Alta Terra di Lavoro

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La confisca nel regno di Napoli dal 1806 al 1825

Posted by on Ott 11, 2019

La confisca nel regno di Napoli dal 1806 al 1825

Il saggio getta luce sul complesso sistema giudiziario di età giuseppina (1806-1808), murattiana (1809-1814) e ferdinandea (1815-1825),un sistema imperniato sul doppio binario di due giustizie opposte fra di loro per principi ispiratori : la prima ordinaria e formale, garantista e illuminata per i « galantuomini ».

La seconda straordinaria, eccezionale, sommaria, valida per tutti i non-individui, ovvero i banditi, i briganti, i ribelli, gli oppositori politici, i carbonari, gli emigrati. E proprio il variegato versante di quest’« altra giustizia » articolata sulle leggi e sulle commissioni speciali – militari e marziali – offre molteplici spunti ricostruttivi in meritoall’istituto della confisca.

Premessa

1Queste brevi note si propongono di fornire qualche spunto ricostruttivo utile a illustrare la cornice normativa in cui si inquadra l’istituto della confiscanel Regno di Napoli al tempo della « dinastia francese » di Giuseppe Bonaparte e di Gioacchino Murat e della restaurazione con Ferdinando I.

  • 1 Mastroberti 2005, p. 62.

2« A Napoli, negli anni venti, ad onta di quanto si poteva leggere nei codici di diritto e di procedura penale la giustizia penale relativa ai misfatti e ai delitti, cioè ai reati più gravi, si risolveva nella maggioranza dei casi in giudizi e procedimenti eccezionali […] senza dibattimento e senza appello1 ».

  • 2 E’ d’obbligo il riferimento al saggio di Lacchè 1990, p. 2-62, in particolare p. 7 ove si sottolin (…)
  • 3 Mastroberti 2001, p. 4 e p. 3-28 anche per le indicazioni bibliografiche offerte.
  • 4 Mastroberti 2001, p. 17 ; Latini 2010, p. 155-172, p. 156 ove si sottolinea che « la sottoposizion (…)

3Questa riflessione della più recente storiografia giuridica, coglie a mio giudizio, l’essenza del sistema della giustizia penale napoletana nel passaggio dal vecchio al nuovo regime. Un sistema imperniato sul doppio binario di due giustizie opposte tra loro per principi ispiratori : la prima ordinaria e formale, garantista e illuminata valida per i « galantuomini »2. La seconda straordinaria, eccezionale, sommaria, valida per tutti gli altri, individui e non-cittadini. Soggetti, questi ultimi, esclusi a vario titolo dal mondo civile, dal mondo nuovo « così come uscito dalla Rivoluzione e così come voluto dai codici », perché « senza proprietà e senza cultura ». Due giustizie dunque, da una parte la giustizia dei codici consacrati a tutela degli interessi della borghesia uscita vincente dalla rivoluzione, dall’altra la giustizia dei regolamenti, dei rescritti delle circolari da applicarsi a chi da escluso doveva essere trattato « cioè al di fuori delle leggi valide per il consorzio sociale con strumenti repressivi ad modum belli, senza troppe garanzie »3. Ma chi erano questi esclusi, questi nemici dell’ordine costituito ? Per il regno di Napoli la storiografia giuridica più recente getta luce, a questo proposito, su una situazione di gravissima anarchia e di ribellione sociale diffusa in tutte le province, esplosa con i fatti del ‘99 e alimentata in seguito dai continui cambiamenti di regime. Travolti dalla rivoluzione imposta dalle armi napoleoniche,un esercito di piccoli agricoltori e pastori fino a quel momento protetti dal vecchio mondo feudale si trovò all’improvviso sbalzato in un mondo nuovo nel quale non c’era posto per loro. Per questi « parassiti », « residui di una società antica » la rivolta, la ribellione, la reazione rabbiosa contro l’ordine costituito fu il passo obbligato. Ed ecco allora un esercito di banditi, di briganti, di ribelli, ma anche di oppositori politici, di carbonari, di emigrati contro i quali una miriade di « organi giudiziari eccezionali » procedettero in una « incessante opera di repressione […] lasciandosi dietro un numero elevatissimo di condanne capitali, espressioni di una giustizia sbrigativa più che sommaria »4. Ma andiamo con ordine.

Il biennio giuseppino (1806-1808)

  • 5 Per un inquadramento storico-giuridico delle leggi penali giuseppine in relazione al codice penale (…)
  • 6 È quanto risulta dall’art. 47 della Legge su i delitti e sulle pene : « Le pene adottate dalla pre (…)
  • 7 Mastroberti 2001, p. 134.
  • 8 Sulla repressione del reato politico nelle sue diverse manifestazioni è d’obbligo il rinvio allo s (…)

4A due anni dal suo insediamento sul trono napoletano e in procinto di partire per la Spagna, Giuseppe Bonaparte consegnò al Regno con la legislazione del 20 e 22 maggio 1808 le riforme del diritto e della procedura penale. Brevemente, riguardo al diritto penale, la legge del 20 maggio 1808 n. 143 Legge su i delitti e sulle pene, ispirata al codice penale rivoluzionario del 1791 vigente a quel tempo in Francia e al Progetto del codice penale per il Regno Italico del 18065, si articola in una parte generale e in una speciale. Se quella generale accoglieva le principali istanze giusnaturalistiche e illuministiche espresse dalla dottrina napoletana sul dolo e sulla colpa, sull’imputabilità, sul tentativo e sul concorso di persone, contemplando sulla scorta del code pénal del ‘91 anche l’abolizione della confisca in ossequio al principio della personalità della pena6, quella speciale riguardante le singole fattispecie criminose, « consegnava agli organi giudicanti un’ampia gamma di efficaci strumenti per la repressione di ogni forma di insorgenza o di dissenso »7. E’ quanto risulta a proposito del titolo secondo dedicato ai Delitti contro alla società articolato in tre sezioni riguardanti i Delitti contro alla sicurezza esterna dello stato, i Delitti che direttamente attaccano la sicurezza e l’ordine interno dello stato e i Delitti che indirettamente turbano la sicurezza e l’ordine interno dello stato comprendenti le fattispecie criminose della cospirazione, del dissenso politico e della violenza pubblica8. La cospirazione col nemico o « colle forze interne dello stato » era punita come delitto di alto tradimento con la pena di morte e « col monumento perpetuo d’infamia » (art. 77-91). Ugualmente colpevoli di alto tradimento e ugualmente puniti con la pena di morte e con l’infamia erano coloro che manifestavano il dissenso politico con « libelli, scritti d’ogni specie, discorsi diretti ad eccitare il popolo contro al re ed al Governo » (art. 89) e così pure i « rei di violenza pubblica » che opponevano « la forza privata alla pubblica » in vario modo devastando « con incendio i luoghi abitati e le campagne » e commettendo delitti « con adunamento di persone armate » (art.92).

  • 9 Cfr. Dezza 1998, p. CCCXXXV-CCCLXIII ; Vinci 2015, p. 123-156, p. 124-125.

5Riguardo al diritto penale-processuale, le riforme giuseppine del 20 – 22 maggio 1808 introdussero nel regno il nuovo processo penale e con esso la disciplina del processo criminale che attribuiva alle corti criminali, istituite in ogni provincia, la competenza a decidere su reati per i quali erano previste le pene di morte, dei ferri, della deportazione e della detenzione e dunque anche sui quei delitti contro la società testé illustrati. Queste corti procedevano sulla base di un rito ordinario articolato in una fase istruttoria e in una fase dibattimentale che si concludeva con una sentenza non appellabile salvo il ricorso in Cassazione9.

  • 10 Osserva al riguardo Mastroberti 2001, p. 51-57, in particolare p. 51 come « In attesa delle grandi (…)

6In parallelo a questa giustizia ordinaria continuò ad operare una giustizia straordinaria basata su commissioni militari e su tribunali straordinari che erano stati istituiti dallo stesso Giuseppe Bonaparte per reprimere il brigantaggio e altri reati che « attaccavano l’ordine pubblico » oltre che per fronteggiare lo stato di guerra decretato nelle Calabrie nel 180610.

Il periodo murattiano (1809-1814)

  • 11 Mastroberti 2001p. 13 nt.16.
  • 12 Mastroberti 2001, p25.
  • 13 Decreto per autorizzare le corti criminali del regno a procedere fino a nuova disposizione, come c (…)
  • 14 Decreto 1 luglio 1809, cit., art. 2 : « Le disposizioni dell’articolo precedente non comprendono 1 (…)

7In età murattiana il varo delle riforme giuseppine avvenne in un momento di gravissime turbolenze tali da configurare una sorta di vera e propria « rivolta permanente » contro l’ordine costituito11. Il dilagare del brigantaggio e l’accendersi di un nuovo e diverso fronte di ribellione di carattere non meno eversivo, quello della opposizione politica in cui si concentrava la delusione profonda degli esponenti di spicco dell’intellettualità napoletana nei confronti della politica giuseppina, indussero Murat a mantenere il sistema giudiziario imperniato sulle due linee parallele della giustizia ordinaria e della giustizia straordinaria, quest’ultima organizzata con « procedure e norme ad modum belli »12. In quest’ottica precisa si inquadra il Decreto 1 luglio 1809 che autorizzava « le corti criminali del regno a procedere […] come corti speciali e delegate su alcuni delitti ». Tra questi, il brigantaggio e quei delitti di cospirazione, di dissenso politico e di violenza pubblica disciplinati, come si accennava poc’anzi, nella legge penale giuseppina. Nei confronti di questi reati, le corti criminali in veste di corti speciali procedevano con un rito speciale che riduceva al minimo il dibattimento e tagliava via non solo ogni apertura garantista ma anche il ricorso in Cassazione. Il decreto del 1809 stabiliva difatti che « le corti speciali non solo giudicheranno senza appello ma anche senza ricorso in Cassazione » e che « le decisioni delle corti speciali si eseguiranno » entro le « 24 ore da che sono pronunziate »13. Sul fronte della giustizia sommaria l’intervento delle corti criminali non escludeva quello delle Commissioni militari. Queste ultime competenti (in base al citato decreto 1 luglio 1809) a decidere di reati quali l’ « arrolamento in favore de’ nemici e de’ ribelli » e « i delitti di spionaggio militare » anche « commessi da persone non militari », a procedere contro « gli emigrati che avessero preso le armi contro lo stato » e a reprimere i « delitti di brigantaggio […] quando i rei sono presi colle armi alla mano […] e generalmente tutti i delitti di brigantaggio, quando l’urgenza del bisogno ci farà giudicar necessaria questa misura di rigore »14.

  • 15 Decreto con cui si ordina che i beni degli emigrati in Sicilia, posti in alcune determinate provin (…)

8E proprio l’urgenza del bisogno spinse il governo al varo pressoché immediato di una serie di decreti che ci interessano per il fatto di contemplare la confisca abolita un anno prima dalle leggi giuseppine. In effetti, tra la fine di giugno e gli inizi di luglio ben tre decreti intervennero a disciplinare la confisca dei beni dei napoletani che avendo « seguito la passata corte » in Sicilia, erano particolarmente invisi ai francesi per il fatto di incoraggiare le imprese dei briganti sul continente con il sostegno degli anglo-borbonici. Per questo motivo il governo aveva stabilito di decretare la pena di morte nei confronti di questi « ribelli » allorché saranno presi colle armi alla mano » e di impiegarne « frattanto […] i beni […] all’indennizzazione delle famiglie ch’essi hanno desolate, come pure alla ricompensa de’ bravi soldati […] che hanno combattuto contro il nemico o distrutto i briganti »15.

  • 16 Decreto 17 luglio 1809 cit., artt. 2 -16Sulla figura dell’intendente in età giuseppina e muratti (…)
  • 17 Decreto che appresta gli efficaci mezzi per la intera distruzione de’ briganti in tutto il regno (…)
  • 18 Decreto 1 agosto 1809, cit., art. 1 « Son dichiarati forgiudicati tutti que’ briganti che si trova (…)
  • 19 Sull’antico istituto del fuorbando “introdotto nel Regno dal vicerè spagnolo duca d’Alcalà per la (…)
  • 20 Decreto 1 agosto 1809 cit., art. 6 e 7.
  • 21 Decreto 1 agosto 1809 cit., art. 7 : « I beni de briganti inscritti sulle dette note saranno confi (…)

9Più nello specifico, il decreto 17 luglio 1809 stigmatizzava con varietà di accenti l’inammissibile condotta degli emigrati napoletani che « ostinati a restare in istato di guerra contro la loro patria » avevano trovato rifugio « nell’isola d’Ischia o sulla flotta inglese » e da lì avevano cercato di fomentare « nell’interno del regno de’ movimenti in loro favore » fino a ricorrere « all’infame e vile risorsa di gittar sulle coste de’ briganti ». Di conseguenza, ciò determinava il sovrano a intervenire con la massima severità e senza alcuna « indulgenza » decretando che tutti i beni degli emigrati « situati nelle due Calabrie, nella provincia di Basilicata, ne’ due Principati, ne’ tre Abruzzi e nel Contado del Molise » fossero « esclusivamente consecrati ad indennizzar le famiglie che hanno sofferto pel brigantaggio, ed a ricompensare i bravi che han renduto de’ servigi allo stato, sia combattendo contro il nemico, sia perseguitando i briganti » . Si stabiliva pertanto che gli intendenti con l’aiuto dei direttori dei demani provvedessero a esibire « lo stato di tutti i beni degli emigrati » e a redigere « un progetto di divisione in tante porzioni […] da mille ducati fino a quattromila ». Con l’ausilio dei comandanti militari di ogni provincia, gli stessi intendenti dovevano poi comporre una lista da inviare al Ministro della guerra » di dieci individui della guardia civica […] giudicati più degni d’aver parte alle beneficenze del Governo ». Allo stesso modo i « sudditi che avranno sofferto delle perdite per effetto del brigantaggio » erano tenuti a presentare all’intendente di provincia lo « stato » delle perdite subite « certificato […] dal sindaco » affinché egli potesse quantificare la somma da « concedere » e nel contempo provvedere all’invio di tali « rapporti » al ministro dell’interno, il quale doveva proporre « le beneficenze proporzionate al danno sofferto in favore di ciascun petizionario, la cui domanda » fosse stata « giudicata ben fondata »16. Di seguito, il governo intervenne sul fronte del brigantaggio con il decreto 1 agosto 1809 che assegnava alle commissioni militari il compito di procedere all’« intera distruzione de’ briganti in tutto il regno »17. Si tratta di una normativa di spietata durezza che ci interessa per il fatto di prevedere la pena della confisca che, abolita un anno prima dalla legge giuseppina, veniva ora reintrodotta quale efficace strumento punitivo nell’ambito di una giustizia straordinaria ed eccezionale. Più nello specifico, il decreto in questione stabiliva che i briganti « presi con le armi alla mano » dovevano essere dichiarati « forgiudicati » dalle commissioni militari e condannati alla pena di morte entro 24 ore, o entro tre giorni per quelli « arrestati senz’ armi alla mano »18. Si prevedeva inoltre che il comandante militare di concerto con l’intendente e il procuratore generale presso la corte criminale della provincia pubblicasse periodicamente le liste dei briganti fuorbanditi19 « la di cui vita giudicheranno dover esser messa a prezzo nella provincia di loro comando » . « Ogni individuo che si troverà inscritto nella nota suddetta, avrà la facoltà tra gli otto giorni dalla pubblicazione di essa, di presentarsi al comando militare o all’intendente ». Diversamente, in caso d’arresto il brigante sarà dichiarato forgiudicato e come tale condannato alla pena di morte20. Il decreto prevedeva inoltre la confisca dei beni dei briganti fuorbanditi, premi in denaro per chi avesse arrestato o ucciso i briganti ; l’arresto delle famiglie dei briganti più noti e l’assimilazione ai briganti di quanti avessero dato ad essi « asilo[…] viveri, armi e munizioni »21.

  • 22 Si tratta rispettivamente del decreto 4 aprile 1814 n. 2068 in BLD (1814), con cui rimangon vietat (…)

10Superata l’emergenza, queste misure eccezionali furono sospese. Ma nel giro di breve, il riacutizzarsi del brigantaggio e il diffondersi su vasta scala dell’ opposizione politica, organizzata nelle sette segrete e nella carboneria, condussero al varo dei decreti del 4 e del 6 aprile 1814. Il primo che vietava le associazioni dei carbonari, il secondo che richiamava all’osservanza il « terribile » decreto dell’agosto del 1809 che puniva i briganti con la morte e la confisca dei beni22.

  • 23 Sul punto e con riferimento all’introduzione dell’istituto della confisca nella traduzione del cod (…)

11Il decreto del 4 aprile sulla carboneria merita tutta la nostra attenzione per il fatto di introdurre anch’esso la pena della confisca. Prima però di analizzarne i contenuti, giova ricordare che nel 1812 era stato introdotto nel regno di Napoli il codice penale napoleonico del 1810 nella sua versione integrale salvo qualche lieve modifica. Un codice, quest’ultimo, che introduceva una normativa decisamente più rigorosa e arretrata rispetto alle leggi penali giuseppine e che contemplava anche la pena della confisca sia generale che speciale23.

  • 24 Codice dei delitti e delle pene pel Regno d’Italia, Milano 1810, art. 7 : « Le pene afflittive ed (…)
  • 25 Art. 75-77, 79-82 in Codice dei delitti, cit.
  • 26 Art. 86-87 in Codice dei delitti, cit.
  • 27 Art. 91-97 in Codice dei delitti, cit.
  • 28 Art. 132 in Codice dei delitti, cit., : « Chiunque avrà contraffatto od alterato le monete d’oro o (…)
  • 29 Art. 139 in Codice dei delitti, cit. : « Quelli che avranno contraffatto il sigillo dello stato o (…)
  • 30 Art. 37 in Codice dei delitti, cit. : « La confisca generale è la devoluzione dei beni del condann (…)
  • 31 Art. 38 in Codice dei delitti, cit. : « La confisca generale rimane aggravata di tutti i debiti le (…)
  • 32 Art. 39 in Codice dei delitti, cit. : « Il re potrà disporre dei beni confiscati a favore, sia del (…)

12La prima, poteva essere inflitta « unitamente ad una pena afflittiva nei casi determinati dalla legge »24. E così unitamente alla pena di morte « per i crimini e i delitti contro la sicurezza esterna dello stato25 ; per i crimini contro la sicurezza interna dello Stato » – in particolare nel caso di attentato o cospirazione contro il Re e la sua famiglia26 ; « per i crimini tendenti a turbare lo stato colla guerra civile »27 ; e ancora nel caso di falsificazione di monete28 e di contraffazione dei sigilli dello stato29unitamente alla pena di morte. Scopo della confisca generale era quello di devolvere i beni del condannato « al demanio dello stato »30, con le sole eccezioni dei debiti, degli alimenti e della metà della quota di legittima spettante « ai figli od altri discendenti »31. A ulteriore salvaguardia dei diritti degli eredi era però consentito al re di disporre dei beni confiscati a favore della famiglia e più precisamente a favore « del padre, della madre […] della vedova, dei figli od altri discendenti legittimi, naturali o adottivi […] degli altri parenti del condannato »32.

  • 33 Art. 11 in Codice dei delitti, cit. : « Sono pene comuni alle materie criminali e correzionali, l’ (…)

13La confisca speciale, riguardava invece sia le cose costituenti il « corpo del delitto », sia quelle « derivate dal delitto » e che erano servite « a commetterlo » ed era prevista dal legislatore napoleonico tanto per i crimini quanto per i delitti33.

  • 34 Codice penale tradotto d’ordine di Sua Maestà il Re delle Due Sicilie, per uso de’ suoi Stati, Nap (…)
  • 35 Decreto 4 aprile 1814 cit., art. 3 : « Non sarà fatta alcuna inquisizione o ricerca pe’ fatti o co (…)
  • 36 Art. 87 in Codice dei delitti, cit. : « L’attentato o la cospirazione contro la vita o la persona (…)

14Ciò che però più ci interessa è che tutta questa dettagliata disciplina fu riprodotta pressochè alla lettera nella traduzione fatta predisporre da Murat nel 1812 con l’unica variante dell’esclusione dalla confisca, dell’intera quota di legittima e non della metà come invece stabilito dal codice imperiale34. Sicché è questa la cornice normativa che inquadra il suaccennato decreto 4 aprile 1814 promulgato a seguito « delle insorgenze avvenute nel distretto di Penne » negli Abruzzi e di altri misfatti in quel di Teramo35. Leggiamo difatti all’art. 1 che « Le associazioni de’ carbonari sono vietate. Qualunque nuova unione che se ne facesse o se ne tentasse dopo la pubblicazione del presente decreto, sarà trattata come cospirazione contro lo stato e punita secondo le disposizioni degli articoli 87 ed 88 del codice penale ». E la cospirazione contro lo stato, era sanzionata nel codice penale napoleonico applicato nel Regno con la pena di morte e con la confisca dei beni36.

La restaurazione- Ferdinando I (1815-1825)

  • 37 Decreto che ordina la creazione di commessioni militari per procedere contro gli autori di dinotat (…)
  • 38 In base all’art. 5 del decreto in questione, le commissioni militari procedevano : « 1) Contro col (…)
  • 39 Decreto portante le energiche disposizioni per l’esterminio de’ fuorbanditi che infestano alcune p (…)
  • 40 Sul punto cfr. il Decreto con cui vengono conservate nelle provincie de’ reali domini di qua del F (…)
  • 41 Legge con cui sotto prescritte pene riman vietata ogni specie d’associazioni segrete o sieno sette (…)
  • 42 Sul citato decreto v. retro, p. 255, nota 22.

15Con la restaurazione, la scelta di fondo di mantenere il sistema giudiziario incardinato sul doppio binario della giustizia ordinaria e straordinaria fu adottata anche dal governo borbonico. Di ciò ne è prova il decreto 28 giugno 1815 che a seguito della recrudescenza del brigantaggio, intervenne ricostituendo nuovamente le commissioni militari temporaneamente abolite, dotate di potestà ad modum belli e competenti a decidere dei crimini « tendenti a turbare l’ordine interno e la pace de’ sudditi » commessi in flagranza37. In questo modo, i briganti, i malfattori, ma anche i colpevoli dei crimini di guerra civile, di uso illegale della forza armata, di devastazione e saccheggio pubblico – questi ultimi puniti dal codice penale napoleonico introdotto nel Regno con la pena di morte e la confisca – furono sottoposti ad una procedura sommaria priva delle garanzie codicistiche38. Queste commissioni, così come quelle preposte alla formazione delle liste di fuorbando sorte l’anno dopo – costituite dall’Intendente, dal procuratore generale presso la corte criminale e dal comandante della provincia-39, rimasero in vita fino al 181840. Nell’ottica della giustizia straordinaria si inquadra anche la legge dell’8 agosto 1816 che introduceva la nuova fattispecie criminosa di « associazione settaria »41. Più nello specifico, con la legge 8 agosto 1816 il governo borbonico si proponeva di « stabilire una norma generale per la punizione de’ reati relativi a sette, e rivocar le disposizioni particolari date in epoche diverse[…] specialmente quella contenuta nel decreto de’ 4 d’aprile 1814 » riguardante le associazioni dei carbonari42.

  • 43 Art. 1 Legge 8 agosto 1816, cit.

16I presupposti di questa legge speciale erano ben illustrati dal legislatore ferdinandeo là dove si affermava che, premessa la incompatibilità « colla tolleranza ne’ nostri reali domini delle associazioni segrete che costituiscono sette » e in considerazione degli « sforzi che tali associazioni fanno per circondare di mistero l’oggetto delle loro istituzioni, i simboli religiosi che talune di esse fan servire a materie profane » ; del fondato timore che esse possano « facilmente degenerare in unioni criminose » e della « contrarietà de’ principi da’ quali le diverse sette son regolate », le sette « qualunque sia la loro denominazione, l’oggetto ed il numero de’ loro componenti, sono vietate ne’ nostri domini, e dichiarate manifesti attentati alla legge »43.

  • 44 Cfr. art, 2-6 legge 8 agosto 1816 e retro, nt. 25-26.

17Ragione per cui i trasgressori venivano giudicati dalle Corti speciali e puniti con misure severissime : il bando da cinque a venti anni contro i « capi, direttori, ed amministratori » ; la multa da dieci a cinquecento ducati e il bando da tre a dieci anni per chi « scientemente » avesse « conceduto o permesso l’uso della loro casa […] per la riunione » ; la prigionia da uno a cinque anni per « quelli che conserveranno emblemi, carte, libri o altri distintivi della setta » o per i « venditori o distributori di tali oggetti ». Queste pene non escludevano peraltro l’inflizione di più gravi sanzioni « ne’ casi che le associazioni contengano reati contro la sicurezza interna o esterna dello stato » puniti – secondo quanto stabilito dal codice penale napoleonico applicato nel regno e ancora in vigore – con la morte e la confisca dei beni44.

18Nel contempo i lavori della commissione incaricata dal sovrano di redigere « un intero corpo di diritto patrio » per il Regno di Napoli si conclusero con la promulgazione del Codice per lo Regno delle due Sicilie articolato in cinque parti (il codice civile, penale, di procedura civile, di procedura penale e di commercio) che entrò in vigore il 1 di settembre del 1819.

  • 45 Così Mastroberti 2001, 256 e p. 249-267 per una dettagliata disamina del testo del codice penale. (…)
  • 46 Proprio con riferimento alla confisca, come ebbe a sottolineare lo storico napoletano Pietro Colle (…)
  • 47 Art. 3 Codice per lo regno delle due Sicilieparte seconda Leggi penali in Codice, cit. : « La pu (…)

19Modellato sul codice penale napoleonico (nella sua « rivisitazione napoletana » del 1813), il codice penale ferdinandeo eliminava nella parte generale alcuni degli « aspetti più intollerabili » di quel codice45. Così le pene infamanti come la gogna e il marchio, l’equiparazione del tentativo di misfatto al misfatto consumato e la confisca dei beni46. È quanto stabilisce l’art. 3 del codice ferdinandeo che al riguardo recita : « La pubblicazione de’ beni de’ condannati, che nelle antiche leggi del regno era una delle pene per alcuni misfatti » è « abolita »47

  • 48 Così Nicolini Napoli, 1828, p. 790 : « Niuna legislazione ha sancito con maggior forza e purità l’ (…)
  • 49 Così Mastroberti 2005, p. 23-24. Per un profilo bio-bibliografico di Nicolini cfr. Mastroberti 200 (…)
  • 50 Mastroberti 2005, p. 24. « Sul mito dell’eccellenza » del codice napoletano rispetto al modello na (…)

20Per la dottrina del tempo questa disposizione bastava « essa sola ad innalzarne l’augusto autore nel rango dei più illustri legislatori »48. Era questa l’opinione di Nicola Nicolini, insigne giurista napoletano « principale collaboratore dei governi, francese prima e borbonico poi »49 oltre che fermo sostenitore del prestigio della tradizione giuridica napoletana, da lui considerata « un monumento di sapienza » che nulla aveva da invidiare al modello codicistico napoleonico50.

  • 51 Nicolini 1828, p. 838 ove è parzialmente riprodotto il testo dell’art. 44 del codice ferdinandeo i (…)
  • 52 Nicolini 1828, p. 837-839 art. 35 : « Le ammende, egualmente che le somme sopravanzanti dalle mall (…)

21In effetti, proprio l’istituto in questione dava modo al Nicolini di osservare come il legislatore ferdinandeo non soltanto avesse soppresso la confisca generale ma avesse disciplinato quella speciale ovvero « la confiscazione del corpo del delitto e degl’instrumenti che han servito o che erano destinati a commetterlo, quando la proprietà ne appartenga al condannato » in maniera quanto mai « saggia e benefica »51. Essa difatti si caratterizzava in base alle « munificentissime disposizioni degli art. 35 e 45 ll. pen., da quali è statuito che il prodotto della vendita degli oggetti indicati nell’art. 44, del pari che tutte le ammende e condanne risultanti dalle malleverie, servano unicamente per formarne in ogni provincia la cassa delle ammende destinata per il ristoro de’ danni ed interessi e delle spese sofferte, non dal tesoro, ma dagl’innocenti perseguitati per errore o per calunnia ne’ giudizii penali ; e quindi per danneggiati poveri, quando i colpevoli, i quali debbono per legge soddisfare sì gli uni che le altre, non ne abbiano il modo »52.

  • 53 Lacché 1988, p. 30 nt. 50.
  • 54 Lacché 1988, p. 30.

22Il progresso del codice ferdinandeo era dunque notevole rispetto a quello napoleonico in parte però smentito dalla giustizia straordinaria, di ‘infra livello’ introdotta da una « altalenante condotta » normativa del legislatore borbonico53 e imperniata sulle commissioni militari murattiane la cui rete, come già si accennava, era stata ripristinata dal Decreto 17 luglio 1817 per fronteggiare nuovamente ad modum belli un brigantaggio e un’opposizione politica sempre più incomprimibili54.

  • 55 Pace Gravina 2015, p. 22.
  • 56 Pace Gravina, 2015, p. 20-28. Uno Statuto utilissimo per comprendere le nuove linee organizzative (…)

23Con riferimento alla repressione del dissenso politico in Sicilia, la più recente storiografia giuridica55 ha sottolineato come « In moltissimi casi non venne neanche utilizzata la procedura penale militare ordinaria, bensì la famigerata procedura stataria, con una fortissima contrazione delle garanzie processuali e della difesa ». Ove il riferimento alla procedura stataria riguarda lo Statuto penale militare per lo regno delle Due Sicilie del 1819 promulgato a latere della codificazione ufficiale ferdinandea « come un fratello nascosto, ma dal potere terribile »56.

  • 57 Ordinanza del governo provvisorio con cui si richiama in vigore la legge degli 8 di agosto 1816 re (…)
  • 58 Ordinanza 28 marzo 1821, cit., art. 1 : « Tutte le disposizioni contenute nella indicata legge son (…)
  • 59 Decreto 9 aprile 1821 n. 22 in CLD (1821) con cui vien creata una Corte marziale per lo subitaneo (…)
  • 60 Su questo provvedimento cfr. Pace Gravina 2015, p. 29-30.
  • 61 Decreto con cui si danno delle energiche disposizioni per lo pronto esterminio de’ malfattori che (…)
  • 62 Su questo decreto cfr. Pace Gravina 2015, p. 31.

24In effetti, sulla scia degli eventi culminati con la rivoluzione siciliana del 20-21 si assistette ad una nuova e martellante legislazione speciale ed eccezionale. Più nello specifico, se un’ordinanza del 28 marzo del ’2157 richiamava in vigore la legge 8 agosto 1816 contro le associazioni segrete58, un successivo decreto del 9 aprile 1821 stabiliva che a giudicare delle stesse come dei carbonari con « subitaneo giudizio e condanna » alla pena di morte fossero non più le Corti speciali ma una corte marziale59. Di seguito, un decreto del 22 agosto 1821 istituiva « una Commissione in ciascuna delle sette Valli minori della Sicilia – Palermo, Messina, Catania, Girgenti, Siracusa, Trapani, Caltanissetta – ad oggetto di formar le liste di fuorbando »60. E ancora due decreti promulgati il 30 agosto del ’2161 e il 18 dicembre 1821 attribuivano rispettivamente a quattro corti marziali « al di qua del Faro » e a una Corte marziale nelle « sette Valli minori » in Sicilia62 la competenza a giudicare contro le comitive armate.

  • 63 Legge contro le associazioni illecite 28 settembre 1822 n. 414 in CLD (1822). Su questo provvedime (…)
  • 64 Novarese 2000, p. 141-142.
  • 65 Sul provvedimento in questione cfr. Novarese 2000, p. 144.
  • 66 Circa la sospensione (introdotta dall’art. 17 della legge) di cinque anni delle disposizioni conte (…)
  • 67 Gli articoli 305 e s. del codice ferdinandeo (Libro II, titolo VI, capitolo II Delle adunanze ille (…)

25Infine, giova accennare a due provvedimenti ovvero al decreto 13 marzo 1822 e alla legge contro le associazioni illecite del 28 settembre 182263 entrambi rivolti a « evitare la creazione di fazioni politiche che potessero opporsi alla monarchia o tentare di rovesciare il trono »64. Il primo, riguardante i fuorisciti, riproponeva la confisca dei beni che abolita dal codice ferdinandeo veniva così nuovamente reintrodotta dal legislatore del Regno65. Il secondo, oltre ad abrogare la normativa dettata dai precedenti decreti si sostituiva temporaneamente alle disposizioni « liberali » dettate dal codice ferdinandeo ponendo queste ultime in uno « stato di quiescenza »66. Osserva al riguardo la più recente storiografia giuridica come la suddetta legge rendesse « illecita qualsiasi associazione non autorizzata – anche letteraria o religiosa – prevedendo per i partecipanti pene severissime, a prescindere dal compimento di azioni »67. In effetti se i capi delle associazioni illecite erano puniti con la pena del terzo grado di prigionia (fino a cinque anni) e con una multa da cento a cinquecento ducati, i capi delle sette segrete erano invece puniti con la pena di morte « col laccio sulle forche, e con una multa da 1000 a quattromila ducati ».

26In conclusione, soppressa la confisca dal codice napoletano del 1819 è alle drastiche misure dell’’altra giustizia’, quella delle leggi speciali, delle commissioni speciali – militari e marziali –, alle quali fu affidata la repressione del brigantaggio e del dissenso politico, che bisogna guardare con attenzione.

27In quest’ottica va orientata l’indagine sulla confisca da proseguire sulle carte d’archivio.

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Bibliographie

Fonti

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Notes

1 Mastroberti 2005, p. 62.

2 E’ d’obbligo il riferimento al saggio di Lacchè 1990, p. 2-62, in particolare p. 7 ove si sottolinea come il termine « galantuomo » oltre a « identificare il borghese tout court, il ‘signore’, il notabile […] documenta anche le profonde divisioni sociali, la estrema limitatezza della base elettorale del nuovo Stato, le potenti e durevoli contrapposizioni ‘storiche’ dell’Italia unita ».

3 Mastroberti 2001, p. 4 e p. 3-28 anche per le indicazioni bibliografiche offerte.

4 Mastroberti 2001, p. 17 ; Latini 2010, p. 155-172, p. 156 ove si sottolinea che « la sottoposizione ai giudizi sommari, etichetta il brigante come tale ad un livello sociale ma soprattutto processuale, con gravi conseguenze rispetto ai suoi beni, sovente confiscati, e alle famiglie dei briganti, sospettate e stigmatizzate. Tuttavia, l’applicazione della giustizia militare ebbe una doppia faccia : per un verso si rivelò brutale e sommaria, per altro, con le sue peculiarità consentì l’inizio di un fenomeno di modernizzazione, grazie all’applicazione di una procedura che, sia pure meno garantita, si rivela più snella ». 

5 Per un inquadramento storico-giuridico delle leggi penali giuseppine in relazione al codice penale francese e al progetto italico del 1806 si rinvia in particolare a Vinciguerra 1998, p. IX-XXV ; Cadoppi 1998, p. CLXXV-CCVIII ; Cavanna 1998, p. CCCLXV-CCCXCIII ; Mastroberti 2001, p. 133-146.

6 È quanto risulta dall’art. 47 della Legge su i delitti e sulle pene : « Le pene adottate dalla presente legge sono le seguenti : la morte, la pena de’ ferri, la pena della deportazione, la detenzione, il bando dal regno, l’interdizione da’ pubblici ufizi ». Sul punto v. Laingui 1993, p. 38-53, in particolare p. 43 ; Patalano 1996, p. XLV-LXIV, p. XLVII ; Passano 1998 p. CLV-CLXXIV, p. CLXXII.

7 Mastroberti 2001, p. 134.

8 Sulla repressione del reato politico nelle sue diverse manifestazioni è d’obbligo il rinvio allo studio di Sbriccoli 1974. Per l’età moderna, Sbriccoli 1973, p. 607-702 ; Sbriccoli 2009 ; Colao, 2013. Da ultimo Pace Gravina 2015 passim e p. 203 nt. 71 per indicazioni bibliografiche.

9 Cfr. Dezza 1998, p. CCCXXXV-CCCLXIII ; Vinci 2015, p. 123-156, p. 124-125.

10 Osserva al riguardo Mastroberti 2001, p. 51-57, in particolare p. 51 come « In attesa delle grandi riforme, il nuovo sovrano organizzò il sistema giudiziario su due linee parallele, attuando una scelta che, di fondo, sarà mantenuta dal governo borbonico fino all’unificazione : giustizia ordinaria da un lato e giustizia eccezionale dall’altro ». In quest’ottica si inquadrano le commissioni militari e le quattro commissioni giudiziali straordinarie, queste ultime preposte, in base al decreto 15 aprile 1806 a « giudicare nel più breve tempo possibile la moltitudine di persone detenute in tutte le province del Regno ». Di seguito, con legge 8 agosto 1806 furono istituiti quattro tribunali straordinari per la repressione dei « delitti d’eccezione ». Infine con legge 28 febbraio 1806 venne costituito il ministero della polizia generale. Nelle Calabrie lo stato di guerra decretato il 31 luglio del 1806 fu mantenuto per un biennio. Sul punto Mastroberti 2005, p. 35 nt. 60. Sulla giustizia militare v. Berlière – Campion – Lacchè – Rousseaux 2003 ; Latini 2010, p. 158, 162. Con riferimento agli stati pre-unitari ed in particolare all’area del Lombardo-Veneto, Rondini 2006 ; per la Sicilia borbonica, Pace Gravina 2015.

11 Mastroberti 2001p. 13 nt.16.

12 Mastroberti 2001, p25.

13 Decreto per autorizzare le corti criminali del regno a procedere fino a nuova disposizione, come corti speciali e delegate in alcuni delitti, 1 luglio 1809 n. 68 in Bullettino Ufficiale delle leggi e dei decreti del regno di Napoli (1809) (d’ora innanzi BLD). L’art. 1 del decreto stabilisce che : « Le corti criminali del regno fino a nuova disposizione procederanno come corti speciali e delegate allorché giudicheranno dei seguenti delitti : 1° di cospirazione co’ nemici, o in loro favore ; 2° di corrispondenza co’ medesimi, secondo i termini del decreto de’ 12 di marzo 1808 ; 3° di cospirazione interna contro lo Stato e l’ordine pubblico ; 4° di libelli, di scritti e di discorsi sediziosi per li casi riservati all’alto criminale ; 5° di brigantaggio, di attruppamenti e d’incesso per la campagna ; 6° di furto nelle pubbliche strade e nelle case di campagna abitate, commesso con adunamento di persone al numero di tre almeno ; 7° di delitti commessi parimenti con adunamento di persone come sopra ; 8° dell’evasione de’ condannati a pena afflittiva, e de’ delitti commessi da’ medesimi fuori de’ luoghi della loro custodia ». Su questo decreto, cfr. Latini 2010, p. 159.

14 Decreto 1 luglio 1809, cit., art. 2 : « Le disposizioni dell’articolo precedente non comprendono 1° i delitti di arrolamento in favore de’ nemici e de’ ribelli ; 2° la diserzione a’ medesimi ; 3° il procedimento contro gli emigrati che avessero preso le armi contro lo Stato ; 4° i delitti di spionaggio militare. Per tutti questi delitti, quantunque commessi da persone non militari, procederanno fino a nuova disposizione le Commissioni militari ». Pertanto, come sottolinea Mastroberti 2001, p. 206-207 l’istituzione delle corti speciali « non valse durante il Decennio (ed anche durante la Restaurazione) ad eliminare il ricorso alle commissioni militari e a strumenti come il fuorbando e la fuorgiudica ».

15 Decreto con cui si ordina che i beni degli emigrati in Sicilia, posti in alcune determinate provincie, sien consecrati ad indennizzar le perdite di coloro che han sofferto per lo brigantaggio, ed a compensare i servigi di coloro che han combattuto contro i nemici e i briganti, 17 luglio 1809 n. 424 in BLD (1809). Quanto ai creditori ipotecari, se il precedente decreto del 29 giugno 1809 aveva stabilito (art. 7) che « dalla massa de’ beni degli emigrati che han seguito la passata Corte in Sicilia, ne sarebbe prelevata una quantità corrispondente per lo pagamento delle somme dovute a’ diversi creditori ipotecari » il decreto 3 luglio 1809 n.407 con un’articolata normativa aveva istituito « una commissione per riconoscere i titoli e il rango de’ crediti ipotecari su i confiscati beni degli emigrati, a fine d’indennizzare i creditori ».

16 Decreto 17 luglio 1809 cit., artt. 2 -16Sulla figura dell’intendente in età giuseppina e murattiana in relazione anche al problema del brigantaggio v. De Martino 1990, p. 167-172.

17 Decreto che appresta gli efficaci mezzi per la intera distruzione de’ briganti in tutto il regno 1 agosto 1809 n. 430 in BLD (1809) sul quale v. Mastroberti 2001, p. 207-208.

18 Decreto 1 agosto 1809, cit., art. 1 « Son dichiarati forgiudicati tutti que’ briganti che si trovano colle armi alla mano dal momento della pubblicazione del presente decreto » ; art. 3 : « I briganti presi colle armi alla mano saranno giudicati dalle Commissioni militari, le quali verificato il fatto, dovranno tra 24 ore infligger loro la pena di morte » ; art. 4 : « Le Commissioni militari giudicheranno egualmente que ’briganti che saranno arrestati senz’armi alla mano. Saranno però tenute di verificare nel termine di tre giorni l’identità del brigante arrestato ». Sull’istituto della forgiudica con il quale « nel sistema giudiziario d’Ancien Régime si dava facoltà a ogni membro della società di uccidere il contumace condannato in criminalibus ». Dezza 1998, p. CCCLIII ; Latini 2010, p. 159.

19 Sull’antico istituto del fuorbando “introdotto nel Regno dal vicerè spagnolo duca d’Alcalà per la repressione del banditismo provinciale e ampiamente utilizzato in età murattiana e ferdinandea v. Mastroberti 2001, p. 15-17 nt. 21-22 ; Pace Gravina 2015, p. 29-31.

20 Decreto 1 agosto 1809 cit., art. 6 e 7.

21 Decreto 1 agosto 1809 cit., art. 7 : « I beni de briganti inscritti sulle dette note saranno confiscati » ; art. 8 : « Qualunque particolare avrà ucciso o arrestato uno degl’individui indicati nella nota suddetta dopo gli otto giorni dalla sua pubblicazione, riceverà nel primo caso la ricompensa di ducati 20, e nel secondo di ducati 25, e di ducati 500 quando l’arrestato o l’ucciso sia un capo di comitiva o notorio, o pubblicato per tale » ; art. 9 : « Tutte le famiglie appartenenti a’ capi di comitiva ed a ‘briganti più noti saranno immediatamente arrestate » ; art. 10 « Tutti coloro che dopo la pubblicazione del presente decreto avranno dato asilo o somministrato volontariamente viveri, armi o munizioni a’ briganti, saranno riguardati come tali, e trattati nella medesima forma ». Sulle misure impiegate nella repressione del banditismo fra Sette e Ottocento si sofferma Lacchè 1988, p. 27 il quale sottolinea come esse rappresentano « una sicura costante : innanzitutto i profili ‘premiali’, sempre determinanti nello sfaldamento delle compagini banditesche, e dunque una dimensione stricto sensu extrapenale e ‘privatizzata’ della repressione che, anzi, si trasforma in qualsiasi mezzo atto a frenare il banditismo ; il coinvolgimento coattivo dei privati e delle popolazioni, in materia di notitia criminis e di diretta repressione dei banditi ; misure contro ricettatori e parenti, divieti e interdizioni, anche del commercio, se necessario, pur di isolare i banditi ; emergenza ed eccezionalità del regime repressivo, nelle procedure e nell’irrogazione penale ; repressione militare, de facto, potestà ad modum belli ». Su questa situazione di emergenza sul fronte dell’ ordine pubblico destinata a perdurare anche in età postunitaria v. Lacchè 1990, p. 23 nt.30.

22 Si tratta rispettivamente del decreto 4 aprile 1814 n. 2068 in BLD (1814), con cui rimangon vietate le associazioni de’ così detti Carbonari e del decreto 6 aprile 1814 n. 2069 in BLD (1814 ) per richiamare all’osservanza le disposizioni contro i briganti.

23 Sul punto e con riferimento all’introduzione dell’istituto della confisca nella traduzione del codice penale napoleonico v. Stile 1999, p. 186-187 ; Patalano 1996, p. L ; Da Passano 1998, p. CLXIV-CLXVIII e p. CLXXII ; Mastroberti 2001, p. 164-205, 204 ; Latini 2010, p. 160.

24 Codice dei delitti e delle pene pel Regno d’Italia, Milano 1810, art. 7 : « Le pene afflittive ed infamanti sono 1° la morte ; 2° i lavori forzati a vita ; 3° la deportazione ; 4°i lavori forzati a tempo ; 5° la reclusione. Il marchio e la confisca generale possono essere pronunciate unitamente ad una pena afflittiva, nei casi determinati dalla legge ».

25 Art. 75-77, 79-82 in Codice dei delitti, cit.

26 Art. 86-87 in Codice dei delitti, cit.

27 Art. 91-97 in Codice dei delitti, cit.

28 Art. 132 in Codice dei delitti, cit., : « Chiunque avrà contraffatto od alterato le monete d’oro o d’argento aventi corso legale nel Regno, o avrà avuta parte nella emissione o esposizione di dette monete contraffatte od alterate, o nella loro introduzione nel territorio italiano, sarà punito colla morte, ed i suoi beni saranno confiscati ». Sulla pena per questo reato v. anche l’art. 138.

29 Art. 139 in Codice dei delitti, cit. : « Quelli che avranno contraffatto il sigillo dello stato o fatto uso del sigillo contraffatto ; Quelli che avranno contraffatto o falsificato, sia degli effetti emessi dal pubblico tesoro col suo bollo, sia dei biglietti di banca autorizzati dalla legge, o che avranno fatto uso di questi effetti e biglietti contraffatti o falsificati, ovvero gli avranno introdotti nel circuito del territorio italiano, saranno puniti colla morte, ed i loro beni saranno confiscati ». Sulla pena per questo reato v. anche l’art. 144.

30 Art. 37 in Codice dei delitti, cit. : « La confisca generale è la devoluzione dei beni del condannato al demanio dello stato. Essa non sarà la conseguenza necessaria di veruna condanna ; e non avrà luogo che nei casi nei quali la legge espressamente la pronuncia ».

31 Art. 38 in Codice dei delitti, cit. : « La confisca generale rimane aggravata di tutti i debiti legittimi, sino alla concorrenza del valore dei beni confiscati, e dell’obbligo di somministrare ai figli od altri discendenti la metà della porzione della quale il padre non avrebbe potuto privarli ».

32 Art. 39 in Codice dei delitti, cit. : « Il re potrà disporre dei beni confiscati a favore, sia del padre, della madre o di altri ascendenti, sia della vedova, sia dei figli od altri discendenti legittimi, naturali o adottivi, sia degli altri parenti del condannato ».

33 Art. 11 in Codice dei delitti, cit. : « Sono pene comuni alle materie criminali e correzionali, l’assoggettamento alla sorveglianza speciale dell’alta polizia, la multa e la confisca speciale, tanto del corpo del delitto, allorché la proprietà ne appartiene al condannato, quanto delle cose derivate dal delitto, come di quelle che han servito o che furono destinate a commetterlo ».

34 Codice penale tradotto d’ordine di Sua Maestà il Re delle Due Sicilie, per uso de’ suoi Stati, Napoli 1813, art. 38 : « La confiscazione generale resta aggravata di tutti i debiti legittimi, sino alla concorrenza del valore de’ beni confiscati, e dell’obbligazione di somministrare a’ figlioli o agli altri discendenti tutta quella porzione di cui il padre non avrebbe potuto privarli. Inoltre la confiscazione generale resta gravata della somministrazione degli alimenti a coloro ai quali sono dovuti per diritto ». Sul punto v. Stile 1999, p. 186 ; Da Passano 1998, p. CLXVII-CLXVIII nt. 35.

35 Decreto 4 aprile 1814 cit., art. 3 : « Non sarà fatta alcuna inquisizione o ricerca pe’ fatti o comploti imputati sin oggi a’ Carbonari, tranne pe’ colpevoli delle insorgenze avvenute nel distretto di Penne, e per gl’imputati dell’aggressione di Teramo tentata il giorno 31 dello scorso mese di marzo. Gli autori di questi misfatti saranno puniti con tutto il rigore delle leggi, secondo le particolari disposizioni che da Noi si sono date ».

36 Art. 87 in Codice dei delitti, cit. : « L’attentato o la cospirazione contro la vita o la persona dei membri della famiglia reale, l’attentato o la cospirazione tendente sia a distruggere o cangiare il governo, o l’ordine di successione al trono, sia ad eccitare i cittadini o gli abitanti ad armarsi contro l’autorità reale, si puniranno colla pena di morte e colla confisca dei beni ».

Art. 88 in Codice dei delitti, cit. : « Vi è attentato dal momento che un atto è commesso o principiato per giungere all’esecuzione di questi crimini, quantumque non sieno stati consumati ».

37 Decreto che ordina la creazione di commessioni militari per procedere contro gli autori di dinotati delitti 28 giugno n.21 in Collezione delle leggi e decreti reali del Regno di Napoli (d’ora innanzi CLD) (1815). Come sottolinea Mastroberti 2001, p. 18-19, 226-227 il decreto in questione promulgato all’indomani del « tentativo di pacificazione sociale […] avviato dal Sovrano al suo ritorno con l’amnistia per i briganti che avessero deposto le armi » inaugurò una reazione ancora più « spietata forse più di quanto lo era stata quella del governo murattiano ».

38 In base all’art. 5 del decreto in questione, le commissioni militari procedevano : « 1) Contro coloro i quali scorrono armati le campagne commettendo misfatti contro le persone o le proprietà quando siano presi con le armi alla mano ; 2) Contro coloro che, a termini del codice penale, compongano un’associazione di malfattori quando sono presi con le armi in mano o nella flagranza dell’associazione ; 3) Contro coloro che son responsabili di uno de’ misfatti contenuti nel § 2, Sez.2, Cap. I, Tit. I del Lib. 3 del Codice Penale, quando son presi con le armi alla mano o nella flagranza di tali misfatti ; 4) Contro coloro che sono presi nella flagranza o quasi di clamori o di fatti commessi ne’luoghi pubblici ad oggetto di eccitare il popolo alla rivolta contro il governo ».

39 Decreto portante le energiche disposizioni per l’esterminio de’ fuorbanditi che infestano alcune provincie del Regno, 22 aprile 1816 n. 343 in CLD (1816). Sulla reintroduzione delle commissioni per il fuorbando v. Mastroberti 2001, p. 18-19, 227-229 ove si osserva al riguardo come « l’azione combinata tra commissioni militari e commissioni per il fuorbando tendeva ad estirpare manu militari ogni forma di insorgenza non concedendo agli insorti alcuna delle garanzie sulle quali discutevano i più illustri esponenti della cultura giuridica napoletana ». Sul punto, Latini 2010, p. 161.

40 Sul punto cfr. il Decreto con cui vengono conservate nelle provincie de’ reali domini di qua del Faro le Commissioni incaricate di formar le liste di fuorbando 17 luglio 1817 n.111 in CLD (1817) sul quale v. Lacchè 1988, p. 30 nt. 50. In particolare, cfr. l’art. 7 ove è stabilito che « Per effetto del fuorbando, gl’individui inscritti sulle liste già esistenti, ed in quelle che saranno fatte in esecuzione del presente decreto, sono dichiarati rei di morte, e possono essere uccisi dalla forza pubblica, e da qualunque privato » ; l’art. 8 ove è stabilito che : « Il fuorbandito che cadrà vivo in poter della giustizia, sarà giudicato e condannato a morte da una commissione militare » ; e l’art. 11 ove sono richiamate le stesse condotte criminose già illustrate nel decreto 28 giugno 1815 (cfr. retro, nt. 37). Inoltre v. il Decreto concernente la giurisdizione delle commissioni militari 31 dicembre 1818 n.1430 in CLD (1818) ove all’art. 1 è stabilito che : « Le liste di forbando, le Commessioni militari, i poteri de’ comandanti delle divisioni, e tutte le disposizioni del decreto de’ 17 di luglio 1817, rimangono in vigore fino a nuova disposizione ».

41 Legge con cui sotto prescritte pene riman vietata ogni specie d’associazioni segrete o sieno sette 8 agosto 1816 n. 440 in CLD 1816. Accenna a questo decreto Novarese, 2000, p. 88 nt. 21.

42 Sul citato decreto v. retro, p. 255, nota 22.

43 Art. 1 Legge 8 agosto 1816, cit.

44 Cfr. art, 2-6 legge 8 agosto 1816 e retro, nt. 25-26.

45 Così Mastroberti 2001, 256 e p. 249-267 per una dettagliata disamina del testo del codice penale. Per un inquadramento delle Leggi penali del Codice per lo Regno delle Due Sicilie del 1819 oltre ai citati saggi di Sergio Vinciguerra, Vincenzo Patalano, Mario da Passano cfr. anche Stile 1999, cit. Sull’iter di redazione del codice penale borbonico Novarese, 1997, p. 33-52 ; Novarese 2000. Da ultimo Pace Gravina 2015.

46 Proprio con riferimento alla confisca, come ebbe a sottolineare lo storico napoletano Pietro Colletta nella sua Storia del reame di Napoli :« Il codice penale serbò alcuni errori dell’antico […] Ma d’altra parte le affatto abolite confiscazioni tanto sopravanzano gli esposti errori, che rendono il codice delle pene di gran lunga migliore dell’antico ». Per questa citazione v. Matroberti 2001, p. 252 nt. 75.

47 Art. 3 Codice per lo regno delle due Sicilieparte seconda Leggi penali in Codice, cit. : « La pubblicazione de’ beni de’ condannati, che nelle antiche leggi del regno era una delle pene per alcuni misfatti, essendo abolite le pene nelle antiche leggi ordinate, le pene criminali sono soltanto le seguenti : 1° la morte ; 2° l’ergastolo ; 3° i ferri ; 4° la reclusione ; 5° la relegazione ; 6° l’esilio dal regno ; 7° la interdizione da’ pubblici ufizi ; 8° la interdizione patrimoniale. Segnalano l’abolizione della confisca : Stile 1999, p. 190 ; Patalano 1996, p. LIII-LIV ; Da Passano 1998, p. CLXXII ; Novarese 2000, p. 92, 122 ; Pace Gravina 2015, p. 38.

48 Così Nicolini Napoli, 1828, p. 790 : « Niuna legislazione ha sancito con maggior forza e purità l’assioma, poena suos tenet auctores, quanto la nostra. La legge romana estendeva in molti casi le pene al di là de’ nocenti, fino a pronunziare contra i loro figli l’atroce sentenza : sint postremo tales, ut his perpetua egestate sordentibus, sit et mors solatium et vita supplicium. La legge francese fa uso della confiscazione generale non solo per i reati di stato, ma anche in tutti i casi di guerra civile, e di falsificazione di monete, e di contraffacimento de’ suggelli dello stato, biglietti di banco ed effetti pubblici. Solamente nel nostro regno la pubblicazione de’ beni de’ condannati, che anche nelle antiche leggi del regno era una delle pene per alcuni misfatti, è interamente abolita nell’ultimo codice ; disposizione la quale basta essa sola ad innalzarne l’augusto autore nel rango dei più illustri legislatori. L’azione pubblica cessa per ogni qualsivoglia suo effetto con la morte del reo ». In un discorso dal titolo Dell’indole e del corso del dritto penale pronunziato all’università di Napoli nel 1831, Nicolini, riferendosi al « catalogo delle pene » previsto dal codice ferdinandeo sottolineò come esso avesse abolito « la confiscazione, supplizio iniquo di eredi innocenti ». Sul punto Novarese 2000, p. 122.

49 Così Mastroberti 2005, p. 23-24. Per un profilo bio-bibliografico di Nicolini cfr. Mastroberti 2001, sub indice ; Mastroberti 2005, p. 17-53 ; Novarese 2000, sub indice ; Feola 2013, p. 1431-1434. Nato a Tollo in Abruzzo nel 1772 compì gli studi di diritto a Napoli dove esercitò con successo l’avvocatura tanto da guadagnarsi nel 1808 la considerazione del governo giuseppino che lo volle Procuratore Generale presso il Tribunale Criminale di Terra di Lavoro. L’intensa attività di lavoro svolta a seguito di questo incarico maturò la sua preparazione giuridica e lo condusse ad una carriera di successo che lo vide dapprima presidente della Corte Criminale di Napoli (1812), poi membro delle commissioni di riforma dei codici penali istituite da Gioacchino Murat nel 1810 e nel 1814 e infine Avvocato Generale presso la Corte di Cassazione. Questi molteplici impegni non impedirono a Nicolini di dedicarsi alla stesura di opere di notevole livello scientifico a cominciare dalla « magistrale » Della procedura penale nel Regno delle Due Sicilie e dalle Questioni di diritto. Ma la sua fattiva partecipazione ai lavori della Commissione istituita da Ferdinando IV nel 1815 per la redazione del Codice per lo Regno delle Due Sicilie si tradusse anche nella stesura delle parti penalistiche del Codice stesso. La reazione successiva alla rivoluzione costituzionale carbonara del 1820 non risparmiò il giurista napoletano che a motivo del suo passato e della sua « etichetta di murattiano » fu costretto ad abbandonare il suo alto incarico e a tornare all’avvocatura. Circa un decennio più tardi fu riammesso da Ferdinando II alla magistratura con l’incarico di giudice della Gran Corte Civile di Napoli e poi con quello di Avvocato Generale presso la Suprema Corte di Giustizia di Napoli. Nel contempo fu nominato anche professore di diritto penale presso l’Università di Napoli. Infine nel 1841 ottenne l’incarico di ministro segretario di Stato senza portafoglio e in tale veste, nel 1847, presentò al re una relazione riguardante la precarietà dell’assetto politico e istituzionale del Regno « di straordinaria importanza […] vuoi per l’acutezza della diagnosi che per la lungimiranza dei rimedi proposti ». Nel 1856, più che ottantenne, fu chiamato a ricoprire la carica di presidente della Suprema Corte di giustizia di Napoli, « ultimo sprazzo di una vita lunga ed attivissima » che si concluse nel 1857.

50 Mastroberti 2005, p. 24. « Sul mito dell’eccellenza » del codice napoletano rispetto al modello napoleonico v. Novarese 2000, p. 151-152 ove si sottolinea che quel codice altro, non era, dunque, per Nicolini, che « la nostra giurisprudenza ridotta in legge penale », riconducibile, quanto alle « disposizioni generali » al pensiero del Filangieri, nonché all’esperienza profusa « nella legge penale de’ 20 maggio 1808, […] tutta di conio napolitano ».

51 Nicolini 1828, p. 838 ove è parzialmente riprodotto il testo dell’art. 44 del codice ferdinandeo il cui dettato stabiliva : « La confiscazione del corpo del delitto e degl’istrumenti che han servito, o che erano destinati a commetterlo, quando la proprietà ne appartenga al condannato, è comune a’ tre ordini di giustizia. Essa accompagna di regola ogni condanna per misfatto o delitto. Non può esser pronunziata per le contravvenzioni di polizia, che ne’ casi indicati dalla legge ».

52 Nicolini 1828, p. 837-839 art. 35 : « Le ammende, egualmente che le somme sopravanzanti dalle malleverie, obbliganze, cauzioni o pleggerie incassate, o dal prezzo degli oggetti confiscati, son destinate al ristoro de’ danni ed interessi, e delle spese sofferte principalmente dagl’innocenti perseguitati per errore o calunnia ne’ giudizi penali, e quindi da’ danneggiati poveri ; purché i colpevoli che debbono per legge soddisfare sì gli uni, che gli altri, non ne abbiano il modo. Il Governo con decreto particolare organizzerà per ogni provincia o valle l’amministrazione di una cassa chiamata Cassa delle ammende, destinata a ricevere siffatte somme » ; art. 45 : « Il prodotto della vendita degli oggetti indicati nell’articolo antecedente darà versato nella cassa delle ammende ».

53 Lacché 1988, p. 30 nt. 50.

54 Lacché 1988, p. 30.

55 Pace Gravina 2015, p. 22.

56 Pace Gravina, 2015, p. 20-28. Uno Statuto utilissimo per comprendere le nuove linee organizzative della giustizia militare di età borbonica con particolare riferimento alla giurisdizione, alla procedura e ai reati eppure poco conosciuto agli studiosi, come sottolinea Giacomo Pace Gravina 2015, p. 20-28 ove un’attenta analisi del testo ha consentito all’A. di individuare le « origini autoctone » di questa fonte normativa risalenti all’Ordinanza di Sua Maestà sulla giurisdizione militare e sopra i delitti e pene della gente di guerra emanata da Ferdinando IV a Napoli nel 1789, al Decreto che contiene il regolamento pe’ Giudici di pace e pe’ Tribunali del 20 maggio 1808, n. 141 promulgato da Giuseppe Bonaparte e al Codice di Procedura penale del Regno italico di Gian Domenico Romagnosi del 1807Articolato in tre libri riguardanti la giurisdizione militare, la procedura militare e i reati militari e la loro punizione, il « sistema dello Statuto penale militare venne […] stravolto dal decreto 24 maggio 1826 n. 671 di Francesco I con cui furono istituite a Napoli e a Palermo due Commissioni supreme per i reati di Stato, competenti per le due diverse parti del regno, e una Commissione militare per ogni capoluogo di provincia o di valle » (Pace Gravina 2015, p. 23).

57 Ordinanza del governo provvisorio con cui si richiama in vigore la legge degli 8 di agosto 1816 relativa alle associazioni segrete, 28 marzo 1821 n. 5 in CLD (1821).

58 Ordinanza 28 marzo 1821, cit., art. 1 : « Tutte le disposizioni contenute nella indicata legge sono richiamate nel pieno vigore e nella loro esatta osservanza, tanto a riguardo delle dette associazioni segrete, o sieno sette, e di coloro che le favoriranno ed agevoleranno in qualunque modo, o che conserveranno emblemi, carte, libri, o altri distintivi ad esse appartenenti ; quanto ne’ casi previsti dalla stessa legge, cioè che le associazioni segrete si estendessero cumulativamente ad altri reati di qualsivoglia natura ».

59 Decreto 9 aprile 1821 n. 22 in CLD (1821) con cui vien creata una Corte marziale per lo subitaneo giudizio e condanna degli asportatori di armi vietate e per la esecuzione dell’altro decreto de 28 di marzo ultimo riguardo le unioni segrete, il cui art. 4 stabiliva al riguardo : « E’ la stessa Corte incaricata della esecuzione del real decreto de’ 28 marzo contro di qualunque unione segreta, e specialmente contro la società de’ così detti carbonari ». Sul punto v. anche l’art. 6 del Decreto 8 agosto 1816.

60 Su questo provvedimento cfr. Pace Gravina 2015, p. 29-30.

61 Decreto con cui si danno delle energiche disposizioni per lo pronto esterminio de’ malfattori che infestano il regno, o che potessero refluirvi dalle limitrofe provincie pontificie, 30 agosto 1821 n. 110 in CLD (1821). Su questo decreto cfr. Lacchè 1988, p. 30 nt. 50.

62 Su questo decreto cfr. Pace Gravina 2015, p. 31.

63 Legge contro le associazioni illecite 28 settembre 1822 n. 414 in CLD (1822). Su questo provvedimento v. Novarese 2000, p. 144 ; Mastroberti 2005, p. 49-50.

64 Novarese 2000, p. 141-142.

65 Sul provvedimento in questione cfr. Novarese 2000, p. 144.

66 Circa la sospensione (introdotta dall’art. 17 della legge) di cinque anni delle disposizioni contenute nel cap. II, titolo VI del libro II del codice penale ferdinandeo e di quelle del codice di procedura penale in ordine alla competenza a giudicare delle associazioni illecite (ora attribuita alle commissioni militari) v. Mastroberti 2005, p. 49 ove si sottolinea come esse « non vennero espressamente abrogate, ma continuarono inutilmente a far bella mostra di sé nella seconda parte del codice ferdinandeo ».

67 Gli articoli 305 e s. del codice ferdinandeo (Libro II, titolo VI, capitolo II Delle adunanze illecite) punivano rispettivamente i capi, direttori o amministratori delle associazioni illecite « col primo al secondo grado di prigionia o confino, e con ammenda correzionale » (art. 306) e dunque fino a due anni di prigionia o confino (art. 26) e con un’ammenda che non poteva essere maggiore a cento ducati (art. 30). « Contro i capi, direttori ed amministratori delle sette sarà applicato il maximum dell’esilio temporaneo » (art.309) corrispondente a 20 anni (art.13).

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Pour citer cet article

Référence électronique

Marzia Lucchesi, « La confisca nel regno di Napoli : primi spunti ricostruttivi », Mélanges de l’École française de Rome – Italie et Méditerranée modernes et contemporaines [En ligne], 129-2 | 2017, mis en ligne le 03 avril 2018, consulté le 10 octobre 2019. URL : http://journals.openedition.org/mefrim/3107 ; DOI : 10.4000/mefrim.3107

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Auteur

Marzia Lucchesi

Dipartimento di Giurisprudenza, Università degli Studi di Pavia, mlchs@unipv.it

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Droits d’auteur

© École française de Rome

fonte https://journals.openedition.org/mefrim/3107#tocto1n2

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