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La Battaglia del Garigliano, celebrazione “bipartisan” al ponte Ferdinando

Posted by on Giu 2, 2017

La Battaglia del Garigliano, celebrazione “bipartisan” al ponte Ferdinando

CAPUA – Con una visita al ponte borbonico sul Garigliano in località Minturno, già Traetto, effettuata il 22 giugno 2011 in compagnia degli amici Giancarlo Rinaldi e Roberto Della Rocca, ho avuto la conferma di quanto avevo appreso nei giorni precedenti circa un intervento commemorativo svolto in quel luogo a cura della Provincia di Latina e del Comune di Minturno con il patrocinio e la partecipazione della Sovrintendenza Archeologica del Lazio, la quale ultima detiene il ponte in consegna, data la vicinanza del polo archeologico delle rovine della antica Minturnae.

In quella località che rappresenta un luogo simbolo di eroismo e di amor patrio per le genti del Sud in conseguenza di quanto ivi accadde in un momento disperato della campagna di guerra che l’Esercito Napoletano conduceva nel tentativo di arrestare l’avanzata dell’Esercito Piemontese, in quel luogo dicevo, è stato dato corso ad una cerimonia celebrativa, in buona sostanza, del passaggio del fiume da parte dei Piemontesi, scoprendo due lapidi di cui una è la riedizione di altra del 1891, commemorativa dei Bersaglieri caduti nello scontro del 1860 e l’altra è a ricordo di due personaggi,il Generale Matteo Negri e il Capitano Domenico Bozzelli dell’Esercito del Regno delle Due Sicilie, caduti negli scontri svoltisi sulla sponda di quel fiume e su quel ponte tra il 28 ottobre e il 2 novembre 1860. Il ricordo di tali personaggi per qualunque meridionale, antico regnicolo, e noi tutti nati in queste contrade volenti o nolenti lo siamo , appena informato delle gesta che Essi compirono in quella occasione, è motivo di grande orgoglio: il Gen.le Matteo Negri,Ufficiale di Artiglieria uscito dalla Accademia dellaNunziatella ,cadde perché ripetutamente colpito da fuoco nemico mentre rimanendo a cavallo con grande spavalderia e coraggio ,dirigeva il fuoco dell’artiglieria e rincuorava gli uomini esortandoli a resistere e il Capitano Domenico Bozzelli, Ufficiale di Fanteria, pervenuto al grado che ricopriva dopo lungo tempo di servizio in quanto proveniente dalla truppa, lasciò la sua vita con i suoi Soldati sulla sponda del fiume ove al comando di una compagnia di Cacciatori (truppa scelta di fanteria)aveva il compito di contenere l’assalto piemontese ritardandone il cammino. A proposito dei due personaggi sopracitati a questo punto occorre una precisazione: i due Ufficiali Napoletani e i loro Soldati caduti in quegli scontri sono caduti sotto il piombo piemontese mentre difendevano il territorio del Regno Napoletano da una invasione per cui non c’era ,e non c’è tuttora, valida giustificazione .Infatti se facciamo riferimento alle date ce ne rendiamo subito conto :gli scontri si svolgono dal 28 ottobre al 2 novembre e in quel periodo esiste ancora legittimamente riconosciuto il Regno delle Due Sicilie (il 21 ottobre si erano tenuti i plebisciti e sappiamo bene quale farsa ridicola e al contempo tragica rappresentarono e il 26 ottobre con l’incontro detto di Teano, il Garibaldi, prossimo al licenziamento, aveva, così si racconta, salutato Vittorio Emanuele come Re d’Italia e sono entrambi episodi unilaterali senza legittimo riconoscimento). Di conseguenza i Napoletani sotto la loro legittima bandiera con le armi di Casa Borbone, dinastia regnante riconosciuta come tale dal diritto internazionale, difendevano il territorio della loro Patria che aveva subito e stava subendo ancora la duplice invasione,la garibaldina e la sabauda,entrambe avvenute sotto bandiera di altro Stato con armi di altra Casa Regnante (Savoia) e sotto speciose e false motivazioni, senza alcuna preliminare dichiarazione di guerra come previsto dalle norme del diritto internazionale (un inciso: tra le accuse formulate alla Germania per la seconda guerra mondiale,c’era anche quella di guerra di aggressione proprio perché scatenata senza dichiarazione preliminare ).

Detto questo è chiarissimo che sarebbe stato molto giusto lasciare la celebrazione di quei Morti a qualche Associazione ispirata a sentimenti legati all’antica Patria: Essi sarebbero stati onorati con la antica Bandiera e con l’Inno del Regno per cui avevano combattuto fino a sacrificare la loro vita .!

Nulla sarebbe accaduto, la Repubblica non sarebbe stata in pericolo e anche quei cittadini di oggi che guardano con passione e amore al loro antico Regno e ai loro Soldati avrebbero potuto avere la gioia e la soddisfazione di sentirsi orgogliosi di essere Gente del Sud. Un poco come gli scozzesi che, fedeli sudditi della Regina, sono rigidi custodi della loro bandiera del loro inno delle loro tradizioni,della loro storia e dei loro costumi (per non dire della loro squadra di calcio).

Invece NO, la Repubblica, nelle sue espressioni istituzionali, questo non l’ha consentito e ancorché, come detto prima, siano state apposte due lapidi, e quella dedicata ai Napoletani merita un complimento per le espressioni costituenti l’epigrafe, la celebrazione è stata orchestrata con la fanfara e un picchetto in uniforme storica (leggi sabauda) dei Bersaglieri con tanto di piume sul cappello della Brigata “Garibaldi” (non c’era nome più adatto, dato il luogo!!), con la partecipazione del solito Onorevole rappresentante del Governo, il Presidente della Provincia, il Sindaco, il Capo di Stato Maggiore per rafforzare il concetto del riferimento all’Esercito Italiano erede e prosecutore delle “glorie” di quello piemontese (tutta la storia dei Corpi Armati si fa risalire a quelli piemontesi trascurando tutti gli altri ) e il solito sacerdote disponibile a benedire, così come dice il giornale “la Provincia”, la campana commemorativa e le lapidi di ricordo .

Infine, riferendomi ancora al desiderio di “regnicoli” di voler onorare i propri Caduti, i propri Eroi, desidero rendere noto che una richiesta da me avanzata, nella qualità di Presidente della Associazione Culturale Capitano De Mollot ( Ufficiale Napoletano Caduto al Volturno) in data 30 settembre 2010, ha avuto risposta del tutto negativa con foglio della Soprintendenza per i Beni Archeologici del Lazio al numero 12206 del 14.10.2010 firmato dalla Soprintendente dott.ssa Marina Sapelli Ragni che precisa:  “[…] ritiene che il compito istituzionale di organo periferico dello Stato unitario nato dai fatti di cui la battaglia del Garigliano del 1860 è uno dei momenti decisivi, sia quello di ASSOLUTA ED IMPARZIALE TERZIETA’. Per questo motivo questa soprintendenza che detiene in consegna il monumento in oggetto (il ponte), non intende accordare autorizzazione alla collocazione richiesta né concedere l’uso dell’area archeologica di Minturno per cerimonie connesse alla commemorazione cui si fa riferimento nella nota pervenuta”.

Per quanto riguarda la TERZIETA’, è pur vero che essa è stata rispettata con l’apposizione di due targhe in un certo qual modo paritarie, ma non credo possa essere il caso di farsene un cavallo di battaglia da parte delle Istituzioni perché, almeno finora, lo Stato Italiano non l’ha certamente usata verso l’antico Regno sia in regime monarchico che in quello repubblicano: l’insegnamento scolastico della storia, la toponomastica riferita anche a edifici pubblici di ogni tipo, le cancellazioni gratuite e inutili di insegne varie, la damnatio memoriae di ogni cosa, e così via. Con l’occasione desidero ricordare che nell’ottobre scorso si era avuta una cerimonia a mio parere offensiva per i Nostri Caduti: il Sindaco di Formia, Senatore Forte, concesse la cittadinanza onoraria del proprio Comune alla Associazione Granatieri di Sardegna perché all’epoca (sempre la stessa data e lo stesso episodio bellico) conquistarono la Città di Formia, allora Mola di Gaeta. Anche in quel caso provvidi con una dettagliata lettera a esprimere al Sindaco la inopportunità di una tale decisione ,e non fui il solo, ma tutto fu inutile e si procedette alla apposizione di altra lapide con relativa campana, anch’essa benedetta, questa in Formia. Come già fatto nella lettera sopracitata preciso ancora una volta che il valore militare e l’importanza del Corpo dei Granatieri NON è assolutamente in discussione e quanto enunciato è riferito a quella data del 1860 per cui sono valide le considerazioni già sopra espresse .

Quanto sopra vuole essere ed è l’espressione di un innamorato del Sud, ostinatamente legato alla memoria storica e ostinatamente orgoglioso di esserlo.

Giovanni Salemi

già pubblicato il

24 giugno 2011

da Istituto Ricerca delle Due Sicilie

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