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La Legge elettorale del suffragio per censo e l’evoluzione verso il suffragio universale

Posted by on Nov 25, 2024

La Legge elettorale del suffragio per censo e l’evoluzione verso il suffragio universale

Le legge elettorale del Piemonte concedeva il diritto di visto a chi pagava 40 lire di tasse dirette o ne pagava 20, ma sapeva anche leggere e scrivere. A parte l’ingiustificabile fatto che le donne non avevano diritto di voto, questa legge elettorale basata sul censo veniva giustificata con l’argomento che non potessero essere rappresentati coloro che non pagavano tasse. No taxation without representation era stato uno slogan coniato nella Rivoluzione Americana. Gli Statunitensi sostenevano che, poiché, non erano rappresentati nel Parlamento inglese, era una violazione del diritto naturale che quel Parlamento li tassasse.

Il principio vale anche al contrario: No representation without taxation. Non può avere diritto di voto (diritto di essere rappresentato) chi non paga una sensibile quantità di tasse. John Stuart Mill, pur accettando i due principi, li svolge logicamente includendo nel ragionamento anche le tasse indirette: siccome tutti pagano i dazi sulle merci e le tasse sul consumo, tutti devono avere il diritto di voto, il diritto di essere rappresentati.

Nel 1869, in Italia. viene approvata la tassa sul macinato che aumenta il prezzo del pane e degli altri cereali, polenta inclusa. È una tassa che viola il diritto naturale e ogni principio liberale perché viene votata da chi paga quasi esclusivamente tasse dirette e subita da chi paga solo tasse indirette. Una tassa che tocca minimamente il reddito dei votanti e incide moltissimo sul reddito dei non aventi diritto al voto.

Giuseppe Zanardelli, come ministro di Grazia e Giustizia, nel 1882, fa approvare una nuova legge elettorale che concede il diritto di voto sia a quanti pagano le tasse dirette, sia a quelli che pagano solo quelle indirette, all’unica condizione che sappiano leggere e scrivere.

Inoltre, la sua legge raggruppa i preesistenti collegi uninominali in circoscrizioni elettorali nelle quali vengono eletti da due a cinque deputati. Questa unione di più collegi ha l’obiettivo di far eleggere non solo il candidato che ottiene la maggioranza relativa, il candidato con più consenso, ma anche i candidati che rappresentino le minoranze più numerose. Nel 1892 si tornerà al collegio uninominale.

Al 1861, l’elettorato attivo è l’1,92% dell’intera popolazione italiana (donne e bambini inclusi). Al 1880, è diventato il 2,2%. Con la nuova legge Zanardelli, nel 1882, l’elettorato attivo balza al 7,39%. Nel 1892, è salito al 9.80%, per merito del programma di alfabetizzazione che si sviluppa in tutta Italia. Nel 1994, c’è la repressione dei Fasci Siciliani e nell’anno 1895 l’elettorato attivo scende al 6,89%. Perché?

Perché le élite meridionali si sono convinte che l’istruzione popolare fomenti rivolte tipo Fasci Siciliani. In molte cittadine del Sud, don Luigi Sturzo riferisce il caso di Caltagirone, i possidenti, quasi la totalità degli elettori, si riuniscono per decidere di smettere di utilizzare i fondi municipali per finanziare le scuole primarie per l’alfabetizzazione. Nello stesso tempo, si provvede, in tutto il Sud, a ripulire le liste elettorali togliendo il diritto di voto agli oppositori. Napoleone Colajanni riferisce di un professore di Liceo di Palermo dichiarato analfabeta per togliergli il diritto di voto.

Ci si mette anche l’esercito: viene deciso di smettere di alfabetizzare i soldati cui, dal 1861 al 1893, veniva insegnato a leggere e scrivere. Dal 1894, non più. Nel giro di poco tempo, gli aventi diritto al voto al CentroNord diventano, in percentuale, il doppio di quelli del Sud. Nel CentroNord, la percentuale di elettori continua a salire, per l’impegno che mettono nell’istruzione primaria i cattolici, i radicali repubblicani e i socialisti. Queste forze politiche, appena conquistano un Municipio utilizzano le tasse municipali per finanziare progetti di alfabetizzazione per tutti. È così che si formano le sottoculture politiche territoriali, quella bianca o cattolica e quella rossa, prima radicale, poi socialista e, infine, comunista. Molto più basse restano, invece, le percentuali degli elettori nel Meridione e nelle Isole.

Nel 1901, nel Governo Zanardelli, ministro delle Finanze è Leone Wollemborg. Questi disegna una proposta di legge che trasferisca ai Comuni il surplus di introiti statali dovuto al forte aumento annuale del PIL. Questa proposta di legge ha due scopi: riequilibrare la spesa pubblica a favore del Meridione (appena l’anno prima Francesco Saverio Nitti ha pubblicato due libri in cui dimostra che lo Stato Italiano, per 40 anni ha rastrellato le scarse risorse finanziarie meridionali per trasferirle al NordOvest e contribuire al decollo industriale di quel territorio); rimpinguare le casse comunali per togliere, tra le altre possibili cose da realizzare, ogni alibi a quelle élite locali che sostengono che sono le ristrettezze delle risorse municipali disponibili a spingere a ridurre al minimo le spese per l’istruzione.

La proposta viene discussa in sede di governo e trova l’opposizione di Giovanni Giolitti. Questi convince la maggioranza dei ministri a utilizzare il surplus di introiti annuali per il miglioramento delle condizioni della classe operaia. Ma siccome gli operai sono concentrati soprattutto nel NordOvest, il piemontese Giolitti ottiene il risultato di mantenere lo squilibrio della spesa storica consolidatesi in 40 anni e concorre a far sì che, solo al 1912 le percentuali di aventi diritti al voto tornino vicine a quelle del 1892: 9,5% contro 9,8%.  

Giolitti ottiene anche di affermare lo stato di totale subalternità dei Municipi al governo centrale e dei rispettivi deputati eletti in collegi uninominali al Presidente del Consiglio. Questo gli permetterà di razionalizzare e trasformare in sistema una pratica che la generazione dei politici risorgimentali ha utilizzata in modo saltuario e incostante: acquisire il voto dei deputati meridionali trasferendo il minimo possibile di risorse per costruire, nei loro collegi, una fontana, un edificio statale, una strada campestre e poco altro. In questo modo, egli ha trasformato molti politici meridionali nei suoi cosiddetti “ascari” con la pratica di piccoli contributi a pioggia sostitutivi dei progetti strategici di sviluppo locale.

Questo gli permetterà di regalare, nel 1912, senza rischi politici, il voto a tutti i maschi con più di 30 anni.

Giuseppe Gangemi

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