La libertà di informazione è un reato?
Oggi c’è ancora la libertà di parola e di pensiero? Sembra proprio di no. La storia si ripete? Se negli anni post-unitari parlavi male del Governo e del Re galantuomo eri censurato, etichettato e soppresso. Chi conosce la storia sa che cosa voglio dire. L’articolo 28 dello Statuto recitava: «La stampa sarà libera ma una legge ne reprime gli abusi». Diremmo oggi che lo Statuto italiano aveva aspetti anticostituzionali? L’articolo 28 garantiva la libertà di stampa ma di fatto la limitava con una legge, che un governo, poco democratico e timoroso della dissidenza, avrebbe potuto regolare a suo piacimento.
Quando non si è allineati al pensiero di un governo dispotico, l’informazione diventa disinformazione ed è considerata un reato. Negli anni pre- e post unitari a farla da padrone era il conte di Cavour sostenuto da Napoleone III e Lord Palmerston. Sostenuto dalla maggioranza dei partiti politici, dai sindacati, dai mezzi di informazione e dal Parlamento europeo, il nuovo Cavour è oggi il ministro Draghi. «Sapete voi cosa accadrà in Europa fra sei mesi?», disse un giorno Cavour alla Camera.
Aspettiamoci dunque, sotto forma mascherata, un decreto legge che proibisca qualunque forma verbale, scritta o in video che vada contro la propaganda del governo a favore dell’inoculazione obbligatoria e il green pass, se il sindaco Roberto Dipiazza (Forza Italia) e il prefetto Valerio Valenti di Trieste hanno deciso di vietare (per motivi di salute s’intende) ogni manifestazione (contro l’inoculazione) in piazza Unità d’Italia fino al 31 dicembre 2021. “Per me in questo momento prevale il diritto alla salute e dobbiamo trovare forme per non reprimere il diritto alla libera manifestazione, ma quanto meno comprimerlo”. È questo il motivo dichiarato dal prefetto di Trieste per giustificare il divieto. Ecco un passo, ben studiato alla Cavour, del decreto del 2 novembre: «In ragione della natura di luogo caratterizzato da un notevole afflusso di persone, sul quale insistono sedi istituzionali rientranti nell’elenco degli obiettivi sensibili e in considerazione del valore architettonico artistico dei palazzi, in via sperimentale fino al 31/12/2021, è esclusa dalla destinazione quale luogo di svolgimento di manifestazioni pubbliche la piazza Unità d’Italia». Ecco come, in via sperimentale, si è trovato il casus belli per proibire ai portuali di Trieste dissidenti di protestare in una pubblica piazza contro il green pass. Di fatto, se mi impedisci di lavorare vuol dire che l’inoculazione voluta dal governo è obbligatoria. È questo il diritto costituzionale alla salute? Perché il prefetto non ha applicato lo stesso principio in via sperimentale con la BARCOLANA, la storica regata velica internazionale che si è tenuta nel golfo di Trieste dal 1° al 10 ottobre? Quante persone vi hanno assistito sulle Rive di Trieste? 10.000 o 25.000? Chi lo sa? Eppure, dalle foto pubblicate, gli spettatori convenuti sulle Rive di Trieste erano tantissime. E negli alberghi, nei musei, nei ristoranti e per le strade di Trieste quanti erano? Avevano tutti il green pass e la mascherina? Oggi, tutti ignorano la BARCALONA e attribuiscono l’aumento degli infettati a Trieste solo alle manifestazioni dei portuali. Che dire? È una vera forma di ipocrisia politica! Naturalmente il divieto «non si applica alle funzioni, cerimonie e pratiche religiose e alle iniziative direttamente attinenti alle finalità di culto o promosse da organismi associativi delle rispettive comunità religiose; agli eventi, manifestazioni, cerimonie, celebrazioni realizzate e coorganizzate da enti pubblici»,[1] ma solo alle manifestazioni di protesta dei portuali! Da domani, molti sindaci democratici e prefetti d’Italia seguiranno il suggerimento di Trieste.
Fratelli d’Italia, questo è il sistema adottato, ma attenti perché in questo Paese tutto ciò che è provvisorio e sperimentale diventa definitivo. Imboccata la strada delle limitazioni delle libertà costituzionali, non si torna più indietro. Non contesto l’inoculazione in sé per sé, ma resto dell’avviso che il cittadino deve essere libero di decidere, tranne a sostenere che “il fine giustifica i mezzi”; ma con questa motivazione tutto si potrà fare e giustificare. Se questi sono i primi passi dell’amministrazione Draghi, che tutti elogiano, è proprio il caso di dire, usando un’espressione di Renzi detta al Senato, che in Italia si sta affermando «un modello di sviluppo molto più agevole da governare, ma profondamente contrario ai nostri valori» democratici, repubblicani e costituzionali. Apriamo gli occhi, non nascondiamo la testa sotto la sabbia, essere informati è un diritto, ma informarsi è un dovere del cittadino per non essere un cieco e vincolato servitore dello Stato post-moderno. Bisogna che la nostra democrazia sia sottoposta a un tampone per sapere se si è ammalata di draghivirus21.
Dopo il primo sintomo di questa malattia, il green pass, e il secondo, il divieto di protestare nella piazza di Trieste, cui si uniranno a breve le altre città d’Italia, ecco evidenziato un terzo sintomo: il Report, la trasmissione televisiva andata in onda il 1° novembre sul canale Rai3. Il quotidiano cattolico on line “La Nuova Bussola” del 4 novembre riporta: «I parlamentari del Partito Democratico in Commissione di Vigilanza hanno chiesto “un chiarimento” ai vertici del servizio pubblico e hanno parlato di “episodio molto grave di disinformazione”, cioè di “un lungo compendio delle più irresponsabili tesi No Vax e No Green Pass”. Poi hanno corretto il tiro, rendendosi conto di aver fatto un autogol e si sono affrettati a ribadire che occorre rispettare l’autonomia dei giornalisti e la libertà editoriale. A Matteo Renzi, più volte preso di mira da Report (anche nell’ultima puntata, a proposito dei suoi viaggi d’affari all’estero) non sembra vero di poter partecipare a questo tiro al piccione contro Ranucci, accusandolo di non fare servizio pubblico. Forse perché, per il leader di Italia Viva, fare servizio pubblico significa mettere la sordina alle voci di dissenso per raccontare unilateralmente la verità, come accadeva nella Rai dell’epoca renziana.
Pure Forza Italia si indigna verso la trasmissione di Rai 3. “Mi spiace perché Report è la seguitissima trasmissione di un’azienda che dovrebbe esaltare il progresso scientifico e i suoi benefici anziché offrire argomenti agli scettici verso la bontà del vaccino – tuona Andrea Ruggieri – e perché è un po’ come se qualcuno dicesse che medici, infermieri e altri professionisti abbiano tratto profitto dalla pandemia grazie ai molti straordinari retribuiti nell’emergenza sanitaria scatenata dal Coronavirus”».
Se in vino veritas, in queste spontanee affermazioni traspare il reale pensiero antidemocratico e illiberale. Ecco la classe politica cui abbiamo affidato la nostra democrazia. Allora, è proprio il caso di dire che questo Paese è malato di coronavirus19 e per salvarlo dalla morte bisogna sottoporlo a una terza, quarta e quinta dose di iniezione di democrazia ogni quattro mesi per fermare la malattia.
Il 2 novembre, con un ordine della questura, il sindacalista portuale di Trieste Stefano Puzzer è stato cacciato da Piazza del Popolo a Roma, dove si era seduto su una panchina mostrando alcuni cartelli per protestare contro il green pass. Dal questore di Roma gli è stato vietato di porre piede a Roma per un anno! Questo “pericoloso” e pacifico sindacalista portuale era una minaccia per il governo? Fratelli d’Italia destatevi, questi sono i sistemi adottati dopo la rivoluzione del 1860 e durante il fascismo. È tornato di moda il domicilio coatto per i pacifici cittadini, mentre si accompagnano con gentilezza i facinorosi a distruggere la sede della cgil a Roma.
Significativo è l’articolo di Ermanno Bencivenga comparso sul La Verità del 4 novembre “Giusto protestare prima che sia tardi”. Nel pezzo, Bencivenga ha riportato la poesia di Martin Niemöller[2] sull’apatia politica: «Prima di tutto vennero a prendere gli zingari, e fui contento, perché rubacchiavano. Poi vennero a prendere gli ebrei, e stetti zitto, perché mi stavano antipatici. Poi vennero a prendere gli omosessuali, e fui sollevato perché mi erano fastidiosi. Poi vennero a prendere i comunisti, e io non dissi niente, perché non ero comunista. Un giorno vennero a prendere me, e non c’era rimasto nessuno a protestare».
O tempora, o mores!
6 novembre 2021
Vincenzo Giannone
[1] Da: Il Gazzettino.it del 3 novembre 2021
[2] Un pastore protestante, oppositore del nazismo, fu imprigionato nel 1937 dalla Gestapo all’età di 45 anni. Fu liberato nel 1945.
A me sembra che non siano le piazze luoghi d’informazione… credo anzi che sono l’effetto strumentale ad altri obiettivi… io dalle due dosi di vaccino fatte per non escludermi dalla mia cerchia, rimango con i miei dubbi di fronte alla terza che ci stanno prospettando come necessaria e so che la decisione devo prenderla da me… Le piazze hanno altri obiettivi, come sempre e’ accaduto!… ai fini pratici di ogni “persona” che non e’ solita seguire le correnti lasciano il tempo che trovano… E’ chiaro che al momento sono solo l’occasione per creare caos… caterina ossi