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La Pellicciari a Trento, per un sano revisionismo storico

Posted by on Ago 12, 2022

La Pellicciari a Trento, per un sano revisionismo storico

La storiografia ufficiale, quella dei libri di scuola, è sempre indietro di almeno cinquant’anni. Il tempo avanza, le ricerche si approfondiscono, argomenti intoccabili perdono pian piano la loro aura di sacralità, e finalmente si riesce a capire qualcosa di più, qualcosa che vada al di là della versione storiografica dei vincitori.

Eppure, come dicevo, i libri della scuola superiore rimangono al palo, alle acquisizioni del passato, forse per paura di urtare, di rimettere in gioco, di fare quello che lo storico dovrebbe sempre fare: rivedere, approfondire, capire meglio, scrostare le interpretazioni ideologiche, i falsi storici, le narrazioni serve del potere…

Così, benchè gli storici conoscessero da tanti anni le iniquità commesse non solo dal fascismo, ma anche dalla resistenza, si sono dovuti attendere i libri di Gianpaolo Pansa, per poter tirar fuori dall’oblio pagine di storia volutamente seppellite dall’ideologia e dagli interessi di partito. Analogamente, benchè lo avessero vissuto da testimoni e da vittime migliaia e migliaia di italiani, si sono dovuti attendere cinquant’anni per poter leggere su pubblicazioni ufficiali la verità sui bombardamenti americani, diretti appositamente sui civili, avvenuti in Italia durante la seconda guerra mondiale; oppure, per fare un altro esempio, ce ne è voluto di tempo per avere la versione veridica di quello che accade a Pearl Harbour, oppure ancora la verità sulle fosse di Katyn, o sulla corsa di Hitler e Stalin a chi attaccasse prima il suo alleato-nemico….

Niente di strano, la storia, come dicevo, la scrivono i vincitori, e spesso gli storici divengono semplicemente i loro scrivani. Funziona così almeno dagli anni in cui gli storici britannici, per coprire lo sterminio di indigeni nelle loro colonie americane, ingrandivano e gonfiavano a dismisura le iniquità degli spagnoli, in verità enormemente inferiori, nell’America Latina. Si combatte, politicamente, anche a colpi di storie e di manipolazioni, perchè come diceva bene Orwell, chi controlla il passato controlla il presente. Per quanto riguarda la storia patria sono ormai passati cento anni dalla morte di Garibaldi, e mentre i più si affannano a celebrare l’eroe dei due mondi, l’avventuriero senza macchia, l’uomo che perseguiva ideali di libertà e di democrazia, secondo la più tipica retorica risorgimentale, finalmente si parla sempre di più anche dei lati meno conosciuti, meno pubblici, dell’eroe dei due mondi.

Al nord, ma soprattutto al sud, escono di continuo studi su quello che avvenne veramente in quegli anni di grandi cambiamenti, e la figura di Garibaldi, e della casa di Savoia, è stata riconsiderata da studi molto approfonditi, di culturi di storia locale, di professori universitari, di senatori e deputati meridionali… Eppure queste riconsiderazioni, che aiuterebbero tanto a capire la condizione attuale del Meridione, la sfiducia di tanti meridionali verso lo Stato, l’esistenza, al sud, di uno stato nello stato, quale è la mafia, ecc., sono ignorati da gran parte della gente, succube, come è naturale, della retorica e della storia ad usum delphini. Eppure che il Risorgimento sia stato un fenomeno di elite, una rivoluzione fallita, per dirla con Gramsci, una rivoluzione senza popolo e talora contro il popolo, lo si è sempre saputo. Lo hanno sempre detto, soprattutto, i meridionali. Non mi riferisco solo a quelli che si sono sollevati, all’epoca, contro i piemontesi, visti come invasori: gli uomini e le donne che vennero considerati semplicemente “briganti e brigantesse” e fucilati in massa, come ha ben raccontato ad esempio Carlo Alianello nel suo celebre “La conquista del sud”.

Ma penso anche a quanti si fecero ammaliare dalla meteora di Garibaldi, o “Carlibardi”, come molti lo chiamavano allora, credendo che avrebbe dato al meridione ciò di cui aveva bisogno; sperando davvero che avrebbe redistribuito le terre dei baroni ai contadini, come aveva promesso, e non che le avrebbe consegnate, invece, come in realtà fece, al re, al demanio statale, alla borghesia meridionale e nordica, al potere. Basti pensare a Giovanni Verga, che si arruolò addirittura nelle file della Guardia Nazionale garibaldina, e che nei “Malavoglia”, però, ci racconta la storia di ‘Ntoni e di Luca, che vengono costretti a lasciare la loro terra, in cui il servizio militare non esisteva neppure, per servire un re che non conoscevano, e per morire in una battaglia (Luca, a Lissa), che non avevano voluto e di cui non conoscevano lo scopo. Nella novella “Libertà” sempre Verga ci racconta la crudeltà di Nino Bixio, uno dei più intimi luogotenenti di Garibaldi, uno dei santini risorgimentali, che aveva promesso “libertà” e invece portò fucilazioni e morte.

Anche Luigi Pirandello, il più grande autore meridionale del Novecento, membro di una famigli antiborbonica e filo garibaldina, racconta la delusione dei meridionali per l’inganno di Garibaldi e dei Savoia, nel suo romanzo “I vecchi e i giovani”, oppure nella novella “L’altro figlio”. In quest’ultima si racconta chiaramente come l’eroe dei due mondi, appena giunto al sud, grazie all’appoggio degli inglesi, senza dei quali non avrebbe fatto assolutamente nulla, aprì le galere per liberare i delinquenti e gli assassini, per averli con sè, o almeno per destabilizzare lo stato borbonico. E racconta anche quali furono le conseguenze di questo gesto sul popolo del sud… Si potrebbe continuare a lungo, citando ad esempio il celeberrimo “Il Gattopardo” di Tommasi di Lampedusa, in cui si mette chiaramente in luce come la liberazione del sud fu in realtà una conquista, una nuova colonizzazione, che spinse molti meridionali ad odiare un re che parlava una lingua incompresibile, che inviava al sud prefetti e sindaci di nomina regia, tutti piemontesi, e che impose a tutta l’Italia, senza minimamente adattarle, le sue leggi (la celebre “piemontesissazione”).

Ecco, di tutto questo, non solo per mera curiosità storica, ma anche per capire l’oggi, per capire, per fare un esempio, come mai lo Stato italiano non abbia mai pensato neppure di costruire una strada seria tra Salerno e Reggio Calabria (400 kilometri di Italia), parlerà Angela Pellicciari, la più famosa storica del Risorgimento, venerdì 30 novembre, ad ore 20.30, presso i Salesiani di Trento, via Brigata Acqui, in una conferenza organizzata da “Libertà e persona”. I libri della Pellicciari, “Risorgimento da riscrivere”, “L’altro risorgimento”, “I panni sporchi dei mille”, e diversi altri, sono testi di grande interesse, costruiti tutti su materiale d’archivio, sui testi e non sull’ideologia: studi di una storica attenta, scrupolosa, di provenienza marxista, molto amante della verità, che hanno ricevuto il plauso e la considerazione anche di importanti giornalisti e storici italiani, come Paolo Mieli, Ernesto Galli della Loggia e Pierluigi Battista, e che iniziano finalmente ad essere citati anche testi scolastici.

Angela Pellicciari

fonte

http://www.libertaepersona.org/wordpress/2007/11/la-pellicciari-a-trento-per-un-sano-revisionismo-storico-545/

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