Alta Terra di Lavoro

già Terra Laboris,già Liburia, già Leboria olim Campania Felix

INTERVENTO DI GIUSEPPE MORZILLI AL CONVEGNO DI SCURCOLA MARSICANA 21 GENNAIO 2024

Posted by on Feb 16, 2024

INTERVENTO DI GIUSEPPE MORZILLI AL CONVEGNO DI SCURCOLA MARSICANA 21 GENNAIO 2024

Buon pomeriggio

Ringrazio l’amico Claudio Saltarelli della Associazione Identitaria Alta Terra di Lavoro di Cassino per le belle parole che ha speso sulla mia persona che forse non merito, saluto il Sindaco della Città di Scurcola che come detto in altra circostanza è sensibile come l’amministrazione che capeggia verso i problemi della cultura, nel voler organizzare appuntamenti finalizzati a ricordare da dove veniamo per conoscere ancor di più, qualora ce ne fosse bisogno, chi siamo.

Saluto l’architetto Loreto Giovannone autore del libro che fra poco ci racconterà e ci condurrà in un mondo a molti sconosciuto.

Il nostro territorio ben 162 anni fa, più propriamente nei giorni di domani e dopo domani è stato teatro di uno degli eccidi, dei massacri, delle mattanze, delle stragi più crudeli della storia non soltanto del nostro paese Scurcola, ma dell’intera nazione Italica.

L’eccidio di Scurcola di cui in passato abbiamo ricordato i fatti e le motivazioni degli accadimenti non si sposta molto dai tanti massacri che sono seguiti dopo la spedizione dei Mille e l’unificazione del Regno d’Italia da parte dei savoiardi Piemontesi, contro i briganti-insorgenti filo borbonici.

Fra i tanti misfatti ricordo Bronte, Auletta, per non parlare della strage di Casalduni e Pontelandolfo, forse le più crudeli, esse, ci fanno ricordare che dopo la battaglia del Macerone, nel Molise vicino a noi, il generale Enrico Cialdini, oggi definito “criminale di guerra” dall’attuale revisionismo storico, comandante il movimento di repressione del brigantaggio, aveva cominciato a fucilare i contadini, che, secondo lui, giravano armati o avevano una divisa, facendo ricorso ad arresti in massa, esecuzioni sommarie, distruzioni di casolari e masserie.

Oggi segnaliamo un altro eccidio sottaciuto anch’esso, me lo ha segnalato l’amico Saltarelli: quello di Nola, in cui il famigerato Pinelli, lo stesso che incontriamo nel nostro eccidio passò alle armi 232 cittadini, con la stessa tecnica, lo stesso tipo di mattanza: decise e ordinò di fucilarli sommariamente senza alcun processo nella piazza principale di Nola.

Difatti, dal racconto di un bersagliere, tale Carlo MARGOLFO, testimonio e nello stesso tempo carnefice delle stragi, egli parla nelle sue memorie, della mattanza di Nola in cui prese parte allo scontro, contro i briganti-insorgenti nell’Irpinia, a Montefusco, e poi partecipare alla fucilazione di Nola.

… quindi partimmo per Nola, dove vi era il generale Pinelli, giunti a Nola, su un gran piazzale si fece sosta, giunto il generale Pinelli ordinò “Per tre, fate fuoco”, e al comando tutti cascarono per terra morti, rimase il figlio del Sindaco, al quale toccò la stessa sorte, mentre veniva promesso di tornare a casa, appena fece un trenta passi, il generale Pinelli disse tirate a quel galantuomo e colpito cascò anche lui vicino agli altri suoi compagni.

Qualche giorno dopo, Margolfo partecipò anche alla terribile strage di Pontelandolfo.

E anche Nola fu così, purtroppo, teatro di una della pagine, oggi dimenticate, più brutte e insanguinate della così detta Unità d’Italia.

Dunque oggi non sono e non siamo a raccontare i fatti che successero il 22 e 23 gennaio 1861 a Scurcola, non ricordiamo i caduti sotto il fuoco dei Piemontesi.

Non siamo oggi a ricordare l’unico nostro paesano caduto sotto il fuoco dei Piemontesi, quel Costantino Oddi di Domenico e Domenica Bucceri, di ventidue anni, nemmeno a quanto scritto nei relativi Registri di competenza da parte dell’abate don Luigi De Giorgio nel Liber Mortuorum della Parrocchia e in quello dello Stato Civile da parte del Sindaco di Scurcola Gaetano De Giorgio fratello dell’abate.

L’unità d’Italia non era stata ancora raggiunta, avverrà solamente il 17 marzo 1861.

L’argomento odierno è però una conseguenza di quel drammatico periodo della storiografia italiana, passato come lotta al Brigantaggio e che invece è stata una guerra civile, italiani, contro italiani.

Sono onorato che Loreto e gli amici dell’associazione Alta Terra di Lavoro, si sono rivolti a me per esternare qualche riflessione sul volume che oggi presentiamo a Scurcola LA FACCIA NASCOSTA DEL RISORGIMENTO e come sotto titolo LA FEROCE REPRESSIONE, LE DEPORTAZIONI E I LAGER PER I RESISTENTI E I CIVILI DEL MERIDIONE D’ITALIA.

È difficile parlare in un luogo come questo, con tanta gente, con tante persone che ti osservano, che aspettano chi sa che cosa da aggiungere a quando detto dall’autore nel suo libro e ha quando dirà in seguito, oggi stiamo presentando: l’ennesimo lavoro dell’architetto Loreto Giovannone.

Chi ama la propria terra, ama il passato, ama gli antenati, ama i ricordi della sua gente. Loreto Giovannone in questo suo volume, in qualche modo seguita con i suoi scritti già pubblicati, frutto delle sue ricerche; egli desidera nella maniera più forte, incisiva e convinta, recuperare sino in fondo un periodo della nostra storia che merita di essere riscritto se non altro per le troppo storture che stanno venendo fuori in seguito alla frequentazione di archivi, da parte di veri e autentici studiosi, non cattedratici ammanicati con il potere, quei studiosi alla ricerca di una verità, proprio come emerge dalla lettura de: LA FACCIA NASCOSTA DEL RISORGIMENTO, per cui la storia, come dicono in molti, l’hanno scritta i vincitori, i vinti hanno sempre torto.

Loreto è ben consapevole che un popolo vive se conserva le sue tradizioni culturali, se ricorda la propria storia, se ricorda e ne fa tesoro della vita, di come vivevano gli ultimi, perché difensori di ideali identitari, ideali soffocati con la violenza, con la repressione e questo emerge dal lavoro che fra poco l’amico Giovannone ci presenterà.

Questa sua consapevolezza ha maturato l’idea di dedicare anni preziosi alla ricerca e alla consultazione di testi preziosi e sconosciuti, documenti ben conservati presso biblioteche e archivi.

Tutto ciò che ha scritto quindi non è frutto di supposizioni e fantasia, non è una storia romanzata, ma, fatta da certezze documentate, da luoghi ben evidenziati, da personaggi spesso loschi e dalle date certe e circostanziate.

Dico subito che non è mia intenzione scendere su quel terreno, lo farà sicuramente l’autore. Le impostazioni del testo tendono naturalmente a falsare la Storia, o meglio a riappropriarsi della Storia, quella vera, mentre è mia profonda convinzione che l’onesta indagine sia, per una sana ideologia, di gran lunga la migliore delle propagande.

Nel libro qualcuno potrà osservare una certa vena di polemica, quella interessa alla storiografia ufficiale, quella dei cattedratici, noi ci atteniamo a quello che l’autore ci racconterà.

Il libro suscita emozioni, come tra l’altro tutti i suoi lavori, come detto, segno di una attaccamento morboso al suo territorio, alla sua gente, la nostra stessa gente: teatro la seconda metà dell’Ottocento italiano.

Loreto insieme con la sua signora, la professoressa Mirian Compagnino, ha rovistato, scartabellato, tirato fuori nei diversi archivi che hanno frequentati, da autentici topi d’archivio sottili ed arguti, documenti che scottano, arrivando a delle conclusioni che fra poco l’architetto ci illustrerà.

Giovannone nel corso della sua lunga opera di ricerca ha raccolto e ordinato una straordinaria collezione di documenti ufficiali, i quali mostrano, come lui stesso ricorda la faccia nascosta e feroce della Storia d’Italia, i crimini commessi da assunti eroi risorgimentali a danno delle popolazioni meridionali, colpevoli di non voler sottomettersi alla conquista dei Savoia.

Prima di entrare nello specifico del tema odierno, sulle deportazioni che seguirono i primi anni di Regno e che fra poco l’amico Loreto ci informerà, vorrei segnalarvi che è in vendita il libro “la faccia nascosta del Risorgimento” come titolo e “la feroce repressione, le deportazioni e i lager per i resistenti e i civili del meridione d’Italia” come sotto titolo.

Un testo che l’architetto Giovannone, storico e grande cacciatore di documenti originali e scopritore di fonti nascoste, il quale con la sua lunga, costante ricerca, si occupa prevalentemente di ricostruire la VERA storia di quel periodo passato come Risorgimento italiano e più propriamente come lo definisce egli stesso è la conquista del sud.

Un volume che ricostruisce letteralmente, frammento dopo frammento le immagini sbiadite dal tempo, che la storiografia ufficiale della propaganda sabauda a nascosto alla storia e che invece ora ridisegnano contorni veramente inquietanti.

Loreto ci condurrà, passo, passo in un mondo, ai più sconosciuto.

Il libro molto ben curato, riporta in modo, a volte sinottico, la documentazione reperita e riscritta, frutto di un articolato progetto di ricostruzione delle radici del male commesso.

Frutto appunto della frequentazione negli archivi, come dicevo, documento, dopo documento, ripercorre le tappe fondamentali che lo hanno indirizzato in un filone di cui, come lo stesso autore ammette, ha visionato una minima parte del materiale cartaceo prodotto, chissà che uscirà fuori ancora se avrà il tempo a sufficienza nell’analizzare la montagna di materiale cartaceo esistente.

Egli fa un riferimento a quelli che sono stati gli avvenimenti storici più importanti che hanno avuto come ripercussione il brigantaggio e il successivo periodo delle deportazioni.

Leggendo il Libro “La faccia nascosta del Risorgimento”, qualche dubbio me lo sono fatto venire.

Loreto una parte della ricerca documentale utilizzata, l’ha presa nell’Archivio storico della Camera dei Deputati, cioè in quel Parlamento che legiferava ed emanava gli atti di conseguenza.

Ebbene da quanto riporta l’autore, mi chiedo, ma questi documenti, è mai possibile che nessun storico, anche fra quelli più accreditati, i prof universitari, i Baroni, non hanno mai incontrato o per caso esaminato neppure una volta questi scritti durante le loro visitazioni.

È vero che la propaganda è e vuole essere sempre dalla parte dei vinti, coinvolgendo continuamente il Dio denaro, per cui ci si “assottana” come si dice a Scurcola, ci si infila nel fosso e si cammina avanti, dritti, senza mai voltarsi dietro e risalire in superficie.

Fra i molti nomi che incontriamo, non possiamo non parlare del piano che un nostro corregionale ha attuato, quel Silvio Spaventa di nome e di fatto.

Dell’altro corregionale, anzi co nostro provinciale, il deputato Giuseppe Pica, che darà vita alla legge che porta il suo nome, legge per la repressione del brigantaggio che costò, secondo alcune fonti l’eliminazione di circa 14.000 briganti o presunti tali.

Per combattere il Brigantaggio, Spaventa, di nome e di fatto, come detto poc’anzi, ha attuato uno strategico piano per deportare verso luoghi lontano dal proprio paese, interi gruppi familiari, donne, bambini, senza neppure, in tantissimi casi far conoscerne le motivazioni.

Il piano Spaventa segretario del Ministero degli Interni, organizzatore di una macchina sulle deportazioni coatte, soprattutto quando ci viene riferito da Giovannone verso le isole dell’Arcipelago toscano, ricorrendo ad un geografo capace di individuare le aree più rispondenti al bisogno, individuando castelli, fortezze per deportare gli esiliati politici colpiti dai provvedimenti di polizia.

Piano ben orchestrato dal governo di Marco Minghetti, caro Sindaco, Scurcola oggi conserva ancora nella sua toponomastica targhe che riportano i loro nomi.

Per la verità quella del Presidente Marco Minghetti, durante il rifacimento della toponomastica stessa, negli anni Ottanta del secolo scorso, presenta un errore di trascrizione, per cui invito l’Amministrazione comunale a voler correggere l’errore del nome come quello di piazza Zenobia Bontempi.

I deportati, oltre per le precarie condizioni di vita a cui sono stati sottoposti, sono stati usati e abusati per l’estrazione mineraria, cavando quei prodotti, non vi dico in quale stato disumano, ma, soprattutto favorendo l’Inghilterra e la sua economia espansionistica, ricambiando ai Savoiardi l’appoggio ricevuto nella tanta declamata spedizione dei Mille.

Anche i francesi, hanno tratto vantaggio dalla situazione in atto, per non parlare della tratta dei minori verso le vetrerie d’oltralpe.

Il piano, quello dello Spaventa, per ritornare a noi, porta il beneplacito del Re galantuomo: Vittorio Emanuele II di Savoia, di cui si sentiva amico e fidato Consigliere.

Nella fine del suo lavoro, l’autore si tuffa nelle motivazioni del brigantaggio e nel Capitolo dedicato a Benedetto Croce, nipote dello Spaventa, invitato a scrivere la prefazione a LETTERE POLITICHE del 1926, usò per suo zio Silvio, il paravento di … elevati valori ideali per lo Stato, non considerando la lunga opera a capo della nazionalizzazione delle ferrovie e i precedenti governativi della riorganizzazione delle Prefetture per la repressione del cosiddetto brigantaggio.

Ancora Benedetto Croce, trascurando i danni del piano Spaventa, omette tutti i mali, le tirannide, l’arbitrio di Stato perpetrato dal potere politico contro gli insorgenti meridionali.

Leggendo il volume, come dicevo, riporta numerosi documenti ai più sottaciuti, vorrei, però riportare un passo che l’autore riproduce, ve lo leggo… le regioni del sud Italia reagirono al nuovo ordine di cose, agli invasori con piccole bande che, praticando una guerriglia tattica, misero in difficoltà le forze d’invasione Piemontesi. Una considerevole quantità di bande dall’Abruzzo alla Calabria, diedero vita alla resistenza dei briganti.

La guerra civile che ne scaturì fu combattuta con tenacia con la tattica dell’attacco rapido e della ritirata strategica nei territori ben conosciuti. La propaganda, allora attivissima, negò l’esistenzadell’avversario politico e militare, ancora criminalizzandoli e descrivendoli unicamente come feroci assaltatori atti alla rapina, alla violenza, a depredare le vallate, le campagne, i villaggi e i borghi, rifugiandosi infine in montagna; la propaganda, tutt’oggi più che mai attiva, non ha smesso di propagare falsità; oggi i documenti dimostrano l’inganno, le imputazioni maggiori ai deportati sono manutengoli di briganti, e la deportazione a cui furono sottoposti fu una chiara misura politica.

Mi sono appuntato queste brevi considerazioni per timore di non dire quanto avevo in mente di esternare all’amico Giovannone.

Quello che è successo in quel tragico periodo del Risorgimento Italiano, ce lo racconterà, anche se solo in parte, l’autore fra poco.

Vi ringrazio

Scurcola Marsicana 21 gennaio 2024

Giuseppe Morzilli

Submit a Comment

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.