La prima nave a vapore italiana fu costruita a Napoli: La Ferdinando I
“Sdegnai la terra limitata – quella strada comune tutta segnata dalle impronte di tacchi e di zoccoli servili – e mi volsi ad ammirare la magnanimità del mare che non lascia ricordi.”
Herman Melville, Moby Dick
Cosa c’entra Melville con Napoli? Cosa accomuna il cetaceo più famoso e celebre della letteratura americana con il golfo della bella sirena?
Semplicemente l’assoluto amore per il mare? O qualcosa di più?
Il comun denominatore di tutto questo è la meraviglia. E per quanto questo discorso possa sembrare retorico e ricco di tanti bei ragionamenti infiocchettati ciò che rimane ai miei occhi è la pura meraviglia, la meraviglia nei confronti della mia città e del mio popolo che ogni volta mi lascia ad occhi aperti, ogni volta mi insegna qualcosa di più sul mio conto.
Mi chiedo come sia possibile che questa terra abbia tutto, che sia un universo a parte in cui codici e regole appartengono solo a questo luogo. Com’è possibile che abbia musica arte e poesia, e che abbia dolore e marciume che imputridisce da ogni parte. Com’è possibile iniziare ad innamorarsi di un libro come Moby Dick e scoprire che visceralmente, profondamente, il tuo Sud ha qualcosa in comune con tale storia, con tale capolavoro?
Mi sarebbe piaciuto raccontarvi della Pequod di Napoli o di un Ismaele di via De Mille e di un Capitano Achab scugnizzo (e spero di farlo un giorno!) ma, per questa volta, vi confiderò soltanto una piccola ma importantissima notizia: La prima Nave a Vapore italiana fu progettata proprio qui, a Napoli, e si chiamava la Ferdinando I.
Ferdinando I, studio di modifica. Archivio di Napoli
Salito nel 1816 infatti, Ferdinando I di Borbone si ritrovò quasi immediatamente ad affrontare un gravoso e spinoso problema per il Regno delle due Sicilie: Le vie di comunicazione. Le strade del Regno erano dissestate e rovinate, mentre i collegamenti via mare risultavano il più delle volte lenti e inattendibili. Il Re Ferdinando così si incuriosì ben presto ad un nuovo e rivoluzionario sistema di trasporto marittimo con navi dotate di trombe di fuoco capaci di sostenere viaggi molto più lunghi in tempi minori, permettendo così di trasportare più facilmente prodotti e mercanzie di ogni natura in ogni parte del mondo, avvicinando uomini che vivevano nei punti più disparati del pianeta. L’idea era innovatrice e moderna, e avrebbe aperto le porte del Regno ad un mercato internazionale, che da secoli era nelle mani delle grandi potenze dei mari.
u così che nel 1817, la Compagnia privilegiata per l’introduzione della navigazione a vapore nel Regno delle Due Sicilie, con sede al numero 32 del vico Concezione a Toledo, assegnò al cantiere Filosa la costruzione di un Piroscafo lungo 38,80 m e largo 6,15 m nel quale fu installato il nuovo apparato di propulsione. Si progettò l’impianto con due caldaie lunghe ognuna sei metri e da una macchina da 45 cavalli di potenza collegata a due ruote laterali, munite entrambe di otto pale di lunghezza pari a 1,20 m. L’alberatura era invece a Brigantino con un fumaiolo longilineo e sottile. Inoltre a poppa vennero realizzati 16 camerini passeggeri mentre a prora si progettò un locale comune con una cinquantina di posti a sedere. Sul ponte infine, si garantì spazio sufficiente per imbarcare addirittura due o tre carrozze. Fu un lavoro straordinario e maestoso, e per la prima volta il Sud Italia comprese le proprie possibilità, le proprie capacità, rialzandosi dalla condizione di mediocrità nella quale sembra riversarsi con una cieca fedeltà.
La Ferdinando I toccò le acque del Golfo per la prima volta nel 24 giugno 1818 e fu affidata al comando del Capitano don Giuseppe Libetta, primo alfiere di vascello. Dopo alcuni giri di prova la nave, che il popolo napoletano soprannominò o’serpentone, lasciò il Molo Beverello alla volta di Genova e Livorno. Dal diario di bordo si legge: “Salpammo da Napoli alle ore cinque, malgrado il vento contrario. Alle 7 eravamo al traverso del faro di Procida ed ivi essendo passato il vento la nave provò violente scosse e si dovette fare uso di una sola ruota. Alle 6 di sera eravamo nei paraggi di capo Circello (Circeo), ma il tempo procelloso ci obbligò a riprendere il largo e rivolgere la prora all’isola di Ponza. Nella notte, essendosi stabilito il vento ci dirigemmo a Fiumicino dove si giunse a mezzogiorno. Colà vedemmo venire incontro talune barche quasi in soccorso perché i marinari di esse ingannati dal fumo che esalava la macchina a vapore, e dall’essere noi privi di vele, dubitavano di qualche incendio”
Dopo mesi di navigazione, finalmente il 13 ottobre la Ferdinando I raggiunse il porto ligure suscitando un grande interesse, la nave venne infatti visitata da personalità di spicco dell’aristocrazia dell’epoca: come l’ambasciatore di Francia a Torino e l’ammiraglio Giorgio Andrea Des Geneys, della Marina sarda. Da Genova poi, la celebre Nave a Vapore salpò verso Marsiglia, e anche nella metropoli francese riscosse un enorme successo: lì un artista locale, tale A. Roux, celebrò lo storico evento dipingendo un acquerello, ora custodito presso il Museo della Camera di Commercio della città. Tale opera rappresenta ancora oggi una delle rare e preziose immagini della nave a noi giunte.
Successivamente però, a causa di continue avarie e guasti, gli armatori decisero di interrompere tragicamente le tratte di commercio, nonostante le dispendiose riparazioni realizzante anche con ricambi provenienti addirittura dalla Gran Bretagna. Infatti, tornata a Napoli l’8 maggio, fu riposta in disarmo ed infine amaramente demolita.
Si conclude così la straordinaria storia di una nave rivoluzionaria, emblema della tecnologia più avanzata, di un piroscafo portentoso in grado di regalare speranza ad un popolo che di speranza ha sempre vissuto.
Un altro nome che però deve sicuramente essere ricordato è quello di un’altra nave a vapore che segnò la storia del Regno delle due Sicilie nel mondo del commercio marittimo: La Sicilia, progettata e costruita a Palermo, dal sogno dei fratelli Luigi e Salvatore de Pace, i quali istituirono la Società di Navigazione Sicula Transatlantica allo scopo di organizzare un servizio diretto di vapori fra Palermo e New York.
Il viaggio del Sicilia durò 26 giorni; raggiunta Gibilterra, il Capitano discese verso il Sud con rotta obliqua, avvicinandosi al Tropico del Cancro, che seguì parallelamente fino al 70° meridiano; deviò poi al Nord per incrociare la Corrente del Golfo, ancorandosi infine nella Baia dell’Hudson il 28 luglio, e divenendo così la prima nave a vapore italiana ad aver accarezzato il Nord America. Nonostante il caldo tropicale di quella mattinata, il Sicilia fu visitato da numerosissimi emigranti italiani che salirono con orgoglio e commozione su un pezzetto della loro patria lontana.
Ma anche il destino di questa leggendaria imbarcazione fu assai tragico: Al comando del capitano Giuseppe Di Bartolo, il Sicilia partì il 27 settembre 1854 per il suo ultimo viaggio. Affondò infatti il 20 ottobre a circa 60 miglia al largo di Cork, nell’Irlanda meridionale.
Arianna Giannetti
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