Jane Austen, la misconosciuta di Alfredo Saccoccio
Nata nel dicembre del 1775, nel presbiterio di Steventon, un villaggio del sud dell’Inghilterra, Jane Austen è morta nel luglio del 1817, a Winchester, per la malattia di Addison. La sua opera, che non conta che sei romanzi, pubblicati anonimamente, influenzò numerosi scrittori (Hanry James, Virginia Woolf, Katherine Mansfueld, ecc.) e fu immediatamente tradotta in Francia grazie alla tenacia d3lla signora di Monolieu, a cui diede da leggere delle versioni, che sono degli adattamenti più che delle traduzioni.
Jane Austen, tale è l’opinione generalmente ammessa, ebbe una vita senza storia. La molto vivace biografia a lei consacrata da Claire Tomalin ci dimostra il contrario.. L’infanzia di Jane Austen fu piena di avvenimenti, di dispiaceri e di traumi, che lasciarono su di lei delle tracce tanto permanenti quanto quella della fabbrica di cera frequentata dal giovane Charles Dickens. Ella vi comprese che crescere non è nient’altro che perdere la propria libertà e che gli adulti misurano i loro bambini con il metro dei propri rimpianti. Così fu Jane, senza stati d’animo, affidata, sin dalla sua quattordicesima settimana, ad una nutrice, robusta fattoressa del vicinato, che non la riportò nella sua casa natìa che all’età della ragione. Così Jane fu mandata in una scuola, la cui colazione era costituita da un panino da un soldo e da una tazza d’acqua calda, e il pranzo da una fetta di pane, da un pezzo di formaggio e da un bicchiere di sidro. La relazione madre-figli, la dietetica sono nozioni che non hanno corso nel Settecento. Quanto al segreto della corrispondenza, Clare Tomalin precisa : “Era loro impossibile dolersi quando scrivevano alla loro famiglia, poiché le lettere erano “corrette” e sigillate dalle loro istitutrici”.
Da dove nasce la scrittura ? Dall’infanzia. Jane Austen era una ragazza coriacea, poco sentimentale, praticante l’umorismo nero e, come Catherine Morland, eroina del suo primo romanzo,” Northanger Abbey”, edito postumo nel 1818, ripieno di tutti i giochi dei ragazzi. Quale migliore rifugio per una bambina di sette anni che si annoia della lettura ? Il pastore George Austen, che è anche un “gentleman farmer”, possiede u’imponente biblioteca, nella quale i suoi otto figli possono attingere in tutta libertà. La piccola Jane vi scopre i grandi nomi del romanzo sentimentale inglese, ma soprattutto il “Tom Jones” di Henry Fielding, pubblicato nel 1749, in sei volumi, diviso in diciotto libri. Esso è fondamentale. La frequentazione di ragazzi che studiano nella scuola del pastore e questo libro dotato di una grande libertà di tono la segnano profondamente e le impediranno di turbarsi dinanzi alle cose del sesso, come lo faranno le romanziere vittoriane della generazione seguente.
Stevenson, che conta meno di trenta famiglie e che non possiede né bottega né albergo, è una strana parrocchia di campagna, ma la vita vi è intensa, particolarmente al focolare del pastore e della moglie. Cassandra Keigh, figlia di ecclesiastico uscita da una lunga linea di aristocratici, apparentata al duca di Chandos. Sotto la ferula di Geoge Austen,a tempo perso specialista di grammatica. E di Cassandra, appassionata di poesia e che passa per avere un bello spirito, la piccola famiglia si dà alle gioie della scrittura, fa dei concorsi di versi elegiaci, redige sciarade e va anche a montare delle commedie, l’inverno nel salone, l’estate nel granaio. Da dove nasce la scrittura ? Da ciò. Sin dall’età di undici anni, Jane Austen mette in parodìa i romanzi sentimentali che l’hanno nutrita (“Love and Friendship”, 1789), redige una storia di Inghilterra e “Lady Susan” (1791), comincia nel 1795 “Il Cuore e la Ragione”.
Un critico ha creduto dire una buona parola riassumendo così i romanzi di Jane Austen : “Un villaggio dove vivono una o due ragazze, un Signore, il buon partito viene a farvi un soggiorno. La caccia al marito è aperta.” Evidentemente quando si sa che nel 1809 vengono ad installarsi nel villaggio di Chawton, Jane che ha ricusato tre matrimoni, sua sorella, il cui fidanzato è morto di febbre, a San Domingo, e la loro madre, vedova da poco, la tentazione è grande di stabilire un legame tra autobiografia e fiction, ma ciò sarebbe riduttivo. L’universo di Jane è più vasto che non lo lasci supporre questo aneddoto. Certamente Jane Austen non s’è molto spostata che nel sud dell’Inghilterra, mentre i suoi fratelli hanno visitato la Francia, la Spagna, la Germania, l’Italia e hanno anche compiuto quello che si chiama allora il “grand tour d’Europa”, portando delle antichità da Roma. Certamente Charlotte Bronte ha ragione di evocare, a proposito della sua opera, “un’atmosfera confinata dove si spostano gentiluomini e le loro mogli”. Certamente si incrociano nelle sue pagine molti saloni da tè e molti lavori di aghi, lunghe passeggiate languorose ed eleganti dimore, ma in questi luoghi chiusi è tutta l’anima umana che è sviscerata senza concessione.
Nell’universo dei romanzi di Jane Austen i grandi sconvolgimenti sono quelli del cuore e delle passioni, ma situati in un’epoca-cardine dell’evoluzione della società inglese : tra la fine del diciottesimo secolo e l’inizio del diciannovesimo. Da un lato, una piccola nobiltà terriera, dall’altro, una borghesìa di affari in piena espansione, ma dopotutto una società ancora fossilizzata, che non si è sempre rimessa in questione. In Jane Austen contadini e domestici non hanno niente appreso dalla Rivoluzione che ha avuto luogo, alcuni anni prima, in Francia. I cambiamenti annunciati sono appena percepibili, ad immagine e somiglianza di questa nobiltà squattrinata, che vende le sue foreste per farne dei parchi da diporto e che permette che delle strade comunali attraversino le sue tenute.
In che Jane Austen è una immensa scrittrice ? Per i temi che lei affronta : perdita del padre, maternità, educazione (tirannìa o lassismo), posto della donna in una società che va presto a sprofondare nel puritanesimo e nell’industrializzazione, ma anche per i suoi paesaggi degni dei più bei Constable, per le sue scene di genere, per la delicatezza delle sue descrizioni. Contemporanea delle “Ballate liriche” di Woodsworth, lettrice d Jean-Jacques Rousseau, annunciatrice dei poeti romantici inglesi, Jane non dimentica mai di porre al centro di quello che Edward Morgan Forster chiama il suo “universo incommensurabile”, l’uomo e le sue passioni. Dal fondo della sua provincia, Jane guarda, non senza distacco, il gioco della commedia umana, senza alcun cinismo.
Una delle sue traduttrici, Hélène Seyres, dice di Jane Austen che lei è anche una grande scrittrice, che si apparenta alla tradizione del Settecento (“chiarezza di espressione e ricchezza di vocabolario”) ed aggiunge, evocando la sua ricca pittura dei caratteri : “si pensa spesso a Marivaux”. In più, cupa. Senza l’edonismo del secolo dei Lumi, senza quella ricerca assoluta del piacere, Vi è in Jane Austen una crudeltà della vita che le viene dall’infanzia, un “realismo” di presentazione e di valutazione. Jane non conobbe, da viva, che una gloria modesta, qualche tempo prima della sua morte. Una lunga critica, apparsa nel “Quartely Review”, firmata Walter Scott, salutava infine la maestrìa dell’ “autore sconosciuto” di “ Emma” (1815). Il 15 luglio del 1817, due giorni prima della sua morte, l’autrice di “Orgoglio e pregiudizio”, uno dei capolavori della letteratura inglese, detta alla sorella ventiquattro versi di un poema comico. Ecco, è detto tutto. La creazione, venuta dall’infanzia, avrebbe, come funzione, di distrarre dal dispiacere e dall’ansietà della morte ?
P. S. Alla cortese attenzione del dott. Antonio Scatamacchia.
Cordiali saluti da Alfredo Saccoccio.