La spigolatrice… “bonazza”
I politici italiani non perdono mai occasione per coprirsi di ridicolo. L’ultima è stata fornita dal monumento dello scultore Emanuele Stifano eretto sul lungomare di Sapri e dedicato alla cosiddetta spigolatrice, una ragazzina che nella poesia di Luigi Mercantini[1] è la voce narrante della tentata invasione di Carlo Pisacane, sbarcato sulle coste del Cilento (nei pressi di Sapri, appunto) il 28 giugno del 1857, per “liberare” (sic!) quelle terre dal “giogo” (a ridaglie!) borbonico.
A prescindere dal fatto che quei versi, con i quali hanno dovuto fare i conti parecchie generazioni di studenti, di poetico hanno ben poco, per non dire niente, essi celebrano un falso eroismo, una vera e propria invasione piratesca. Innanzitutto, Pisacane non aveva né gli occhi azzurri, né i capelli d’oro, cosa che potrebbe essere giustificato dalla licenza poetica ma, soprattutto, quei trecento giovani e forti, erano per la maggior parte – ladri, grassatori incalliti e assassini,[2] liberati appositamente dal carcere di Ponza, dove la barca che andava a vapore s’è fermata, è stata un poco… (il tempo necessario per devastare gli uffici pubblici, spalancare le porte del carcere e trafugare armi e documenti) …e poi s’è ritornata ed è venuta a terra… a scaricare sulle coste del basso Cilento gli ex detenuti di cui sopra che, a ragione, li disser ladri usciti dalle tane, ma non portaron via nemmeno un pane… infatti, dopo essere sbarcati, trafugarono solamente denaro ed oggetti preziosi[3].
La cosiddetta Spedizione di Sapri è sempre stata oggetto di contesa storica tra scrittori legittimisti e storiografi ufficiali. Questa volta, però, è diverso, perché si litiga sulle forme di “bella gnoccolona” che l’artista ha dato alla sua creazione. Subito una schiera di prefiche-femministe ha alzato gli scudi contro questo scandalo, contro una scultura che lascia intravvedere più che indovinare le rotonde forme di una bella ragazza, bella ed opulenta (è tutta salute, direbbe Totò), che mostra con orgoglio la prorompente avvenenza di cui madre natura l’ha fornita.
Ma così non va e le prefiche di cui sopra si sono strappate le vesti, hanno gridato compatte allo scandalo e, soprattutto, hanno bollato l’opera d’arte come sessista!
A guidare la schiera delle “oltraggiate” è l’ex presidente della Camera, la deputata del Pd, Laura Boldrini, che vedendo nelle fattezze del simulacro un’offesa alle donne e alla storia si domanda come le istituzioni possano accettare la rappresentazione della donna come corpo sessualizzato!». A costei hanno fatto da sponda le querimonie di un’altra deputata, sempre del PD, Monica Cirinnà, che ha rinforzato l’attacco contro il corpo della donna sessualizzato affermando che la scultura inaugurata a Sapri è uno schiaffo alla storia perché quella statua della Spigolatrice nulla dice dell’autodeterminazione di colei che scelse di non andare al lavoro per schierarsi contro l’oppressore borbonico”!
Anche le donne del Pd di Palermo, per non essere da meno, hanno sentito il dovere di schierarsi in modo netto e categorico per l’abbattimento di questa statua diseducativa e fuorviante che banalizza le donne e vanifica ogni comizio in favore della parità di genere urlato dalle poltrone politiche di ogni istituzione».[4]
T’he capì?!? Che tradotto in Napoletano significa, azzo e che se fidano ‘e dicere!
Mica si sono scandalizzate per l’inutile spesa della scultura, voluta dal Comune di Sapri e dal Parco del Cilento, che – pare – sia costata trentamila Euro!
L’offesa alla storia di cui vanno blaterando con la stessa monotonia di chi, strimpellando sul pianoforte, schiaccia sempre lo stesso tasto, l’arrecano loro con la crassa ignoranza che le contraddistingue e, anzi, schiaffeggiano la magistra vitae polemizzando su una colei che è esistita solo nell’invenzione di un poetastro!
Questo è analfabetismo storico. Macroscopico analfabetismo storico.
Peraltro, le forme di quel simulacro non banalizzano affatto una donna anzi, ne esaltano la femminilità. E il goderne la visione, non significa certo mortificare la donna, anzi!
A questo punto, un dubbio è lecito: vuoi vedere che queste parole infuocate sono frutto di malcelata invidia da parte delle due “amazzoni della buoncostume” dal fisico non certo statuario – come testimonia il nasino rifatto della Boldrini – a differenza di quello che la fantasia dell’artista ha, invece, attribuito alla sua creatura?
È probabile, l’inconscio non sbaglia mai…
Erminio de Biase
[1] Altro suo “capolavoro” è La canzone italiana, meglio conosciuta come l’Inno di Garibaldi…
[2] M. Topa – Così finirono i Borbone di Napoli – Napoli 1994 – p. 332
[3] Ibidem
[4] Valentina Santarpia – sul Corriere della Sera del 27 settembre 2021
di seguito articolo del corriere della sera sulla spigolatrice sessista
coppola ‘n terra, coppola e denocchie
Grande Erminio!