LA REPUBBLICA PARTENOPEA E IL SUO FALLIMENTO: L’INNO DEI SANFEDISTI
Sona Carmagnola-il canto dei Sanfedisti: testo, storia, spiegazione
Quando si parla del canto dei sanfedisti, ritornano alla mente le vicende della Repubblica Partenopea e del breve periodo in cui Napoli fu nelle mani dei francesi rivoluzionari. Ma dove e perchè nacque questo canto? Come divenne “dei Sanfedisti”? E infine, a quali eventi di quel particolare periodo storico fa riferimento?
Partiamo dalla storia:
Carmagnola era un luogo in provincia di Torino, noto per la produzione di canapa; dopo l’arrivo dei Savoia, molti canapai emigrarono nella vicina Francia portando con sé le loro tradizioni, i loro abiti e i loro canti. I francesi per parte loro chiamarono “la Carmagnole” la giubba, i canti e i balli dei canapai emigrati. Poi accadde che in piena rivoluzione francese, nel 1792, i sans-coulottes francesi adottassero la giubba, il berretto frigio e una ballata con il testo adattato agli avvenimenti del momento cui dettero nome di “la Carmagnole” che diffusero nell’intera Francia. La Carmagnole divenne così la canzone delle rivoluzioni e ve ne furono diverse versioni.
Noi parleremo in questo testo della sua versione napoletana, che giunse nell’allora capitale del Regno nel 1799 assieme ai francesi accorsi a sostenere la neonata Repubblica Partenopea proclamata dai giacobini napoletani. Tale canto fu l’unica cosa francese accettata dal popolo, solo perchè durante i mesi dell’occupazione ne modificò il testo esprimendo attraverso di esso tutta la sua fedeltà al Re Borbone.
Il testo recita come segue:
In lingua napoletana
A lu suono de grancasciaviva viva lu popolo bascio;a lu suono d”o tammurriellosò risurte li puverielli;a lu suono de campanaviva viva li pupulane;a lu suono da viulinemorte alli giacubine!
Sona sona – Sona Carmagnolasona li consiglia – viva ‘o Rre cu la famiglia!
A Sant’Eremo tanta fortel’hanno fatto comm’a ricotta,a stu curnuto sbrevugnatol’hanno miso ‘a mitria ‘n capa.Maistà chi t’ha traduto?Chistu stommaco chi ha avuto?‘E signure, ‘e cavalierete vulevano priggiuniere!
Sona sona -sona Carmagnolasona lu cannone,viva sempe ‘o Rre Burbone!
Alli tridece de giugno Sant’Antonio gluriuso‘e signure, ‘sti birbante,‘e ffacettero ‘o mazzo tanto!So’venute li Franciseauti tasse ‘nce hanno mise.“Libertè, ègalitè”:tu arruobbe a mme,ie arrobbe a tte!
Sona…… viva sempe ‘o Rre Burbone!
Li Francise so’ arrivate,‘nce hanno bbuono carusate“et voilà, et voilà”,cavece ‘nculo a la libertà!Addò è gghiuta ‘onna Eleonorache abballava ‘n copp’o triato?mo abballa mmiez”o mercato:‘nzieme cu mastu Dunato!Sona…………viva ‘o Rre cu la famiglia!
A lu ponte a Maddalena‘onna Luisa è asciuta prena,‘e tra miedece che vannonun la ponno fà sgravà!Addò è gghiuta ‘onna Eleonorach’abballava ‘ncopp’o triato?Mo abballa cu ‘e surdate,nun ha pututo abballà cchiù!
Sona ………viva ‘o Rre cu la famiglia!
Pronte sò li bastimente,jate ‘e corza pè avvià,priparateve esultantipecchè avite fà partì;pè lu mare ‘nc’è l’infernoli cancielle songo ardente:traditure andate in giù,nun putite arrubbà cchiù!
Sona………viva sempe ‘o Rre Burbone
A lu muolo senza guerrase tirajene l’albero ‘nterra,afferrajeno ‘e giacubine‘e ffacettero ‘na mappina!E’ fernuta l’eguaglianza,è fernuta la libertà.Pè vuie so’ dulure ‘e panza:signò jateve a cuccà!
Sona …… Viva ‘o Rre cu la famiglia!
Passaje lu mese chiuvuso,lu ventuso e l’addiruso;a lu mese ca se metehanno avuto l’aglio arrete!Viva Tata Maccaroneca rispetta la Religgione.Giacubine jate a maremò v’abbrucia lu panaro!
Sona …….Viva ‘o Rre cu la famiglia!
Passaje lu mese chiuvuso,lu ventuso e l’addiruso;a lu mese ca se metehanno avuto l’aglio arrete!Viva Tata Maccaroneca rispetta la Religgione.Giacubine jate a maremò v’abbrucia lu panaro!
Sona …….Viva ‘o Rre cu la famiglia!
traduzione in italiano
Al suono della GrancassaEvviva, evviva il Popolo Basso (Popolino),Al suono del TamburelloSono insorti i poverelli,Al suono della campanaviva, viva i Popolani;al suono del violinomorte a tutti i giacobini! (Repubblicani ‘799) Suona, suona – Suona CarmagnolaSuona l’adunata – viva il Re e la famiglia- Sant’Elmo, che era un grande fortel’hanno ridotto come una ricotta,a questo cornuto e svergognatogli hanno messo la mitria in testa(Vescovo).Maestà, chi vi ha tradito?Chi ha avuto questo coraggio?I Signori (benestanti), i Cavalieri (Ufficiali)Ti volevano imprigionare! Suona, suona – Suona CarmagnolaTuona il cannone,viva sempre il Re Borbone! Il tredici giugno, Sant’Antonio glorioso,ai Signori, questi birbanti,gli fecero un culo così!Sono arrivati i Francesici hanno messo ancora altre tasse.“Libertà, Uguaglianza”:Tu rubi a me,io rubo a te! Suona……viva sempre al Re Borbone! I Francesi sono arrivati,ci hanno ripulito completamente“ecco qua, ecco qua”,un calcio in culo alla Libertà!Dove è andata donn’Eleonorache ballava nel teatro?ora balla per il mercato:con mastro Donato!Suona………… viva il Re e la famiglia! Al ponte della MaddalenaDonna Luisa è rimasta incintaSon venuti tre medici manon riescono a farla partorire!Dove è andata donn’EleonoraChe ballava nel teatro,ora balla con i soldati,e non ha più potuto ballare! Suona……..viva il Re e la famiglia! Le navi sono già pronte,correte tutti per farle avviare,preparatevi esultantiperché dovete farle partire;Nel mare c’è l’inferno edi suoi cancelli sono ardenti:traditori, andate a fondo,non potete più rubare! Suona……. viva sempre il Re Borbone Al molo, finita la guerra,hanno abbattuto l’albero (della libertà)hanno preso i Giacobinie li hanno ridotti come stracci sporchi!E’ finita l’uguaglianza,è finita la libertà,per voi son dolor di pancia:signori, andatevene a letto! Suona………… viva il Re e la famiglia!
Passò il mese Piovoso, (gennaio)il ventoso, l’iroso; (febbraio e marzo)e col mese in cui si miete (giugno)l’hanno preso la fregatura! (aglio nel culo)Viva Tata MaccaroneChe rispetta la religione.Giacobini, gettatevi a mare,che già vi brucia il didietro! (avere paura) Suona………….viva il Re e la famiglia
Come possiamo notare dal testo, il ritornello incita allarivolta al suono della Carmagnola (sona, sona, sona Carmagnola) e poi rafforza l’invito dicendo “Suona l’adunata, viva il Re e la sua famiglia!”
Nella prima strofa si richiama il popolo alla guerra, ogni strumento è in funzione della rima per un popolano o per il nemico da abbattere: la grancassa per il popolino, il tamburello per i nullatenenti, la campana per il popolo (artigiani ecc…) e il violino per spiegare i motivi della lotta, cioè cacciare i giacobini.
Nella seconda strofa viene narrato l’inizio della repubblica con la resistenza dei popolani detti “i Lazzari”, asserragliati a Castel Sant’Elmo, conquistato dai francesi di Championnet che invece sostenevano la Repubblica; si narra poi della presenza tra questi francesi, del prete Antonio Toscano, per passare poi la tradimento dei nobili e dei borghesi che volevano addirittura imprigionare il Re, cosa non certo voluta dal popolo, il quale aveva subìto le conseguenze del tradimento (come le tasse) e le prepotenze dei francesi.
La terza strofa descrive la fine della Repubblica, avvenuta il 13 giugno, il giorno di Sant’Antonio, quando le truppe del Cardinale Ruffo di Calabria entrarono a Napoli conquistando il Forte Vigliena a levante del Porto. Ecco che allora i popolani ripagarono i giacobini per le angherie subite, ovvero le alte tasse imposte dai francesi e l’uso del motto “libertè, egalitè, fraternitè” per commettere ruberie e soprusi (ancora oggi è rimasto un ricordo di quei tempi nel detto “libertè, egalitè, fraternitè, spuogliete tu e vesteme a mme!“)
Con la quarta strofa si narra le prodezze dei francesi che le avevano date di santa ragione al popolo e dicendo voilà, avevano preso a calci ogni forma di libertà. Ora non si poteva più andare a teatro (una mania tutta napoletana) e quindi Donna Eleonora fu costretta a esibirsi al mercato. Questo personaggio femminile, viene ricondotto alla figura di Eleonora Pimentel Fonseca, arrestata e giustiziata per impiccagione; infatti qui il senso del verbo “ballare” si può intendere come il corpo che penzola dalla forca, anche perchè Masto Donato era il boia incaricato delle esecuzioni in quegli anni.
Si parla poi nella quinta strofa di Donna Luisa, forse Luisa Fortunato De Molina, la quale dopo l’arresto venne imprigionata e per sfuggire all’esecuzione affermò di essere incinta… tuttavia nessun medico riusciva a farla partorire.
Nella sesta strofa, ormai la guerra ai giacobini si è conclusa con la sconfitta di questi ultimi, quindi si getta a terra l’albero di maggio, albero della libertà e simbolo della rivoluzione. I popolani arrabbiati afferrano i giacobini e li appallottolano come stracci, si vendicano cioè delle vessazioni subite. Tornano poi le parole “uguaglianza” e “libertà”, i napoletani sono contenti che siano finite, per chi ha perso sono dolori, quindi i perdenti (i signori, cioè i nobili) possono andare a dormire, cioè battere in ritirata.
La strofa finale è molto ironica: riprende i mesi con i nomi del calendario rivoluzionario francese; “passò il mese piovoso, il ventoso e l’iroso” cioè gennaio, febbraio e marzo, “a lu mese ca se vene hanno avuto l’aglio arrete” nel mese entrante, cioè giugno, i giacobini hanno subìto il danno e la beffa, hanno cioè avuto quel che si meritavano: l’aglio nel didietro. “Viva il popolo dei maccheroni” cioè il popolo napoletano che rispetta la religione, negata ai giacobini, i quali sono costretti a gettarsi in mare per spegnere i bruciori dell’aglio (e della sconfitta); in sostanza, li si manda a quel paese.
Tale canzone è storia scritta di pugno dal popolo, ben diversa dalla storia scritta da scrittori asserviti ai falsi miti risorgimentali che avrebbero definito la Repubblica Partenopea come “voluta dal popolo”. Dalla lettura de “la Carmagnola”, si apprende la vera storia di quel periodo: un popolo che aveva in odio i giacobini e un tentativo riformatore e innovatore da parte dei repubblicani o giacobini napoletani, i quali si fecero prendere troppo la mano combinando il disastro quale la Repubblica Partenopea fu. Non si capì infatti che Napoli non era Parigi e che nella capitale del Regno delle Due Sicilie il popolo non sentiva il bisogno di cambiar regime, perchè aveva già trovato in quella monarchia le sue certezze.
la versione di enzo gragnaniello
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