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La Bovesìa, dove in Calabria si parla greco

Posted by on Mar 19, 2017

La Bovesìa, dove in Calabria si parla greco

La Calabria crocevia di culture mediterranee. Una terra dove la contaminazione tra storie, esperienze artistiche e idiomatiche, è una realtà per così dire “accessibile”, ancora oggi, nonostante gli effetti uniformanti della cultura di massa.

Si inserisce in questo quadro la “peculiarità” dell’area grecanica (o area ellenofona) nel versante Jonico meridionale dell’Aspromonte. Conosciuta anche come Bovesìa (o semplicemente Bovesia), dal nome di uno dei comuni che vi rientra, Bova, per via della durezza morfologica del suo territorio, per molti secoli è stata una sorta di “isola protetta” nel panorama regionale, al riparo da influenze linguistico-culturali che avrebbero potuto nuocere alla conservazione della sua specificità ellenofona.

Il greco di Calabria, chiamato anche grecanico o greco vutano (da Vùa che significa Bova), insieme a quello della Grecìa Salentina, è un idioma appartenente alla minoranza linguistica greca d’Italia. Una lingua che, al netto dell’evoluzione subita nel corso dei secoli, era parlata in tutta la parte meridionale della Calabria fino al XV-XVI secolo, quando fu progressivamente sostituita dal dialetto di matrice romanza.

Molte sono le consonanze di questa lingua con il greco moderno (o neogreco), ma sulla sua origine rimangono opinioni diverse tra gli studiosi, tra chi sostiene la sua matrice ellenistico-bizantina e chi riconosce in essa una filiazione diretta dal greco parlato nella Magna Grecia. Quest’ultima tesi sarebbe suffragata dal fatto essa conserva parole del tutto sconosciute (o scomparse) oggi in Grecia, alcune delle quale addirittura risalenti al periodo dorico.

I comuni che ricadono in quest’area sono undici: Bova e Bova Marina, Bagaladi, Brancaleone, Condofuri, Melito P.S., Palizzi, Roccaforte Del Greco, Roghudi, San Lorenzo, Staiti. A questi, va aggiunto Gallicianò, frazione di soli 60 abitanti del comune di Condofuri, considerata l’Acropoli della Magna Grecia in Calabria, se non altro perché si tratta dell’unico borgo calabrese tutt’ora interamente ellenofono.

Gallicianò, in tutta l’area, è il luogo dove maggiormente sono conservate le tradizioni grecaniche, non solo in ambito linguistico ma anche musicale, gastronomico e religioso. Qui, nei pressi dei ruderi della Chiesa bizantina della Madonna della Grecia è stata ricostruita l’omonima chiesetta, che nel 1999 era stata consacrata dal metropolita Iennadio, dove una volta al mese viene celebrata la messa secondo il rito greco-ortodosso.

Una menzione a parte merita Pentedattillo (frazione di Melito Porto Salvo), piccolo borgo incastonato tra le montagne dell’Aspromonte, il cui nome deriva dal massiccio roccioso a forma di mano su cui è adagiato (penta daktylos, cinque dita). La “mano del Diavolo”, secondo alcune leggende che, nel complesso, e per secoli, hanno associato il piccolo centro a storie fantastiche e misteriose.

Soggetto a totale spopolamento nel corso degli ultimi decenni, oggi, grazie all’iniziativa di una rete di associazioni, il borgo è tornato a vivere, sotto forma di “Villaggio diffuso”, con l’allestimento, tra l’altro, di una serie di laboratori d’arte e di mestieri.

Per merito dell’Associazione Pro Pentedattilo, insomma, dell’Agenzia dei Borghi solidali e, soprattutto, dei tanti giovani che qui si riversano ogni anno per i Campi della legalità promossi da Arci e Libera, Pentedattilo ha perso l’aura suggestiva di “paese fantasma”, ma ha guadagnato una nuova vita.

Barbara Presta

fonte  yescalabria.com

 

 

 

 

 

 

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