Italia, cara Italia
Il grigio sporco del cielo parigino, la pioggia che crepita sui vetri, il freddo nell’incavo del collo, tutto ormai suscita in noi una nostalgia di Roma, di Napoli, di Firenze o anche di quel minuscolo villaggio toscano schiacciato sotto il sole della nostra ultima estate.
E’ allora, dopo le sue opere consacrate all’Egitto, alla Terrasanta e a Venezia, che Jean-Claude Simoen ci propone “Le voyage en Italie”, per le edizioni Lattès, due forti volumi, superbamente illustrati, per aiutare i francesi a preparare la prossima scappata dall’altro lato delle Alpi.
A tutta prima, amo il titolo. Non “Voyage en Italie” o ancora “Un voyage en Italie”, ma “Le voyage en Italie” con non so che di fatale, di inevitabile, che impone l’articolo determinativo.
Dal nord al sud dell’Italia, Jean-Claude Simoen ci provoca, cullando la nostra impazienza, la nostra curiosità con citazioni scelte nei libri, in lettere e in diari intimi dei viaggiatori di tutta la terra, gli adepti del famoso “Grand Tour”. Stando a quel che si dice, anche dei russi, molti americani stupiti, a fianco dei nostri autori familiari, Montaigne, il presidente De Brosses, Montesqueu, Goethe, Chateaubriand, Taine, Dumas, Stendhal, Quinet, Zola, ecc.. Ci sono in Jean-Claude Simoen delle astuzie da detective inglese, che annunziano barba e mustacchi biondi finemente coltivati,, il tutto raddoppiato da un’erudizione da monaco benedettino …
Turner, Bonington, Inganni e Corot
Nella cohorte dei nostri pellegrini trascurati, sulla strada della beatitudine, Simoen non ammetterà che dei vecchissimi amici, un poco come se cercasse negli scritti degli altri di nuovo la prova, la conferma delle sue scoperte. Tuttavia certi autori ricompaiono frequentemente alla sosta della sera e, per esempio, l’irascibile Andrè Suarès, questo maratoneta dei sentieri d’Italia, percorsi a piedi, il “Condottiero” che ha saputo decifrare i segreti di questo Paese restato pagano dalle parti delle sorgenti e cristano solamente quando suonano le campane.
Fra i pittori, trionfano Turner, Bonington, Angelo Inganni e, sicuramente, Corot, con i suoi giardini di Palazzo Farnese, il suo Pincio, le sue vedute di Volterra e soprattutto il suo ponte della Nera. E’ lui, Corot, che, mi pare, ha meglio trasportato sulla tela questa terra italiana così robusta, vibrante, percorsa da un tremore di luce interna, che annuncia forse un prossimo sisma. I paesaggisti che si recano in Italia non cercano più di camminare sulle tracce di Poussin o di elegiaci Arcadi, ma raccontano, molto semplicemente ciò che vedono: i paesaggi, il pittoresco dei volti, dei gruppi, la vita insomma.
Jean-Claude ci racconta, per filo e per segno, nei due grossi album, la vita di un’Italia pittoresca, postromantica, sublime talvolta, anche triviale. Forse molto pochi pittori che ha scelto entreranno nel Pantheon dei geni. Tutti, però, ci dicono mirabilmente, il più spesso sul tono della confidenza, il loro colloquio con il genio del luogo che abita l’Itala tutta intera. Che non ci si inganni dunque: come un precedente volume consacrato a Venezia, i due tomi di Jean-Claude Simoen non hanno per oggetto di far sfilare davanti a noi una galleria di grandi pittori che ci parlano dell’Italia, ma piuttosto di mostrarci l’Italia, tutte le Italie, viste da una moltitudine di artisti, validi e meno validi, che testimoniano quell’istante unico, in cui si stringeva il pennello per raccontare un momento di una civiltà che il nostro secolo ha spazzato via.
Nostalgia, dunque, emozioni, ricordi di una villa Medici perduta e ritrovata, di un Colosseo quasi campestre, di una Firenze ideale o di un angolo di Campania che si ritrova, talvolta, dietro l’officina o il pannello pubblicitario che la sfigura: ecco tutto ciò che sfila davanti ai nostro occhi. Tutt’al più, si rimpiangerà un’’impaginazione molto allettante, ma che taglia quasi sempre in due delle opere che si sviluppano in duplice pagina, come pure un fondo nero per i testi, che, finalmente, renda una vera lettura, a cui si tiene dietro un pochino con fatica. Ma non sono che bagattelle: l’Italia di Simoen è un pianeta intero.!
Per gli acquarellisti, ricorderò Thomas Cromeck, Ippolito Caffi, Albert Goodwin e John Ruskin. Per l’uso di questa tecnica così spontanea, tutti ci danno l’illusione di guardare dall’alto in basso l’immagine in procinto di nascere.
Nel corso delle sue ricerche, Jean-Claude Simoen è anche riuscito a sorprendermi, scovando nelle riserve del Museo delle Belle Arti di Angers un bellissimo quadro di Nucolas-Antoine Taunay, che rappresenta la villa Medici, tela di cui ignorava l’esistenza, fino a quel giorno, il vecchio direttore dell’Accademia di Francia a Roma, Jean-Marie Drot.
Come motto del suo “Traité de l’amour pour les Italies”, Jean-Claude Simoen cita questa frase di Stendhal, che apre e richiude il periplo: “Provo una sensazione di felicità dal mio viaggio in Italia che non ho trovata in nessun luogo”. La parola-chiave, la parola d’ordine, l’”Apriti Sesamo” ‘ pronunciato da colui che è andato il più lontano nel godimento che procura l’Italia a quelli che si lasciano sedurre da essa: la felicità.
Il progredire del piacere
Attraverso decine di testimonianze cosmopolite, Simoen spia il progredire del piacere; la lenta riconquista della pelle, dello sguardo, dell’udito. I ghiacci interiori si mettono a sciogliersi al sole dell’Italia. Le corazze si sconquassano.. Il tempo sarà la prima vittima di questa vittoria del momento. Poco a poco, gli itinerari, così minuziosamente preparati alla partenza, svaniscono. Il viaggiatore in ogni città, in ogni villaggio, potrebbe essere trattenuto, per finirvi con calma i suoi giorni.
I nostri pellegrini pensavano di essere partiti per divenire più saggi, per scoprire infine, e davvero nella sua giusta luce, la bellezza delle pitture, lo splendore dei palazzi, dei musei, delle chiese ed ecco che la semplice contemplazione di un olivo centenario, lo sguardo corrucciato di una donna, il grido di un fanciullo, fino alla minuscola macchia rossa di un tetto sperduto nelle vigne, bastano per aprire nei petti più chiusi, più insensibili, un cammino di luce, di gratitudine e d’emozione. Italia, cara Italia. Ringraziamo Jean-Claude Simoen di aver saputo risvegliare in noi, grazie a questa scappata pittorica e letteraria, questo desiderio d’Italia nel cuore dell’inverno.
Alfredo Saccoccio
Ammansire la morte
Accompagno una madre nel suo cammino verso la morte,
la più naturale che sia, la più leggera, l’usura del cuore.
Ella era di una linea fiera che non confessava facilmente
le sue paure e il fondo di dispiacere che è il nostro destino comune.
Voglio toccare il peso della morte,
voglio capire il suo colore,
voglio sentirla, voglio capirla.
Non il tratto a monte, non il tratto a valle,
ma il tempo esatto della morte, l’immediatezza,
l’effimero della morte.
Non ho niente appreso dalla morte.
Nient’altro che il desiderio.
E l’amore.
Alfredo Saccoccio
Alla cortese attenzione del dott. Franco Albanese.
Cordiali saluti.