Alta Terra di Lavoro

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INTORNO ALLE SOCIETÀ ANONIME COMMERCIALI DELLA PROVINCIA DI NAPOLI

Posted by on Mar 5, 2023

INTORNO ALLE SOCIETÀ ANONIME COMMERCIALI DELLA PROVINCIA DI NAPOLI

Quel fervore col quale i Napolitani si abbandonano alle Compagnie commerciali dalle nostre Leggi appellate anonimo, in guisa che molte se ne sono da ultimo istituite, e di giorno in giorno tuttora crescon di numero, egli è tal fenomeno che merita vi si fermi lo sguardo dell’economista. A lui si appartiene paragonarlo colle cose passate, ed interrogando la storia scoprire se nuovo affatto ei siasi, ovvero in che la novità consista e da quali cagioni provenga; di poi esaminare quai leggi reggano al presente sì fatta materia, e se anomalie o lacune vi abbiano; esporre in fine quali e quante sieno le società anonime commerciali della provincia di Napoli, lo scopo che si propongono, i capitali che impiegano, come son governate, in che utili, in che da migliorare.

Alle quali ricerche, per quanto i nostri omeri bastino, ora ci sforzeremo di adoperare, senza peraltro voler prendere troppo da lungi le mosse; che il risalire all’origine della società, il considerare lo spirito di associazione come il primo elemento sociale ove tutti gli altri contengonsi, e il seguitarne sino a’ dì nostri le vicende e le forme, è troppo maggiore impresa che il nostro ingegno ed i limiti di quest’opera periodica non comportino.

Per la qual cosa, contenendoci ne’ termini dello speciale argomento che ci proponemmo, crederemo chiarirlo abbastanza facendoci a corredarlo delle nozioni istoriche, legali e statistiche di cui si cennava.


I.


Alle antiche regioni le quali composero il Regno di Puglia, o le guardiamo nel greco lor reggimento o nel romano, non furono al tutto ignote parecchie di quelle associazioni commerciali che sembrano affatto moderne, imperocché né Atene né Roma le ignorarono. Una legge di Solone ci fa argomentare che vi fossero in Grecia compagnie mercantili non molto dissimili dalle nostre. (1) Senofonte proponeva di darà cavare le miniere a qualche compagnia, poiché l’impresa troppo ardua e rischiosa poteva tornare ad un sol cittadino. (2) Un collegio di soci per ovviare a’ mali degl’incendi doveva sorgere in Nicomedia a’ tempi di Traiano; (3) il quale volle egli medesimo un’associazione di altra maniera (collegium aarariorum) per dare opera al cavamento delle miniere nella Dacia.

Quanto a’ sodalizi di beneficenza, è noto che in Atene ve n erano, e che avevano una cassa comune, ove ciascun de’ soci depositava una tenue somma ogni mese, e collegavansi tra loro per sostenersi negl’infortuni, e difendersi ne’ litigi


(1) Terent. Heaut 3. 1. 9.; Salmasio, de usur; e Desiderio Heraud, Animadv, in Salmas. Observ. ad  ius att. Lib. 2. cap. 2.

(2) De red. § 10.

(3) Plin. Lib. 10 ep. 94.


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0 contro i turbamenti di proprietà cui fossero esposti. (1) Che se ci avvolgeremo per entro le mura di Pompei, molti luoghi ci si faranno veduti ove adunavansi i Collegi, e questi non erano che associazioni di cittadini occupati negli stessi uffici, ed uniti insieme non solo per faccende di religione o civili, ma per l’esercizio di arti liberali o meccaniche: vale a dire che sotto quel nome andavan comprese tanto le compagnie delle arti, quanto le pie nostre congregazioni. Sappiamo da Svetonio che Augusto abolì nell’Impero molti di tali collegi, perocché senza permessione eransi ordinati. (2) E che i Romani conoscessero pure le compagnie d’imprenditori che toglievano a fare qualche pubblica opera, dividendo tra loro il capitale e quindi il beneficio o la perdita, noi lo vedemmo quando della costruzione dell’emissario claudiano facemmo parola. (3) Questi peraltro erano appena deboli segni dello spirito di associazione, specialmente presso i Romani; imperciocché lo scompartimento della società tra padroni, liberti e servi, il quale metteva i tre quarti della popolazione nella dipendenza dell’altro, stabilendovi quasi una sorta di anticipata feudalità, direttamente opponevasi al crescere e invigorire di esso. Ma discendendo a tempi meno remoti, se vogliamo additare tra le nostre commerciali istituzioni passale quelle che più rassomiglino alle presenti, e più si mostrino informate dello spirito di cui si ragiona, troveremo sin dal secolo XVI in Napoli qualche società di assicurazione, composta con ordini e statuti quasi uguali a’ presenti, ed approvata dal Re che il primo governatore eleggevane. Tal è quella che scorgesi nelle Regie Prammatiche autorizzata nell’anno 1558 con queste indicazioni: Società di assicurazione tanto pe’ casi di naufragio, prede ed altre fortune di mare, quanto pe’ rischi e’ pericoli per terra. Nello stesso secolo si videro altresì in Napoli le compagnie bancarie. La prima volta che si trova l’espressione di banchi pubblici nelle nostre Prammatiche è in quella del 19 Ottobre 1080. I banchieri dar dovevano una malleveria di quaranta mila ducati, portata di poi a centomila.


(1) V. Gronov. t. 5. p. 1383 e Casaub. nelle noie a Teofrasto.

(2) Svetonio in Aug. cap. 3a.

(3) Annali Civ. t. 2. p. 124.


Ma non essendo per questo diminuiti i fallimenti, avvenne che i cittadini cominciarono a volgersi piuttosto a’ Monti di pietà, già istituiti a schermo de’ poveri dalle usure degli Ebrei, ed i quali amministravano gratuitamente con esemplar fedeltà il danaro che veniva lor confidato. Così questi Monti si eressero a Banchi, e dal 1575 al 1640 otto se ne coniarono sotto diverso denominazioni, privatamente amministrati, ma in servigio pubblico gratuita e fedele opera prestando, per modo che tutti quegli altri ch’erano da’ banchieri tenuti, rimaser deserti. Non richiede il nostro soggetto che qui ci facciamo a tessere la storia de’ Banchi napoletani: istituzione veramente unica nel suo genere, poiché con quel loro semplice e sicuro sistema o vogliam dire ragione, che tal è il proprio vocabolo, erano essi gli archivi di tutte le private e pubbliche computisterie, servivano di autentici registri, e supplivano in parte all’officio di notaio, nell’alto stesso che ricevevan pegni, mutuavan danaro, soccorrevano in certi casi il comune, ed il loro patrimonio aumentavano. Dal naufragio che fecero ne’ primi anni di questo secolo furono in qualche parte rilevali dopo la Restaurazione, tal che ora bastano a’ bisogni della capitale, sebbene più non sieno stabilimenti privati. Ad ogni modo deesi allo spirito di associazione se queste casse di credito e di deposito fossero state tra noi stabilite da sì lungo tempo.

Altra conseguenza dello stesso principio fu la creazione de’ Monti frumentari, i quali ora diremmo Compagnie anonime per promuovere l’industria agricola; giacché non avevano altro istituto che anticipar il grano a’ coloni miseri perché il seminassero. Nel Regno di Carlo e di Ferdinando ebbero origine e voga diverse Compagnie commerciali per la navigazione in lontani paesi, per le assicurazioni marittime e per altre imprese d’industria. Rammenteremo fra l’altre la Compagnia di sicurezza marittima approvata dal Sovrano il 29 Aprile 1751, la quale aveva un capitale di ducati 100,000 diviso in cinquecento azioni; la Compagnia del Corallo, del 27 Gennaio 1790,


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con un fondo di ducati 600,000 in mille e dugento carati, che comperava e facea lavorare tutto il corallo raccolto sulle coste di Barberia da nostri pescatori corallai, da quelli in ispecie di Torre del Greco; in fine le varie Colonne, che cosi allora chiamayansi le Società di cui favelliamo, delle quali alcune sopravvivono ancora non meno in Napoli che in Meta, e che prendevano diversi nomi secondo lo scopo che prefiggevansi, come Colonna di assicurazione, vinaria, olearia, vesuviana, e questa assicurava i terreni soggetti al nostro vulcano dalle sue devastazioni.

Ma debolissimi sintomi eran questi dello spirito di associazione industriale, e sparvero anch’essi al fracasso delle rovine che funestarono questo nobilissimo Reame al finir del secolo passato. Se non che agevol cosa ne sarà l’osservare, siccome ne’ primi tre lustri di quelli che corre una trasformazione avvenne qui generalmente nello spirito di associazione, in conseguenza della trasformazione sociale di cui fumino pale e spettatori. Vedemmo in effetto allora costumi e leggi cangiare; cessala la feudalità, i privilegi aboliti, i demani comunali divisi, quelli dello Stato venduti al maggior offerente, tutta la vita del corpo sociale rinnovellata. Dovevano pertanto que’ cangiamenti riverberare la loro influenza nelle associazioni commerciali. Il che si fece principalmente manifesto quando il nostra giovane Monarca stringendo le redini dello Stato, cominciò un regno di moderazione, di giustizia, di sicurezza. Dichiarati dalla sua bocca tutti i sudditi eguali innanzi alla legge; richiamati nella milizia, nell’amministrazione, ne’ collegi delle magistrature coloro che ad altro tempo men tranquillo n’erano stati espulsi; abolito sinanche il nome delle parti che questo bel Regno avevano messo in brani; le compagnie industriali, sciolte da’ legami che le inceppavano, moltiplicaronsi e prosperarono all’ombra delle leggi e della pubblica pace. I cittadini cercarono in tali approvati stabilimenti un luogo di onesta ed utile occupazione, un mezzo di migliorare il proprio censo, e nel tempo stesso il suolo, le arti, l’industria del paese natio. Al che pronti erano gli elementi, ma,yn occasione, un impulso mancava; e forse voi diede l’ultima opera del commentator de Rivera.


Quelle sue Considerazioni intorno a’ mezzi di restituire il valor proprio alle forze produttive e commerciali del Regno, pubblicate al finir dell’anno trascorso, mostrarono le cose nel loro aspetto verace, e i luoghi dove le Società che a quelle forze mirassero potevano in certo modo far nuove conquiste. Qual maraviglia se animi già predisposti avidamente vi si gettarono? Le associazioni vengono pertanto tra noi a prendere il luogo delle grandi fortune che più non sono. Il Monarca non solo è largo a tutte della sua approvazione, ma seconda i loro imprendimene, quando la cosa pubblica può esserci interessata, e coopera favoreggiandole a farne aumentare il numero. Non crediamo però che tutte ora volte sieno a nobile fine. La fortuna incontrata da alcuna di esse in porre a frutto il suo danaro assicurando quello degli altri, non fu per avventura 1! ultima delle cause perché altre dipoi seguitandola alle mire medesime intendessero. Noi, ponendole a scrutinio, non farem frode al vero. Ma prima conviene esporre quali sieno presso di noi le leggi che regolano questa materia delle commerciali associazioni.


II.


Allora che più persone convengono insieme per mettere qualche cosa in comune a fin di partirsi tra loro l’onesto guadagno che ne potesse risultare, formano ciò che le nostre leggi civili appellano contratto di Società; e ad esso provvidero col titolo X del libro III, analogo generalmente a quanto avevano già stabilito il Dritto Romano. Ma quella maniera di Società che chiamasi commerciale, sebben vada sottoposta a lai regole generali, pure ebbe mestieri di particolari sanzioni; e trovausi esse riunite nel titolo III delle Leggi di eccezione per gli affari di commercio. Queste riconoscono quattro specie di Società: in nome collettivo, in commendita, anonima, in partecipazione; e su ciascuna dj esse danno regole peculiari. In quanto alle Società anonime, poiché sotto una tal forma sonosi costituite tutte quelle che abbiamo in animo di esaminare, monta il pregio che alquanto ci fermiamo sulle principali determinazioni emanate intorno ad esse. Furono cosi dette perché non s’indicano sotto il nome di alcuno de’ soci, né di veruna ragion sociale, ma dall’oggetto delle loro imprese prendono la denominazione.


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E il lor capitale diviso in azioni e in parti d’azioni; ne possono gli azionari formarle, se non a via di atti pubblici, da stipularsi allora che autenticamente costi essersi radunato almeno il quarto del capitale promesso. Venne prescritto che per esse era da chiedere la regia approvazione, la quale unitamente all’atto che le costituisce dovesse affiggersi nell’aula del Tribunale di Commercio, e che le loro basi non fossero dopo l’approvazione del Governo soggette a cangiamento, senza averne i costitutori ottenuta novella approvazione. Ben ponderale prescrizioni; imperciocché all’atto primitivo della Società anonima non posson tutti concorrere coloro che la comporranno, non essendo eglino allora noti, e potendo, per la vendita delle azioni in cui si divide necessariamente il suo capitale, ad ogni momento cangiare; ed era perciò necessario che fosse autenticamente conosciuto da quelli che voglion prenderci parte. Inoltre l’ordine pubblico chiedeva che fossero dalla Sovrana potestà autorizzate, e molti ne sono i motivi. Amministrate da procuratori temporanei e revocabili, i quali non hanno altro debito che di adempire il mandato ricevuto,, ne contraggono veruna obbligazione personale o in solido relativamente agli obblighi di tali Società, qual sicurezza darebbero agli azionari stessi ed alle terze persone che contrattano con quelle? Ancora l’impresa ch’è scopo di ognuna di esse vuole un capitale che siale proporzionato; e per lo più i a grazia del credito si dà moto e valore ad un fondo assai maggiore del nominale, senza che i soci in raso di sventura vadano tenuti che sino alla somma di quest’ultimo. Pur troppo simili macchine altro non sono alle volte che reti ed insidie tese alla credulità de’ cittadini; e posto ancora che non siavi frode, se vengono mal ordinate nella loro istituzione o mal amministrate nelle loro operazioni, possono mettere in rischio molte private fortune. a’ quali pericoli in gran parte si ovvia tosto che la pubblica autorità interviene. Ella esamina il grado di utilità dell’impresa, le vie preparate per recarla a buon fine, il fondo profferto, e le probabilità che possono far valere un impiego maggiore non sol del quarto effettivo ma di tutto intero il capitale nominale.


Ed è anche più regolare anzi necessarissimo lai intervento allora che sì fatte società mirano a dar compimento a qualche opera pubblica; perciocché si conviene in quel caso rendere esecutivi i loro provvedimenti, e solo il braccio del Governo può ad esse largir quella forza. Una disamina del disegno dell’ideata Società e la sua approvazione per parte del Governo sono adunque necessarie. Veggiamo come all’una ed all’altra si adempia. In Inghilterra la disaminazione di che favelliamo è scrupolosamente fatta dalla Camera de’ Comuni, e un atto del Parlamento assicura di legai vita qualunque privata Società che novelli canali, novelle vie o altra simile opera utile al comune meditando, il suo vantaggio procura e quel della patria. Ivi tali opere tutte si fan da private compagnie; anzi il Governo stesso loro le affida pur quando si compiono a spese dello Stato. E però non v’ha paese ove più v’abbia di opere pubbliche e di Società che nella Gran Brettagna. In Francia prima che la proposta si affini passando per l’ordinarie discussioni del Consiglio di Stato, va sottomessa alle anticipate osservazioni dell’autorità dipartimentale, e del Prefetto di polizia se debbono le Società aver sede in Parigi. Ma veramente le arbitre loro sono le officine del Ministero dell’Interno, dalle quali escono talvolta i progetti così mutilati e scontraffatti che gli autori stessi durano fatica a riconoscerli; anzi le cose medesime approvate in Consiglio non ebbero talora effetto, sol perché a quelle, officine non piacquero. E citeremo in pruova la Società per la livellazione ed allargamento delle vie di Parigi, la quale abortì per tal causa. Ma questi arbitrii dell’Amministrazione da pochi anni in qua, se non cessati del tutto, almeno ivi più non sono così vergognosi.

Nel Regno delle Due Sicilie il metodo che ora si tiene por la fondazione d’una Società è il seguente. Quando l’atto costitutivo o anche la semplice richiesta della costruzione d’alcuna Società vien presentata al Ministro degli Affari Interni, egli la trasmette all’Intendente della Provincia di Napoli, come a Presidente della Camera Consultiva di commercio, affinché da essa il faccia discutere. Dopo questo primo esame, se la cosa per la gravità sua richiegga oculatezza maggiore, suole il Ministro sottoporla eziandio alla Commissione consultiva de Presidenti della Gran Corte de’ Conti; e se v’ha interesse la patria industria, al Real Istituto d’Incoraggiamento.


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Indi, presi gli ordini del Re, egli manda tutte le carte sino allora compilate al Presidente della Consulta generale del Regno. Prima che questo Collegio supremo fosse istituito, il preliminare esaminamento facevasi da’ Ministri delle Finanze e di Grazia e Giustizia, non altri si consultava che la mentovata Commissione de’ Presidenti, e con Decreto, anzi che con Rescritto, il Re approvava. Ma dopo che l’articolo 15 della legge del 14 Giugno 1824. dichiarò doversi sentir la Consulta sulla impartizione del regio beneplacito dello stabilimento de’ corpi e società religiose e civili, qualunque ne fosse l’oggetto, le Società anonime si trovarono naturalmente comprese in tali prescrizioni. E però secondo che la faccenda riguarda i regi domini di qua e di là dal Faro, è trasmessa dal Presidente della Consulta generale a quello della Consulta di Napoli 0 di Sicilia, e da esso affidala ad uno de consultori come a commessane Ivi relazione di lui è ventilata prima nella seziono della commissione d’Affari Interni e Finanze a cui egli appartiene, indi nella Consulta particolare; il cui parere vien poi trasmesso al Ile per mezzo del Ministro degli Affari Interni. Ov’ella proponga modificazioni a qualche articolo degli statuti, vengono esso, previa la permissione di S. M., comunicate alla parte interessata; e questa o s’ acquieta a cambiamenti, e si stipula il contratto a quel modo; ovvero no fa’ richiamo, dà maggiori dilucidazioni, ed allora tutto è nuovamente trasmesso alla Consulta. Sovente è avvenuto che quel consesso chiarito dalle nuove spiegazioni, cangiando avviso, lo abbia uniformato alla domanda de’ cittadini. Ma 0 ch’ella creda la proposta Società meritevole della sovrana approvazione, 0 che no, il suo parere scrutinalo noi consiglio de’ Ministri, è quindi sottoposto alla sanzione del Principe. Il Reale Rescritto si comunica allora al Presidente della Considta, al Ministro della Polizia generale ed all’Intendente di Napoli, so riguarda la sua provincia; il quale per mezzo del Sindaco ne informa le parti. Se la Società è approvata, adempie alle formalità ordinate dalle leggi commerciali, ed autenticamente comincia le sue operazioni. Infine non si vuol tacere che per espressa clausola solita ad apporsi nella regia approvazione, si esclude qualunque privativa 0 privilegio.


III.


Tutte le istoriche e legali nozioni fino ad ora esposte ci faranno strada alle statistiche, riguardanti le associazioni commerciali dette anonime che nella provincia di Napoli sonosi stabilite dal 1818 a tutta la prima metà dell’anno che corre. Perché i più importanti loro particolari potessero scorgersi ad un’occhiata ed in ordine cronologico, le abbiamo ridotte in uno specchio. Per la qual cosa non dispiaccia al lettore, che voglia seguitare il nostro ragionamento, volgere lo sguardo alle 13 colonne della tavola sinottica la quale accompagna il presente articolo.(1)


I. e II. Numero e Date.


Il numero di queste Compagnie è di 22; che tante in vero furono le approvate noli” indicato corso di tempo; ma se vogliara dire quante in realtà ve n’abbiano oggi in vigore, dobbiam rispondere 16, poiché le altre sei (e veggonsi perciò contrassegnate d’asterisco) 0 che non giugnessero a fornirsi dei danaro necessario al primo lor capitalo, o che non ispirassero al pubblico quella fiducia senza cui tali imprese non potranno mai sostenersi, 0 infine che state fossero male architettale o mal governale, le loro operazioni per lo più non ancora incominciarono e taluna volta rimaser sospese. (2) Ma questo numero crescerebbe forse del terzo se volessimo aggiungervi quelle che sian sotto esame od alle quali non tarderà probabilmente a concedersi il regio placet. Basti qui accennare la Banca di circolazione e garentia diretta all’incoraggiamento delle manifatture, la Cassa di credito e di previdenza, la Società anonima diretta a favorire la navigazione a vapore, la Compagnia agraria commerciale, la Società per l’impresa delle nuove diligenze, la Cassa di assistenza de’ fondi urbani della capitale, ec.


(1) V. alla fine di questo Fascicolo.

(2) Ad onor dii vero si noti che una sola si sciolse per mancanza a utile, e fu la Cassa Partenopea de risparmi. I soci ritirarono peraltro i lor capitali presso che senza perdita.


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Or senza tener conto di queste, ne di qualcheduna non approvata, conio la Cassa di assicurazioni militari, né di quella che dipende da altra società forestiera, come l’agenzia delle assicurazioni generali austro-italiche, né di quelle che, come dicemmo, non istanno in essere, certo è che sedici ne rimangono nel pieno loro esercizio. Ciò vuol dire che nella debita proporzione Napoli non è forse per questa parte inferiore a Parigi ed a Londra, ma vince le altre grandi capitali d’Europa, e senza il menomo dubbio le rimanenti principali città d’Italia. In queste ultime sopra tutto, ove ne togli qualche società di assicurazione fiorente in Livorno, in Genova, in Milano, in Venezia, in Trieste, e qualche Cassa di risparmi in Lombardia, invano cercherai quelle grandi associazioni che onorano l’industre operosità napoletana ed il favore di che la soccorre il saggio Governo.

La colonna cronologica dà luogo ad altre non meno significanti riflessioni. Preferimmo l’ordine progressivo de’ Regi Rescritti, siccome quelli che imprimono a tali Società il carattere jor cui sono; ma sotto altri rispetti potevano importar di vantaggio le date dello prime richieste, o de’ contratti costitutivi, quando prevennero l’autorizzazione. La quale, a causa delle vicende che talune di quello compagnie incontrarono, alle volte lardò per guisa che altre più di fresco nate le precedettero di legalità, e forse le avevan tolte ad esempio. Quindi è che ancora queste altre indicazioni cronologiche si troveranno nel!’ ultima colonna, la quale dee sei viro cerne di perpetuo comento a quella dello date, ricavandosi da entrambe gli elementi onde si forma la ragion composta che esprime la cronologia di cui è parola. Così, per esempio, la Società di assicurazioni diverse che comparisce la sesta nell’ordine, sarebbe la terza, se si voglia attendere alla prima istituzione, la quale fu del 2 Aprile 1824. La Società commerciale economica approvala in questo anno e che viene perciò ad essere la diciannovesima, fu proposta dal Sig. Radich sin dal 1825, e sotto questo riflesso andrebbe dopo immediatamente alla testò nominata; e potrebbe anzi aspirare ai secondi onori ove all’autore si facesse ragione della Compagnia Commerciale sin dal 1818 per lui stabilita in Siracusa con permissione del Governo, della qual Compagnia non fu che una derivazione ed estensione quella di Napoli.


Vero è che l’architettura di essa parve in origine ibrida e mostruosa, avendo egli avuto in mente di conciliare cose in certo modo inconciliabili, come Società in nome collettivo, Società in partecipazione e Società in commandita; ed in fatti fu riformato in appresso quel primo disegno. Ma forza è confessare ch’egli il primo, uscendo dalle usuali tracce delle assicurazioni, a più alto scopo mirò; a liberare, cioè, il commercio delle produzioni regnicolo dalle mani intermedie, mettendo in diretta comunicazione tra loro i produttori e i consumatori, od a fare ogni operazione di cambio ed ogni lecito negozio di compra, vendila e permuta; onde che questo concetto fecondato di poi e migliorato, servì di fondamento a due altre: la Società industriale partenopea e la Compagnia Sebezia. Si scorgerà in fine clic sebbene la Banca Fruttuaria porti la data del 19 Ottobre 1827, perché in quel giorno le fu accordato il primo Rescritto di approvazione, pur nondimeno non prese effettivamente posto tra le nostre Compagnie che il 5 Agosto 1831 dopo la sua ristorazione, e però dovrei)! essere la diciassettesima, laddove si mostra duodecima. E basti di queste precedenze. A confermare intanto le nostre istoriche osservazioni, diasi uno sguardo ad essa colonna delle date, e vedremo la progressione dello Società anonime negli ultimi quindici anni; che una ne fu approvala nel 1818; una nel 1823; quattro nel 1825, ma una sola prese consistenza in Napoli; tre sono del 1826, ed anche una sola regge tuttora; nel 1827 lo stesso che nel 1825; dal 1829 in poi tutte nacquero più vitali, e senza che ne sia più alcuna mancata, due ne osserviamo ordinato in quell’anno, una nel 1831, e nel solo primo semestre dell’anno corrente non meno di sei. V’ha tutta la probabilità che al fine del secondo semestre ne potremo annoverare più che altrettante, e cosi ad un secondo articolo ci porgeranno forse argomento.


III e IV. Titolo e Scopo.


Facciamoci ora a considerare la nomenclatura delle 22 Società; essa ci chiama a stabilire talune distinzioni acconce per avventura a spogliar la materia della confusione in cui la troviamo.


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E primamente vorrebbesi differenziare Società da Compagnia. Le nostre Leggi di commercio parlando delle Società anonime dichiarano che tali sono le Compagnie, mentre alle altre in commandita, in nome collettivo ed in partecipazione non mai danno altro nome che quello di Società. Ma in qualunque modo si ordini, potrà una di queste unioni meritare il titolo di Compagnia ove apparisca d’un’ importanza non ordinaria; e questa importanza la trarrà non dalla forma, bensì dal numero degl’interessati, e dalla gravità dello scopo che si propone. Le Società propriamente appartengono ad un ordine inferiore e secondario, e molto più angusta sembraci la sfera della loro azione. Se noi ragionando delle anonime abbiamo promiscuamente adoperato questi due vocaboli, meritiamo scusa, perché ci conformammo al linguaggio del Codice e degl’istitutori; ma l’esattezza della nomenclatura, prima necessità d’ogni disciplina, richiederebbe che le associazioni fatte per imprendere qualche grande opera commerciale o industriale, impiegandovi numerosi capitali, si appellassero Compagnie, e le altre contenute in più ristretto circolo Società. Or queste Compagnie in tre principali classi vanno distinte: quel» le che ottengono dal Governo un privilegio esclusivo; quelle che contrattano con esso l’appalto di qualche branca delle pubbliche rendile; e quelle che non avendo diritti speciali, agiscono negli affari d’industria e di commercio in virtù delle facoltà che appartengono a tutti. Notissime sono le prime nella storia commerciale dell’Inghilterra, della Francia, dell’Olanda, de’ Paesi Bassi, della Danimarca e della Svezia: compagnie presso che tutte cadute senza fortuna; e le poche le quali reggono accora in piede, non sapranno schivare la prossima abrogazione de’ lor privilegi.

Intese a spedizioni lontane, a scoperte di terre ignote, a fondazioni di colonie ed a grandi traffichi marittimi, furono tutte fondate sul monopolio, e questo è il tarlo che le consuma.


E già dovette da qualche tempo rinunziare ci in parte la Compagnia delle Indie Orientali, il colosso di sì fatte associazioni; i privilegi della quale spirano nell’anno venturo, ed il Parlamento Britannico in luogo di rinnovellarli, è per adottare la proposta del Ministero, la quale toglie affatto alla Compagnia la concessione del commercio esclusivo nelle Indie, e gliene lascia per altri venti anni il governo. E ben essa è la. pruova che straordinarie combinazioni possono talvolta procacciare a tal Compagnie ambiziose e guerriere un’effimera prosperità, ma non salvarle da perdite e da rovina. Ottenuta quando che sia l’emancipazione generale del commercio, alla quale mira la presente civiltà, esse non più risorgeranno; ed il genere umano non cesserà di riguardarle come uno di quei parti dell’incivilimento, i quali, se in certe condizioni di tempi e di cose possono produrre alcun bene, portano in se il germe della loro distruzione, e l’incivilimento medesimo è per esse come il Saturno della favola. Le Due Sicilie non conoscono associazioni di tal maniera; bensì della seconda, e le chiamiamo Regie interessate, come son quelle cui si fidarono la privativa de’ tabacchi, le dogane e dazi di consumo. Per esse molti capitalisti riuniti assumendo la riscossione di tali pubbliche entrate in unione de’ regi officiali, le assicurano al Governo sino ad una data somma, dividendo con lui il soprappiù, ed immobilizzando in rendita sul gran Libro del debito pubblico una somma pattuita per malleveria degli obblighi loro. Formasi pertanto una specie di compagnia mista di assicurazione e di appalto interessalo, la quale non entra nella categoria di quelle in cui ci occupiamo, e che tutte appartengono alla terza classe indicata. Moltissime cose possono prender esse di mira. 0 consistono in associazioni di credilo, e sono compagnie di banco e di deposito; o in associazioni d’industria, e sono compagnie industriali propriamente dette; o in associazioni di guarentigia, e sono compagnie di assicurazioni. Possono inoltre proporsi il cavar miniere, il far vie o illuminarle, l’aprir canali, l’asciugar paludi, il costruir ponti o il compiere qualunque altra opera pubblica, e però Compagnie d’utilità pubblica ci si permetta intitolarle.


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Possono infine abbracciare diverse di queste e di quelle operazioni ad un tempo, come assicurazioni ed opere pubbliche, casse di deposito ed assicurazioni, e meritano perciò il nome di miste.

Fra tutti questi vari generi della classe che dicemmo Società non privilegiate, i quali per amor di chiarezza e di metodo abbiam creduto dover fra loro distinguere, sarà ora facile ripartire le napoletane, indicando il fine che ciascuna di loro assume. Due o più negozianti che si uniscano a fondare un banco o ragion cantante nulla han che fare con quelle unioni di capitalisti delle quali sì piena è l’Inghilterra, e che in ogni città erigono pubblici banchi, e quell’immenso di Londra nell’anno 1694 istituirono. In tale aringo gl’Italiani precedettero peraltro gl’Inglesi ed ogni nazione; che sin dal 1171 Venezia vi diede i primi passi. Fra noi vedemmo quai fossero e quando nati i nostri Banchi; ma di società stabilite a formarne alcuno per via di azioni, come al di là de’ monti e de’ mari, ne avremmo avuto un solo esempio, se il Banco Nazionale delle Due Sicilie crealo per legge del 22 Dicembre 1808 col capitale di un milione di ducati diviso in quattromila azioni avesse potuto metter radici. A malgrado delle sue belle apparenze, i nostri non sapevano obliare nel fatto de’ banchi quella lor propria, antica e tanto migliore istituzione a cui lo straniero stesso era stato costretto a rendere omaggio di ammirazione; ed in fatti il nuovo Banco non allignò, e in men d’un anno s’ebbe a sopprimerlo. Dal 1816 incerta guisa agli antichi si fece ritorno; ma poiché il danaro ivi depositato non produce interesse, non è maraviglia se un altro siane venuto fuori eretto da una società anonima, il quale alle somme che da’ cittadini gli sono confidate colla libertà di riprenderle ad arbitrio loro, un qualche fruito concede. Tal è quello per l’appunto che abbiam visto sorgere qui con estese mire e prosperare in men di due anni sotto l’intitolazione di Banca Fruttuaria. Di essa tratteremo or ora, quando alle Compagnie miste ci volgeremo.

Ma le associazioni di credito sono puro compagnie di deposilo, e vanno in questa categoria le così dette Casse di sconto, di risparmi, le ipotecarie, le mutuanti e simili;


e perciò vannovi tra le nostre, come specialmente addette a tai fini, la Cassa di conservazione delle rendite de’ beni fondi, e la Cassa partenopea di risparmi. La prima istituita nel 182 5 dovea mutuar darfaro a’ posseditori di fondi rustici 0 urbani; la seconda, del 1826, ricevere le picciole economie della povera gente, impiegarle in imprese commerciali, e farle fruttare a benefizio de’ depositanti. Ma né quella potè riunire le somme che formar ne dovevano il capitale, né questa sostenersi per mancanza di utile, ed ebbe poco stante a disciogliersi. Il prestare sul pegno e il ricevere le picciole somme della gente minuta sono pure tra le attribuzioni della Banca Fruttuaria, di cui poco appresso. Ancora promettono una cassa di risparmi e la Compagnia di assicurazioni generali del Sebeto e la Compagnia Sebezia; ma fino al presente altra non ve n’ ha che quella assai limitata della Fruttuaria, né sembra che questa pianta, altrove di gran giovamento produttrice, voglia allignare nel nostro suolo.

Passando alle Compagnie propriamente industriali, ne abbiamo due generali, e troveran luogo fra le miste; due particolari, e sono la Compagnia tipografica e la Compagnia enologica industriale. Mobile é il fine di quella, poiché intende a promuovere l’industria che più onora lo spirito umano e la civiltà di un paese; ma in cinque anni e più non essendo riuscita a legalmente istituirsi, ci è forza tacerne. L’altra, accorsa a soddisfare grandissima necessità dell’economia agraria delle Due Sicilie, merita special riguardo. Comune e giusto è il lamento de’ nostri possessori di vigne, massimamente di Terra di Lavoro, in veder di continuo diminuire il prezzo del fruito delle loro terre, e se voglion danaro su quello, noi trovano, 0 debbono cader negli artigli de’ monopolisti, che accaparrando i vini e poi rivendendoli a’ cantinieri della capitale, si usurpano tutto il guadagno. Lamentano pure i consumatori il caro prezzo al quale, colpa sì fatte interposizioni, debbon essi in Napoli comprare questo liquore, spesso fatturalo, più spesso, per difetto della fabbricazione, di pochissimo pregio, abbenché quelle terre medesime il producono che il Cecubo, il Massico, il Falerno il Formiano, il Pompeiano un dì producevano.


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A quali inconvenienti, ognun rifletteva, ben potrebbe ovviare una Società che raggranellando grosso capitale, non mancherebbe di fare in tale industria grosso profitto, ammegliando ad un’ora e la condizione de’ produttori e quella de’ consumatori. Contali mire appunto nacque nel passato Marzo la Compagnia enologica. Migliorare la vinificazione mercé i metodi ultimi e i più sani precetti dell’enologia, stabilendo vigne, macchine e celiai che possano servire di esempio, e profittando de’ vini men buoni per cavarne acquavite ed ottimi aceti; chiamare i proprietari di vigne a partecipare de’ benefici della Compagnia, col pagare in generi il valor delle azioni che volessero prenderne; anticipar loro sulla derrata con modico interesse le somme di cui avesser bisogno, e sottrarli dal monopolio, mettendoli direttamente in contatto co’ consumatori nostrali od esteri; apprestare acconci luoghi nella Capitale ov’eglino possan depositare o vendere il lor vino; tenere de’ magazzini per lo smercio de’ vini indigeni, ed agevolarne l’esportazione: tali furono le promesse della novella Compagnia. E già, mentre attendo l’autunno, stabilite immense cantine noi Granatello e a Piedigrotta, quella pe’ vini di lusso, questa per gli usuali, ne incominciò la vendila, ed un carico è per inviarne nel Brasile su nave a tal uopo da lei noleggiata. Ove gli autori dell’esposto disegno giungano a colorirlo, senza dubbio a se ed al paese avran procacciato vantaggio non lieve; tanto più degni di lode se vinceranno la guerra clic ad essi muovono i monopolisti collegati co’ bollai, loro sensali. Se non che, il riparare del tutto, siccome ce n’ha troppo grand’uopo, allo svilimento di prezzo che soffre il vino, né solo in questa estrema parte d’Italia, non potrà esser mai opera privata. E l’aver il Governo in questi ultimi giorni abolito il dazio di un tanto a botte che pagavasi nelle adiacenze di Napoli ov’era obbligo farne rivelamene a’ gabellieri, è indizio non dubbio che gli sta forte a cuore il migliorare la sorte di così fatti proprietari,

Pongono ora lo Compagnie di assicurazione, e compariscono lo più antiche e lo più numeroso nella serie che esaminiamo. Ne’ passati tempi, come di mostrammo, anco ve n’erano, ma assai più ristrette, e si chiamavan Colonne.


Si eresse nel 1818 sopra basi più ampie la Società napolitana a’ assicurazioni, che buon successo ottenne, e fu seguita da tredici altre, tre delle quali in Meta. Sono le undici napoletane parte dedite alle assicurazioni marittimo, parte alle terrestri, parte a quelle sulla vita. Tra le prime vanno annoverate la detta Società napoletana, la Compagnia del Commercio di Napoli, la Compagnia partenopea, la Compagnia pe’ rischi marittimi; tra le seconde, due Compagnie di assicurazioni contro gl’incendi; tra le terze, la Cassa rurale delle Due Sicilie, la Società di assicurazioni diverse, la Compagnia di assicurazioni del Sebeto, e la Compagnia generale di assicurazioni. Versano ancora su questa materia delle assicurazioni sulla vita la Banca fruttuaria, la Società industriale partenopea e la Sebezia. Il perché convien dire che tra le 22 Società, toltene sei solamente, le altre cercarono nelle assicurazioni il lor vantaggio più certo, e generalmente vel ritrovarono; poiché le tre sole riguardanti assicurazioni degli edilizi dagl’incendi 0 de credili ipotecari, vitalizi, ec. sono mancate, laddove le azioni di tutte le altre che assicurano sulla vita o le navi mercantili, e danno ad un tempo danaro a cambio marittimo, aumentarono. Ma quella che in ostensione, in capitale, in fortuna vince sino ad ora lutto le altre è la Società di assicurazioni diverse, edevansi in lei riunite tutte le specie di assicurazioni; di poi avendo abbandonato le marittime per dedicarsi interamente a quelle sulla vita umana, non v’ ha alcuna tra le infinito loro combinazioni ch’ella in sé non abbracci. E veramente sono le assicurazioni una branca importante dell’economia politica, e suppongono nelle nazioni che lo praticano nn alto grado di civiltà; dapoichè si ghigne per esso a prevenire lo conseguenze delle leggi della natura, e quasi a riparare gl’irreparabili oltraggi della fortuna. Fondato sul calcolo dello probabilità, l’uomo non solo può in grazia loro salvare la sua proprietà sfidando in certa guisa la tempesta, l’incendio, il tremuoto, l’eruzione vulcanica, la grandine e tutti i flagelli atmosferici; non solo può far capitala sull’avvenire, qualunque sia la dorata della sua vita e gli eventi cui possa andare esposto,


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ma benanche entrare a parte de beneficii che queste guarentigie stesse procacciano 0 che l’assicurato divenga pel sistema della scambievolezza nel tempo stesso assicuratore, o che paghi annualmente o per una sola volta alla Compagnia il premio stabilito, certo è che mercé questo moderno trovato ne i casi fortuiti possono danneggiare il suo avere, né la morte di lui recar pregiudizio a coloro de’ quali volle assicurar la fortuna, abbenché ne il più picciol asse egli lasci. Tutto consiste in un problema che 1 analisi matematica facilmente scioglie tosto che se le somministrino i necessari dati; e cosi costruisconsi tavole o tariffe che servon di norma a’ contratti. La nostra Società di assicurazioni diverse, che mollo somiglia la Banca di previdenza in Parigi, ha pubblicato le sue, e secondo esse regola tutte le operazioni che fa, guarentite da un capitale intangibile di mozzo milione di ducati. Se vuoi che dopo la tua morte una determinata quantità di danaro giunga nelle mani di cara persona, e non puoi che metter da parte pochi ducali al mese, la Società secondo gli anni che avrai t’indicherà il pagamento mensuale, e in qualunque tempo venissi a mancare, quel danaro da lei sarebbe sborsato. Ella assicura il pagamento di una somma convenuta allorché la persona assicurata sia giunta ad un età stabilita; ella pagherà un capitale o una rendila vitalizia ad una persona, quando l’altra abbia anticipato un dato pagamento mensuale; ella costituisce vitalizi, ella infine sconta soldi e pensioni. Questi ed altri modi d’assicurazione hanno effetto, qualora sen paghi il premio alla Compagnia, sempre relativo all’età, e variante colle probabilità della vita degli assicurati. La quale probabilità della vita è il numero degli anni che si possono probabilmente vivere nell’età in cui alcuno si trova, e si conosce ricercando qual sia stata la vita media di un gran numero d’individui presi nella medesima età. La vita media pertanto è il numero danni che gli uomini vivono, l’uno per l’altro, e si calcola sommando l’età d’una gran quantità di trapassali, e dividendo la somma degli anni pel numero de’ morti. Su tale risultamento poggiano le tavole di probabilità che servono di base alle tariffe di assicurazioni sulla vita.


Or queste tariffe, composte nell’Inghilterra e nella Francia molti anni addietro, sono piii favorevoli agli assicurati che agli assicuratori, poiché la vita media dell’uomo ne paesi inciviliti s è prolungata, e si prolungherà di vantaggio. Londra, Parigi, Ginevra ne danno autentiche prove. Odier ha calcolato che per questa ultima città la vita media è stata nel secolo XVI di anni 18 ½, nel XVII di anni 23 ½, nel XVIII di 32 1/4; vale a dire che ora in Ginevra la probabilità di vivere è il doppio di tre secoli fa. In conchiusione le tavole di cui si valgono le nostre Società assicuratrici debbono essere transitorie, e solo tenendo esatto registro della mortalità de’ loro assicurati potranno far esse medesime novelle tavole più acconciamente fondate sulle loro osservazioni. Seguitando l’incominciala rassegna, dovremmo ora discorrere le società cosi denominate di utilità pubblica, indi le miste; ma poiché tra le nostrali le Società che sino ad ora si applicano a qualche opera pubblica sono appunto del genere di quelle che pure ad altre imprese volgonsi, cosi faremo senza più di esse parola.

La Banca Fruttuaria, la Società industriale partenopea, la commerciale economica, e la Compagnia Sebezia promotrice delle industrie nazionali sono le quattro che possiamo dire di genere misto, ultime di cui ci rimanga a ragionare. Ma le due seconde non potettero porsi ancora nemmeno sulle mosse. La Società commerciale economica in guerra prima colla Sebezia e poi con se stessa, soggiacque in quel piato, e per questo attende che i tribunali sentenzino intorno alla elezione del suo presidente. L’altra è più innanzi, sebbene non ancora legalmente costituita; e dovendo impiegar l’opera e i capitali suoi in qualunque impresa, niuna eccettuata, che abbia a scopo il miglioramento e il progresso d’ogni ramo dell’industria del Regno, agraria, manifattrice o commerciale che sia, ci è noto che tiene in pronto una serie di operazioni lo quali potranno recarle non men profitto che onore. E perché tal è l’indole della sua istituzione che tutte può abbracciare le cose a cui mirano le altre compagnie, ed ancora gli atti di commercio d’ogni natura permessi dalle Leggi, saranno da lei saggiate, come imprese da farsi immantinente,


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quelle che riguardano cambi, cauzioni, pignoramenti, mutui, sconto di cambiali e di semestri d’iscrizioni al gran libro, anticipazione di soldi e pensioni, non più che per un quadrimestre, ogni specie di assicurazioni, e specialmente da’ tremuoti e dalle eruzioni del Vesuvio, e que’ negozi infine che si fanno per via di agenzie e commissioni. Ben più rilevate, e di ben altra importanza per questo Reame, saranno poi le imprese che han bisogno di tempo e che ora potrebbero da lei appena incominciarsi. Fra le quali faccende messe a questi giorni sul tappeto è bello il cennare lo stabilimento di celiai, di fattoi, distillerie, bigattiere, raffinerie di zucchero, ce., di empori per le biade, di greggi di merini, di fabbriche d’ogni maniera e specialmente di vetri, maioliche e palline nelle provincie. E sua intenzione il promuovere la coltura della barbabietola, della robbia, del navone e di tutte quelle piante che, secondo avverti lo Chaptal, hanno da ultimo arriccili» to la Francia; l’introdurre l’illuminazione col gas, profittando del vero zoofilantrace di che ultimamente più vene furono scoperte ne’ nostri monti aprutini (i); il far cavare pozzi artesiani a via del trivello, di che acquistò dal Sig. Tenente Generale Nunziante il privilegio che gliene avea conceduto il Governo; (2) il far costruire in fine e render comuni ogni specie di macchina mossa dal vapore, gli ordigni per maciullare il lino e la canapa senza macerarli, quelli per filarli e specialmente il linurgo, gli strumenti agrari perfezionati,


(1) Nel porre a stampa questa pagina sappiamo aver la Società Sebezia commesso ad un nostro valoroso geologo, Sig. Leopoldo Pilla, ed al Sig. Tenente Galli di andare nel Teramano a riconoscere se veramente vi abbiano strati del vero carbon fossile né luoghi donde furon tratti que’ saggi che sen leggono nel Regio Gabinetto mineralogico.

(2) Il Bey di Tunisi desideroso di aver nel suo Stato di questi pozzi trivellali, ha fatto profferire alla Società Sebezia talune condizioni perché gli mandi chi sappia cavarli. In Milano si è in quest’anno formata una Società per agevolare lai cavamenti in Lombardia, e saggiare il nuovo metodo cosi detto olandese, pel quale la spesa di un pozzo forato d’acqua zampillante potrà ridursi a poche centinaia di lire. V. Ann. univ, di Statistica, fase, dì Marzo ultimo.


 le mercanziuole d’acciaio, i lavori di ferro fuso, ed altre sì fatte cose che, lunghe invero e fastidiose a dirsi, tornar potrebbero senza dubbio alla patria nostra utilissime. Certo non a tutte potrà darsi effetto, massime in questi primi tempi; ma noi vorremmo che la Compagnia specialmente non trasandasse nò la doppia edizione corretta ed economica de’ classici latini, né la pubblicazione di un’ opera periodica di cognizioni utili ed usuali, di Almanacchi istruttivi e di Manuali per tutte le arti e i mestieri, ne lo stabilimento d’una scuola o alunnato commerciale, che pure sono nel numero degl’imprendimenti approvati dal Sovrano e ne quali ha essa fermato d’impiegar parte del milione che costituisce il suo fondo sociale, ora che n ha incassato il quarto voluto dalla legge. E già si mise in negozio col Commendator Petrinelli inventor privilegiato d’un nuovo metodo di distillar col vapore, per fondare una grande distilleria d’acquavite. Ella infine ha supplicato il Re d’accordarle quel magnifico e derelitto edifizio della Badia di Solrnona sotto le condizioni colle quali il concedeva al Barone Ternaux e per l’uso medesimo, vale a dire per istabilirvi nobilissime manifatture di lana, di lino e di canapa.

Nella strada e colla universalità istessa di occupazioni si avanza la Società industriale partenopea, che della sua quota sociale, 250,000 ducati, avendo già da più mesi la piena disposizione, incominciò a metterla a frutto. Una sesta parte del suo capitale, cioè Docati 100,000, ha ella riserbato ad anticipar soldi e pensioni coll’interesse annuo del 4 per 100, ed il premio dell’assicurazione, da contenersi ne’ limiti di tre anni per la durata dell’anticipazione, e tra’ 22 a’ 75 per l’età degli assicurati: premio calcolato secondo tavole di ragguaglio adottate già altrove, e fatte da lei di pubblico dritto; al quale sconto non darà opera che ne’ primi sei anni, quanti probabilmente le ne bisogneranno perché tutti i suoi capitali si trovino impiegati nel commercio, nelle bonificazioni e nel|e manifatture, cose tutte che sono il vero scopo di questa associazione. Intanto anch’essa promette giornale, anch’essa una scuola commerciale ad istruzione delle genti industriose; promette migliorare l’agricoltura rettificando corsi d’acqua perenne e piovana, disseccando stagni e paludi, ristaurando boschi,


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dissodando incolti terreni, stabilendo poderi ed ovili esemplari e promovendo ogni specie di buona industria agraria e pastorale; promette finalmente perfezionare alcuna delle arti e manifatture che già qui si hanno, ovvero quelle introdurvi che mancano. Nò se ne sta contenta a semplici promesse, poiché volgendo lo sguardo alle pianure della Capitanata che di tanti miglioramenti han mestieri, ha chiesto al Governo la cessione del Lago o meglio Stagno di Salpi, posto tra l’Ofanto e il Gargano, e cagione di danni gravissimi a’ paesi vicini po’ suoi contagiosi effluvi, al regio erario pel contrabbando cui danno luogo le sue copiose salificazioEì. Ma essa quelle acque allacciando ed arginando, e d’idrauliche opere il lago fornendo, il purgherebbe delle sue micidiali esalazioni, v’ introdurrebbe il torrente del Cappellotto che ora dilaga quelle campagne, e con un canale di comunicazione col mare fatte quelle acque stabilmente salse, la pesca di esse ed i terreni adiacenti espurgati godrebbesi. Per ovviare inoltre alle perdite cui sono esposti i censuari di quella provincia, i quali per pagar il canone e la prediale per lo più deggiono vendere a vii prezzo la lana ed il grano al tempo del tondamento e della messe, quando potrebbero miglior partito ottenerne alcuni mesi di poi, la Società Industriale, in virtù di un premio stabilito, si offre a ricevere in deposito in Foggia quelle loro derrate, entrando pagatrice del debito di essi verso il Regio Fisco, il quale a tal proposta sotto convenuti patti acconsentì. Versando massimamente nelle bonificazioni de’ terreni palustri, la Società medesima va formando il progetto per l’eseguimento di tali opere nelle tre valli che più le richieggono, cioè nella valle inferiore del Volturno da Pozzuoli a Mondragone, in quella del Garigliano dalla sua foce sin presso l’Isola di Sora, e di quella del Sele dall’imboccatura sino al di là della sua confluenza col Calore: giganlesca impresa, nella quale chiederà alle altre Compagnie miste la loro partecipazione, quando la Legge che si attende sulle bonificazioni, e l’approvazion del Governo l’avran posta in grado d’incominciarla. Intanto ella ha supplicato l’Autorità di volerle manifestare quali sieno i terreni in pendio appara tenenti a comuni, corpi morali e pubblici stabilimenti,


e che posti sulle alture che coronano le fertili pianure del Distretto di Nola e diboscati dovrebbero novellamente imboschire perché salvi sieno dalle alluvioni i sottoposti campi, e schivate le tante annuali speso, vane per lo più, di arginazione e spurgamento a fin di tenere a freno i torrenti che da que’ nudi dossi precipitano: ragguagli che le serviranno di fondamento a grave e general proposta su questa importante materia. In quanto poi a nuovi ingegni da introdurre nel Regno, la Compagnia ha determinato far nostri quelli che sono adoperati in Francia ed Inghilterra per filare il lino e la canapa, per V invenzione de’ quali l’imperator Napoleone mise premio un milione di franchi; ma bisognandovi la spesa di due. 200,000, ella ha domandato il privilegio di tal nuova meccanica filatura per anni venti. Finalmente non vogliam trasandare lei aver preso a voler fare, in partecipazione con altri, un negoziato sul miglioramento e lo spaccio de’ vini nostrali, perché di qualità e durata gareggino co’ più riputati, e specialmente con quelli di Francia; ond’è che di là verranno sagaci manifattori ad arrecare a lei ed al paese le cognizioni della lor pratica in si rilevata parte dell’industria agraria. Questi cenni potranno bastare a dar indizio con quale capacità e speditezza proceda la Partenopea, e quanto bene dobbiamo aspettarci dalle grandi sue operazioni, cui diede già in parte cominciamento. Nelle quali ci gode l’animo di poter dire che strinse alleanza colla Sebezia, e si convennero di offrire ciascuna all’altra sino alla meli dell’impresa che alcuna delle due avesse escogitata la prima: schivate cosi le gare e le rivalità che avrebbero nociuto ad entrambe, meglio verrà il compimento dell’opera assicurato dal concorso di maggior capitale. Né sapremmo raccomandare abbastanza questo sistema delle partecipazioni, sia con altre Società sia con private persone, come ferace di vantaggiosissime conseguenze: a noi basti l’averle solo accennate. Rimane in fine la Banca Fruttuaria, prima tra le Compagnie miste non men di tempo che di fortuna. Essa pel suo istituto partecipa e delle compagnie industriali e delle bancarie, poiché vi ritroviamo l’immagine de’ nostri banchi pubblici, mentre non esclude alcuna spezie di speculazione commerciale.


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Il perché colla più parte de’ comodi che si hanno da quelli accoppia i vantaggi che ottengonsi per mezzo delle Società Anonime. A volerla ben considerare, è bisogno distinguere la Banca Fruttuaria nata in virtù del Regio Rescritto dato il 19 Ottobre 1827, da quella che fu riaperta nel di primo Ottobre 1831. Secondo l’istituto della prima, il fondo della Società dovea tutto quanto servir di garentia a coloro che avessero con lei contrattato, e perciò interamente immobilizzarsi in acquisti di rendite sul Gran Libro, rimanendo solo come capital produttivo le somme che le terze persone venule fossero a confidarle cavandone modico interesse. Le nuove capitolazioni ridussero ad un quarto di esso corpo il fon Io immobilizzato. Ciò non pertanto il credito della Banca, fermamente stabilito su tale base, andò sempre più confermandosi. Il danaro che introitò da’ cittadini, danaro ch’eglino possono liberamente ritirare, girare ad altri, negoziare, e sul quale ossa paga loro secondo i casi l’utile del 3 112, del 4. e del 4 ½ per cento, nel fine del 1832 sommò a ducati 18,802, ed ora ascende a 130,000. Ond’è che di altrettanto «è aumentala la somma del suo capitalo attivo; il quale, favorito dalla fortuna e da una buona amministrazione, produsse nell’anno mentovato un lucro di centomila ducati, metà distribuiti ai soci, metà accumulati colla sorta. E questa che fu in origine di 600,000 diviso in 10,000 carati, e che coll’annua aggiunzione della metà degli utili dee toccare il milione, al cominciar di quest’anno era già di 678,837. Il guadagno fu originato da parecchie cagioni: 1. Dall’aumento che acquistarono le sue azioni, una porzione delle quali fu venduta da lei al di là del valor primitivo, soprappiù che fece parte de primi utili; 2. dalle contrattazioni de cosi detti fondi pubblici, materia delle primordiali sue operazioni, ed il corso de’ quali dopo quel tempo acquistò di giorno in giorno favore; 3. dagli sconti de’ soldi e delle pensioni, nel che diminuì l’interesso dal 9 al 7 e quindi al 5 e ¾ per 100; 4. dal frutto de’ mutui e da quello de’ pegni, i quali riceve in gioie, in derrate ed in valori commerciali, cose che non si ammettono da’ nostri Banchi;


5. finalmente da alcuni saggi fatti nel commercio, comeché timidi e ristretti, procedendo massimamente a via di società in partecipazione con altri che assunsero sotto la sua ombra una 0 più industrie in qualche data provincia. Cosi adoperò per la filatura della seta che ne’ passati mesi tenne in Brusciano, e dove impiegò circa 12,000 ducati; così fece per l’acquisto de’ grani in Barletta: operazioni che va man mano distendendo, e nelle quali si desidera che a preferenza consacri il molto contante che ogni giorno entra nelle sue casse.


5. Residenza.


Antico lamento ed indarno ripetuto è quello della sproporzione che passa tra la città capo del Reame di Napoli e quelle che ne sono le membra. E però non è maraviglia se alla metropoli affluendo capitali e capitalisti, in essa e non in veruna città provinciale posero seggio le Compagnie delle quali si parla. Eppure onorevole eccezione troviamo soltanto in Meta, piccola città del distretto di Castellammare in provincia di Napoli, come quella in cui tre delle 22 esaminate Società han sede. Riguardano esse cambi marittimi ed assicurazioni, e si compone il lor capitale d’azioni il valor delle quali fu per un mezzo sborsato a prima giunta e per l’altro dee sborsarsi ad ogni richiesta. Ed oltre a queste novelle Compagnie, parecchie ve n’hanno ivi altresì di antica data, dette Colonne marittime, le quali, sebbene in più ristretti confini, pure impiegano anch’esse il lor danaio a cambio marittimo, e fanno talora assicurazioni sulle navi mercantili. Or le une e le altre sono a vicenda e causa ed effetto di quella operosità nelle cose marittime che regna in tutta quell’amena contrada, nò hanno minore influenza nella sua economia rurale ed industriale; poiché le casse di quelle tre Compagnie scontano pure effetti commerciali, ed abbondevoli come son di danaro, bandiscono la povertà e spandono tanta vita e ben essere nella popolazione, quanta bellezza e delizia profuse la natura in quelle beate campagne. Il perché liele le scorgi di non interrotta coltura; e lungo le loro marino altro non vedi che costruir feluche, brigantini e legni da carico d’ogni grandezza.


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Meta colle vicine comuni di Piano di Sorrento e Vico possiede oggigiorno da dugento grossi bastimenti che spingonsi di continuo in lontane navigazioni; ed ora tornar li vedi da Odessa, ora da Pietroburgo, spesso dalle rive del Tamigi e del Tago, talvolta ancora da quelle del Rio della Piata e della Delavara; governati sempre da un solo pilota, laddove Genovesi, Veneziani, Portoghesi e Francesi ne’ lunghi viaggi tre e quattro ne adoperano. La quale singolare abilità de’ Metesi vuolsi in gran parte attribuire alla scuola nautica ivi mantenuta dal comune e dalla lor confraternita: scuola d’onde uscirono i migliori piloti della nostra marineria; tra’ quali un Giovanni Fileti autore della carta idrografica del Mediterraneo usata da’ nostri navigatori, ed ordinator principale del Seminario nautico di Palermo; un Filippo Cafiero che mostrò il primo agli altri piloti napolitani come si guidasse un timone per l’immenso Atlantico sino alle sponde americane; ed un altro Cafiero e un de Martino ed altri nocchieri metesi giunti a’ supremi gradi nelle regie flotte. Meta adunque fiorente per traffichi, per associazioni marittime, per la mentovata scucia, e per una Sala di commercio ch’è quasi una piccola Borsa; Mela che ha tanta parte nel commercio marittimo del Regno, ha ultimamente implorato dal Re una Camera Consultiva la quale appunto un tal commercio rappresentasse, siccome il terrestre va rappresentato da quella di Foggia. Speriamo che l’ottimo Principe coroni pertanto le suppliche del meritevol Comune.


6. e 7. Capital nominale ultimo,

e come distribuito.


Senza fermarci a particolarcggiare i capitali di ciascuna Compagnia, perciocché lo Specchio li mostra, faremo soltanto in questo luogo sul capital generale di esse talune poche riflessioni. Ogni Società anonima si costituisce una certa somma qual fondo sociale su cui poggiare le sue operazioni; ma questo non è sulle prime che il di lei capital nominale-: il reale consiste per lo più nel quarto di quella somma, poiché non meno di esso la legge l’obbliga a raccozzare effettivamente se vuol ricevere l’autentica istituzione;


gli altri tre quarti, giusta le combinazioni de’ fondatori, 0 son pagati a picciolissirae frazioni mese per mese, 0 son da versare soltanto eventualmente, cioè nel caso in cui la Società abbia maggiori obblighi da soddisfare, 0 in fine si prendono da una parte degli utili annuali messi in riserba e riuniti a’ fondi versati. Per la qual cosa mal ci apporremmo in credere che il capitale impiegato dalle nostre Compagnie, secondo che la somma della sesta colonna il dinota, sia di 7,528,100 ducati ripartito in 64,937 azioni. Primamente convien da quella detrarre 3,150,000 appartenenti a Società non vigenti; di poi ridurre alla quarta parte il residuo di 4,378,100, cioè a 1,094,525; e questi rappresentano il minimo del capitale che le nuove Società han posto effettivamente 0 sono per porre in circolazione. Vero è che non sempre il quarto, ma o i due quinti 0 il terzo o la metà fu nelle lor casse versato; e spesso è avvenuto che il capital fondamentale che secondo il contratto dovea portarsi a maggior somma, ebbe in effetto quell’aumento o parte di esso. Queste cose potranno osservarsi nello Specchio conferendo la VI. coll’ultima colonna, e debbono persuaderci a portare a circa due milioni e mezzo la somma indicata, la quale per le susseguenti aggiunzioni di capitale va d’anno in anno aumentando. Questo calcolo potrà farsi con alquanto più di precisione in appresso. Qui basti aver ridotto le esagerazioni di alcuni e gli scherni di altri sulle Socielà nostre a giusto valore, e fermato un punto di che ci varremo nella conchiusione ornai non lontana di questo discorso.


8, 9 e 10. Valor dell’azime in origine

e in corso. Durata.


Quelle parti in cui piace ai fondatori d’una Società ripartire il suo capitale per distribuirle fra coloro che vogliono entrarci, chiamansi carati o azioni: ed altro è il valor loro nell’atto della prima creazione, altro in processo di tempo; dapoiché va soggetto ad oscillazioni continue, e cresce o menoma secondo l’elevazione o l’abbassamento del credito della Compagnia.


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Or ne giova avvertire che di siffatte variazioni neppur una sola vi abbia la quale alle novelle Società sia contraria; vai quanto dire che abbian fatto discendere il valor del carato ad un grado qualunque inferiore al primitivo. Avendo preso per norma la lista dell’ultima Borsa di Giugno, sette soltanto delle tredici allora in essere in Napoli vi si trovan notate, e tutte in aumento. Tre altre vi furono aggiunte poco dipoi, cioè la Compagnia biologica, la Società industriale partenopea, e la Compagnia commerciale di assicurazioni; e il ragguaglio delle azioni di ciascheduna da ciò che erano a ciò che sono, mostrasi tuttora ad esse, quando più quando meno, ma sempre favorevole. Lo stesso è da dire per le tre Compagnie meiosi; il corso delle loro azioni, che non può trovarsi registrato nella Borsa di Napoli, presenta un vantaggio di dieci a venti ducati, e da più tempo esse non si trovano più a comperare. Ora in tale stadio par che tutte queste 16 nostre compagnie si avanzino come divise in due gruppi, le società di assicurazione nel primo, le altre nel secondo, ed undici ne annoveriamo in quello, cinque in questo. Nell’uno precede la Società di assicurazioni diverse, ma le si avvicina e quasi la tocca la Compagnia pe’ rischi marittimi (i), alla quale tien dietro assai prossimamente la Società a fontina; Dell’altro vince sinora la Banca Fruttuaria. Facile sarebbe assegnare a ciascuna delle rimanenti il suo posto; ma si badi che può esso ad ora ad ora cangiare, come quel degli aurighi gareggianti ne’ circhi, e che i secondi spesso diventano primi e i primi secondi. Quindi è che solo notammo le precedenze acquistate per cognita e ben esperimentala vigoria. Ma vogliamo sperare che quando le più giovani Compagnie sarannosi di vantaggio innoltrate, (che ora appena lasciarono, si può dire, i cancelli) procaccino a se emolumento più grande, perché cosi, anche al paese riusciranno più giovatrici che le più antiche non sono; e certo, a voler trarre da’ primi passi l’augurio, non altro ne possiamo aspettare che bene.


(1) Così era in Giugno; ma da poco in qua l’ha superata: le azioni della prima costano ora 770, quelle della seconda 778, ed in origine le une e le altre erano di 500 ducati.


Quanto alla durata di esse Compagnie, per lo più èstabilita ad un decennio, con patto di prorogarla di altrettanto. Talune o di 5o o di 6o anni si costituirono il termine; una sola di cento, cioè l’Enologica. La Società di assicurazioni diverse e la Società a tonlina lo lasciarono indeterminato: per questa se ne comprende il perché; dovendo essa finire allora quando la sorte avrà ridotto a 125 le sue 1200 azioni; per quella n’è stato il motivo l’incertezza del tempo in cui venissero a finire i suoi contratti di assicurazione sulla vita: ed è onorevol per lei questa condizione, la quale non chiuderà mai l’adita all’adempimento de’ suoi obblighi, comunque sia ritardalo il tempo in cui debbano avcr effetto.


11. e 12. Fondatori e Direttori.


Dalle cifre dovremmo ora passare ai nomi. Ma le nostre avvertenze riuscirebbero inutili a coloro che non li conoscono, agli altri superflue. Queste due colonne del rimanente abbastanza parlano da per loro a chi sa intenderle; e perciò rimandando ad esse i leggitori, non ci rimane che a gittar l’occhio sull’ultima.


13. Considerazioni generali. Conchiusione.


Questo ci pare alla fine il luogo di toccar brevemente dell’amministrazione delle Compagnie in discorso, e della loro essenza ed utilità. a’ cittadini che in esse confidano perché moralmente certi di non gettare cosi la loro moneta, facea pur di mestieri una guarentigia diciam cosi materiale, perché meglio venissero rassicurati dell’uso di quella. Ma tal guarentigia non posson eglino altrove rinvenirla che nell’amministrazione di esse Società; la quale più sarà bene architettata nel suo ordinamento, più ponderata ed accorta nelle sue operazioni, e minore dovrà reputarsi il rischio che i soci v’incontreranno. In somma la combinazione più o meno felice de’ patti costitutivi d’una di tali Compagnie commerciali, determina a lungo andare la prosperità o l’infortunio di lei;


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e perché si fatta combinazione il più possibile tocchi lo scopo, conviene accoppiare colla maggiore maturità del consiglio la maggior prontezza dell’esecuzione. Or la più parte delle mentovate Società, se non andiamo errati, sciolsero l’arduo problema. La loro amministrazione viene esercitata: 1° Da’ soci riuniti in adunanza generale, che si compone di quelli fra essi i quali sono i maggiori azionari, limitati pei altro nel numero da’ venti a’ sessanta, perché né il soverchio renda la discussione malagevole, né per lo scarso facciasi frode agl’interessi de’ più; 2.° Da un consiglio trascelto nel seno degli azionari medesimi, al quale è commessa la spedizione degli affari giornalieri, e che in parte a per intero si rinnova ogni anno; 3.° Da uno 0 più direttori, i quali abitano tutto il potere esecutivo, ed. agiscano in nome della Società; 4.° Da un cassiere con cauzione, perché il danaio sociale tutto passi con sicurezza per le sue mani, e per un pubblico banco, non mai per quelle del direttore. Alla fine dell’anno si presentano i conti all’assemblea generale, e per lo più si rende pubblico mercé la stampa il bilancio. E perché si acquistassero fiducia maggiore le operazioni loro, talune Società sogliono ancora non chiudere altrimenti le loro annuali ragioni che alla presenza d’una pubblica autorità espressamente invitata a prenderne contezza. Ognun vede quanto un tal sistema di amministrazione è acconcio a far sicuri anche i più diffidenti. Aggiugni che d’ordinario gli amministratori sono piuttosto rispettivi e circospetti che arditi, come quelli che vogliono schivare perdita anzi che procacciar lucro; persuasi che delle felici imprese non si avrà ad essi gratitudine alcuna, e delle avverse verranno eglino accagionati. Nel che giace forse un inconveniente annesso a queste Compagnie. Chi amministra il proprio capitale, procede franco ed animoso, poiché avventurandosi a lucrar molto, forza è che soffra con rassegnazione la perdita a cui volontario si espose. Ma l’amministratore d’un. fondo comune, cerca innanzi tratto d’evitar Va censura, e fa soltanto quelle operazioni in cui poco è il rischio, e per conseguenza poca altresì la speranza di guadagnare e poco il guadagno.


E nondimeno dovrebbe, a parer nostro, la cosa andare al contrario; che alle Società converrebbero appunto quelle imprese le quali, per lo gran cimento che vi si corre, non possono convenire a questo o quel privato. La perdita che sostenuta da un solo è importabile, ripartita in moltissimi addiviene leggiera; ond’è che i tentativi ardili sarebbero più che non si crede propri delle grandi associazioni. Quante nuove macchine non s’inventerebbero, 0 non s’introdurrebbero tra noi, quante nuove scoperte non si farebbero se questa massima prevalesse! Ma la contraria sembra anzi tra le nostre Compagnie predominare; il che se limita i loro profitti, almeno fa più sicuro il maneggio delle fortune ad esse affidate.

Quanto all’essenza delle Società anonime commerciali, le cose dette sinora abbastanza debbono averla dichiarata. Ma non sarà vano, riducendole ad oro, il far notare che due sono i cardini su’ quali queste macchine girano. 1. Ciascun socio non contrae mai verun obbligo al di là dell’ammontare dilla sua azione, pagata la quale cessa ogni rischio ed impegno di lui. 2. Un socio non risponde per l’altro, né dee pagare per esso ov’egli manchi al pagamento delle sue azioni. In forza di questi due principi costitutivi di ogni nostra Compagnia, ella non espone che il capital risultante dall’aggregato di tutte quelle azioni e non più, nel mentre che può impegnarsi in obblighi di gran lunga a quello superiori, e cavarne pertanto proporzionati emolumenti. Ciò riguarda specialmente le Società di assicurazione, ed in questo appunto consiste il loro vantaggio; poiché sarà sempre per esse determinata la perdita, indeterminato il guadagno. Laonde per tutelare gl’interessi del pubblico la legge richiede che speciale permissione si ottenga e che si sborsi almeno la quarta parte del capitale. Né il Governo quella concede se non quando scorge tale esser questo da far fronte agl’impegni pe’ quali possano le Società rimaner compromesse. Il perché utili sono esse a’ caratàri non meno che al pubblico. Utili a’ caratàri, perché tanti piccioli capitali non sarebbero messi a moltiplico, 0 verrebbero spesi improduttivamente, se esse non li raggruzzolassero;  perché quella somma che ogni agiata persona e prudente suole avere in serbo per le fortuite ed imprevedute necessità della vita,


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invece di tenerla nello scrigno oziosa, anzi pericolosa, ne terrà altrettante azioni, le quali nel!’ atto che le procacciano un interesse, son titoli che al primo bisogno può dare in pegno o convertire nuovamente in danaro; e la vicenda dell’abbassamento bilanciandosi con quella dell’elevazione del pregio di esse, rimane sempre all’azionario il profitto dell’interesse del danaro convertito in azione; perché finalmente si apre la via ai possedenti di prender parte ad imprese per le quali non abbiano capacità o tempo sufficiente, e se dispongono di molti beni di fortuna, possono con isvariati collocamenti in più Società compensare il tristo successo dell’una colla prosperità dell’altra. Quanto inoltre sicn essa al pubblico vantaggiose, facilmente il vedrà chi riflette che tendono al evitare lo stagnamento del danaro privato ed a porlo in circolazione; a promuovere lo spirito di economia, giacche quando i piccioli capitali trovano agevole collocamento, non si dissipano improduttivi; a riunire que’ grandi capitali che bisognano a’ grandi imprendimenti, e che 0 non si trovano in mano de’ privati, o non sono da essi arrischiati, poiché n’andrebbe tutto il lor patrimonio; laddove anche la perdita in cui la Società incorra è lieve danno a ciascun di coloro che la compongono, nò verrebbe avvertito, nò verun pregiudizio recherebbe al credito del paese, sempre in alcun modo scosso da’ rovesci sempre evidenti delle grandi fortune. Ma ciò che dee principalmente far commendevoli queste Compagnie al Pubblico ed al Governo, è l’amore che ispirano all’ordine stabilito ed all’Autorità da cui sono protette. Poiché il valor venale delle azioni dipende in gran parte dalla conservazione o turbamento di quell’ordine, dal ben essere o angustia di quell’Autorità, egli e chiaro che i posseditori di esse azioni debbono avere interesse alla Stabilità del reggimento sotto il quale si vivono. Qual crollo non darebbero tutti questi commerciali istituti ove la pubblica tranquillità fosse per poco agitala! E però non i facinorosi e turbolenti, se pur ve n’abbian fra noi, prendono parte in essi; ma gli uomini pacifici ed istruiti, i possedenti assennati, ed ogni maniera di rispettabili e rispettate persone.


Seggono particolarmente in que’ consigli ‘personaggi cospicui, noti per devozione illimitata al Monarca, ed anche del più chiaro sangue; che se la nobiltà onora l’industria, l’industria arricchisce a vicenda la nobiltà. Tacciano pertanto i calunniatori di queste utilissime Compagnie. Se l’economista potrà qualche cosa rimproverare a quelle che unicamente si consacrano a specular su i valori creati, e biasimare l’abuso dell’anticipazione de’ soldi che paga il regio erario, chiunque ha fior di senno loderà a ciclo quelle che promuovendo le arti, il commercio, l’industria, ed adoperandosi in cose di pubblica utilità, creano esse valori novelli, ed accrescono la massa della nazionale ricchezza. E s’ egli è vero che più ricco e prospero è un paese, e più si affeziona al Principe da cui riconosce il fonte e il patrocinio del suo riposato vivere, certo non si potrà maledire delle associazioni da noi esaminate, se non da coloro al cui animo non parla né vero affetto al Sovrano né alcuna carità del natio loco. d’intelletto e d’avvedimento grossissimi, a supporli di buona fede, gridano essi ai novatori, senza accorgersi che il tempo, come l’appellava il gran Bacone, è il massimo novatore. Noi vedemmo che sin da’ primi giorni della Borbonica Monarchia le Società commerciali erano in fiore tra noi; e che so ora presero straordinario incremento, il debbono in ispozieltà al favor generoso dell’augusto pronipote di Carlo III. Vedemmo che posero esse in circolazione presso che due milioni e mezzo di ducati, somma la quale si compone di tante picciole particelle che sarebbero altrimenti rimase ozioso o improduttive. Vedemmo che da ultimo più che ad altro intendono al bene del commercio diffondendo assicurazioni, al bene dell’agricoltura bonificando terreni, al bene dell’industria introducendo novelle macchino e fondando grandiose manifatture. Per tal guisa spargesi nel paese col moto industriale la vita, e se ne accresce necessariamente la ricchezza, la popolazione, la civiltà.

F. L.

ANNALI CIVILI
DEL
REGNO DELLE DUE SICILIE

Gennaio, Febbraio, Marzo ed Aprile 1833

fonte

https://www.eleaml.org/sud/banchi/banchi_1833_annali_civili_Due_Sicilie_storia_1734_1830_societa_anonime_2012.html#Crocco

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