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Intimità svelata nella villa dei “Misteri” a Pompei

Posted by on Ago 28, 2018

Intimità svelata nella villa dei “Misteri” a Pompei

Edificata alla periferia nord di Pompei, la villa dei Misteri ha consegnato uno degli insiemi pittorici più importanti del mondo romano. Senza la riscoperta di Pompei, la pittura romana, ma anche l’architettura e l’evoluzione dei tipi di abitazione dell’epoca sarebbero restate praticamente sconosciute.

 

 

 

Una delle scene più famose rappresenta “la flagellazione e la danza dionisiaca”.

Dal fiume delle immagini del maschio greco, si finirebbe per dimenticare che, là anche, le donne costituivano la metà dell’umanità, per parafrasare Aristotele. E’ che tutto è stato ben aggiustato per questo, poiché. come sostiene Françoise Frontisi- Ducroux, se lo sguardo ha un sesso, in Grecia antica, esso è incontestabilmente maschile. Ogni immagine, dell’uomo o della donna, si destina lo sguardo dell’uomo,  lui solo può rispondergli e trarne piacere. Anche quando, per una volta, sono delle donne che banchettano tra di loro, il parallelo con il”symposiom” maschile non è che apparente : queste donne sono destinate agli uomini, danzatrici, flautiste, o partners erotiche. Anche sola, la donna si trova posta sotto lo sguardo dell’uomo, che, assente, osserva, donde queste immagini straordinarie di sessi maschili dotati di una vita propria e che si trovano in impieghi inattesi : qui una donna innaffia con cura l’aiuola di falli che lei possiede nel suo giardino e che si drizzano fuori del suolo come asparagi troppo cresciuti ; là sono polli dal collo e dalle teste fallici, che seguono la donna come animali familiari che aspettano illoro becchime ; altrove ancora una donna trasporta un membro gigante come sposterebbe un mobile o un utensile da cucina. Orbene tutti questi sessi sono provvisti di un occhio alla loro estremità, che permette loro di sorvegliare la donna e di nutrirsi senza ritegno dei suoi fascini velati, poiché se l’uomo greco accorda incontestabilmente un posto privilegiato ai suoi amori maschili, la donna non è assente dall’iconografia dei vasi, ivi compresi quelli che servono ai banchetti degli uomini. Certo, è piuttosto sulle scatole da polvere o da gioielli, sui flaconi e sugli unguenti, che si cercherà l’iconografia del quotidiano delle donne, la loro toeletta, i loro figli, i preparativi di un matrimonio, e altre scene della vita privata. Da questa iconografia, l’uomo è assente, salvo, come lo mostra François Lissarrague, sotto forma di satiri. Però che non vi si cerchi occasione di scurrilità ! Questi satiri (dai sessi per una volta modesti) parodiano le attitudini delle donne : uno si contempla in uno specchio, un altro fila la lana, un terzo, come una serva, assiste la sua padrona al momento di una seduta di depilazione, un altro ancora gioca con un fanciullo-satiro. Si è ben lontani da un’immagine di sostituzione di un uomo supervirilizzato, che  farebbe da maschio in questo spazio senza uomo. Al contrario, tutto designa qui il satiro come un essere sessualmente e psicologicamente immaturo, quasi infantile, e che, a questo titolo, può ancora penetrare nel ginecei e portarvi quello sguardo indiscreto. di cui la pittura di vasi ci consegna il bottino.

Se Lissarrague e Frontisi-Ducroux gettano sull’universo femminile uno sguardo accattivante, una grossa metà del libro (“I misteri del gineceo”) è costituita da un testo affascinante di Paul Veyne, tutto consacrato ad una analisi minuziosa di un solo insieme di pitture, quelle della villa dei “Misteri” a Pompei. Questa opera celebrerealizzata nel I secolo a: C., probabilmente ispirata ad un originale greco, perde il suo carattere esoterico per guadagnarvi una luminosità che solo la perspicacia di Paul Veyne poteva restituirle, poiché, tanyo vale dirlo subito, l’autore stesso rinuncia, sin dalla prefazione, ad intrattenere la suspense. Di “Misteri” non c’è punto. Chi, del resto, sarebbe stato abbastanza sacrilego da rappresentare, fosse nel più nascosto di una dimora privata, quello che era proibito di svelare ? E’ in realtà di una cerimonia di matrimonio che si tratta, malgrado la presenza di Dioniso da invitato apparentemente insolito, e quella di alcuni accessori della liturgia misterica che tutti potevano conoscere senza essere iniziati ( il ventilabro mistico contenente il fallo sotto il velo). Il parallelo con la non meno celebre pittura, conosciuta sotto il nome delle “Nozze aldobrandine” (museo del Vaticano) basterebbe a convincersi di una tale identificazione (1). Dispiegando un’erudizione senza incrinatura, Paul Veyne perviene, grazie al carattere incomparabile della sua dimostrazione, a catturare il lettore e a convincerlo. Egli offre, combinando testo ed immagine, qualcosa che evoca l’ormai celebre serie d’Arte, “Corpus Christi”, per il suo procedimento e per il suo rigore. Andatre nel più profondo,legarsi ad ogni particolare, fosse anche minuscolo, sviscerare l’immagine e tentare di capirne il senso immediato senza cedere agli “a priori”, ecco come procede lo specialista, servito qui da una lingua di una luminosa chiarezza, mentre, nello stesso tempo, svela l’ampiezza delle difficoltà e lascia intravvedere la loro soluzione. Niente ci è risparmiato ed è questo stesso che appassiona. Si immaginerebbe un romanzo poliziesco in cui l’autore si accontenterebbe di indicarci le grandi linee della soluzione, passando sui particolari, trascurando i corpi del resato ? Poiché è ben di questo che si tratta : come dimostrare che si tratta ben di un matrimonio ? Bisogna ben sforzarsi a spiegare tutti i particolari, capire tutti gli indizi che il pittore ha riuniti sui muri della camera e che guardiamo senza vederli. Ignoranti o specialisti, Veyne ci trasforma in un Dr. Watson senza tregua meravigliato. Avevamo visto questa donna che presenta un fuscello di fogliame e che non vi prestavamo attenzione ? Errore, ci dice Paul Veyne, il fogliame non è indifferente ed un’osservazione precisa rivela il mirto, la pianta coniugale, quella di cui si incoronano le donne al matrimonio, quella che profuma il bagno nuziale e il cui nome designa anche il clitoride. Osservazioni precise in raffronti  indispensabili, eccoci trascinati laddove non lo pensavamo, nell’universo femminile del gineceo, certo. ma anche nel cuore della religiosità antica. E nello stesso tempo si rischiara la presenza di Dioniso, potenza familiare che si convita al festino e la cui presenza promette la felicità al gineceo e alla futura sposa. Come dio, egli può servire da modello all’uomo, tanto è vero. come lo rammenta Strabone, che mai “gli uomini imitano così bene gli dei che quando sono felici”. Bisogna leggere questo testo denso e sottile, che va ben al di là della spiegazione di documento dotto e che ci introduce in un luogo chiuso agli uomini (il marito è assente da questa scena di nozze !) dandoci le chiavi indispensabili per capirlo.

 

Il Museo Calvet di Avignone, che possiede una bella collezione di oggetti, in cui appaione le donne, pubblicò,  nel 1996, una superba opera sotto la direzione di Odile Cavalier (“Silenzio e furore. Le donne e il matrimonio in Grecia”, Fondazione del Museo Calvet). Vi si trova non solo un catalogo del museo, ma anche begli studi sui diversi aspetti del matrimio in Grecia, il ruolo delle vergini nella tragedia o nel mito, i matrimoni divini, le innamorate e  le omicide (Medea, Clitennestra, ecc.). L’insieme è completato da uno studio sul matrimonio tradizionale nella Grecia attuale  e da una ricca iconografia.

Alfredo Saccoccio

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