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La resistenza partigiana del Sud in Calabria

Posted by on Set 27, 2019

La resistenza partigiana del Sud in Calabria

Il 15 dicembre 1805 Napoleone ordina all’esercito francese di invadere il Regno delle Due Sicilie. Il comando è assunto dal generale Massena, che muove con tre colonne per un totale di 37000 uomini. Il 12 febbraio 1806 si arrende la fortezza di Capua, il giorno successivo Pescara, il 14 le avanguardie francesi entrano nella capitale, da cui il Re è fuggito in Sicilia sin dal 23 gennaio. Tre giorni dopo Massena invia distaccamenti in Puglia e Calabria, n sestultima regione il generale Regnier con 10000 uomini il 18 marzo batte i napoletani guidati da Ruggiero Damas a S. Lorenzo la Padula ed a Campotenese.

Il giorno dopo i resti dell’esercito borbonico, circa 12000 soldati, insieme al loro comandante si imbarcano per la Sicilia.

Tra il 29 ed il 30 marzo Napoleone dichiara decaduto Ferdinando IV, e nomina sovrano il fratello Giuseppe: tutto il regno di Napoli è in mani nemiche, ad eccezione di Civitella del Tronto, Gaeta e, nelle Calabrie, Maratea, Amantea e Scilla.

Amantea si è preparata alla resistenza sin dai primi giorni di marzo, favorita dalla posizione e dai luoghi, poiché ad ovest ed a est ripidi dirupi e valloni rendono facile la difesa e difficile l’assalto, a nord e a sud mura merlate e bastioni proteggono l’abitato; sempre a nord il torrente Catecastro lambisce il paese, e la vicinanza del mare consente, pur tra rocce scoscese e sentieri impervi, un possibile rifornimento.

La guarnigione, al comando del tenente colonnello Ridolfo Mirabelli, è stata rifornita di quanto occorrente via mare, mentre quattro cannoni da 18 libbre costituiscono l’artiglieria per la difesa.

Per un po’ il nemico si accontenta solo di minacciare con attacchi sporadici, ma a novembre il generale Verdier invia tre battaglioni di fanteria, una compagnia di artiglieria, una di zappatori e dei dragoni per iniziare le operazioni di assedio.

Nel mese di dicembre iniziano le ostilità e gli scontri, cui partecipano molti cittadini, guidati dal dott. Salvatori e dal frate Michele Ala. I francesi, dopo essere stati messi in grosse difficoltà dai difensori, una volta ricevuti 800 uomini di rinforzo tentarono, in una notte del mese, un attacco dalla parte del mare. Li guida il capitano della gendarmeria Razzo, nativo di Amantea, che riesce a far superare loro la rampa di San Pantaleo, ed a farli giungere sulle mura del paese. Le sentinelle, che non si attendevano un attacco dalla parte più difficile, stanno per essere sopraffatte quando l’urlo di una donna, Elisabetta de Noto, dà l’allarme, seguito da rullo di tamburi che chiama i difensori alle mura ed il lampo di un mortaio, segnale del nemico per l’assalto, rende palese il pericolo.

Dopo tre ore di battaglia i nemici sono respinti sotto una gragnola di colpi, lasciando sul terreno un centinaio di morti e quasi il doppio di feriti.

La resistenza preoccupa Verdier per il formarsi di bande partigiane in tutta la Calabria, principalmente a San Lucido, Fiumefreddo e sopra Amantea, per cui ordina l’inizio dei lavori di assedio della cittadina affidandone il compito alla brigata di Peyri, formata da 4 battaglioni, 300 corsi, una compagnia di cannonieri, una di zappatori napoletani e quattro ufficiali ingegneri, Montemajor, Cosenz, Mac Donald, Romei: in tutto 3200 uomini.

Il 2 gennaio 1807 si inizia a stringere d’assedio Amantea, pur se l’alfiere delle milizie provinciali, Raffaele Stocco, riesce ad entrare in paese con un centinaio di soldati, attraversando le linee nemiche.

I francesi scelgono per l’attacco la zona meridionale di Palaporto, iniziando la costruzione delle piazzole per l’artiglieria. I risultati ottenuti con il cannoneggiamento sono più che modesti, mentre frequenti sono le sortite dei difensori: perciò si intensificano i lavori di scavo per la posa di mine, mentre si prosegue nel tiro giorno e notte, e si costruisce un ridotto quadrato sulla spiaggia per impedire i rifornimenti via mare ai napoletani.

In città l’assedio comincia a farsi sentire con la mancanza di pane ed acqua, cui si cerca di sopperire con gravi pericoli. All’alba del 15 gennaio le compagnie granatieri e cacciatori del 52° fanteria vanno all’assalto delle mura indebolite dal bombardamento, ma sono costrette a ritirarsi per la tenace difesa degli assediati.

Non resta ai francesi che proseguire con il cannoneggiamento e con lo scavo delle gallerie per le mine. Alla fine il lavoro è compiuto nella notte del 29: un ultimo tentativo di convincere alla resa i napoletani non sortisce effetti positivi, nonostante gli uffici del colonnello della gendarmeria Luigi D’Amato, parente, amico e compagno d’armi del Mirabelli.

I due calabresi che militano in campi avversi si incontrano fuori le mura, ma i ragionamenti e le promesse del D’Amato non ottengono l’effetto sperato; si affida allora a Montemajor la preparazione della mina che dovrà aprire una breccia nelle mura. Alle due pomeridiane del 6 febbraio si fanno brillare le cariche.

Tutta la facciata del bastione vola in aria e poi rovina nel fossato per una lunghezza di 60 piedi e per una larghezza di 50, formando una comoda rampa di accesso alla città. I francesi si lanciano all’assalto alla baionetta, ma sono più lesti i difensori a ricacciarli indietro.

Due altri tentativi nella notte sono respinti con gravi perdite, tra cui il colonnello Montemajor, ferito nell’ultimo attacco. All’alba del 7 febbraio la resistenza può durare solo per un altro giorno, perciò si incarica di trattare la resa il tenente Trigona, che ottiene per la guarnigione l’autorizzazione a raggiungere l’armata borbonica in Sicilia.

Ha così termine l’assedio di Amantea, durato ben 10 mesi, episodio misconosciuto della valorosa lotta sostenuta dai calabresi contro gli occupanti francesi. La resistenza armata della popolazione fu poi stroncata dallo straniero con metodi di inaudita ferocia e brutalità, paragonabili a quelli usati dai piemontesi negli anni 1861-67; ma di quelli e di questi la storia ufficiale tace, bollando quanti difesero la propria terra dall’invasore come “Briganti”.

E’ ora finalmente di attribuire anche a questi valorosi la qualifica di Partigiani!

Gaetano Fiorentino

Da “Il SUD Quotidiano” del 2/8/97

Amantea: contadini, nobili e soldati borbonici si opposero uniti all’esercito napoleonico invasore

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