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ITRI, ricerca sulle origini

Posted by on Ott 4, 2021

ITRI, ricerca sulle origini

Ricerca sulle origini del Paese e del nome, fra miti e leggende

Premessa

Dedico questa mia ricerca alla memoria di mio nonno Pietro e di mio padre Antonio che già avevano tentato di individuare le origini del loro cognome; cognome che per ciascun essere umano rappresenta il primo indizio, l’essenza del la identità di cui essere orgogliosi.

Trasmetto tale sentimento ai miei due nipoti, ancora giovanissimi, Leonardo e Luca che sono nati e vivono negli USA, perché possano sempre ricordare le loro origini italiane e molto prossime a quelle romane. …Nomina sunt consequentia rerum… (i nomi sono conseguenze dei fatti reali)

Dott. lng. Pietro Itri

P. S.

Un doveroso, profondo ringraziamento, va a coloro che hanno pubblicato su Internet i loro lavori i da cui ho potuto st ralciare ut ili passaggi per la composizione del puzzle. “Origini del nome Itri”, basato molto su letture di pensieri altrui.

Posizione geografica di Itri e supposizioni sulle origini del suo nome

Itri è situato nel basso Lazio a circa 130 Km. da Roma, nell’immediato entroterra a ridosso di Gaeta ed adagiato su una valle in cui si trova il caratteristico borgo, arroccato sulla collina, e rappresentante il centro torico del paese.

Tale borgo è un intreccio di viuzze che sfo ciano in piazzette, e che si arrampicano attorno ad un castello ed una chiesa, entrambi medievali, costruiti intorno al decimo secolo.

La caratteristica conformazione del territorio del borgo fa ricordare quella di una acropoli su cui era uso costruire, in tempi molto remoti, un tempio dedicato ad un dio pagano, a similit udine del colle del campidoglio romano.

Le antiche origini di Itri risalgono, con molta probabilità, al primo periodo di colonizzazione del luogo da parte di esuli greci, che si insediarono nel basso Lazio e soprattutto nelle zone circostanti Gaeta.

Solo successivamente, intorno al 312 A.C., Itri è stata interessata dal passaggio della vecchia Via Appia che congiungeva l’antica Roma a Brindisi: alcuni resti di tale via sono ancora presenti nelle colline circostanti il paese.

Il fatto di abbinare il nome Itri a quello latino ‘Iter (viaggio)ad Urbem’ sembra un’ipotesi riduttiva perché non prende in considerazione altri dati ritenut rilevanti e interconnessi fra loro; uno di questi è il simbolo del paese che è un serpente posto in uno scudo in posizione verticale e, stranamente orientato a destra a similitudine di quello del dio della guarigione pagano greco Asclepio, che divenne Esculapio per i romani.

Proprio il serpente ha indotto altri studiosi a pensare che tale simbolo fosse legato all ‘ invasione di serpenti fuggiti dalla vicina e mitica città greca Amyclae oggi scomparsa, ma allora situata nei pressi di Fondi; essa sarebbe stata abbandonata proprio per paura dei rettili che si sarebbero spinti fino ad Itri.

Si ritiene che anche questa ipotesi sia poco probabile, a sé st ante, e non prenda in considerazione un quadro più ampio di dati sulle probabili origini del nome Itri.

Si pensa, infatti i, alla vicinanza di Itri a Gaeta fortemente legata a miti e leggende; alla colonizzazione greca del basso Lazio in tempi che vanno di pari passo con gli albori di Roma; alla conformazione fisico-geografica del centro storico di Itri proiettato indietro nel tempo; ai dottori- sacerdoti del tempio del dio Asclepio che erano di lingua greca.

Conduzione della ricerca

I dati della ricerca ottenuti copiando e/o elaborando stralci di vari articoli trovati via internet, hanno fornito la possibilità di procedere talvolta per ‘scelta’, facendo emergere dalla pluralità di notizie e documenti. la versione dei fatti ritenuti più plausibili. Viceversa nella trattazione di figure mitiche è stato possibile procedere per ‘insieme’ poiché le varianti riguardanti ogni aspetto delle situazioni sono state accettate integralmente dal momento che nessuna di esse è, o potrebbe essere, più vera delle altre.

Nella consapevolezza che mito e leggenda siano racconti non definiti, senza alcuna definitiva cristallizzazione, essi sono stati trattati con l’obiettivo di rendere i fatti più interessanti, in maniera da attrarre l’attenzione del lettore.

È stato così possibile indirizzarsi ad un racconto parzialmente di fantasia con vicende che non possono essere ritenute storia in quanto non esistono prove in merito.

Tutti i miti elaborati dai greci e dai romani sono noti in una pluralità di variabili e sarebbe quasi inutile disporli in maniera cronologica, magari cercando quale sia la versione originaria o la più autentica. Il mutamento è il tratto costante di ogni mito.

Greci e Romani hanno concorso in ugual misura alla-creazione del mito di Enea e forse i Romani in maniera maggiore; essi l’hanno sviluppata in modo originale, arricchendone le trame o i significati. Ma l’origine ultima di quella storia resta pur sempre immersa nello sterminato universo mitologico dei Greci.

Lo scopo, in generale, è stato quello di ‘ammantare’ un racconto fantastico di una certa ‘sacralità’ in maniera da destare l’interesse di chi legge.

In fondo mito e leggenda sono l’anticamera della storia e, forse, della verità.

Il mito di Enea ed il suo arrivo nel Lazio

Enea fa la sua comparsa nell’Iliade di Omero e di lui parlano mitografi, drammaturghi e storici greci che scrivono in epoche nelle quali a Roma ancora non esisteva la letteratura.

Successivamente il mito di Enea, dettato da Virgilio (Publio Virgilio Marane) fra il 31 ed il 19 A.C. ha avuto una enorme influenza nella cultura dei due millenni successivi che lo hanno reso più familiare all’immagine dell’occidente.

Per poter ricostruire la cronologia degli eventi, fra archeologia, letteratura e fantasia, sono state accettate, come pietre miliari, le date della caduta di Troia {1184 A.C.) e della nascita di Roma (753 A.C.).

È stata, soprattutto, accettata la versione ‘canonica’ sulla figura di Enea, dettata da Atene che fa proprio il mito dei troiani superstiti dopo la caduta di Troia, e lo fa in maniera positiva: sono nemici tradizionali ma ad essi è dovuto rispetto per la loro virtù.

È questo il messaggio che Atene consacra in maniera ufficiale accogliendolo persino nel monumento principale della città: il Partenone, che diffonde in occidente attraverso l’esportazione dei suoi vasi, con la raffigurazione di Enea con il padre Anchise ed il figlio Ascanio.

È importante ritenere che non vi sia stata una vera fuga di Enea dalla città di Troia, ma che siano stati i Greci (Achéi) che, dopo la vittoria, hanno concesso salva la vita di Enea ed ai suoi, nel rispetto di clausole di reciprocità e fiducia, di legami di ospitalità, ed in virtù di diritti acquisiti in precedenza.

La leggenda greca di Enea si diffonde in occidente, sia in ambiente etrusco che in ambiente romano anche se non è facile spiegarne tappe e modalità.

Ad Enea gli dei affidano il compito di portare in salvo le divinità tutelari della città e della casa (i Penati che diverranno i Lari nel periodo romano) e di erigere per essi nuove mura in un luogo lontano che, poco al la vo lt a, nel corso del poema Eneide, si capirà coincidere con il Lazio. Enea, alla fine, fonderà la città di Lavinia (oggi scomparsa) che i Romani considereranno sempre la loro madrepatria, e suo figlio Ascanio, trenta anni più tardi, il centro di Alba longa.

Dopo quasi quattro secoli, da una sacerdotessa discendente di Enea e dal dio l\llarte nasceranno Romolo e Remo, fondatori di Roma.

Enea e l’inizio della colonizzazione greca nel Lazio

Arma virumque cano… canto le armi e l’eroe che, per primo, per il volere del destino, giunse esule in Italia, ed ai lidi Lavin i dopo essere stato spinto, sia per terra che per mare per il volere degli dei…

È così che inizia l’epico viaggio dell’esule Enea che è destinato a fondare una nuova stirpe al di là del mare.

Dopo, un lungo viaggio, lasciando sulle coste il segno del suo passaggio, Enea verso la fine del suo peregrinare, dopo aver toccato Puglia, Sicilia, Calabria, risale la costa tirrenica verso Palinuro dove perde il suo mitico nocchiero caduto in mare vinto dal dio sonno; Enea usa battezzare i luoghi con i nomi dei suoi compagni.

Ad Enea resta il fratello di Palinuro, Japix, che aveva preferito l’arte della medicina a quella della navigazione e che sarà di grande aiuto all’ero e troiano nel curarlo dalla ferita di una freccia durante la guerra contro i Rutuli.

Enea continua il suo viaggio dirigendosi verso Cuma, prima colonia greca nel mediterraneo occidentale, dove incontra la Sibilla, per poi arrivare a Pozzuoli ed infine a Gaeta che prende il nome dalla sua nutrice Caieta.

Gaeta può essere considerata la sosta per eccellenza, quella più lunga e significativa; qui Enea trova tutti quegli elementi strutturali necessari per assicurare a sè ed ai suoi compagni un ameno e sicuro insediamento capace di poter fornire un sostentamento autonomo, attraverso i prodotti provenienti dalle risorse locali.

Secondo Tito Livio, Enea solo successivamente intraprese la guerra contro i Rutuli durante la quale fu ferito, sposò Lavinia e fondò la mitica Lavinium (oggi Pratica di Mare?), luogo considerato sacro perché indicava le origini del popolo romano.

11 viaggio di Enea rappresenta la navigazione dei primi coloni greci e si configura come un racconto di migrazione a causa di guerre, per carestia, per ricerca di nuove terre più feconde da abitare.

Il mito del viaggio di Enea mette in luce le complesse implicazioni storiche, archeologiche, topografiche, artistiche, immaginifiche, che mutano il territorio proprio in funzione del nuovo insediamento umano.

Nel periodo antecedente la nascita di Roma, la Penisola era abitata da una costellazione di popolazioni molto diverse, probabilmente legate fra loro da una fitta rete di relazioni che portarono a processi di frammentazione e ricomposizione.

Con il processo di colonizzazione greca emerse un nuovo mosaico di culture lasciando tracce archeologiche ap prezzabili.

In questa complessa visione che si sviluppò in un lungo arco temporale si è cercato di immaginare un quadro, anche se non completamente chiaro, di qu ello che potrebbe essere stata la trasformazione del territorio attorno al golfo di Gaeta.

I Greci nel Lazio nei secoli seguenti l’arrivo di Enea

Se si accetta la data della caduta di Troia (1184 A.C.), dovranno passare più di quattro secoli prima di avere una chiara evidenza di migrazione greca sulle coste del basso Tirreno e soprattutto del basso Lazio.

I Greci si insediarono in quella parte d’Italia importando il loro modello di città-stato (polis) ed un ricco bagaglio di conoscenze culturali.

Era tradizione per i greci erigere sulla cima di alture, similari alla acropoli del Partenone templi dedicati a dei pagani.

Intorno al V secolo A.C. in Grecia erano esistenti centinaia di templi dedicati al dio della guarigione Asclepio, che al tempo dei romani divenne Esculapio.

Tale dio pagano era venerato da sacerdoti che erano soprattutto dottori che trattavano i loro compatrioti con l’aiuto di tecniche empiriche; il loro nome’ suonava’ ‘IATRI’ –

Il processo di migrazione del popolo greco fu meticoloso ed organizzato e messo in atto dopo aver raccolto informazioni su l territorio da colonizzare ed aver consultato l’oracolo.

I nuovi insediamenti, inoltre, risultavano non dei domini o degli avamposti dipendenti dalla madrepatria ma dei centri dove i coloni potessero iniziare una nuova vita in maniera totalmente e autonoma.

Il dio della guarigione Asclepio ed il suo  simbolo

Asclepio è stato l’antico dio greco della guarigione e le circostanze della sua vita sono conosciute grazie a numerose fonti mitologiche.

In Grecia, nel periodo di massimo splendore vi erano centinaia di templi dedicati al dio della guarigione, figlio di Apollo, ed educato dal centauro Chirone, famoso per la sua gentilezza e saggezza.

Il simbolo che caratterizza Asclepio è quello del serpente che si erge in verticale attorno ad un bastone che, di per sé, non ha alcun significato perché è un semplice strumento.

Gli storici ritengono che questo personaggio mitologico avesse un vero e proprio antenato: un medico con lo stesso nome Asclepio che divenne leggendario durante la guerra di Troia.

Gli antichi Greci durante la loro colonizzazione di una parte dell’Italia, portarono questo simbolo, che passò ai Romani, per poi diffondersi nella maggior parte della civiltà umana.

I santuari-templi di Asclepio, a metà strada fra luoghi di culto ed ospedali-sanatori, esistevano secondo il codice delle regole sacre a cui i dottori-sacerdoti si attenevano in maniera scrupolosa.

Oltre al trattamento medico, fatto in maniera empirica e magica c’era un rituale religioso le cui regole erano stabilite secondo un rito canonico rigorosamente definito; su queste regole furono istituite scuole di formazione di dottori che si svilupparono in maniera intensiva a partire dal VI secolo A.C.

I riti di cura erano accompagnati da sacrifici di animali {il più delle volte galli) quindi un grande altare era un attributo obbligatorio di qualsiasi santuario; inoltre il rituale della sacra guarigione terminava ogni volta con l’incubazione tenuta in una lunga galleria lungo le pareti del tempio, che poteva essere raggiunta solo con un permesso speciale; questa era una pratica consistente nel dormire in una area sacra al lo scopo di sperimentare in sogno rivelazioni sul futuro, oppure di ricevere cure o benedizioni di vario tipo.

L’influenza della mitologia greca è proseguita non solo nella forma di simboli grafici ma anche in molte parole significative dei termini tecnici medici che affondarono le radici nel passato greco antico. Come esempio si può prendere la parola ’iatria’ che è il secondo elemento di parole composte, proprie del moderno linguaggio che è usatoper definire le varie specializzazioni che caratterizzano la professione dei medici e, per quanto attiene a questa ricerca, la parola ‘medici che suona come ‘iatri’

Il tempio del dio della guarigione trovato nel centro storico di Itri

Le antichissime origini del paese Itri e conseguentemente del suo nome sono confermate dal ritrovamento di un tempio dedicato al dio pagano della guarigione Asclepio, nel centro storico di ITRI.

Il tempio fu posizionato sulla parte più alta della collina, che a quel tempo doveva apparire una perfetta acropoli poco lontana dalla mitica Gaeta.

I resti di tale luogo di culto sono stati trovati sotto le fondamenta della vecchia chiesa di San Michele Arcangelo, a poca distanza dal più conosciuto castello medievale.

Alcuni reperti archeologici del tempio consistenti in ori, bronzi, marmi lucenti, riproduzioni in pietra, sono stati rinvenuti in una sorta di sotterraneo sotto la chiesa: essi venivano offerti in segno di ringraziamento al dio che guariva.

Il culto presso il tempio probabilmente è durato·centinaia di anni e fino all’inizio dell’era cristiana; ne è testimonianza il ritrovamento di una epigrafe dedicata al culto dell’imperatore Augusto.

La conferma dell’importanza di tali sacerdoti-dottori del tempio è testimoniata dal ritrovamento a Pompei di un dipinto murale rappresentante il dottore-sacerdote Japix che cura Enea ferito da una freccia.

L’emblema del dio Asclepio, noto come la figura di un serpente che si erge in verticale, è senza dubbio rimasto come simbolo del tempio e del luogo ed è presente ancora oggi nello stemma del Comune di Itri.

Infine è noto che, in quel tempo, a similitudine di tutti gli altri siti di culto, il tempio di Asclepio fosse anche il luogo di formazione di sacerdoti- dottori per un determinato territorio ben definito; nel nostro caso circondante Gaeta.

La parola ‘IATRI’ (Dottori) doveva essere comunemente pronunciata giornalmente dai greci colonizzatori che all’inizio imponevano la loro lingua. Chissà se con l’avvento della romanità e con la conseguente diffusione del latino, dopo lungo tempo, tale parola sia stata abbreviata in ITRI.

L’aver trovato un bassorilievo ottagonale in marmo del Comune di Itri rappresentante il serpente in posizione verticale con sotto riportata la scritta ‘Signum Salutis‘ (Fig.

10) sembrerebbe dare valore alla ricerca suI nome.

Conclusioni

La ricerca eseguita porta alla convinzione che le origini del paese Itri e del suo nome, siano strettamente legate alla colonizzazione greca del basso Lazio avvenuta intorno al VI secolo A.C., e si basa su considerazioni storiche e topografiche descritte nei capitoli precedenti.

Particolarmente importanti per i colonizzatori, era scegliere siti territoriali adatti ad erigere templi dedicati a Dei protettori, a similitudine di quanto avveniva nella loro madre patria.

Il colle di Itri doveva apparire come una futura acropoli e fu scelto, entro una vasta zona attorno alla allora mitica Gaeta.

Sul colle fu eretto il tempio del dio della guarigione Asclepio il cui simbolo è un serpente in posizione eretta che si avvolge attorno ad un bastone che, di per sé, non ha alcun significato perché è un semplice strumento.

I resti di tale tempio sono ancora visibili nei sotterranei della chiesa di San Michele Arcangelo costruita sulla parte più alta del paese e poco lontano dal più noto castello medievale.

I Sacerdoti adoratori del dio Asclepio erano soprattutto Dottori, formati nello stesso Tempio che serviva, dunque, come sede di formazione di nuovi adepti che in futuro sarebbero stati impiegati, come guaritori, in una prevista vasta zona territoriale.

I Dottori Sacerdoti si esprimevano naturalmente nella loro lingua madre che era imposta ai locali Aurunci e poi ai Laconi e Volsci provenienti da zone limitrofe.

Il suono ‘IATRI’ della parola greca ‘DOTTORI’ sarà stato ripetuto più volte e per lungo tempo, soprattutto nella zona circostante il Tempio, tanto da dover identificare tale suono con il luogo.

Solo successivamente con la divulgazione della lingua latina e per facilità di dizione, il suono-parola IATRI sarebbe stato abbreviato in ITRI; ciò sarebbe avvenuto prima del 312 A.C. quando i Romani nella costruzione della antica Via Appia, attraversarono la zona ove oggi sorge il Paese di Itri.

dott. lng. Pietro Itri

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