LA METODOLOGIA DI MANTENIMENTO DEL MITO FONDAMENTALE: LA DEMONIZZAZIONE DEL MERIDIONALE
intervenire su Napoli per evitare sviluppi sanguinosi), o il più scettico sostenitore di un nuovo “movimento” (il fascismo) di cui gli appariva pericolosa proprio la potenzialità eversiva di istituzioni da cui pur erano derivate la rapina o la condizione di colonia; o, ancora, il più impermeabile alle dottrine socialiste (al punto da scatenare irripetibili epiteti da parte di un Turati o di una scuola positivista razzista -tutta di marca socialista -che arrivò a coniare l’espressione di “razza maledetta” riferita ai meridionali e che fu cosi pervasiva da finire per contagiare -anche se solo molto marginalmente -di fatalistico pessimismo, con venature quasi razziali, persino l’ultimo Salvemini delle 1ettere sorrentine”).
Che i bisogni della nuova Nazione fossero diversi da quelli della realtà “patria” napoletana, fu evidente subito e non fu necessario alcuno sforzo di comprensione, giacché erano gli stessi unitari (anche e soprattutto i “meridionali di ritorno”) a proclamarlo chiaro. Che, dunque e conseguentemente, un intero Paese -volenti o nolenti -dovesse conformarsi ad essi lo dicevano gli stessi unitari, senza lasciare spazio alla fantasia o richiedere particolari sforzi di intelligenza.
Quel che, invece, non era affatto chiaro e che, soprattutto, doveva restare il più lontano possibile dalla percezione comune, era il fatto che quei bisogni coincidessero con gli interessi concretissimi di un gruppo di persone di varia estrazione culturale e geografica.
Che tali interessi consistessero nella finalizzazione di tutte le risorse finanziarie ed umane dell’intero Paese (unito a questo scopo) alla costruzione e consolidamento di strutture patrimoniali e produttive capaci di espandersi in proporzione geometrica adoperando spregiudicatamente la potenza derivante in tutti i sensi -dalla grandezza dei numeri di territorio e popolazione del nuovo Stato, era necessario che restasse non in ombra ma, addirittura, in una zona tanto buia da nascondere -in via concettuale e pratica -la coincidenza tra Stato e precisi gruppi di interesse.
Questa coincidenza era l’elemento decisivo per la tutela degli interessi del “nuovo” Stato, e, dunque, era proprio sull’efficacia dell’opera di occultamento di tale realtà che si giocava la salvaguardia di quel tipo di Unità.
Il problema di evitare tale percezione non era da poco perché per occultare tale coincidenza era indispensabile trovare il modo di rendere i bisogni della “nuova” Nazione -dichiaratamente diversi soprattutto da quelli della realtà meridionale della penisola -non solo accettabili ma, addirittura, condivisibili da tutti. Era chiaro ai protagonisti di quel processo che bisognava fondare e consolidare il dogma della coincidenza tra Nazione, Stato, Popolo, producendo, in qualche modo, il riflesso condizionato di sinonimia tra nuovo libertà e sviluppo.