Jacques de Molay, l’ultimo dei Templari
Il 13 ottobre del 1307 le guardie del re di Francia Filippo il Bello arrestarono gran parte dei membri dell’ordine dei Templari. Sui monaci-guerrieri che si erano coperti di valore in Terrasanta pesavano gravissime accuse: eresia, magia, cospirazione, depravazione dei costumi, sodomia, idolatria e sacrilegio.
Tra i tanti che furono imprigionati anche Jacques de Molay, ultimo Gran Maestro dell’ordine, e Geoffrey de Charnay, precettore di Normandia per i Cavalieri del Tempio. Ma chi erano i Templari e perché così tanto odio nei loro confronti? L’ordine templare nacque in Terrasanta nel periodo che seguì la prima Crociata ad opera di un gruppo di soldati che si assunsero il compito di proteggere i pellegrini lungo le strade che da Jaffa portavano a Gerusalemme
, città strappata ai musulmani nel 1099. Essi vivevano secondo la regola religiosa dettata da Sant’Agostino (avevano giurato di vivere in povertà, castità e obbedienza) e ricevevano aiuto e sostegno dai canonici della chiesa del Santo Sepolcro, a Gerusalemme. Il loro capo era Ugo di Payns, nobile cavaliere originario della Champagne, in Francia, appartenente a un ramo cadetto dei conti di Troyes. Il re di Gerusalemme, Baldovino, aveva accolto con grande soddisfazione la nascita dell’ordine templare, anche perché i soldati scarseggiavano e gli “infedeli” erano sempre molto minacciosi. Per questo aveva assegnato come alloggio ai cavalieri la parte orientale del suo palazzo, nel luogo dove un tempo si trovava il Tempio di Salomone: di qui il nome di Templari. Nel Concilio di Troyes del 1128 l’ordine dei Cavalieri del Tempio fu ufficialmente riconosciuto dalla Chiesa cattolica e dotato di una regola di vita religiosa che si vuole scritta da San Bernardo, abate di Chiaravalle. I Templari indossavano un lungo mantello bianco a imitazione dei cistercensi o dei canonici del Santo Sepolcro. In seguito papa Eugenio III assegnò loro il diritto di aggiungere una croce rossa, che andò a collocarsi sul lato sinistro del mantello. Nel giro di pochi anni dal quel Concilio l’Europa cattolica si adoperò in ogni modo per favorire l’ascesa e la fortuna dei Templari. L’ordine ricevette migliaia di proprietà terriere, grandi e piccole, in ogni angolo del vecchio continente e soprattutto in Inghilterra, Francia e Spagna. La qualcosa costrinse i Templari ad organizzarsi anche dal punto di vista amministrativo per badare nel migliore dei modi a un patrimonio che si faceva sempre più ingente. Anche perché ben presto l’ordine, accanto a quello dei cavalieri Ospitalieri di San Giovanni, si interessò anche della raccolta delle “elemosine” attraverso le quali l’Europa cattolica contribuiva al mantenimento degli stati crociati in Oriente. Nel corso del tempo l’ordine templare si dedicò anche alle attività agricole, creando un grande sistema produttivo, e a quelle finanziarie, gestendo i beni dei pellegrini e arrivando a costituire il più avanzato e capillare sistema bancario dell’epoca. Ecco perché, ben presto, cresciuti in potere e in ricchezza, i Templari finirono per diventare funzionari, compagni e confidenti di re, principi e papi. Fra questi ultimi il più prodigo nel concedere privilegi all’ordine fu Alessandro III anche perché aveva dovuto chiedere ai Templari forti somme di denaro in prestito. Quando, però, alla fine del XIII secolo vennero meno gli stati latini in Terrasanta, per i Templari iniziò un rapido declino: era venuta meno, infatti, la ragione principale per la quale l’ordine era nato. Il colpo di maglio fu impartito dal re di Francia Filippo il Bello che in maniera subdola fece circolare le accuse infamanti di cui sopra. Il sovrano era molto interessato alla cosa visto che la corona francese aveva contratto con i Templari debiti colossali. E poi, impossessandosi del cospicuo patrimonio dell’ordine, aveva la possibilità di ridurre sensibilmente il potere e l’influenza della Chiesa. E così nell’ottobre del 1307 scattò inesorabile la trappola: tutti i cavalieri templari di Francia, arrestati e sottoposti a tortura, iniziarono a fare ammissioni. Qualche giorno dopo il debole papa Clemente V, su forti pressioni del re Filippo (alcuni documenti rinvenuti di recente a Roma, nell’Archivio Vaticano, attestano la volontà del pontefice di assolvere i Templari), fu costretto ad ordinare l’arresto dei cavalieri dell’ordine in tutta la cristianità. Nel 1308 iniziarono i processi che andarono avanti per qualche anno e si conclusero, tutti o quasi, con la condanna dei Templari. Il 3 aprile del 1312 l’ordine fu soppresso e i beni furono trasferiti ai Cavalieri Ospitalieri di San Giovanni: di fatto, però, finirono in gran parte nei capienti forzieri del re di Francia. Anche Jacques de Molay, Gran Maestro dell’ordine fin dal 1294, incappò nelle maglie della trama ordita dal perfido Filippo. Sottoposto a processo e torturato confermò la validità delle tesi accusatorie e fu condannato al carcere a vita. In seguito però ritrattò le sue dichiarazioni e ciò gli valse la condanna alla pena capitale. Jacques de Molay morì bruciato sul rogo, assieme al compagno di prigionia Geoffrey de Charney, il 18 marzo del 1314, a Parigi, sull’isola della Senna, davanti alla cattedrale di Notre Dame. Qualcuno sostiene che prima di morire de Molay abbia lanciato la sua maledizione nei confronti del re di Francia e del papa. La cosa non è storicamente provata. Sta di fatto, però, che in quell’anno 1314, prima Clemente V (20 aprile) e poi Filippo il Bello (29 novembre) passarono a miglior vita. E se il papa morì, a quanto sembra, per un tumore intestinale, il re di Francia se ne andò al Creatore a soli 46 anni, colpito da un ictus nel corso di una battuta di caccia. Altri sostengono che prima di morire sul rogo de Molay avrebbe dannato la casa reale di Francia “fino alla tredicesima generazione”. In tempi più recenti, invece, si è diffusa la leggenda secondo la quale il boia che ghigliottinò il re Luigi XVI durante la rivoluzione francese, tale Charles Henri Sanson, sia stato un Templare che portò così a compimento la vendetta di de Molay. Concludiamo ponendoci un interrogativo: le accuse rivolte ai Templari avevano un fondamento di verità oppure si trattò solo di una gigantesca montatura? Erano davvero i cavalieri dal bianco mantello sodomiti, eretici e venduti agli infedeli? Adoravano essi uno strano idolo barbuto di nome Baphomet? Era vero che costringevano i novizi che volevano entrare nell’ordine a sputare sulla Croce con un blasfemo rito d’iniziazione? Tutte domande alle quali non è facile dare una risposta che abbia il crisma della certezza. Oggi, però, come in passato (già Dante Alighieri, nel canto XX del Purgatorio, sostenne tale tesi: “Veggio il nuovo Pilato sì crudele, / Che ciò nol sazia, ma, senza decreto, / Porta nel tempio le cupide vele”) si pensa che la fine dei Templari sia stata dettata soprattutto dalla volontà di Filippo il Bello d’impossessarsi del cospicuo patrimonio dell’ordine fatto di terre, castelli, fortezze e abbazie ma anche di un fiume inesauribile di denaro. E tutto ciò serviva al re di Francia per salvare la corona dalla bancarotta. Ecco perché si pensò, e la mente fu l’astuto Guglielmo di Nogaret, di formulare quelle gravissime accuse contro i Templari. D’altro canto la Chiesa in quel particolare momento non aveva la forza per opporsi alle ingerenze del re di Francia (nel 1309 la corte papale si era trasferita da Roma ad Avignone dove resterà fino al 1377) e così dovette piegarsi e avallare le decisioni di Filippo. Salvo poi pentirsi, come dimostrano i recenti documenti rinvenuti in archivio. Ma ormai il misfatto era stato compiuto e non si poteva più tornare indietro. Sono passati esattamente 700 anni da quegli eventi e, malgrado lo scorrere impetuoso del tempo, quella vicenda non è stata dimenticata. A chi ha la possibilità e la voglia di recarsi in quel di Parigi sulle orme dei Templari, consiglio di fare una passeggiata sul Pont Neuf della Ile de la Citè: qui si trova una piccola lapide marmorea che ricorda la tragica fine di Jacques de Molay, l’ultimo dei Templari.
Fernando Riccardi