Alta Terra di Lavoro

già Terra Laboris,già Liburia, già Leboria olim Campania Felix

LA  FIABA  DEL VENTO  [ O’ cunt’ ‘ro vient(e) ]

Posted by on Apr 10, 2022

LA  FIABA  DEL VENTO  [ O’ cunt’ ‘ro vient(e) ]

     In un lontano e anonimo paesino viveva una famiglia composta da padre, madre e cinque figli. Al tempo di questa fiaba, cinque figli non erano molti, anzi il numero era considerato al di sotto della media. Questa famigliola possedeva un’umile casetta con annesso un modesto pezzettino di terra,  che il capofamiglia coltivava a orto.

Dopo di aver preso il minimo indispensabile per la famiglia, il resto del raccolto veniva venduto, ma esso era così scarso che il ricavato della vendita non era sufficiente a sostenere la famiglia, per questo, in un’area attigua all’ orto il capofamiglia aveva deciso di allevare anche delle galline e due pecore, per aggiungere altri prodotti, come uova, latte e formaggio da vendere al mercato del paese. Mettendo insieme il ricavato dei vari prodotti, si riusciva a migliorare un po’ la situazione dalla famiglia anche se bisognava sempre fare dei sacrifici e rinunziare a qualcosa. Il capofamiglia, però, era insoddisfatto di questa situazione perché avrebbe voluto offrire condizioni di vita migliori alla sua famiglia. Così, dopo le cure prestate  all’orto, aveva deciso di impiegare tutto il tempo libero, anche se non era molto, prestando la sua opera a chi avesse bisogno dei suoi servizi. Date le sue modeste pretese, veniva chiamato spesso dal parroco del paese che aveva sempre qualcosa da fare, e lui, anche se al momento della chiamata  era impegnato nell’orto, rispondeva prontamente alla chiamata per non perdere quel supplemento di entrate. Il parroco era rimasto tanto soddisfatto dal modo in cui l’uomo portava a compimento la propria opera che lo chiamava molto spesso, tanto che il lavoro presso la parrocchia era diventato quasi un’occupazione fissa per il contadino. I compensi erano modesti, ma era quello che passava il convento, e il poverino si contentava senza lamentarsi. Era poco, ma era un poco in più che si andava ad aggiungere a quello che gli davano l’ orticello, le galline e le pecore.

     Era una notte d’inverno. Il tempo era molto brutto, pioveva a dirotto, poi cominciò a soffiare un vento che aumentava di intensità man  mano che cessava la pioggia tanto che in breve si trasformò in una spaventosa tempesta. Soffiava così forte che a ogni raffica la casa tremava tutta. Le imposte vibravano rumorosamente; tutto si scuoteva. Il contadino non riusciva a riposare pensando al suo orto e ai suoi animali. Tentò di uscire per andare a controllare, ma il forte vento gli impedì perfino di aprire la porta. Appena tolto il lucchetto, il vento stava per scaraventarlo all’interno della casa e l’uomo dovette combattere non poco per richiuderla, mentre sentiva lo spaventoso fischio dei turbini che si susseguivano causando paura e angoscia. La tempesta durò quasi tutta la notte e cominciò a calmarsi nelle prime ore del mattino. Quando si accertò di poter uscire, il capofamiglia si recò subito sul retro della casa dov’ erano l’orto e il ricovero degli animali. Appena giunto lo sconforto lo assalì facendolo quasi svenire. La tempesta della sera precedente aveva distrutto ogni cosa. Dall’orto era stato sradicato tutto persino l’erba cattiva, ma la cosa più straziante era rappresentata dalla  mancanza delle galline e delle pecore. Il vento, con la sua furia, le aveva trascinate chi sa in quale parte del mondo. Nell’orto non era rimasto che terra senza neppure un filo d’erba. Le fatiche di una vita e le speranze ad esse legate erano svanite tutte in una notte di tempesta. Avvilito, rientrò in casa. Non riusciva a parlare. La moglie non lo aveva mai visto così disperato e pensando a qualche malore improvviso gli chiese: <<Ma cosa ti è successo, non ti senti bene?>>.  Il poveretto, come se delirasse, cominciò a dire: << Il vento, il vento ha distrutto tutto, ha portato via polli, galline, pecore e tutto quello che era seminato nell’orto. Tutto distrutto, non ci ha lasciato nulla  proprio nulla!>>.                                                                                                                                    << Eora come si fa? Era tutto quello che avevamo!>>, replicò la moglie.

     Il giorno trascorse nell’angoscia, con il povero contadino  che si aggirava su quel pezzetto di terra che prima era un orto, diventato ora un luogo desolato e privo di vita. Tutta la notte il pover’uomo non riuscì a dormire. Rigirandosi  continuamente nel letto, pensava a come rimediare alla catastrofe. I pochi soldi che era riuscito a mettere da parte ora non sapeva come impiegarli, se spenderli per rimettere in piedi l’orto ripopolandolo anche con galline e pecorelle o per provvedere al sostentamento della famiglia. Il mattino seguente, prima che spuntasse l’alba, si alzò, prese un largo tovagliolo, vi mise dentro una pagnotta di pane e alcune cipolle e si preparò per uscire. La moglie sapendo che nell’orto ormai non c’era da fare, gli chiese: <<  Ma dove devi andare a quest’ora?     Per andare dal parroco è presto; non si è ancora fatto giorno!->>.                                                                                                                                       <<  Ma che parroco!>>, rispose il marito.

<< Ma, allora, dove vai a quest’ora di notte!?>>, ribatté la moglie. << Vado a cercare la casa del vento, perché lui ci ha rovinati e lui deve riparare al danno!>>.

<<Ma tu sei pazzo!- replicò la moglie. Quello chi sa dove abita, e poi, quando l’avrai trovato, sei sicuro che ti darà ascolto?>>.

<<Non lo so, ma la cosa che so di certo è che devo trovarlo. Poi, quando sarà il momento, si vedrà!>>.

     La moglie cercò di dissuaderlo con diverse argomentazioni, ma nessuna di queste servì a fargli cambiare idea. L’uomo prese un bastone, lo ficcò nel fagottino (mappata) che aveva  preparato, si mise a tracollo una grossa borraccia piena d’acqua e si avviò alla ricerca della casa del vento. Camminò  per quasi due  giorni  attraversando sentieri aridi e fitte boscaglie fermandosi di tanto in tanto solo per consumare qualche pezzo di pane accompagnato da una cipolla. Verso la fine del secondo giorno, giunto ai piedi di una grossa montagna, sollevando la testa, scorse una casa posta sul punto più alto. La casa sembrava piccola solo perché la distanza  che la separava dall’uomo era notevole, ma, una volta sul posto, essa si rivelò in tutta la sua grandezza.

<< E’ quella, sicuramente, la casa del vento! -si disse l’uomo tra sé e sé. Ora è tardi per cercare di raggiungerla; vi andrò domattina!>>.

Si fermò ai piedi di un frondoso albero e si addormentò. L’alba lo trovò già sveglio e pronto a intraprendere la scalata, che non fu per niente facile. Impiegò quasi tutto il giorno, ma anche se stremato, poco prima di sera, era davanti alla grossa casa. Si avvicinò al portone e bussò insistentemente. Attese qualche attimo durante il quale cominciò a pensare come affrontare l’argomento. Il cuore gli batteva diversamente dal solito. Improvvisamente il grosso portone si aprì e comparve sulla soglia un essere di grossa statura. Era  anziano all’aspetto, ma vispo e scattante nei modi e nella voce, anche se una lunga e fluente barba bianca che gli scendeva quasi fino ai piedi  aggiungesse degli anni a quelli che già aveva. Appena notato quel piccolo uomo, con voce imperiosa gli chiese:  << Chi sei? Cosa cerchi? Come hai fatto ad arrivare fin qui?>>. Il povero contadino restò per un attimo impressionato dalla gigantesca mole di quell’essere, che sebbene sembrasse vecchio, si muoveva e parlava con maggiore agilità e speditezza rispetto a lui . Fu solo un attimo, poi, ripreso coraggio, cominciò a dire:<< Sto cercando la casa del vento. Sto viaggiando da tre giorni, mangiando pane e cipolle e senza mai fermarmi se non durante le notte!>>. <<Ebbene l’hai trovata! – rispose il vecchio. Ora dimmi, cosa ti ha spinto ad affrontare questo viaggio che potrebbe essere, per te, senza ritorno?>>.     Allora il contadino riprese:<< Io devo parlare con il vento. Siete voi?>>.  << Io sono il padre. In questo momento mio figlio non c’è, è in giro per il mondo, ma non hai ancora detto cosa vuoi! >>, rispose il vecchio.

     Il contadino  raccontò che giorni prima, in una notte di tempesta, il vento aveva distrutto il suo orto portandogli via anche gli animali, lasciando solo desolazione intorno alla sua casa, e che da quel momento i suoi figli avrebbero sofferto la fame e la miseria chi sa per quanto tempo, se non si fosse riusciti a rimediare in qualche modo.                                                                                                                  
Commosso da questo racconto, il vecchio lo fece entrare dicendo:<< Stammi bene a sentire. Come ti ho detto, mio figlio adesso non c’è, ma appena torna tu non devi farti vedere perché se torna innervosito è meglio lasciarlo perdere, neppure io gli posso parlare, figurati se vede te! Ti mangerebbe in un boccone>>.  Gli mostra quindi una botte da cui alza il coperchio e gli dice: <<Tu ti nasconderai in questabotte. All’arrivo di mio figlio, io mi accerterò di che umore è tornato. Se è calmo, ti chiamerò e tu verrai fuori; se torna nervoso, non uscire per nessuna ragione, se non vuoi morire. Mi raccomando!>>.  Mentre il vecchio stava facendo queste raccomandazioni, ecco arrivare delle raffiche violentissime di vento. Le finestre cominciarono a sbattere paurosamente: tende che svolazzavano arrotolandosi  per poi dispiegarsi nuovamente, sedie che correvano per le stanze per poi ritornare al punto di partenza, era tutto un subbuglio accompagnato dalle sinistre note di quei fischi che risuonavano ancora nelle orecchie del povero contadino.

<< Eccolo che arriva! -disse il vecchio.Presto! Entra nella botte e non fiatare se non è necessario!>>. Appena il poveretto si nascose nella botte, il vecchio la coprì immediatamente col coperchio e attese l’arrivo del figlio. Quando costui fu al suo cospetto, il padre gli chiese:          << Dove sei stato in questi ultimi giorni?>>. << In giro per il mondo, padre, in giro per il mondo>>.

 << E come è andato, il tuo viaggio? Tutto bene? Sei ritornato soddisfatto o hai lasciato qualche cosa in sospeso che ti ha innervosito?-   

 <<  No, padre! Anzi sono più che soddisfatto di quello che ho combinato per il mondo. Ho distrutto campi, case, boschi, ho divelto alberi secolari che altre volte mi avevano resistito. Questa volta li ho avvolti nei miei turbini spezzando le radici e trascinandoli lontano fino a scaraventarli nel mare. Insomma sono proprio contento di tutta la distruzione che ho seminato. Ora mi devo solo riposare!>>.

 << E non puoi ancora! –  replicò il vecchio –  perché quando vai in giro a sfogare la tua esuberanza dovresti anche avere l’attenzione di non nuocere a qualche pover’uomo che ha cinque figli da sfamare. Arrivi tu e gli distruggi l’orto. Gli porti via quei pochi animali che è riuscito a procurarsi  con fatica, stenti e sacrifici, e tutto questo solo per soddisfare la tua voluttà distruttiva!>>. E il figlio, di rimando:<< Lo sapevo, lo sapevo! È da quando sono arrivato che sento puzza di carne umana! Chi è? Dove sta? Dove sta?>>.

  Il vecchio allora solleva il coperchio dalla botte e invita il contadino ad uscire.<< Vieni fuori! Animo! Non aver paura!>>.                                                                                                                                     

     Il contadino, venendo fuori dalla botte, guarda la figura del vento. E’ più di quattro volte superiore a lui; è imponente e anche lui ha una lunga barba che gli arriva quasi ai piedi, ma è nera, più nera della pece; due grandi occhi che sembrano tizzoni ardenti dai quali sprizzano infuocate  saette. Il poveretto resta senza parole mentre il vento con tono minaccioso chiede:<<Chi sei? Come ti sei permesso di venirmi a cercare? Ma quello che più mi preme è sapere dove hai trovato tutto questo coraggio.     Lo sai che, se voglio, posso mangiarti con un solo boccone?>>.                                                                                                                    Dopo qualche attimo di esitazione il contadino trova la forza per rispondere:-<< Signor vento, chi sono ve lo ha detto vostro padre e voi dovreste ricordare quello che ne avete fatto del mio orticello e dei miei animali. Nulla mi avete lasciato. A momenti portavate via anche la casa. Per quanto riguarda il coraggio, vi dico subito che se si trattava di me questo coraggio non lo avrei trovato e certamente non lo avrei nemmeno cercato, ma trattandosi dei miei figli, perché a causa di quanto mi avete fatto non ho come sfamarli, il coraggio anche se non lo avessi avuto, l’avrei cercato, perché qualsiasi padre che ama i propri figli, per il loro bene, sfida il fuoco e qualsiasi calamità anche a costo della propria vita! >>.  Il vento in cuor suo si è quasi commosso, ma fingendo ancora una certa burbanza, gli chiede:<< E cosa vuoi ora da me?  Non  sai che io sono il vento e dove passo  distruggo?>>. << Signor vento – continua il contadino – lo so chi siete, ma so anche che molte volte vi presentate al mondo con dolcezza sfiorando il volto delle umane creature come a volerle accarezzare e in quei momenti tutti vi ammirano, vi apprezzano, quasi vi ringraziano e accarezzate anche piante, fiori e tutto quello che incontrate, poi, quando vi arrabbiate, distruggete tutto senza eccezioni. Allora mi sono detto; è buono e meno buono a secondo le occasioni, ma la distruzione del mio orticello è segno di una eccessiva cattiveria. Allora, siccome è lui che me lo ha distrutto, è lui che deve aiutarmi! Ecco! Per questo sono qua!>>.

 << E tu hai il coraggio di venire a dire a me quello che devo e quello che non devo fare!? Ora  ti sistemo io!>> , ribatte il vento, fingendosi sempre arcigno. Poi rivolto al padre:<< Padre, prendetemi quella cassetta che si trova nel salone!>>.  Mentre il vecchio va a prendere la cassetta, il contadino in cuor suo comincia a pensare:<<Ho fatto bene a venire.  Ha mandato a prendere la cassetta dei soldi, forse vuole darmi dei soldi; speriamo solo che non siano pochi>>.

Il vecchio ritorna con una piccola cassetta che porge al figlio. Questi la prende e mentre la consegna al contadino: << Prendi questa cassetta che è l’unica cosa che posso darti. Sappi che questa è magica e che in qualsiasi momento tu o chiunque la possiede la mette in tavola e vuole mangiare basta che dica: “ cascette’, miett(e) tav(u)l(e)!(“cassettina apparecchia la tavola)e lei si aprirà, facendo comparire davanti al commensale tutto quello che desidera mangiare. Dopo basta dire:                 
cascette’, liev(e) tavul(e)! (cassettina, sparecchia la tavola”) e come un vortice  tutto quello che era servito per imbandire il desco ritorna immediatamente nella cassetta, che si chiude lasciando il tavolo o il posto dove si è consumato il pasto ordinato e pulito.  Non ci sono limiti per i commensali: uno, cinque, dieci e ognuno può scegliere quello che vuole. Però ognuno deve ordinare  prima che la si faccia aprire. Ora prendila e vattene,  e quello che mi raccomando non dirlo a nessuno per evitare che te la portino via. Ancora un’altra cosa ti raccomando:qui non venirci più, perché se dovessi ritornare non ti lascerei più andare! Mai nessuno ha avuto quest’ardire ed io, in via del tutto eccezionale, posso tollerarlo solo una volta! >>.

     Accompagnato dal vecchio, il contadino prende la cassetta con poca soddisfazione, perché pensa che il vento si sia voluto prendere gioco di lui Mentre si avvia all’uscita, però, il vecchio gli dice:<< Sei stato fortunato! Non sai quanto! Anche io ti raccomando di stare attento con questa cassetta. Vale una fortuna, non dovrai più preoccuparti di portare da mangiare ai tuoi figli. Con questa puoi avere pane, carne, latte, frutta, tutto, insomma, e con qualche soldo che guadagnerai potrai rifare il tuo orticello, ora va’! >>.                                                                          

      Il contadino, ancora  poco convinto, si accomiata dai due, e mentre scende dal sentiero montano pensa  di essere stato preso in giro sia dal vento che dal padre. Ma ripensando alla loro statura, si ritiene comunque fortunato per essere uscito da quella casa sano e salvo. Quando giunge ai piedi della montagna è già notte, così pensa di riposarsi sotto uno dei tanti alberi usando la cassetta come cuscino. L’indomani mattina si sveglia tutto intirizzito. La notte era stata fredda più che mai. Continua a pensare  di essere stato beffato, e mentre, amareggiato, si prepara a riprendere la marcia verso casa dice fra sé:-<< Prima di giungere a casa e farmi deridere anche da mia moglie, voglio vedere in questa cassetta cosa c’è! >>.

  Per quanto si sforzi, però, non riesce ad aprirla, allora decide di provare come gli era stato detto, e rivolto alla cassetta:<< Vorrei una grande tazza di caffè bollente con due fette di torta alla crema e un bel bicchiere di anice per riscaldarmi! cascette’, miett(e) tavul(e)!! >>.  La cassetta ha  un leggero sussulto poi si spalancano i quattro lati e con enorme stupore appare davanti al contadino tutto quanto aveva ordinato: il caffè è addirittura bollente!  Non riesce a credere ai propri occhi. Tocca quelle cose col timore che al tatto possano svanire, poi si decide a consumare, e tutto risulta talmente buono che ne rimane entusiasta. Torta e caffè così buoni non li aveva mai provati. Consumata la splendida colazione, ripete la formula cascette’, liev(e) tavul(e)” e la cassettina si comporta esattamente come gli era stato detto. Rincuorato da quella verifica, come un matto, abbraccia la cassetta e comincia a correre verso casa. Non avverte la minima stanchezza. La mente e le gambe tendono verso un’unica  direzione: la casa, dove giunge a sera inoltrata. Quando la moglie lo vede entrare emette un sospiro di sollievo: << Finalmente sei tornato. Ho passato quattro giorni d’inferno non sapendo dov’eri e se stavi bene! >>. La donna parla, ma  il marito sembra non ascoltarla e in preda a una crescente agitazione si rivolge concitatamente  alla moglie:<< Le finestre, le finestre! Sbarra le finestre! Presto! Presto!>>. <<Ma calmati, cos’è tutta questa agitazione!? Anche se hai del denaro in quella cassettina, è sera, chi vuoi che ti veda!>>, ribatte la moglie.

<<Ho detto, sbarra le finestre e non discutere!>>.  La donna, vedendolo così agitato, si decide finalmente a mettere dei paletti dietro alle imposte che peraltro erano già chiuse, poi aggiunge:<< Sei riuscito a trovare la casa del vento?  E’ lui che ti ha dato quella cassetta? E cosa contiene? Soldi? Gioielli? Cosa c’è dentro?>>. <<Ma quali soldi e gioielli! Non c’è nulla di tutto questo!>>, replica il marito. Poi aggiunge:<< Piuttosto, dimmi, i ragazzi hanno mangiato qualcosa prima di andare a dormire?>>. << Un po’ di pane e l’ultimo pezzo di formaggio, ma era talmente poco che le due sorelle hanno preferito lasciarlo ai maschi! >>. << Ebbene, falli alzare; sono appena le nove di sera e non è ancora tanto tardi per consumare una buona  cena! >>. La moglie lo guarda sconcertata mentre pensa:<< Una buona cena..! E dove lo prende  tutto quello che occorre?>>. Poi, rivolta al marito:<< Ma lasciali dormire. E’ vero che non è ancora troppo tardi, ma le botteghe sono chiuse a quest’ora!>>.   << Ma che botteghe e botteghe!- replica l’uomo. Falli alzare che si mangia. Forza! >>.  La discussione dei genitori  fa svegliare alcuni dei ragazzi, i quali, all’udire “si mangia”, saltano giù dal letto facendo tanta confusione da svegliare anche gli altri, e tutti insieme corrono festosi incontro al padre sommergendolo di domande: << Dove sei stato? Cosa hai fatto? Cosa hai portato?>>. Quella gioiosa confusione inorgoglisce l’uomo ma è motivo di seria preoccupazione per la moglie che guardando le dimensioni della cassettina pensa:<< Ma cosa può avere in quella piccola cassetta? Come fa a dire di poter offrire una buona cena ai figli? Anche se ci fosse del danaro, cosa gli dà da mangiare a quest’ora: i soldi?>>.

Il contadino fa sedere i figli intorno al tavolo e poi comincia a chiedere ad ognuno di loro cosa vuole mangiare. I più piccolini elencano con  una certa euforia tutto quello che gli passa per la testa; i più grandi, pur assecondando le richiese del padre, lo guardano increduli, pensando da dove potrà tirar fuori tutte le cose che hanno appena ordinato, visto che il padre  non ha niente con sé. La moglie, preoccupata, mentre assiste a questa tragicommedia, misura a passi lenti la stanza ripetendo:      << Costui è uscito di senno..! E’impazzito..! Chi sa dove è andato e gli hanno fatto qualche sortilegio, qualche incantesimo! Madonna Santa, vieni subito in nostro soccorso! Anime del Purgatorio, soccorretemi, non tardate, correte ad aiutarmi! >>.

Intanto, raccolte tutte le ordinazioni, il capofamiglia si rivolge alla moglie:<< Vieni a sederti e ordina pure tu quello che desideri mangiare! >>. Mentre cerca di nascondere qualche lacrima di disperazione, la donna, per assecondarlo, si accomoda intorno alla tavola e ordina alcune cose. A questo punto, il capofamiglia sistema la cassettina al centro del tavolo e pronuncia la formula                                                                          “cascette’, miett(e) tavul(e)! La cassetta, dopo il solito sussulto iniziale, spalanca i suoi quattro lati  facendo apparire sul tavolo  tutto quanto era stato ordinato. Lo stupore è tale che ognuno prima di cominciare a mangiare tasta più volte quelle pietanze per sincerarsi che siano reali e non una semplice illusione. La moglie sconvolta da questo inatteso prodigio, superato l’attimo di stupore, comincia a consumare anche lei le poche cose che, nell’incredulità,  aveva ordinato e mentre mangia dialogando allegramente con i commensali si ripromette di ordinare qualcosa di più sostanzioso l’indomani. Mentre consumano la cena, il capofamiglia racconta tutta la storia del vento e del dono che gli era stato fatto con la raccomandazione di non rivelarlo mai a nessuno. Terminata la cena,  il contadino si appresta a dire “cascette’, liev(e) tavul(e) e, col solito vortice, tutto quello che ingombrava il desco: piatti, posate, bicchieri, bottiglie scompare per incanto e la tavola si ripresenta proprio come prima della cena.

     Il mattino seguente, visto il potere della cassettina, i ragazzi si svegliano con l’intenzione di ordinare una ricca colazione e si sbizzarriscono chiedendo cose che fino ad allora  avevano potuto solo immaginare. Tutte le richieste vengono esaudite e così, mentre la magica cassettina provvede alla sussistenza della famiglia, con quei pochi soldi che tenevano da parte, il contadino rimette in piedi il suo orto, ricompra  polli , galline, pecorelle, e tutto quello che proveniva dall’orto e dagli animali può venderlo perché a loro  ormai non serve più.

     Le cose procedevano  a gonfie vele e quindi il contadino poteva dedicare maggior cura alla propria attività. Il parroco, come al solito, aveva mandato a chiamarlo più volte per alcuni lavoretti da svolgere in parrocchia, ma il contadino, non avendo più necessità di arrotondare, mandava la moglie per riferire che il lavoro dell’orto lo stava tenendo più occupato e che sarebbe andato in parrocchia il prima possibile. I continui rinvii e qualche volta, addirittura, un rifiuto, insospettirono il sacerdote che non riusciva a spiegarsi come mai, avendo sempre lo stesso orto e lo stesso nucleo familiare, improvvisamente l’uomo non avesse più necessità di qualche guadagno extra. Aveva provato a sapere qualcosa interrogando i parrocchiani ma senza venire a capo di nulla. Anche la moglie del contadino era stata oggetto delle sue domande, ma la donna, incalzata sempre dal marito, non aveva mai rivelato il segreto della loro nuova condizione. Il parroco, però, era sicuro che quella famiglia avesse qualcosa da nascondere e promise  a se stesso che sarebbe riuscito a scoprire di cosa si trattava. La domenica mattina di buon’ ora, prima della S. Messa, era d’uso che le  donne si recassero in parrocchia per la confessione. Ovviamente, poiché era un’abitudine radicata, nel gruppo delle donne si trovava  anche la moglie del contadino. Il parroco appena la scorse non dedicò il solito tempo a quelle che la precedevano perché aveva urgenza di arrivare al suo obiettivo. Così, quando  arrivò il turno di costei, al parroco non sembrò vero poter sottoporre ad un fuoco di fila l’ingenua penitente e le dedicò tutto il tempo che aveva sottratto alle altre. Facendo perno sul timore che incute la religione e sulla sacralità della confessione, riuscì ad estorcere alla donna il segreto che costei, non intimorita precedentemente dalle paure di una punizione divina, aveva gelosamente custodito fino a quel momento.

Il parroco si complimentò con se stesso per il risultato raggiunto anche se stentava a credere alla incredibile rivelazione, ma poi pensò:<< Qualcosa di vero dovrà pur esserci!>>. Poi, per accertarsi che la donna gli avesse detto la verità:<< Quello che stai dicendo è incredibile. Ricordati che stai parlando in confessione!Io devo essere certo che quanto mi hai detto risponde a verità, per questo domenica prossima mi inviterai a pranzo a casa tua così, una volta accertata la verità, non dovrai più preoccuparti di aver dimenticato qualcosa durante la confessione!>>.

     Terminata la funzione religiosa, la poveretta tornò a casa e raccontò al marito che in confessione era stata costretta a rivelare al sacerdote la storia della cassetta e che la domenica successiva  il parroco  aveva chiesto di essere loro ospite a pranzo. Il marito si mise le mani nei capelli: << Ma cosa hai fatto..! La storia della cassetta con la confessione non c’entrava nulla! Mi era stato raccomandato di non rivelarla mai a nessuno e tu proprio al prete lo vai a dire!>>.

     La poverina nella speranza di tranquillizzare il marito: << Ma stai tranquillo! Il parroco non potrà dirlo a nessuno perché io l’ho detto in confessione!>>.

 << Ma non è degli altri che io mi preoccupo, ma di lui, solo di lui!>>, replicò il marito. Ormai il guaio era stato fatto pensò il contadino e avvilirsi non sarebbe servito a niente. La settimana sembrò trascorrere più in fretta del solito per il contadino mentre per il parroco sembrò molto lunga. Fremeva, non vedeva l’ora di appurare se quanto gli era stato detto rispondesse a verità. Nell’autoinvitarsi a pranzo, aveva chiesto alla donna a che ora erano soliti pranzare:<< All’una!>> gli era stato detto, e lui subito aveva risposto:<<Sarò puntuale. All’una sarò da voi!>>.  E così avvenne. All’una in punto del giorno stabilito bussò alla loro porta. I ragazzi erano già tutti intorno al tavolo e al centro vi era posta la cassetta che attirò subito l’attenzione del parroco, il quale, rivolto al contadino:<<Ecco la miracolosa cassetta! Vediamo se sono vere tutte quelle chiacchiere che mi ha raccontato tua moglie!>>, diceva come se il fatto non gli interessasse. Il contadino, però, sapeva che ormai il segreto era finito proprio dove non doveva. Preso posto a tavola, il prete si sbizzarrì nell’ordinare, superò perfino i ragazzi, e così, tutti vennero serviti secondo le richieste, meglio di come potevano essere serviti  in un lussuoso ristorante. I dubbi sul racconto della donna svanirono davanti a tutto ciò che si presentò agli occhi del parroco. Non poteva non credere a questo miracoloso evento.  Tornando in parrocchia, strada facendo, parlava da solo, mentre il contadino diceva alla moglie:<< Speriamo che questa storia finisca qui!>>. Invece no. Il parroco ogni tanto si faceva invitare, tanto che a poco a poco prese l’abitudine di andare ogni domenica a pranzo dal contadino.

Si avvicinava intanto la festa del Santo Patrono, festa che durava un’intera settimana. Era una festa importante per tutti i paesani e anche per gli abitanti dei paesi limitrofi. Le funzioni religiose erano molto pompose tanto da richiedere la presenza di altri sacerdoti, che il parroco del paese chiamava per essere aiutato nelle celebrazioni. E ogni anno erano suoi ospiti altri dieci sacerdoti. Sebbene il ricavato delle numerose offerte gli permettesse di accumulare una cospicua somma di danaro, dare da mangiare mattina, pomeriggio e sera a altre dieci persone per una settimana non era una spesa da poco e questi preti mangiavano, e come se mangiavano! Senza considerare poi la fatica della fantesca che in quelle giornate non poteva sbrigarsela da sola, ed era costretta ad avvalersi dell’aiuto di almeno altre tre donne, alle quali anche bisognava dar da mangiare, senza contare poi quello che inevitabilmente spariva dalla cucina. Se non andava in fumo tutto il ricavato, restava ben poco e al parroco questo boccone non andava giù. Quest’anno, però, le cose sarebbero andate diversamente. Nella testa del prete frullava l’idea della cassetta che gli avrebbe permesso di non intaccare il ricavato delle offerte. Così qualche settimana prima della festa il parroco si recò a casa del contadino per chiedergli la cassetta in prestito:<<Te la chiedo solo per il periodo della festa del Santo Patrono>>, gli disse. Il contadino  rifiutò, dicendo che quella era l’unica risorsa che aveva per dare da mangiare ai suoi figli. <<Stammi bene a sentire – continuò il parroco –  io per questi sette giorni ti darò una sommetta di denaro con cui potrai comprare da mangiare per la tua famiglia, mentre a me darai la possibilità di dedicarmi con più libertà alle funzioni e all’accoglienza di tutte quelle anime  che in quei giorni si riversano nel nostro paese, senza la preoccupazione di fare una brutta figura con tutti quei sacerdoti che ogni anno vengono ad aiutarmi; e sono sicuro che in questi giorni il nostro Santo Protettore pregherà per te!>>.

Le lusinghe non finirono qui, ma gira e rigira, alla fine il povero contadino dovette cedere alle insistenze del parroco. A malincuore, come se si stesse separando da un figlio: << Reverendo … io ve la consegnerò il giorno prima dell’inizio della festa con la raccomandazione che appena tutto sarà finito me la dovete riportare immediatamente! >>.  Il parroco, soddisfatto:<< E cosa vuoi che me ne faccia! Quando saranno andati via tutti quei sacerdoti a me non servirà più, tanto io sono solo; però dovresti darmela qualche giorno prima per evitare che nella confusione possa smarrirsi!>>.

E così avvenne che durante la festa del Santo Patrono il parroco si trovava a disporre della miracolosa cassetta. I sacerdoti che venivano ad aiutarlo erano sempre gli stessi ed erano abituati a sentire, già di primo mattino, il profumo delle appetitose pietanze che giungeva dalla cucina. Stranamente quella prima mattina non si avvertiva nessun profumo e tutti  cominciarono a guardarsi dubbiosi pensando:<< Ma quest’anno non si mangia?>>. Il parroco, intanto, per non svelare la strabiliante sorpresa, provvide subito a dare ordini affinché la perpetua, per  quella prima mattina, preparasse la colazione come sempre. E quella fu l’unica volta.

I festeggiamenti cominciarono di buon’ora,alternandosi i sacerdoti nelle varie funzioni, e appena  qualcuno di essi si liberava  dall’ impegno, correva verso la cucina per verificare se qualche profumino cominciasse a farsi sentire. Ma scoraggiato  tornava indietro ed informava gli altri, dicendo:<<Niente..! Non c’è nemmeno una pentola d’acqua calda sul fuoco! Il focolare è spento, spento!>>. <<Ma come è possibile – si chiedevano gli altri. Questo fratello è sempre stato molto prodigo! Cosa sarà successo?! >>.

     All’una  si era soliti andare a pranzo, perché le funzioni venivano sospese per  essere riprese alle quattro del pomeriggio. E, come sempre, all’una precisa quasi tutti i  sacerdoti si avviano verso il refettorio. Questa volta, però, senza l’entusiasmo di sempre, anzi erano mesti e sconfortati in quanto nessun profumo di appetitosi  manicaretti proveniva dalla cucina. Chiuse le porte della chiesa, sopraggiunsero il padrone di casa e il resto dei sacerdoti. Il padrone di casa guardò tutti con sguardo sornione poi aggiunse:<<Prendete posto che si mangia!>>. Tutti lo guardarono stupiti e mentre si sistemavano intorno al tavolo si chiedevano:<< Ma cosa ci darà da mangiare? Qui manca tutto!Neppure la tavola è apparecchiata!?>>. Ognuno, però, più o meno convinto, occupò il suo solito posto, lanciando interrogativi sguardi ai commensali. Il parroco sistemò la cassetta al centro del tavolo e poi cominciò a dire:<< Quello che vedrete vi stupirà, ma i commenti rimandiamoli a dopo. Adesso ognuno di voi ordini quello che vuole mangiare senza farsi scrupoli. Ordinate tutto ciò che desiderate, ma fate in fretta, perché come sapete abbiamo poco tempo a disposizione. Forza ordinate!>>. Timidamente ognuno cominciò a dire quello che desiderava mangiare, ma con poca convinzione. Avevano la sensazione che il parroco li stesse prendendo in giro, cosa mai avvenuta fino ad allora.  Quando ebbero finito di ordinare, il parroco con voce ferma, rivolto verso la cassetta:- cascette’, miett(e) tavul(e)!– In una frazione di secondo, prima dello stupefacente evento, ebbero tutti la stessa esclamazione:    << Questo è uscito di senno!>>. . Ma l’istante successivo la cassetta cominciò a sussultare lievemente, poi si aprì e sul grande tavolo apparve tutto quanto era stato richiesto. Lo stupore fu tale che ognuno si attardava a consumare. Si guardavano stupiti e increduli, chiedendosi:<<Questo è un evento soprannaturale, qualcosa più che miracoloso!>>. Ma poi, attratti dai profumi che si diffondevano tutt’intorno, cominciarono a mangiare senza porsi più tante domande. Lo stupore continuò anche quando il parroco, rivolto alla cassetta disse:- “ cascette’, liev(e) tavul(e)”. Improvvisamente, così com’era apparso, tutto sparì: posate, stoviglie, avanzi d’ogni genere; tutto ritornò come se numerosi e solerti servitori avessero fatto pulizia in meno di un minuto. Al centro del tavolo restava solo la  modesta cassettina.

     Nel corso della settimana, vista la prodigalità della cassetta, i sacerdoti a colazione, pranzo e cena si sbizzarrirono nelle loro richieste e per questo ne beneficiarono anche le funzioni che vennero officiate con più zelo, senza per altro limitarsi a  commenti di compiacimento e anche con qualche pizzico d’invidia pensando alla grande fortuna che aveva il parroco nel possedere quella cassetta. Terminata la settimana di festeggiamenti, il paese ritornò nella normalità di sempre. Ora il contadino attendeva  che il parroco gli riportasse la cassetta, ma trascorsero due giorni dalla fine delle funzioni e il parroco non si vedeva. Allora mandò la moglie a chiederne la restituzione, ma questa ritornò, dicendo:<<Ho parlato con la perpetua la quale mi ha detto che il parroco è a letto e che non si sente bene dopo l’eccessivo impegno della settimana di festa; mi ha dato un po’ di soldi dicendo di pazientare ancora qualche giorno!>>. Il contadino, poco convinto di questa spiegazione, replicò:<<  Dice che non si sente bene e ti ha dato del denaro? E va bene. Ma ilgiorno prima che finiscano questi soldi ci andrò io e voglio proprio vedere come sta il buon parroco! >>.  Trascorse quasi tutta la settimana e, come si era ripromesso, il contadino si presentò in parrocchia e fu ricevuto anche lui dalla perpetua, che cercò di raccontargli la stessa storiella che aveva raccontata alla moglie. Il contadino, però, non volle sentire ragioni e cominciò ad urlare e minacciare che se non lo faceva entrare avrebbe fatto una pazzia. A queste parole si presentò il parroco, che fece allontanare la perpetua e poi con tono inizialmente dimesso poi pian piano sempre più sostenuto:-<<Non volevo nascondermi alla tua presenza, ma è successo un guaio e non sapevo come dirtelo. Il giorno prima della fine delle funzioni la mia domestica ha lasciato la cassetta sul focolare vicino al fuoco, si è allontanata e quando è tornata la cassetta si era bruciata, non era rimasto che cenere>>. A queste parole il povero contadino quasi svenne e portandosi le mani alla testa: << La mia cassetta bruciata! Santo Iddio! E adesso come faccio? Come faccio?>>.  Il parroco senza scomporsi:<< Avresti dovuto immaginare che se non ero venuto a restituirti la cassetta qualche cosa doveva essere accaduto. E invece vieni qui a fare il  gradasso, addirittura a minacciare! Eppure, ti ho dato del denaro e altro l’ho fatto consegnare a tua moglie. Ma cosa vuoi di più,? Cosa posso farci io se è successa una disgrazia? Ecco, prendi questi altri pochi soldi e non venirci più qui a lamentarti per la cassetta! Avrei fatto meglio a fare le cose come negli anni passati!>>. Il povero contadino non poté fare altro che allontanarsi e  nel tornare a casa pensava che avrebbe sofferto meno se fosse andato  a finire sotto un carretto che a ricevere quella notizia. I pochi denari che il parroco gli aveva ancora dato sarebbero stati appena sufficienti per uno o due giorni, e poi? Tornato a casa, raccontò tutto alla moglie accusandola di essere stata lei e solo lei  la causa  di quella irrimediabile disgrazia. Tutta la notte il poveretto non riuscì a prendere sonno, appena chiudeva gli occhi si rivedeva al cospetto del vento che minacciosamente gli ripeteva:-Non svelare mai a nessuno questo segreto, e qui non tornare più!- Sobbalzando, riapriva gli occhi, si rigirava nel letto e appena li richiudeva vedeva la sua cassetta sul focolare del sacerdote che andava in fiamme. Tormentato da questi continui incubi, saltò giù dal letto che erano circa le quattro del mattino, si vestì e mentre si preparava ad uscire la moglie timidamente gli chiese:<< Ma dove vai a quest’ora di notte?>>.  Il contadino,  avvolgendosi nel suo mantello:<< Vado nell’unico posto dove posso trovare una soluzione. Vado di nuovo alla casa del vento, tanto la strada ora la conosco!>>. La moglie spaventata:<<Ma se ti ha minacciato, dicendoti di non tornare più altrimenti ti avrebbe fatto morire!>>.   Il contadino, nutrendo anche lui seri dubbi sulla riuscita dell’impresa, le rispose:<< Gli racconterò  come sono andate le cose, che tu, per essere una buona cristiana, in confessione, hai rivelato il segreto non immaginando che sotto le vesti da sacerdote ci fosse un essere umano con le sue miserie e le sue debolezze per non dire altro!>>. Così dicendo, si avviò alla volta della casa del vento. Camminò per un giorno intero e conoscendo la strada, vi arrivò verso sera. Bussò. Venne ad aprirgli il solito vecchietto che, sorpreso di rivederlo, gli disse:<<Tu sei di nuovo qua!E ora cosa cerchi ancora? Ti era stato raccomandato di non farti più vedere, allora vuoi morire!>>. Il contadino, afflitto, raccontò tutto l’accaduto al vecchio, il quale dopo averlo attentamente ascoltato lo fece nascondere nella solita botte ricordandogli le precedenti raccomandazioni. Tornato il vento, con la sua solita irruenza verso le prime ore del mattino, si fermò a guardare il padre e gli  disse:<< Padre, sento odore di carne umana. Non ditemi che nascondete qualcuno nella botte!>>. <<Non qualcuno – precisò il vecchio- ma lo stesso della altra volta!>> . Il vento questa volta si adirò violentemente  e cominciò a strillare:          << Fatelo uscire, fatelo uscire! Gli avevo detto che non doveva ritornare! Adesso..!>>.  Il padre, mentre scoperchiava la botte per fare uscire il contadino, cominciò a raccontargli cosa era successo, intanto che quest’ ultimo, pieno di timore, si era rannicchiato in un angolino. Il vento, ascoltava con attenzione ciò che gli diceva il padre e quando il vecchio ebbe finito, disse:         << Padre, andate di là e prendetemi l’altra cassetta!->>. Il vecchio si allontanò per soddisfare la richiesta del figlio ed intanto, gli occhi del contadino cominciarono a brillare di gioia. Al suo ritorno il vecchio consegnò la cassetta nelle mani del figlio il quale la porse al contadino e con tono minaccioso gli disse:<< Questa volta ti lascio andare e anche con la cassetta, ma se dovessi fare il pensiero di ritornare, ebbene ti dico, in quel momento saluta tua moglie e i tuoi figli, perché non torneresti più da loro. Ora va,e, per il tuo bene, dimenticati questa strada!>>.  Il contadino non desiderava altro. Ricevuta la cassetta, si allontanò frettolosamente da quella casa.

Spuntava l’alba e mentre si avviava pensò:<< Se cammino senza fermarmi, potrò arrivare a casa per l’ora di cena! >>.  Così fece e sebbene avesse con sé la cassetta, non si fermò neppure per fare colazione,  tant’era la voglia di ritornare a casa e rivedere sorridere i suoi figli. Vi giunse giusto all’ora di cena. I figli, vedendo che nelle mani il padre stringeva una nuova cassetta, lo accolsero con grandi feste. Anche la moglie si risvegliò da quel torpore che l’aveva colta alla notizia della distruzione della prima cassetta. Contrariamente alla prima volta, ora tutti si affrettarono a chiudere porte e finestre, poi sedettero come sempre intorno al tavolo e, posta la cassetta al centro, cominciarono a ordinare. Quando tutti ebbero fatto le loro richieste il contadino si apprestò a pronunciare la fatidica frase: – cascette’, miett(e) tavul(e)!>>. Questa volta il sussulto fu più violento, poi  la cassettina si aprì e ne uscirono numerosi e nodosi bastoni, che cominciarono a percuotere di santa ragione tutti i commensali grandi, piccoli e mezzani. Nessuno fu risparmiato. Tutti cercavano di sottrarsi a quelle violente randellate, ma i bastoni li raggiungevano ovunque andassero. Urla ed esclamazioni di dolore non si contavano. Il povero contadino non sapeva come fare, cercava di chiudere la cassetta con le mani, ma era  talmente rigida che non si chiudeva. Alla fine si ricordò, e tra una mazzata e l’altra disse:                   
<< cascette’, liev(e) tavul(e)>>. E come sempre, la cassetta si richiuse risucchiando al suo interno tutti i bastoni. Bene avevano fatto a sprangare porte e finestre, altrimenti le urla le avrebbero sentite per tutto il paese! Intanto erano tutti conciati male, bitorzoli da tutte le parti, mentre la moglie del contadino, dolorante andava dicendo:<< Ma cosa ti ha dato questo vento?  Non sa che a casa ci sono dei bambini? Cosa sperava: di mandarli tutti in ospedale?>>. E il marito:<<Lui lo sa, ma avresti dovuto saperlo anche tu prima di  raccontare la storia della cassetta al prete. Questa che ci è toccata non è altro che la giusta punizione per non essere stati capaci di mantenere un segreto! Quello che mi addolora maggiormente è che non posso più ritornare. Questa volta è stato severo e chiaro nel dirlo! Ora non ci resta che fare affidamento sul nostro orto e meno male che siamo riusciti a rimetterlo in piedi!>>. E così abbandonato il bel sogno della cassetta, la famiglia ritornò a nutrirsi con parte del ricavato dell’orto, anche se di tanto in tanto il parroco ricominciò a chiamarlo per i soliti lavoretti che l’uomo, poco volentieri, andava a svolgere.

Era trascorso quasi un anno e si avvicinava la settimana di festa del santo patrono. Dato che in alcuni punti della chiesa mancavano pezzi di intonaco, il contadino era stato incaricato di provvedere alla loro sistemazione. Aveva quasi finito, mancavano pochi giorni per i festeggiamenti e gli era rimasto un ultimo pezzo da sistemare e avvenne che, montata la scala nei pressi di una finestra, si apprestò a salire con i materiali e gli attrezzi adatti alla riparazione, quando sul davanzale scorse la sua cassetta. Rimase per un attimo sulla scala, frastornato, ripetendo come in preda a uno strano delirio:<< La mia cassetta..! La mia cassetta!>>.

Riavutosi da quell’attimo di smarrimento, scese dalla scala, corse a casa, prese la cassetta dei bastoni, tornò verso la finestra e sostituì le cassette, poi, con tutta calma, completò il lavoro e senza dir nulla se ne tornò a casa dove raccontò l’accaduto imponendo, questa volta a ognuno il più assoluto silenzio.

Per la nuova festa il parroco, forte del possesso della miracolosa cassetta, invitò più di venti sacerdoti, e quelli che erano stati l’anno prima raccontavano ai nuovi venuti le meraviglie della prodigiosa cassetta. Il primo mattino la colazione fu preparata dalla fantesca. Il parroco riservò per il pranzo importante del pomeriggio la sorpresa della cassetta. E così avvenne che all’una in punto più di venti sacerdoti presero posto nel refettorio, tutti intorno ad un grande tavolo dove al centro spiccava la cassettina.  Ognuno avanzò le proprie richieste e quando tutti ebbero terminato il parroco, alzatosi e rivolto alla cassetta, con una certa fierezza disse:- cascette’, miett(e) vul(e)!                                                                                                       Successe il finimondo. Centinaia di bastoni vennero fuori dalla cassetta sferrando mazzate da tutte le parti. Alcuni si ripararono inutilmente sotto il tavolo e fu una trappola, arrivavano bastonate da ogni parte. Altri correvano per il refettorio, mentre decine di bastoni li rincorrevano percuotendoli malamente. Per il padrone di casa c’erano cinque bastoni che pensavano solo a lui massacrandolo di botte. Anche lui, come il contadino, cercava di chiudere la cassetta con le mani, e solo dopo una lunga e solenne scarica di randellate si ricordò di dover dire:- “ cascette’, liev(e) tavul(e) ! E solo allora la cassetta richiamò a sé tutti i bastoni richiudendosi poi su se stessa. I  sacerdoti che erano stati invitati per la prima volta scapparono via tutti ammaccati. E così il “bravo” sacerdote ebbe la ricompensa che meritava, mentre il contadino e la sua famiglia, ritornati in possesso della loro  cassetta, ne conservarono gelosamente il segreto e non ebbero più problemi per il futuro.

Da “Attorno al braciere. Le fiabe della nostra infanzia” di

C. e C. Schiano

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