gesù Cristo essere figlio di David secondo la carne, egli lo nega, dicendo essere creato dalla sostanza di Dio Padre, avendo ricevuto tre elementi di questi e uno soltanto dalla Vergine, con cui perversamente egli pretende di abolire la vera e intera umanità del nostro Signore Gesù Cristo, sovrana consolazione del povero genere umano.

dice che il battesimo dei bambini non è che una invenzione diabolica e una stregoneria.

Item, di molti altri punti e articoli e di esecrabili bestemmie è tutto infarcito il libro da lui intitolato maliziosamente Restitution du Christianisme, per meglio sedurre e ingannare i poveri ignoranti.

Item, ha confessato volontariamente che a causa di questo perfido e abominevole libro fu imprigionato a Vienne, riuscendo però a fuggire.

Item, ciò nonostante, stando qui in prigione, non ha smesso di persistere maliziosamente nei suoi perfidi e detestabili errori, cercando di sostenerli con ingiurie e calunnie contro i veri cristiani e i fedeli detentori della pura immacolata religione cristiana, chiamandoli Trinitari, Atei e stregoni, nonostante le rimostranze fattegli da lungo tempo, come detto, in Germania e, a dispetto dei rimproveri, prigionie e correzioni fattegli qui e altrove, come più ampiamente e a lungo è contenuto nel suo processo.

Noi, sindaci e giudici delle cause criminali di questa città, avendo visto il processo fatto e formato davanti a noi, a istanza del nostro luogotenente istante in detta causa, contro di te, Michel Servet, di Villeneuve nel regno di Aragona, per le volontarie confessioni fatte nelle nostre mani e più volte reiterate, e per i libri davanti a noi prodotti, giudichiamo che tu, Servet, hai lungamente prodotto dottrine false e pienamente eretiche e, trascurando ogni rimostranza e correzione, hai con maliziosa e perversa ostinazione perseverato a seminare e divulgare, fin con la stampa di libri pubblici, contro Dio Padre, il Figlio, lo Spirito Santo, in breve, contro i veri fondamenti della religione cristiana, e per questo hai cercato di fare uno scisma e turbato la Chiesa di Dio, molte anime delle quali hanno potuto essere rovinate e perdute; cosa orribile e spaventosa, scandalosa e infettante, e non hai avuto vergogna e orrore di innalzarti contro la Maestà divina e la Santa Trinità, e ti sei impegnato con ostinazione a infestare il mondo delle tue eresie e del tuo fetido veleno ereticale. Crimine d’eresia grave e detestabile che merita una grave punizione corporale. Perciò, desiderantdo purgare la Chiesa di Dio di una tale infezione e troncare un tale membro putrido, con la partecipazione del consiglio dei nostri cittadini e avendo invocato il nome di Dio, per giusto giuramento, insediati a tribunale e avendo Dio e le Sante Scritture davanti agli occhi, diciamo:
Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, con questa solenne e definitiva sentenza, che noi diamo qui per iscritto, Tu, Michel Servet, noi condanniamo a essere legato e condotto nel luogo di Champel e là essere attaccato a un palo e a bruciare vivo con il tuo libro, scritto di tua mano e stampato, fino a che il tuo corpo non sia ridotto in cenere e finire così i tuoi giorni per dare esempio agli altri che volessero commettere tali fatti e a voi, nostro luogotenente, comandiamo che la nostra presente sentenza sia eseguita »
  
(In E. H. Alban, cit.)

LE STREGHE DI SALEM

Il giorno dopo Serveto fu condotto sul luogo dell’esecuzione, accompagnato dal pastore di Neuchatel, Guglielmo Farel, che invano cercò di ottenere da lui la ritrattazione delle sue opinioni. Fu incatenato al palo, il suo libro gli fu legato a una gamba e sulla testa gli misero una corona di foglie bagnate nello zolfo. Alla prima vampata del fuoco, non riuscì a trattenere un urlo di orrore, gridando: «Gesù, figlio del Dio eterno, abbi pietà di me!». Mezz’ora dopo spirò.

Uno degli episodi più truci di intolleranza accaduti nelle colonie inglesi nel New England fu quello della caccia alle streghe a Salem, nella colonia del Massachusetts Bay, esplosa improvvisamente nell’estate 1692. Il fenomeno della caccia alle streghe era purtroppo ricorrente nella storia delle religioni: basta ricordarsi gli episodi di streghe in Irlanda del 1380.
Una parte non trascurabile in questa vicenda lo ebbe la pubblicazione nel 1689 del libro Memorable Providences (atti della Provvidenza degni di memoria), scritta dal pastore Cotton Mather, i cui sermoni, assieme a quelli del padre Increase Mather, infiammarono gli animi più del dovuto.
Increase e Cotton Mather
Increase Mather nato nel 1639, dal 1664 fu ministro di culto della North Church a Boston e, dal 1685, presidente dell’università di Harvard. Morì nel 1723.
Il figlio Cotton Mather, nato nel 1663, ebbe il nome di battesimo dal cognome del nonno materno, il famoso predicatore puritano John Cotton, mentore spirituale di Anne Hutchinson. Egli si laureò a Harvard nel 1678, fu assistente ministro di culto nella chiesa del padre, e morì, solo quattro anni dopo quest’ultimo, nel 1727.
Nel 1689 Cotton pubblicò il suo libro, che descriveva un caso di presunta stregoneria avvenuta a Boston l’anno precedente: tre bambini avevano iniziato a comportarsi in maniera strana dopo un litigio con una lavandaia irlandese di nome Mary Glover, che, secondo Cotton, aveva lanciato un sortilegio sui minori. L’intollerante Cotton era così convinto della presenza della stregoneria da dichiarare che si sarebbe subito spazientito con chiunque avesse osato negare l’esistenza dei diavoli o delle streghe.
La caccia alle streghe di Salem
Nel gennaio 1692, due bambine di Salem (nel Massachusetts), Elizabeth Parris ed Abigail Williams, iniziarono a comportarsi in modo strano, con bestemmie, attacchi epilettici, stati di trance. Dopo pochi giorni questo comportamento si estese ad altre ragazzine della cittadina. Vista l’impossibilità dei medici di diagnosticare il tipo di malattia (oggigiorno il fenomeno sarebbe stato probabilmente diagnosticato come una miscela di epilessia, senso di colpa e stato di depressione adolescenziale), il padre di Elizabeth, il pastore Samuel Parris, trovò delle similarità tra l’episodio della figlia e quello descritto nel suddetto libro di Cotton Mather e accettò la discutibile tesi di un medico locale che fosse stato un intervento soprannaturale di Satana.
Ben presto si trovò il capro espiatorio: la schiava caraibica di Parris, Tituba e altre due donne, la mendicante Sarah Good e l’anziana e litigiosa Sarah Osborne, ma, mentre queste ultime due protestarono la loro innocenza, Tituba peggiorò la sua situazione, riferendo di incontri con un uomo alto di Boston (ovviamente Satana per i giudici) e dell’esistenza di una cospirazione di streghe a Salem. Tra marzo e giugno, il caso si allargò a macchia d’olio: centinaia di persone furono accusate di stregoneria e decine languirono in prigione per mesi senza processo.
Il governatore Phips decise di istituire un tribunale per decidere sul caso, ma Cotton Mather riuscì ad influenzare il parere di tre giudici sui cinque preposti ad organizzare i processi, esortandoli a considerare valide le prove soprannaturali e di dare massimo rilievo alle confessioni delle streghe.
La prima vittima fu Bridget Bishop, un’anziana donna accusata di mandare in giro il proprio fantasma per tormentare le persone e di potersi trasformare in un gatto: Bridget fu impiccata il 10 giugno 1692. Seguì un’impiccagione di cinque donne il 19 luglio, tra cui una pia donna, tale Rebecca Nurse, in un primo momento assolta, ma successivamente condannata a causa d’indegne pressioni da parte dei giudici sulla giuria.

E non solo donne vennero condannate a morte: persero la vita sia John Proctor, un taverniere (ironia della sorte!) intransigente contro la stregoneria [la sua vicenda ispirò il drammaturgo Arthur Miller nella sua opera The Crucible (La prova del fuoco)], che l’ex pastore del villaggio, George Burroughs, che si difese strenuamente, protestandosi innocente fino all’ultimo e dimostrando il 19 agosto, davanti alla forca, di conoscere il Padre Nostro perfettamente (si supponeva che le streghe non fossero in grado di recitarlo): solo l’intervento dell’implacabile Cotton, giunto appositamente, il quale affermò che spesso il Diavolo poteva trasformarsi in un Angelo di Luce, fece proseguire l’esecuzione capitale.
Una sola vittima non fu impiccata, ma la sorte riservatale fu anche peggio: si trattava dell’ottantenne Giles Corey, il quale si rifiutò di farsi processare. La pena in questo caso fu tremenda: fu fatto schiacciare da pesanti lastre di pietra, mentre, tre giorni dopo, la moglie e altre otto presunte streghe furono impiccate. Furono le ultime vittime di questo attacco di isteria collettiva: in tutto furono uccise 20 persone e altre 4 morirono in carcere.

Solo in autunno la voglia di spargere sangue passò di colpo e iniziarono a circolare lavori che criticavano i metodi addottati e perfino uno dei più accaniti, il padre di Cotton, Increase Mather scrisse un lavoro intitolato Cases of Conscience (casi di coscienza), nel quale affermò che era meglio che dieci presunte streghe fossero rilasciate piuttosto che un innocente fosse condannato.
Ma il lavoro che diede un colpo mortale all’attentibilità dei Mather fu la pubblicazione nel 1700 del More wonders from the invisible world (altre meraviglie dal mondo invisibile) del mercante di tessuti Robert Calef (1648-1719), il quale dipinse l’operato di Cotton Mather come così spietatamente crudele e palesemente tendenzioso che a quest’ultimo fu negata la presidenza di Harvard e a nulla servì il rogo pubblico (nel cortile del college di Harvard) di questo libro, organizzato da un inviperito Increase.

Il re degli anabattisti, Giovanni di Leida

Giovanni di Leida (olandese: Jan van Leiden o Jan Beukelszoon, alias Johann Bockold; Leida, ca. 1509 – Münster, 1536) fu un capo anabattista proveniente dalla città olandese di Leida. Era un apprendista sarto, figlio illegittimo di un borgomastro tedesco.

Cresciuto come un “bastardo” e indurito dalla povertà, il giovane Giovanni divenne un capo carismatico anabattista, grandemente riverito dai suoi seguaci nonostante un passato alquanto ambiguo. Secondo la sua testimonianza si recò nella città tedesca di Münster, arrivandovi nel 1533, perché girava voce che vi si stessero dirigendo alcuni predicatori ispirati ma soprattutto perché vi si trovava una fiorente corrente anabattista di cui lui stesso era componente e che, per altro, era entrata in rotta con la popolazione cattolica e con quella di fede luterana. Fu proprio in questo marasma che giunse a Munster Jan Matthys, uno dei maggiori capi anabattisti olandesi dell’epoca e dal quale Giovanni era stato ribattezzato a sua volta. Dopo il suo arrivo, Matthys – riconosciuto dalla folla come profeta – divenne il principale leader della città e (ri) battezzò molti cittadini munsteriti, convertendoli all’anabattismo ed espellendo dalla città tedesca tutti coloro che non si riconoscevano nei suoi dogmi apocalittici. Questi ultimi, spogliati di ogni ricchezza, perirono in massa nelle campagne innevate fuori città.

La domenica di Pasqua del 1534, dopo aver respinto l’attacco delle truppe vescovili che stringevano d’assedio la città, episodio durante il quale Jan Matthys perse la vita, Giovanni di Leida si autoproclamò Re di Münster fino alla sua caduta, avvenuta nel giugno 1535, quindi sposò l’ex concubina di Matthys, Divara, facendo suoi scudieri alcuni dei personaggi principali del delirio anabattista munsterita (tra cui lo stesso borgomastro Bernhard Knipperdolling). Giovanni instaurò a Munster una teocrazia totale, fece bruciare ogni libro che non fosse la Bibbia, abolì l’uso del denaro e si mise a guida di uno stato comunitario radicale (si dice che non fosse possibile chiudere la porta di casa perché chiunque aveva diritto di entrarvi, qualora ne abbisognasse) e poligamo. Alcune fonti riportano che Giovanni di Leida prese in moglie con la forza ben sedici donne, utilizzando come monito il passo della Bibbia in cui si recita: “andate e moltiplicatevi”. Egli decapitò in pubblico una di queste dopo che la donna si era ribellata alla sua autorità.

La milizia cittadina di Münster venne sconfitta nel 1535 dall’esercito prezzolato del principe vescovo Franz von Waldeck perché un traditore, stanco del regime dispotico di Giovanni e della carestia sopraggiunta, aprì le porte della città dall’interno, cosicché i cittadini anabattisti di Munster furono massacrati senza pietà dalle truppe e Giovanni di Leida stesso venne catturato mentre, pare, cercava vilmente di nascondersi. Giovanni venne inizialmente portato in una segreta a Dülmen, quindi riportato a Münster. Il 22 gennaio 1536, assieme a Hans Krechting e Bernhard Knipperdolling, altri capi della Rivolta di Münster, venne torturato e giustiziato. Ognuno di essi venne attaccato ad un palo con un collare dotato di punte di ferro, i loro corpi vennero straziati con pinze incandescenti per un’ora, quindi vennero uccisi con un colpo di daga attraverso il cuore. I corpi vennero posti in tre gabbie, innalzate sulla Chiesa di San Lamberto, e i loro resti lasciati a marcire. Le loro ossa vennero rimosse circa 50 anni dopo, ma le gabbie sono ancora oggi presenti. Gli anabattisti si macchiarono anche di cannibalismo, uccidevano i loro bambini e li mettevano in salamoia per poi mangiarli.

La storica Montesano: «l’Inquisizione e la “caccia alle streghe”? Questione protestante e rinascimentale»
pubblicata da No al satanismo il giorno Sabato 28 aprile 2012 alle ore 1.36 ·

La leggenda dell’Inquisizione viene spesso usata, oltre per attaccare il cattolicesimo, anche per tenere viva l’accusa al Medioevo di essere un “periodo buio”. Tanto buio che tutte le più grandi invenzioni, dagli ospedali alle università, emersero proprio in quell’arco storico! Tuttavia sono leggende popolari, per l’appunto, mentre gli storici hanno già più volte dimostrato di pensarla diversamente. E’ il caso recente di Marina Montesano, ricercatore di storia medievale presso l’Università di Genova la quale, in un articolo per “Il Manifesto”, recensisce due libri storici sulla “caccia alle streghe” appena pubblicati.

Il suo giudizio a ristabilire la verità sul Medioevo è netto: «proprio durante il fiorire del Rinascimento si elaborarono idee e strumenti atti a perseguire le streghe, e fu in piena età moderna che si registrarono in Europa le condanne più gravi e numerose». Continua, «per la caccia alle streghe si può schematicamente delineare uno sviluppo in tre fasi differenti: un diffondersi sporadico di processi e condanne capitali che terminò intorno al 1550-1560; un incremento notevole tra quest’epoca e il 1660, fase che costituì l’apice della caccia in Europa; dopo questa data e fino alla metà del XVIII secolo si ebbe una diminuzione generalizzata dei processi, ma anche il loro arrivo in aree precedentemente risparmiate». I numeri non sono poi certo quelli propagandati dai vari Corrado Augias & Co: «la storiografia è in grado di proporre dati probabili: nell’intero periodo tra metà Quattrocento e metà Settecento le condanne alla pena capitale oscillano tra le 40mila e le 60mila, nonostante la pubblicistica in materia dia spesso cifre palesamente assurde, che arrivano addirittura a parlare di milioni di vittime».

E’ importante anche concentrarsi sull’area geografia maggiormente coinvolta in questa pratica, ovvero quella germanica e protestantizzata: «un’area, quella tedesca del Sacro Romano Impero, comprendente territori cattolici quanto protestanti, in cui la caccia alle streghe mieté il numero maggiore di vittime. È una disparità che colpiva anche i contemporanei, se il gesuita Friedrich Spee poteva scrivere, nella serrata critica alle modalità dei processi tedeschi espressa nella Cautio criminalis del 1631, che la Germania sembrava essere «tot sagarum mater»: «madre di così tante streghe». Circa la metà delle condanne capitali europee furono comminate in Germania». E la causa, continua la storica, fu sopratutto la Riforma e l’estrema frammentazione del potere politico: «Lutero e Calvino non sembrano aver dato molto peso alla stregoneria e nessuno dei due riformatori elaborò una forma di demonologia innovativa, ma il Diavolo esercitava a loro avviso un potere reale nel mondo; i riformatori facevano dunque dell’impegno contro Satana quasi un’ossessione. È indubbio che, essendo le streghe emissarie del diavolo e complici nei suoi misfatti, nel mondo riformato si ponevano le premesse per una «caccia» intensa e determinata».

I revisionisti anti-cattolici citano anche ossessivamente l’Inquisizione spagnola (area cattolica) come il capro espiatorio della caccia alle streghe. Ma la Montesano chiarisce: «Il paragone tra la Germania e la Spagna è istruttivo: nella penisola iberica, vittima di una secolare «leggenda nera», si ebbe in realtà un uso giudiziario della tortura assai moderato e un numero di vittime molto basso, se paragonato all’Europa centro-settentrionale; i tribunali erano infatti restii a comminare la pena capitale, preferendo generalmente condanne più blande. Inoltre, le accuse erano più simili a quelle tradizionali di magia, piuttosto che di stregoneria per così dire «moderna», cioè corredata di patti e omaggi demoniaci, volo magico, infanticidi e via dicendo». Quante furono le streghe condannate a morte in Spagna? «più di cento in Catalogna nei soli anni 1610-1625, ma venti-trenta sotto l’Inquisizione negli oltre cento tra 1498 e 1610. In totale le condanne a morte dovrebbero aggirarsi intorno alle 300». Ancora meno se l’autorità centralizzata fosse stata forte e capace di incidere.

Riassumendo dunque si può dire che il Medioevo ebbe davvero poco a che vedere con la “caccia alle streghe”, attività che in grandissima parte avvenne in ambito protestante. Il pensiero è decisamente simile a quello di Jean Dumont, uno dei maggiori specialisti mondiali sull’Inquisizione spagnola, il quale in quest’interessante intervista aggiunge un dato sulla presunta e “terribile macchina da morte” spagnola: «nell’epoca di maggiore voga della tortura, in Spagna, a Valenza, su duemila processi dell’Inquisizione, nell’arco che va dal 1480 al 1530, sono stati ritrovati dodici casi di tortura».

Jean Dumont è  noto – oltre che per un suo  best-seller sulla Rivoluzione francese – per le sue ricerche sull’Inquisizione spagnola, un argomento di cui è considerato uno dei maggiori specialisti mondiali.


Intervista a Jean Dumont :

La propaganda rivoluzionaria e il mito dell’Inquisizione spagnola

D. Nel suo volume sulla Rivoluzione francese vengono passati in rassegna i miti anti-cattolici diffusi dagli illuministi negli anni precedenti il 1789 e che preparano il clima rivoluzionario. Tra questi miti Lei non cita l’Inquisizione spagnola. Perché? .

R. La polemica contro l’Inquisizione non e centrale nella letteratura anti-cattolica degli anni precedenti il 1789. Sull’argomento vengono diffusi soltanto uno o due opuscoli, mentre vi sono decine di testi su altri temi come il preteso genocidio del Perù o la pretesa corruzione morale nei conventi. II vero mito dell’Inquisizione spagnola nasce più tardi, con l’invasione della Spagna e la propaganda – stampata del resto in Francia – di autori illuministi e liberali spagnoli come Juan Antonio Llorente. Vi è una ragione che spiega perché l’arma della polemica anti-inquisitoriale non sia stata usata prima del 1789: in Francia era ancora vivo il ricordo della letteratura propagandistica finanziata dal cardinale di Richelieu contro la Spagna, che accusava l’Inquisizione spagnola – al contrario – di non essere seria e di non perseguire a sufficienza i nemici della fede; si trattava di dimostrare – falsamente, peraltro – in funzione antispagnola che solo la Francia, figlia primogenita della Chiesa, difendeva davvero la fede.

Le diverse Inquisizioni

D. Nei suoi scritti sull’Inquisizione Lei distingue anzitutto fra Inquisizione francese, spagnola e romana in modo molto netto …

R. Per la verità i miei studi riguardano soprattutto l’Inquisizione spagnola, anche se molto recentemente ho raccolto documenti interessanti sull’Inquisizione francese e sulla crociata contro gli albigesi. Su quest’ultimo argomento credo significativo raccontare un piccolo aneddoto. Se si apre un qualunque testa scolastico francese di storia si legge che, nella crociata contro gli albigesi, e stata distrutta la città di Bèziers e ne sono stati massacrati tutti gli abitanti. Ai capi militari della crociata, che chiedevano come distinguere tra abitanti albigesi e cattolici, il legato pontificio avrebbe risposto: «Uccideteli tutti, Dio riconoscerà i suoi». È una frase famosa, che si radica nella memoria di tutti gli scolari francesi. Bene: eruditi locali hanno recentemente mostrato che a Béziers non vi erano albigesi, che la crociata non e passata da Béziers e meno che mai sono transitati dalla città «legati pontifici». Béziers fu messa a sacco – e vero in anni non lontani dalla crociata, ma nel contesto di una guerra feudale tra due famiglie della zona, del tutto priva di motivazioni religiose.

Ma chi corregge i libri di testo?
Per valutare l’Inquisizione francese delle origini occorre avere anzitutto una buona informazione sui catari: non si trattava di un movimento di pacifisti innocui, ma di bande di fanatici che predicavano l’assassinio dei nemici e il suicidio di massa – la famosa endura, una sorta di auto-genocidio -, quindi di un pericolo mortale per l’Europa, che l’Inquisizione francese ha definitivamente sconfitto, peraltro spesso con la mitezza e la tolleranza e solo raramente con la forza. A partire da Filippo il Bello l’Inquisizione francese diventa una sigla di cui si appropria il potere politico «laico» e su cui la Chiesa non ha più alcun controllo effettivo. I tribunali «inquisitoriali» che processano i templari e poi Giovanna d’Arco non sono più la vera Inquisizione, ma manifestazioni del potere “laico”.

Quanto all’Inquislzione romana – su cui molti studi restano da fare – la mia impressione, come specialista dell’Inquisizione spagnola, e di trovarmi di fronte a una realtà per certi versi dilettantesca, priva della competenza e della sapienza giuridica che si manifestano in Spagna. Spesso gli inquisitori romani non sono inquisitori di professione, ma personaggi di curia, impegnati in mille altre cose e che, occasionalmente, esercitano questa funzione giudiziale: Questa circostanza – mi pare – potrebbe spiegare certi errori evidenti e certe severità eccessive che talora appaiono frettolose. Quando parlo di severità eccessive non dimentico, naturalmente, che anche l’Inquisizione romana, nei suoi periodi più duri, era pur sempre più tollerante dei tribunali «laici» delle stesse epoche; e delle Inquisizioni protestanti, che erano davvero durissime come hanno mostrato gli studi recenti di Jean-Marc Brissaud che – come direttore di collane editoriali – ho contribuito a far pubblicare.

All’origine dell’Inquisizione spagnola

D. La sua tesi centrale sull’Inquisizione spagnola – come emerge dai suoi libri – e che si e trattato di un’istituzione necessaria, indispensabile e che ha evitato guai peggiori …

R. Raramente chi parla dell’Inquisizione spagnola adotta il punto di partenza corretto, che e la questione ebraica in Spagna. II problema era antico: già in epoca romana l’Andalusia veniva chiamata «la seconda Palestina» per il gran numero di ebrei che vi si erano stabiliti fin da tempi antichissimi, seguendo i fenici. Si calcola che in epoca imperiale il venticinque per cento della popolazione andalusa fosse ebrea, con punte del trentatré per cento nelle grandi città come Siviglia e Cadice. Certi studiosi sostengono che una intera tribù d’Israele, la tribù di Giuda, si era trasferita in Andalusia. Con il cristianesimo questi ebrei non si convertono; recentemente sono stati pubblicati i documenti completi del primo concilio nazionale nella storia della Chiesa, il concilio di Elvira agli inizi del IV secolo; dove si può dire che non si e parlato altro che degli ebrei andalusi. Mille anni dopo, nel secolo XV, il problema si poneva in modo diverso. Molti ebrei si erano convertiti al cattolicesimo formando una classe di conversos che dominava l’economia, la cultura e talora anche le cariche ecclesiastiche, suscitando il rancore dei cattolici di origine non ebraica, che a poco a poco si vedevano sfuggire tutte le posizioni di potere. II rancore diventa violenza quando, in alcuni casi evidenti, gruppi di conversos rivelano chiaramente che la loro adesione al cattolicesimo e stata puramente formale e mossa dal desiderio di occupare cariche pubbliche – riservate ai cattolici – celebrando in pubblico riti inequivocabilmente giudaici o «giudaizzando» i riti cattolici. È un fatto noto agli storici e largamente provato che, a un certo punto, nella cattedrale di Cordoba si celebrava un ufficio che aveva ben poco di cattolico e dove tutti i riferimenti culturali erano giudaici. A partire dal 1391 esplodono in Spagna episodi di violenza popolare contro gli ebrei, sia di religione giudaica che conversos, che fa molti morti: e sarebbe stato un bagno di sangue senza il ricorso all’Inquisizione, richiesto insistentemente al re da molti autorevoli conversos. Qual e dunque lo scopo primo dell’Inquisizione? Colpire i falsi conversos che hanno finto la conversione per ragioni di convenienza e che «giudaizzano» i riti cattolici. Ma qual è il rovescio della medaglia? L’Inquisizione, colpendo una ridotta percentuale di conversos, certifica che tutti gli altri conversos – la stragrande maggioranza, quella che non viene colpita – e composta da veri cattolici e da veri spagnoli, che nessuno ha il diritto di discriminare e meno ancora di attaccare con la violenza. Dal momento in cui nasce l’Inquisizione spagnola i promotori di tumulti anti-giudaici perdono qualunque giustificazione, vengono colpiti dal potere reale e in pochi anni i tumulti spariscono. Colpendo una minima percentuale di conversos fittizi l’Inquisizione ha salvato gli ebrei convertiti di Spagna dalle invidie e dai tumulti e ne ha garantito la prosperità: sono di origine ebraica Diego Lainez, il grande protagonista del Concilio di Trento, molti gesuiti, grandi famiglie come gli Acosta di Medina del Campo – che daranno cinque fratelli, i famosi padri Acosta, alla Compagnia di Gesù – e i marchesi di Cadice, poi noti come duchi di Arcos. Ma ancora: a chi la Chiesa mette in mano l’Inquisizione? A conversos, a cattolici di origine ebraica come Tomas de Torquemada e come il suo successore Diego Deza. Garanzia di un trattamento senza pregiudizi anti-giudaici; e forse ragione occulta delle incredibili menzogne che tutta una letteratura di propaganda ha diffuso su questi personaggi. Pochi sanno che lo stesso Torquemada e uno dei maggiori mecenati e protettori di artisti della sua epoca: tutto il magnifico complesso di San Tommaso d’Avila, il vertice del gotico spagnolo, e il frutto del mecenatismo di Tomas de Torquemada, a cui deve molto anche la grande pittura di Pedro de Berruguete. Ma desterà ancora maggiore stupore sapere che Tomas de Torquemada e’ stato un inquisitore generale relativamente mite e liberale, che si e battuto per ottenere ampie amnistie come quella del 1484, di cui ha beneficiato il nonno di santa Teresa d’Avila, un ebreo converso sorpreso a «giudaizzare» che con l’amnistia si ritrova libero e riabilitato fino a potere diventare direttore delle finanze reali ad Avila. Tra l’altro, la, pena a cui era stato condannato non era poi terribile: doveva visitare in abito da penitente un certo numero di chiese tutti i venerdì.

I fatti e le cifre

D. L’obiezione che le è stata talora rivolta e che – se anche le dimensioni quantitative delle condanne dell’Inquisizione sono state esagerate e vanno riviste – resta pur sempre vero che un certo numero di uomini ha perso la vita per le proprie idee, un fatto a cui la coscienza moderna afferma di ribellarsi …

R. Anzitutto l’esagerazione relativa alle cifre e stata talmente clamorosa da far concludere alla falsificazione deliberata. Vi sono ancora in circolazione libri che parlano di centinaia di migliaia di vittime dell’Inquisizione spagnola: libri scritti da persone che ricopiano fonti propagandistiche dell’Ottocento e che non sanno neppure che dagli archivi possono essere ottenere informazioni quasi complete. Uno studio quantitativo, condotto anche con l’aiuto del computer, dei processi dell’Inquisizione spagnola e in corso, ma vi sono già dei risultati parziali. Uno specialista danese, Gustav Henningsen, completato lo spoglio di cinquantamila processi che coprono l’arco di centoquarant’anni, ha reperito circa cinquecento casi di condanne a morte eseguite, cioè l’uno per cento. Altri studiosi hanno confermato questi dati. L’Inquisizione spagnola è figlia della sua epoca, e va paragonata a fenomeni analoghi in altri paesi, per esempio alle decine di migliaia di morti della repressione anticattolica in Irlanda e in Inghilterra. Quanto alla coscienza moderna, e poi così certa di essere più tollerante di ieri? La repressione ideologica. religiosa, razziale comunista o nazionalsocialista ha fatto milioni di morti, mille e più volte dell’Inquisizione spagnola, E l’alternativa all’Inquisizione spagnola – come ho accennato – sarebbe stata la furia cieca e sanguinaria dei tumulti anti-ebraici e della guerra civile. Non è poi del tutto esatto dire che le vittime dell’Inquisizione spagnola sono morte «per le loro idee»: nessun ebreo dichiarato è stato condannato perché tale, mentre sono stati condannati coloro che si fingevano cattolici per ricavarne vantaggi. Come tutti i tribunali l’Inquisizione ha commesso errori; ma doveva essere un tribunale prudente, se lo spoglio degli archivi sta rivelando che un processo su cento portava il condannato alla pena capitale. Degli altri novantanove si penserà forse che esponessero il reo ai famosi orrori delle «prigioni dell’Inquisizione». In realtà, solo recentemente gli storici hanno scoperto – è ormai un fatto indiscusso – che le formule «prigione perpetua» e «prigione irremissibile» non significano affatto l’ergastolo, ignoto in Spagna. La «prigione perpetua» durava in genere cinque anni e quella «irremissibile» otto. Le prigioni dell’Inquisizione erano fra le migliori dell’epoca e molti istituti moderni a favore dei detenuti risalgono all’Inquisizione spagnola: il trasferimento in casa o in convento dei detenuti anziani e ammalati, per esempio, così come la semi-liberta. Tutto questo in un’epoca in cui il carcere «laico» era – quello si – spesso spaventoso. Vale la pena, forse, di aggiungere una parola sulla tortura: era comune all’epoca nella procedura «laica», mentre le istruzioni degli inquisitori generali raccomandano di farvi ricorso con la più grande parsimonia. Anche qui parlano i verbali e gli archivi: nell’epoca di maggiore voga della tortura, in Spagna, a Valenza, su duemila processi dell’Inquisizione, nell’arco che va dal 1480 al 1530, sono. stati ritrovati dodici casi di tortura. La proporzione in altre epoche e altre città in genere non e la stessa: è minore.

Ho insistito sui processi conto i giudaizzanti e i falsi conversos perché statisticamente rappresentano la grande maggioranza dei processi dell’Inquisizione spagnola; sono molti meno i casi in cui sono stati presi in considerazione musulmani falsamente convertiti, e pochissimi i casi di repressione di umanisti o di illuministi. I seguaci spagnoli di Erasmo, che ho particolarmente studiato, tra cui i Valdés – di cui ho ritrovato gli archivi – sono stati disturbati; ma mai seriamente perseguiti. E chi viene presentato come grande martire illuminista degli ultimi anni dell’Inquisizione? Pablo de Olavide. Per dare un esempio ai lettori e diffusori dei filosofi francesi – i cui libri, teoricamente vietati, sono stati ritrovati in gran copia nelle biblioteche spagnole del Settecento – Pablo de Olavide viene condannato dall’Inquisizione, nel 1778, alla prigione «irremissibile», dunque – come sappiamo – a otto anni, da scontare in con vento anziché in prigione a causa della sua malattia. Appena in convento, Pablo de Olavide protesta di aver bisogno di cure termali, e viene mandato alle terme in Castiglia. Poiché queste non gli giovano, protesta di nuovo chiedendo di essere mandato ad altre terme in Catalogna. Anche stavolta l’Inquisizione lo accontenta, e cosi da una stazione termale vicina al confine può facilmente rifugiarsi in Francia dove viene accolto come martire dell’Inquisizione destinato ad una lunga carriera sui libri di testo; i quali tra l’altro – dimenticano di dire che Olavide, anni dopo, sarà convertito dal terrore rivoluzionario e, da illuminista che era, chiuderà la sua vita scrivendo in difesa della religione.

II futuro del mito

D. Il mito relativo all’Inquisizione e stato in parte demolito: ma le ricerche degli specialisti non sono affatto conosciute dal grande pubblico. Prevede qualche modifica a questa situazione nel prossimo futuro?

R. Circa la Francia sono scettico. In Spagna passo gran parte del mio tempo, e mi sembra che sia rimasto almeno qualcosa di quello spirito che spingeva il popolo a firmare in massa, nel tardo Settecento, petizioni di protesta contro l’abolizione dell’Inquisizione. Le voglio raccontare una delle esperienze più interessanti della mia vita. Dopo la pubblicazione del mio volume sull’Inquisizione spagnola, la Gran Loggia della massoneria francese – e sappiamo che importanza ha l’Inquisizione nella propaganda massonica – mi ha invitato, nell’ottobre del 1983, a tenere una conferenza a porte chiuse, con successivo dibattito, ai massoni di venti diverse logge francesi e a una delegazione di massoni spagnoli. Una conferenza bizzarra; come oratore ero messo in una posizione quasi laterale al pubblico, che rimaneva in ombra in modo che non potessi distinguere bene le persone. Ho riassunto il mio libro senza omettere nulla, e alla fine il gran maestro ha introdotto il dibattito con un attacco durissimo, dicendo che il mio intervento era stato provocatorio. Da parte mia, non avevo promesso niente di diverso. Ebbene, uno dei massoni spagnoli si e alzato e ha detto che le critiche del gran maestro erano fuori posto, e che la lezione da trarre dalla mia conferenza era che bisogna smettere di attaccare la Chiesa con argomenti ormai storicamente inaccettabili e che rischiano di essere confutati. Qualche tempo dopo questo signore – un avvocato molto noto a Malaga – è venuto a trovarmi in Spagna e mi ha raccontato un episodio che mostra come il popolo spagnolo – che può avere punte di anticlericalismo feroce conserva un certo rispetto per la sua storia. Raccontava questo massone spagnolo di essersi fermato in un caffè di periferia pieno di operai in tuta arringati da un pastore protestante – vi è una vera offensiva protestante in Spagna – che li invitava a una riunione. A un certo punto, di fronte alle insistenze del pastore, un operaio aveva dato questa risposta, in cui vi e tutta una certa Spagna: «Senti, amico, io sono ateo. Non credo neppure al Dio cattolico, che è il vero Dio. Figuriamoci se credo al tuo …».

fonte

cristianicattolici.it

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