Juve, “dirigenti tolleravano bagarinaggio ultrà in cambio di tranquillità”. E ‘ndrangheta partecipava a business
Dalle carte dell’inchiesta che l’1 luglio ha portato a 18 arresti emerge un “rapporto di soggezione e sudditanza” tra figure chiave della società e alcuni degli indagati. La vendita di biglietti a prezzi maggiorati era una “forma di compromesso con alcuni esponenti del tifo”. L’ad Marotta fece avere ingressi a Saverio Dominello, ritenuto appartenente alla cosca Pesce-Bellocco di Rosarno
Lo Juventus Stadium è nuovo, ma ha infiltrazioni molto pericolose. Sono quelle della ‘ndrangheta che è riuscita ad assicurarsi dei posti nella curva sud dello stadio, quella riservata agli ultras, garantendosi una parte nel business del bagarinaggio e contatti con i manager bianconeri in cambio della calma. Emerge dall’ordinanza di custodia cautelare dei 18 arresti scattati all’alba dell’1 luglio scorso nel corso di un’inchiesta che sfiora “dirigenti e figure chiave della Juventus Football Club” per via di quegli indagati che hanno “stabili e importanti rapporti con esponenti di livello della società”. “Anzi – si legge nel documento – taluni di questi ultimi paiono avere un rapporto persino di soggezione e sudditanza”. È in questo contesto che sarebbe maturato il suicidio di Raffello Bucci avvenuto giovedì su un viadotto di Fossano: il 40enne era un ex ultras dei Drughi, per i quali gestiva biglietti e merchandising e dopo anni di assenza dalle curve era diventato collaboratore esterno di Alberto Pairetto (Supporter liaison officer della Juventus, raccordo tra i tifosi e la società) col duro compito di mediare tra il club, le forze dell’ordine e gli ultras più violenti.
L’inchiesta
Le parole del gip Stefano Vitelli sono durissime. Parla di un “preoccupante scenario che vede alti esponenti di un’importantissima società calcistica a livello nazionale ed internazionale consentire di fatto un bagarinaggio abituale e diffuso come forma di compromesso con alcuni esponenti del tifo ultras”. Un legame di affari definito “pericoloso ed inquietante”. Questo quadro è emerso nell’ambito dell’inchiesta sulla presenza della ‘ndrangheta nelle province di Torino, Biella, Vercelli e Novara (si parla del “locale di Santhià”). Tra gli indagati figurano Saverio Dominello e suo figlio Rocco, ritenuti appartenenti alla cosca di ‘ndrangheta Pesce-Bellocco di Rosarno e arrestati per l’accusa di associazione mafiosa, stessa accusa per cui sono stati condannati in primo e secondo grado Michele e Salvatore, fratelli di Rocco, catturati nel 2011 nell’operazione “Colpo di coda”. Mentre Michele e Salvatore affrontavano galera e processi, don Saverio e il figlio Rocco mantenevano il controllo violento dei nightclub, ma anche quello di un business che in questi anni ha fatto gola a molti criminali, il bagarinaggio per le partite del club più titolato d’Italia: “La potente famiglia Dominello è coinvolta nell’affare dei biglietti della Juventus che vengono ottenuti e poi venduti a prezzi altamente maggiorati”, come il biglietto di Juventus-Real Madrid da 140 euro, venduto da Rocco a un tifoso svizzero per 620 euro. “Guadagna sei volte…”, dice un indagato del più giovane dei Dominello.
Il ticket office e le “opportunità” per i Dominello
“Ho la percezione che abbia un’influenza abbastanza forte all’interno della curva”. Così parlava di Rocco Dominello Stefano Merulla, responsabile del “ticket office” della Juventus, al telefono con Fabio Germani, un ex ultras che nel 2008 ha abbandonato le curve per portare le famiglie con bambini allo stadio. Certi ambienti, però, non li avrebbe abbandonati: “L’hai portato tu, non l’ho portato io”, gli rimprovera Merulla. Come annota il gip, Germani avrebbe messo in connessione i Dominello “con alcuni dirigenti dei settori sicurezza e biglietteria” della Juventus “così creando loro opportunità di tipo economico-imprenditoriale in detto settore ed altresì in settori diversi, con specifico riferimento alla commercializzazione dei gadget”. Per queste ragioni Germani è stato arrestato con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. Lunedì mattina il suo avvocato, Michele Galasso, ha fatto istanza di scarcerazione al Riesame.
Il security manager, i ganci con Marotta e il provino al baby calciatore
Anche il security manager della Juventus, Alessandro D’Angelo, conosce bene Rocco. Ci parla al telefono e il giovane di origine calabrese gli dice di aver parlato con i Viking, tifoseria bianconera di Milano guidata da Loris Grancini, considerato vicino a Cosa nostra, alla ‘ndrangheta e alla destra milanese, un pezzo grosso del mondo ultras: “Ormai hanno paura Ale, hanno paura di me, capisci?”, si vanta Dominello. Al “security manager” poi chiede consigli su come rivolgersi al direttore generale e amministratore delegato Giuseppe Marotta: “Mi posso permettere di dirgli ‘Direttore quest’anno faccia così, non faccia come l’anno scorso’?”. I ganci con Marotta erano buoni al punto che, grazie a Germani, Dominello riceve una busta con i biglietti all’hotel “Principi di Piemonte” arrivata dal dg bianconero: “Massima riservatezza”, avrebbe scritto in un sms Marotta all’ex ultrà. Dominello, grazie a Germani, riesce anche a incontrarlo di persona il 15 febbraio 2014 nel bar Dezzutto. L’intenzione è proporgli il provino del figlio 17enne di tale Umberto Bellocco (non precisato, forse omonimo di un boss di Rosarno): “Devono prenderlo e basta”, dice una persona intercettata, Girolamo Fiumara, al padre del calciatore. “Invero, il ragazzo non risulta essere stato preso dal club della Juventus”, annota il gip.
Dalle conversazioni tra Dominello e D’Angelo emergerebbe una prassi adottata. In una telefonata del 20 febbraio 2014, giorno della partita col Trabzonspor e dello sciopero dei Drughi contro la diffida ricevuta per gli scontri a Bergamo, il security manager “si lasciava scappare chiaramente come il bagarinaggio ufficioso tollerato da alcuni dirigenti della società venisse permesso in cambio della tranquillità tra tifosi e società”. “Io voglio che voi state tranquilli e che noi siamo tranquilli e che viaggiamo insieme. Allora se il compromesso è questo a me va bene. Se gli accordi saltano… allora ognuno faccia la propria strada”.
Gli altri ultras e “I gobbi”
Non solo i Viking. Dominello e i suoi compari, come Fabio Farina (indagato per minacce, danneggiamento e detenzione di armi) e Giuseppe Sgrò (indagato per associazione mafiosa e spaccio), hanno contatti con Geraldo “Dino“ Mocciola, leader incontrastato del gruppo più forte, i Drughi, che dominano il secondo anello della curva sud intitolata a Gaetano Scirea. E poi ci sono Ercole e Domenico Lo Surdo, fratelli dell’ex leader degli Arditi Giacomo, condannato per associazione mafiosa per i processi Minotauro e San Michele. È in questo contesto di buoni legami con la società e con gli altri ultras che domenica 21 aprile 2013 alla curva sud esordisce un nuovo striscione de “I Gobbi” (termine dispregiativo per indicare i tifosi della Juve). Prende il posto dei “Bravi ragazzi”, gruppo del secondo anello falcidiato dalle inchieste giudiziarie, e si affianca ai “Drughi” di Mocciola, già condannato per tentato omicidio e “persona informata sui fatti” al momento irreperibile. Secondo i magistrati le ragioni vere della sua formazione non sarebbero legate alla fede calcistica, ma ai soldi che ruotano intorno alla rivendita dei biglietti e del merchandising: “E, se devo venire… Se prendiamo soldi sì, che cazzo me ne frega”, dice Giuseppe “Pippo” Selvidio a Farina che vuole sapere se sarà allo stadio quella domenica. Nella stagione 2013/2014 al loro posto compare il gruppo “delle Vallette”, quartiere periferico di Torino, ma anche quello del carcere cittadino. Dove ora stanno alcuni di loro.
fonte
ilfattoquotidiano.it